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Economia e Finanza
dal 10/8/06 al 28/2/06

 

Dall’ICI prima casa un gettito di 2,3 milioni di euro. Anci: “La decisone di eliminarla andrebbe rivista”

25/02 Eliminare l'Ici sulla prima casa e' un'idea che 'ronza' a molti, soprattutto durante le campagne elettorali. Ma il gettito che ne deriva, pur non essendo 'enorme' rappresenta comunque circa un quarto di quanto arriva nelle casse dei Comuni. Ad esempio per l'anno in corso l'Anci-Cnc valuta che dall'imposizione sulla prima casa arriveranno nelle casse dei Comuni circa 2,3 miliardi di euro, pari a circa 4.600 miliardi delle vecchie lire, che rappresentano, appunto, circa il 23% del gettito complessivo incassato. Se da una parte Prodi nell'Unione propone un abbassamento dell'imposta comunale sugli immobili, nella Cdl, l'Udc ne auspica la trasformazione da imposta patrimoniale a tassa reddituale, come chiedono le associazioni della proprieta' edilizia. Entrambe le soluzioni alleggerirebbero il peso fiscale sulla prima casa. ''La pressione fiscale sulla prima casa - commenta Lucio D'Ubaldo, segretario dell'Anci-Cnc - e' percepita come un problema molto marcato. Ma in ogni caso l'impatto sul totale del gettito e' relativamente contenuto. Per i bilanci comunali sarebbe comunque un problema sostituire il gettito che arriva dalla prima casa. Ma si puo' immaginare una riforma dell'imposta che, a distanza di piu' di dieci anni da quando e' stata introdotta, meriterebbe una rivisitazione per renderla piu' equa ed equilibrata''. Tra le regioni italiane quella piu' 'tartassata' dall'Ici (ma chiaramente il dato dipende dal maggior numero di abitanti) e' la Lombardia con un gettito Ici presunto, per il 2005, a 428 milioni sempre per quenato riguarda l'imposta sull'abitazione principale; segue a stretto giro, il Lazio (355,1 milioni), l'Emilia Romagna (220 milioni) e la Toscana (209). Complessivamente invece l'imposta comunale sugli immobili sfiorera' quota 10 miliardi di euro e si dovrebbe attestare, sommando l'imposta sulla prima abitazione e sul resto degli immobili, precisamente a 9,94 miliardi di euro. Anche per quanto riguarda il gettito totale a guidare la classifica con una raccolta superiore al miliardo di euro sono la Lombardia (1,74 miliardi), il Lazio (1,31) e l'Emilia Romagna (1,04). Ecco la 'mappa' del gettito da prima casa presunto per il 2005 elaborata da Anci-Cnc, con la classifica di chi paga di piu' (dati in milioni di euro):
Regione Gettito Presunto 2005
1) Lombardia 428,5
2) Lazio 355,1
3) Emilia Romagna 220,4
4) Toscana 209,6
5) Piemonte 186,4
6) Veneto 177,3
7) Campania 152,1
8) Puglia 116,2
9) Liguria 106,1
10) Sicilia 86,6
11) Friuli V.G. 56,5
12) Marche 45,9
13) Abruzzo 38,5
14) Sardegna 42,0
15) Umbria 32,5
16) Calabria 30,3
17) Trentino A.A. 26,9
18) Basilicata 10,3
19) Molise 9,4
20) Valle D'Aosta 4,1
TOTALE 2.335.625.

Le piccole imprese del sud trainano lo sviluppo. L’artigianato su tutte

24/02 Forti per capacita' di creare occupazione, piu' longeve delle altre e con una marcata presenza femminile. E soprattutto con una decisa propensione a guardare al futuro cercando di reinterpretare di volta in volta le conoscenze acquisite grazie alla tradizione. E' uno scenario complesso quello rappresentato dalle piccole imprese, e dell'artigianato in generale, attive nel nostro Mezzogiorno; una realta' imprenditoriale composta al momento da piu' di 381 mila aziende e quasi 835 mila addetti, che la Confartigianato ha cercato di scandagliare con un Rapporto presentato significativamente nell'ambito della convention 'L'artigianato e le piccole imprese al centro dello sviluppo del Mezzogiorno', apertasi quest'oggi a Napoli. Secondo lo studio sono numerosi i primati negativi ma anche i record positivi che caratterizzano sotto questo aspetto le regioni del Sud. In un quadro molto contrastato, racconta il rapporto, al momento svettano i risultati conseguiti dalle piccole imprese, che si confermano motore di una crescita silenziosa ma costante. Non mancano, tuttavia, le pesanti ombre di un contesto ancora arretrato su molto fronti, che comprime le potenzialita' e frena la competitivita' dell'imprenditoria meridionale.
I PUNTI DI FORZA DELLE PICCOLE IMPRESE MERIDIONALI.
Dal 1981 al 2001 la crescita dell'occupazione nel Mezzogiorno e' avvenuta esclusivamente nelle piccole imprese le quali, da sole, hanno dato vita a 634.637 posti di lavoro. Le medie imprese ne hanno creati 57.067, mentre la grande ne ha persi 60.813. Quindi, evidenzia il rapporto, per ogni posto di lavoro distrutto nella grande impresa, le piccole ne hanno creati 10. Degna di nota la quota di occupazione dell'artigianato, pari al momento al 21,6%, superiore alla media nazionale (20,7%). In termini generali, racconta lo studio della Confartigianato, le piccole imprese del Sud sono piu' 'giovani' rispetto al resto del Paese, con una quota di imprenditori tra i 35 e i 49 anni, pari al 45,3% rispetto alla media nazionale (44,1%). E sono anche piu' longeve: il tasso di mortalita' e' infatti del 6,7% rispetto al 7,4% registrato dal totale delle imprese.
I VINCOLI ALLA COMPETITIVITA'.
Tra i capitoli che piu' di altri frenano le imprese del Mezzogiorno figurano quelli riguardanti le nuove tecnologie. Ad esempio, per quanto riguarda la diffusione della banda larga, la copertura risulta essere ancora pari alla meta' di quella del resto d'Italia. Il Sud, inoltre, continua a perdere forza lavoro qualificata: tra il 1990 e il 2002 e' pressoche' raddoppiata (dal 20,6 al 40,6%) la quota di emigranti che si e' spostata al Centro-Nord. Risulta essere ancora forte poi il gap infrastrutturale: in 100 anni, tra il 1904 e il 2001, la dotazione di strade nel Mezzogiorno e' addirittura scesa dal 57,7% al 53,3%; la rete autostradale rappresenta il 31,7% del totale nazionale, mentre le strozzature della Salerno-Reggio Calabria, con i suoi 80 Km di cantieri perennemente aperti, allungano di circa il 20% le distanze tra le citta' del Mezzogiorno e il nord Italia. Quanto alle ferrovie, la quota di merci trasportate e' pari all'1,7%, contro l'1,9% del resto d'Italia. Inoltre, i 17 aeroporti del Sud gestiscono il 22,1% del traffico nazionale di persone e appena il 5 del traffico merci. Altra nota dolente, il lavoro sommerso. Al Sud, rileva ancora la Confartigianato, raggiunge una quota del 22,8%, contro una media del 13,4%. Complessivamente nel Sud sarebbero in questo momento piu' di 1,5 milioni i soggetti che operano nel sommerso. Ultimo capitolo dolente la criminalita' organizzata. Un dato questo, viene sottolineato, che, come gia' affermato dal Censis nel 2004, costerebbe in termini di mancata crescita del valore aggiunto, oltre 7,5 miliardi di euro.

Galati annuncia circa 55 milioni di euro per contratti programma in Calabria

23/02 Ammontano a circa 55 milioni di euro le agevolazioni approvate oggi dal Pre-Cipe per la realizzazione di due Contratti di Programma in Calabria. Lo ha reso noto Giuseppe Galati, Sottosegretario di Stato alle Attivita' Produttive, al termine della riunione del Pre-Cipe in corso a Roma. "E' un'iniziativa - ha detto il sottosegretario - importante che testimonia l'impegno del Governo per il Mezzogiorno e la Calabria in particolare". Il primo dei due progetti, proposto dal Consorzio "Hypponium Bio Med Scarl", prevede la realizzazione a Vibo Valentia di un impianto per la produzione di farmaci biotecnologici e di un laboratorio di ricerca. Il secondo, presentato dalla Societa' consortile "Riviera dei Gelsomini", riguarda la costruzione di un sistema di turismo integrato nell'area della Locride, attraverso la riqualificazione e l'ampliamento di strutture turistiche ricettive e complementari. "I Contratti di Programma approvati dal Pre-Cipe - spiega il Sottosegretario Galati - rispettano i nuovi parametri previsti dalla riforma degli incentivi varata alcuni mesi fa dal Governo e prevedono agevolazioni a fondo perduto per circa 14 milioni per il Consorzio "Hypponium" e oltre 41 milioni per la "Riviera dei Gelsomini", per un totale quindi di circa 55 milioni di euro a fronte di un investimento complessivo previsto di circa 146 milioni. Ma vorrei sottolineare che i due interventi avranno un'elevata ricaduta occupazionale diretta di 561 unita' in due settori, quali quello farmaceutico e quello turistico, in forte espansione e di grosso impatto per la crescita dell'economia calabrese. In particolare - continua Galati - il progetto proposto dalla "Riviera dei Gelsomini" costituisce un punto di partenza significativo per lo sviluppo del turismo nella Locride, perche' interviene in un'area omogenea e a forte vocazione turistica che si estende lungo i comuni di Marina di Gioiosa Jonica, Locri, Bianco, Sidereo e Paulonia. Un intervento che punta a realizzare un vero e proprio sistema turistico territoriale, che puo' rappresentare un modello di sviluppo da estendere anche in altre realta' della regione e del Paese, ma ancor di piu' e' un concreto passo per rispondere in modo costruttivo al bisogno di lavoro e di crescita economica della zona. Parallelamente - osserva il sottosegretario - il progetto del Consorzio Hypponium rappresenta il primo Contratto di programma della provincia di Vibo Vlanetia, una provincia giovane che sta ridefinendo la propria personalita' produttiva, dopo le dismissioni industriali degli anni recenti, che vanta gia' un'eccellenza riconosciuta nel turismo e che estende, in questo modo, le proprie competenze nel campo delle biotecnologie e della ricerca e sviluppo di settore".

La Santelli annuncia 41 milioni di euro per contratto di programma turistico per la Calabria

23/02 ''Oggi il Governo ha dato una risposta decisa alle richieste del Mezzogiorno, e della Calabria in particolare. Il Pre-Cipe, infatti, ha appena approvato interventi per circa 41 milioni di euro per la realizzazione di un contratto di programma in Calabria nel settore turistico''. E' quanto riferisce, in una dichiarazione, il sottosegretario di Stato alla Giustizia, Jole Santelli. ''Il progetto, presentato dalla societa' consortile Riviera dei Gelsomini - aggiunge il sottosegretario Santelli - riguarda la costruzione di un sistema turistico nell' area della Locride per riqualificare ed ampliare le strutture preesistenti. E' una testimonianza concreta dell'impegno del Governo per il rilancio dell' economia calabrese nel solco della legalita' e che valorizza le risorse umane e le capacita' imprenditoriali del territorio''.

Paolo Abramo riconfermato presidente di Unioncamere Calabria

23/02 Paolo Abramo e' stato confermato alla presidenza dell' Unioncamere, espressione delle cinque Camere di commercio calabresi. Abramo, alla guida dell' ente dal giugno 2003, discendente di una nota dinastia di imprenditori, nel novembre scorso e' stato rieletto presidente della Camera di commercio di Catanzaro, carica alla quale era pervenuto cinque anni fa dopo aver rivestito innumerevoli incarichi categoriali a livello provinciale e regionale. ''Il suo impegno - e' scritto in una nota - ha sempre avuto come punti qualificanti programmi ed attivita' basati sulla condivisione, sul forte senso delle istituzioni tenendo nella dovuta considerazione il rispetto dei ruoli di ciascuno''. Abramo sara' coadiuvato nel suo incarico dal vice presidente Lico, attuale presidente della Camera di commercio di Vibo Valentia, da Maurizio Ferrara, riconfermato segretario generale dell' Unione e dal vice segretario generale, Antonio Gallo Cantafio. Il confermato presidente ha evidenziato come i temi che toccano l' economia regionale sono numerosi e tutti di estrema attualita'. ''Si tratta - ha detto - di problemi che certamente devono essere affrontati su scala regionale e nazionale con opportuni interventi, ma e' chiaro che la linea dell' Unione nasce dalle istanze di ciascuna realta' locale. Abbiamo gia' realizzato molti progetti; molti altri ne abbiamo e tutti sono finalizzati ad assicurare maggiore visibilita' all' Unione regionale delle Camere di Commercio nel nostro territorio per essere piu' presenti e vicini alle problematiche specifiche della regione e soprattutto per rafforzare lo spirito di corpo e la coesione istituzionale tra gli enti camerali calabresi. In tale direzione non puo' che risultare vincente l' esigenza di riconfermare una rappresentanza il cui scopo e' proprio quello di fungere da referente locale che, raccogliendo effettivamente le osservazioni a livello territoriale, sia in grado di riportarle ad un vertice associativo in grado di amplificare esperienze e bisogni espressi''. ''Questo - ha proseguito Abramo - dimostra come la carta da giocare sia quella del sentirsi parte di un sistema, nel quale ognuno, e non solo i soggetti economici ma anche le istituzioni, svolge il proprio ruolo in coerenza con un obiettivo comune e condiviso: realizzare un modello di sviluppo che superi i limiti della frammentazione e del particolarismo''. ''Dai sistemi locali, e in particolare dal sistema delle Camere di Commercio - ha concluso Abramo - emerge una chiara spinta verso la ricerca di alleanze e di cooperazione: il fare insieme e' basilare per superare qualsiasi vincolo. Le Camere sono oggi fortemente impegnate nella difesa e nella promozione degli interessi complessivi delle imprese: dalla competitivita' alla capacita' di creare occupazione, e, quindi, benessere, ai valori propri dell' essere impresa. Un rinnovato ruolo, quello del sistema camerale regionale, destinato a favorire le integrazioni tra imprese, le economie di filiera, il collegamento tra sistema produttivo e risorse istituzionali, culturali e sociali del territorio, nonche' il collegamento tra scuola, universita' ed imprese''.

Al via quattro progetti Formez per le amministrazioni

23/02 Stanno per partire, in Calabria, i quattro progetti pilota del Formez. Lo Sportello unico per le attivita' produttive, e' scritto in una nota, ''dopo sei anni di rodaggio e di attivita', si avvia verso un ulteriore salto di qualita' nel rapporto con l' utenza, le imprese e il territorio, per diventare motore di sviluppo locale''. Innovazioni tecnologiche ed informatiche, sportello virtuale on line, implementazione delle attivita' gia' esistenti dello Sportello, nuovi servizi di marketing territoriale, sportello antiabusivismo, certificazione di qualita'. Questi sono alcuni degli obiettivi, prosegue la nota, ''ispirati ai bisogni effettivi delle amministrazioni, dei 18 progetti pilota dedicati alle regioni del Mezzogiorno nell' ambito del progetto del Formez e del Dipartimento della Funzione Pubblica Dall' iter alle reti''. Al nastro di partenza sono ora le attivita' dei quattro progetti pilota che la regione Calabria, di concerto con le societa' di attuazione, dovranno svolgere e portare a termine entro il 2006. Osservatorio socioeconomico, marketing territoriale e sportello informatico sono gli obiettivi principali di ''Informare le imprese'' il progetto presentato dal comune di Lamezia Terme. Per Maria Teresa Posca ''l' esigenza e' quella di fornire risposte sempre piu' qualificate e adeguate ai bisogni dell' utenza, snellire le procedure e offrire uno sportello unico che sia punto di riferimento per tutto il contesto territoriale''. Di servizi innovativi invece da applicare agli sportelli unici si occupera' il progetto della provincia di Crotone ''Tecnologie per il miglioramento del servizio'', presentato anche dal Parco Scientifico e Tecnologico della citta' calabrese. ''Lo sportello di Crotone e' gia' operativo - ha sostenuto la referente del progetto, Maria Bruni - per questo ci aspettiamo dal progetto un vero salto di qualita', soprattutto in termini informatici''. Obiettivi piu' semplici, ma fondamentali per il funzionamento degli sportelli invece per il progetto della provincia di Catanzaro ''Coordinamento delle amministrazioni del territorio'' che coinvolge il Patto territoriale del Versante Ionico delle Serre e del Soveratese. Per il referente Saverio Tavella l' idea fondamentale e' quella di ''rilanciare e far funzionare al meglio gli sportelli unici che purtroppo in Calabria non riescono ancora a svolgere le funzioni base''. Il progetto raggruppa i sei comuni della fascia ionica i cui sportelli unici saranno monitorati proprio per verificarne le modalita' organizzative. Infine il progetto di Vibo Valentia ''Accordi tra gli enti del territorio'' il cui obiettivo principale e' quello di monitorare i procedimenti, la modulistica e i rapporti con gli enti terzi dello sportello unico del comune capoluogo per trasferire le esperienze al coordinamento provinciale.

Sabato a San Giovanni convegno su "Impresa di cultura e cultura dell'impresa in Calabria".

16/02 Sabato 18 febbraio, alle 16:00, presso la sala conferenze dell'Hotel Dino's di San Giovanni in Fiore (CS) , il movimento politico "Calabria protagonista" discute del tema "Impresa di cultura e cultura dell'impresa in Calabria". All'incontro parteciperà il Presidente degli industriali calabresi, Pippo Callipo, il Prof. Raffaele Zinno docente dell’Università degli studi della Calabria l'avvocato Francesco Precenzano, coordinatore del movimento "Calabria protagonista", e l'avvocato Marco Militerno, consigliere comunale, a San Giovanni in Fiore, della lista “Vattimo per la Città”. I relatori si confronteranno su problemi importanti della regione, ed in particolare dell’Altopiano Silano , da una nuova cultura d’impresa alla necessità di un forte impegno sociale, dall’emergenza dell’ emigrazione giovanile a “nuovi modelli” occupazionali legati alla tipicità del territorio. In particolare si tratterà di confrontarsi anche con il pubblico presente, per dibattere di proposte concrete, da realizzare sul nostro territorio, a partire dall’Altopiano della Sila e tali da avviare un processo politico innovativo, non fondato su ragioni di partito ma teso all’individuazione di valori portanti su cui fondare una proposta politica alternativa che muova dalle risorse della società civile .

Analisi Eurispes/BCC sulla Media Valle Crati. Imprenditori con meno debiti.

11/02 Un imprenditore meno indebitato rispetto all' anno precedente, ancora ''chiuso'' ai mercati esteri, piu' ottimista per l' immediato futuro, ma poco propenso agli investimenti in innovazione. E' quanto emerso dal focus sull' area della media valle del Crati, che annualmente anticipa il rapporto sull' andamento congiunturale dell' economia in provincia di Cosenza, realizzato da Eurispes Calabria e dalla Banca di credito cooperativo Mediocrati. Il 2005, rileva Eurispes, e' stato un anno difficile per i tanti imprenditori operanti nella media valle del Crati: dodici mesi trascorsi nel tentativo di ridurre le difficolta' provocate da una stagnazione economica evidente. A emergere luci ed ombre di una figura, quella dell' imprenditore, quotidianamente impegnato a fare i conti con le leggi del mercato. Da un lato, quindi, un titolare d' impresa che stenta a convincersi dei benefici introdotti dall' innovazione principalmente sul versante dell' internazionalizzazione della propria attivita'; dall' altro, a fatica, ma con tenacia riesce a ridurre il peso dell' indebitamento sul fatturato e guarda con un pizzico di ottimismo in piu' all' immediato futuro. ''Per uscire dalla stagnazione economica - ha commentato il presidente della Bcc Mediocrati, Nicola Paldino - dobbiamo favorire, nell' ambito delle competenze e dei ruoli istituzionali di ciascuno, l' aumento della capacita' competitiva dell' azienda sia sui mercati interni che su quelli esteri. Dall' indagine, al contrario, e' emerso un profilo imprenditoriale che, principalmente nella zona della media valle del Crati, manifesta difficolta' e debole propensione a puntare sui benefici derivanti dall' internazionalizzazione della produzione. Oltre il 73,8% delle aziende di questo territorio, infatti, ha come mercato di riferimento quello provinciale. E' intenzione del management della nostro istituto di credito promuovere la cultura d' impresa mediante attivita' di valorizzazione della piccole e medie imprese che rappresentano un patrimonio da tutelare, incentivare ed assistere adeguatamente. Saremo concentrati a valorizzare e ad analizzare le esigenze di quell' 82% di imprenditori della media valle del Crati che ha manifestato una significativa fiducia verso il nostro modo di fare banca''. Sono stati oltre 100 i soggetti imprenditoriali dell' area della media valle del Crati coinvolti nell' attivita' demoscopica appartenenti ai diversi settori di riferimento: commercio (33%), agricoltura (22,3%), servizi (19,4%), costruzioni (13,6%), industria e artigianato (11,7%). ''Quelli che servono - ha sostenuto il presidente di Eurispes Calabria, Raffaele Rio - sono interventi di carattere strutturale, mirati a far colmare, nel periodo piu' breve possibile, il ritardo di competitivita' in cui versano ampie porzioni del territorio calabrese. Del resto, e' proprio il grado di competitivita' del territorio a costituire la prima condizione di successo delle iniziative mirate a programmare ed a promuovere lo sviluppo economico locale. La competitivita' del territorio e' inoltre l' elemento di fondo sui cui si misura la capacita' di attrarre investimenti produttivi, sia esteri, sia nazionali. Occorre favorire la creazione di ambiti di aggregazione in cui si sviluppi una positiva cultura d' impresa al fine di attrarre investimenti per la crescita del tessuto produttivo e lo sviluppo economico del territorio''. Il sistema imprenditoriale, dai dati Eurispes, risulta fortemente ''chiuso'': 9 imprese su 10 hanno dichiarato, per il 2005, di non aver avuto nessun rapporto commerciale con i mercati esteri. I pochi imprenditori che hanno avuto attivita' di import/export (5,9%) si sono visti ridurre la quota di fatturato legato alle esportazioni di oltre otto punti percentuali rispetto al 2004. E se la stagnazione economica del 2004 ha lasciato invariati i livelli occupazionali per il 2005, non si puo' dire la stessa cosa per altri significavi indicatori aziendali: l' incremento complessivo dei costi di produzione rilevato da ben il 79,6% degli imprenditori della media valle del Crati ha determinato, nel 25,2% dei casi, un aumento dei prezzi di vendita del prodotto o del servizio offerto con una peggioramento della posizione concorrenziale dell' 8,9% rispetto al 2004. Ancora pochi, inoltre, gli imprenditori che hanno puntato sull' innovazione per rilanciare la propria attivita' nell' ultimo triennio. Gli effetti positivi ottenuti riguardano principalmente un incremento della produttivita' (41,2%). Seguono il fatturato (26,5%), l' occupazione qualificata (23,5%), le quote di mercato (20,6%), l' occupazione complessiva (17,6%) ed il fatturato esportato (11,8%). Discorso a parte, per Eurispes, merita il rapporto con il sistema del credito. Nel 2005 si riduce l' incidenza dell' indebitamento bancario sui fatturati aziendali: aumenta, infatti, del 7,7%, rispetto al 2004, il numero degli imprenditori che dichiara di non avere alcun indebitamento bancario. Per l' 8,7%, il livello di indebitamento e' diminuito mentre per il 29,1% e' rimasto invariato. Aumenta, inoltre, la percentuale di coloro che hanno dichiarato di mantenere rapporti con una sola banca (+ 12,7%), meglio se locale per 8 imprenditori su dieci. Soddisfatto dei rapporti con la banca il 71,8% dei titolari di azienda interpellati dai rilevatori di Eurispes. Ma come sara' il 2006 per il tessuto imprenditoriale della media valle del Crati? La tendenza generale dell' economia regionale dovrebbe essere ''molto positiva'' e ''abbastanza positiva'' per il 34,9% del campione con una crescita dell' ottimismo dell'8,9% rispetto all' anno precedente. I pessimisti rappresentano la maggioranza: circa il miglioramento delle condizioni economiche regionali per i prossimi dodici mesi, il 13,6% e' convinto che la tendenza sara' ''molto negativa'' ed il 39,8% ''abbastanza negativa''.

Allarme di Confindustria Cosenza: Arretra l’economia della provincia

08/02 Arretra l’economia della Provincia di Cosenza anche rispetto alle altre province calabresi. E’ quanto emerge dal seminario “Economia locale. Tendenze recenti e ipotesi di sviluppo”, relatore il Professor Domenico Cersosimo, tenutosi presso i saloni di Confindustria Cosenza, nell’ambito del ciclo de “I seminari del partenariato” avviato nello scorso mese di Dicembre.
Una sferzata puntuale quella dell’economista del campus di Arcavacata. Snocciola dati tutti col segno meno, evidenziando come sia finita la posizione di relativo vantaggio del cosentino. Quello che emerge è un quadro preoccupante.
Pur essendo un’area vasta, con oltre i due quinti della superficie regionale, e la più popolosa della Calabria, la provincia di Cosenza ha subito, negli ultimi 30 anni, un incessante ridimensionamento demografico, perdendo, solo nel decennio 1994-2004, oltre 19.000 abitanti.
Modesta appare la dotazione quantitativa delle infrastrutture economiche e sociali: nel 2004 le prime raggiungono un modesto 57,8 % della media nazionale e le seconde si fermano al 62,7%. Del tutto insufficiente appare la dotazione di reti bancarie (38,1), telefoniche (41,5), portuali (41,2), energetico-ambientali (50,2), ma, soprattutto, culturali e ricreative (47,3). Fanno eccezione la rete ferroviaria (89,9) e il sistema viario (109), più vicini, sempre su un piano quantitativo, al dato nazionale.
Sconfortanti gli indicatori sul reddito: la provincia occupa il 96° posto della graduatoria 2004 sul reddito pro capite, con un valore aggiunto per abitante pari a 13,4 mila euro, uno dei più bassi delle 103 province italiane e appena il 4,5% in più rispetto al dato della provincia di Crotone, la più povera d’Italia. Strettamente correlati alle dinamiche del reddito sono i dati relativi al mercato del lavoro. Sempre al 2004, i tassi di attività e di occupazione del cosentino si attestano, rispettivamente, al 55,5% e al 43,2%, ossia circa 6 e 13 punti percentuali in meno rispetto alla media nazionale. Le femmine sono le più penalizzate: 33,7% di tasso di disoccupazione a fronte del 16% maschile e, soprattutto, dell’11,7% nazionale. La provincia registra, dunque, un eccesso di forza lavoro inutilizzata sebbene altamente scolarizzata. Infatti, con il 7,7% di laureati e il 26,9% di diplomati, il cosentino occupa un lusinghiero 18° posto nella classifica delle province italiane, merito, senz’altro, della presenza dell’Università della Calabria.
Sul fronte degli scambi commerciali, quella cosentina può essere definita una economia “chiusa”: nel 2003 la provincia ha esportato per meno di 90 milioni di euro, corrispondente a circa 120 euro per abitante, 54 euro in meno del già esiguo dato regionale, a fronte di un valore nazionale superiore ai 5 mila euro. E’, inoltre, un’economia “senza appealing”, ci dice Cersosimo: solo 19 milioni di euro di investimenti attratti nel triennio 2000-2003, più delle altre province calabresi ma appena l’1,2% degli investimenti localizzati nell’intero Mezzogiorno. Bassa anche la capacità del sistema provinciale di attrarre turisti stranieri, che costituiscono meno del 10% delle presenze complessive, un valore pari appena ad un quarto di quello nazionale.
Offre cospicui motivi di riflessione anche il dato sulla composizione della struttura produttiva. È un’economia fortemente dominata dai settori tradizionali e poco innovativa, dedicando solo lo 0,55% del Pil provinciale a investimenti in ricerca e sviluppo.
Varie le cause cui questa situazione è ascrivibile ma non tutte necessariamente esterne o politiche. Se è vero, infatti, che molti dati risultano il frutto di scelte lontane, come quella per un’economia fortemente terziarizzata e dipendente dai trasferimenti pubblici piuttosto che per l’attrazione di grandi imprese, è anche responsabilità dei locali “motori” dello sviluppo se il vantaggio competitivo in precedenza ascrivibile al comprensorio cosentino, si stia consumando.
Tipico il caso del rapporto università/imprese. Pur dovendosi riconoscere all’università il merito di una produzione notevole e continua di saperi intellettuali, manca una effettiva integrazione con i saperi contestuali delle imprese e, dunque, una reciproca fertilizzazione di realtà rimaste, fin qui, piuttosto autoreferenziali.
Cersosimo non ha, di proposito, avanzato proposte specifiche, ritenendo che sia questo il tempo delle diagnosi e che spetti, piuttosto, al partenariato formulare proposte strategiche coerenti e consequenziali rispetto alle risultanze emerse. Orientamento condiviso dal direttore della Confindustria Branda, che ha sottolineato come il momento dell’analisi in corso costituisca una fase del più ampio processo avviato con il resto del partenariato economico e sociale, e che condurrà, a termine del ciclo di seminari, all’elaborazione di veri e propri progetti strategici in vista della nuova programmazione 2007-2013 dei Fondi Strutturali.
Sono comunque emerse dalla relazione alcune indicazioni qualitative: c’è bisogno di spostare il baricentro dagli incentivi dalla singola impresa al sistema di imprese, dirigendo la spesa verso la produzione di beni pubblici che migliorino il contesto produttivo; occorre scegliere, sia pure a costo di sacrifici collettivi, le vocazioni dell’area sulle quali investire, evitando la dispersione delle risorse e dell’impegno politico.
Poche, del resto, le chance rimaste all’economia del cosentino: assecondare il trend inerziale condurrebbe, per la direzione presa, verso il precipizio.
Le numerose posizioni emerse dal vivace dibattito, che ha fatto seguito alla relazione del docente Unical, possono sintetizzarsi nel binomio, proposto dall’imprenditore Tenuta, “Cultura d’impresa in uno con ricerca e innovazione”. Per il consigliere mezzogiorno di Confindustria De Rose il declino dell’economia cosentina coincide con quello qualitativo delle sue classi dirigenti. L’ing. Giovanni Soda, neo Dirigente dell’Area pianificazione della Provincia di Cosenza, tra i tanti dati negativi, si è detto particolarmente impressionato dalla scarsa attrattività che il territorio esercita sugli investitori esteri, proponendo di investire maggiormente sul sistema dei paesi interni alla dorsale appenninica. Sulla stessa lunghezza d’onda il dott. Bonifati, che ha segnalato l’industria del tempo libero quale possibile bacino di investimenti e, sul piano più generale, ha proposto di valutare criticamente ciò che è stato fatto per poi ragionare in termini di integrazione e completamento di cose già avviate. Il vice presidente Pastore, prendendo atto delle difficoltà, vedrebbe stimolante l’analisi comparata con altra provincia dalle vocazioni similari, quale, ad esempio, Matera.
Di orgogliosa risposta alla negatività del quadro proposto, gli interventi del Dott. Dodaro e della Dott.ssa De Florio. Il primo ha sottolineato come i dati, pur preoccupanti, evidenzino una propensione all’investimento degli imprenditori locali, per di più a bassa dotazione di capitale, che smentisce lo stereotipo dell’imprenditore vorace di finanza pubblica. La presidentessa della sezione logistica e trasporti dell’associazione ha, invece, auspicato che il quadro fosco non faccia perdere il gusto dell’ottimismo, suggerendo, in quest’ottica, di puntare i riflettori sulle imprese che funzionano, spesso anche in assenza di finanziamenti pubblici.
A conclusione dei lavori, il Presidente De Rango ha ribadito la necessità di arrivare ad una programmazione inclusiva del contributo partenariale, che assicuri efficace ed efficienza alla spesa dei futuri fondi strutturali, ma altresì l’urgenza di una vera politica industriale regionale che eroda il rischio di destabilizzanti crisi aziendali, fin troppo note alle cronache recenti.
L’appuntamento è al prossimo incontro, previsto per lunedì 20 febbraio, su “Il sistema urbano: reti di città e reti di paesi”.

Quasi mezzo milione di vertenze sul lavoro in Italia. Al sud oltre il 65%

04/02 Quasi mezzo milione di processi in materia di lavoro in un solo anno: il dato piu' recente rilevato dall'Istat segnala che nel 2003 sono stati 451.398 i nuovi procedimenti sull'intero territorio nazionale. In Campania si concentra circa un quarto delle vertenze (113.878) di tutta Italia e la sola provincia di Napoli assorbe un contenzioso pari a quello presente complessivamente in cinque grandi regioni del Nord (Lombardia, Liguria, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto). A fare la radiografia dei processi del lavoro e' Fiscooggi.it, la rivista on line dell'Agenzia delle Entrate. La massa piu' cospicua dei procedimenti riguarda l'assistenza e la previdenza (288.639 processi) mentre per le cause di lavoro vero e proprio le nuove vertenze registrate nel 2003 sono state 162.759. La durata dei processi varia da regione a regione. La media nazionale dei processi in materia di rapporto di lavoro e' di circa 2 anni e 4 mesi ma in Piemonte la faccenda si sbriga mediamente in appena 8 mesi, mentre ci vogliono piu' di 3 anni in Calabria o in Puglia. Sono in media invece piu' lunghi i processi in materia di assistenza e previdenza e si passa dai circa 11 mesi della Valle d'Aosta ai 3 anni e 9 mesi della Calabria. In quasi la meta' dei casi il ricorrente e' donna. Se si confrontano poi i dati dei processi con quelli degli occupati, c'e' praticamente un procedimento ogni 54 lavoratori, con picchi che riguardano l'Italia meridionale (in Puglia c'e' una causa ogni 14 lavoratori, in Campania ogni 16, in Calabria ogni 17 occupati) e dall'altra le regioni dell'Italia settentrionale (in Trentino Alto Adige c'e' di media un processo ogni 432 occupati). Per quanto riguarda la mole dei processi, la Campania gioca la parte del leone sia per le cause in materia di rapporto di lavoro (31.724) che in quelle riguardanti la previdenza e l'assistenza (82.154). Se spicca il dato di Napoli, dove i giudici del settore lavorano quanto quelli di tutto il Nord, anche il casertano non e' da meno: i processi sul lavoro in questa provincia sono pari a quelli della Lombardia e del Veneto messi insieme. Ogni 2,6 processi su cento, secondo la media nazionale, il ricorrente e' piu' di 1 ma in Basilicata il dato sale al 45%. Le donne sono circa la meta' mentre se si guarda all'eta' la media nazionale e' di 45 anni per le cause di lavoro e di 56 per le vertenze relativi a problemi pensionistici. Ecco in una tabella la classifica, regione per regione, dei nuovi procedimenti intervenuti nel 2003 in materia di lavoro, previdenza e assistenza (Fonte: Istat).
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Regione Totale procedimenti
CAMPANIA 113.878
PUGLIA 94.280
LAZIO 49.945
SICILIA 42.939
CALABRIA 36.824
LOMBARDIA 20.140
PIEMONTE 16.311
TOSCANA 12.377
ABRUZZO 8.707
LIGURIA 8.688
SARDEGNA 8.621
BASILICATA 8.318
EMILIA ROMAGNA 8.122
VENETO 7.739
MARCHE 5.357
UMBRIA 3.862
FRIULI VENEZIA GIULIA 2.435
MOLISE 1.582
TRENTINO ALTO ADIGE 1.071
VALLE D'AOSTA 202
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Italia 451.398

Crescono i debiti delle famiglie medie

04/02 Famiglie che stentano ad arrivare a fine mese, pur stringendo la cinghia e, nonostante tutto, il loro indebitamento bancario in un anno è cresciuto del 15,3% arrivando a toccare, nel giugno del 2005, la quota di 12.332,94 euro. Lo afferma la Cgia di Mestre (Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre Cgia) che ricorda come nel 2004 la media si era attestata sui 10.444,8 euro. E nella graduatoria provinciale è Bolzano la più "esposta" con il sistema creditizio con un indebitamento familiare medio di 18 mila 543,71 euro, seguita da Roma (18 mila 267,65 euro), da Milano 18 mila 173,54 euro e da Trento (17.021,44 euro). Altrettanto interessante, accanto alle quantità di indebitamento in termini assoluti è quella che riguarda l'incremento in termini di percentuale. Così accanto ad una media nazionale del 15,31%, emerge l'aumento registrato tra le famiglie romane pari al 21,78%, secondo è quello dei nuclei bresciani (20,90%), al terzo posto troviamo i napoletani con il 19,81%, al quarto le famiglie mantovane per le quali l'indebitamento con le banche tra il giugno 2004 e lo stesso mese del 2005 è salito del 19,41%. Significativi anche gli incrementi di Caserta (19,22%), di Pesaro e Urbino (19,17%), di Viterbo (18,16), Arezzo (17,85) e Como (17,67%). Ecco come si spalma l'indebitamento da podio e come si differenziano le classifiche quando si tratta di cifre in termini assoluti e di percentuali. Perché se i record assoluti dell'indebitamento vanno al centro e al nord, i primati dell'incremento vanno al centro sud. Diversa è invece la situazione analizzando gli ultimi posti della speciale graduatoria sulle variazioni in percentuale realizzata dall'Ufficio Studi della Cgia di Mestre. Non esiste record per centro nord o sud. Perché se il fanalino di coda degli incremento dell'indebitamento delle famiglie è quello rilevato a Ferrara (5,40%), il penultimo posto spetta a Potenza (7,32), preceduta da Rovigo (8,14%), da Massa Carrara (8,63%), da Matera (8,90%), da Trieste (9,27%), da Enna (9,60%) e da Rimini (9,87%). Torna, però, la polarizzazione tra nord e sud alla fine della graduatoria dell'indebitamento in termini assoluti. In coda, infatti, ci sono tutte le province del sud. Si va dall'ultima, Avellino, dove l'indebitamento delle famiglie con le banche nel 2005 è arrivato a quota 5.303,23 euro, a Vibo Valentia (5.429,17 euro), a Isernia (5.608,58 euro), a Benevento (5.632,58 euro), a Reggio Calabria (5.785,44 euro), ad Enna (5.797,70 euro).

Nella nuova 488 contributo in conto capitale al 50% e 25% dell’investimento ammissibile per la Calabria

02/02 Contributo in conto capitale al 50% e finanziamento agevolato al 25% dell'investimento ammissibile: sono le misure massime, e sono riferite alla Calabria, previste per le piccole e per le medie imprese, dal decreto interministeriale che attua la riforma degli incentivi alle attivita' produttive, la "nuova 488", firmato oggi. Per le grandi imprese, e sempre per la Calabria, le quote sono rispettivamente del 44,4 e del 22,2 per cento. Le misure delle agevolazioni sono contenute nell'allegato numero 3 al decreto, che complessivamente e' composto di 16 articoli (36 pagine). Per le altre regioni del Mezzogiorno le quote sono inferiori. Basilicata, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna vedono le misure cosi' ripartite: alle piccole e medie imprese 41% per il contributo in conto capitale, 20,5% per il finanziamento agevolato; alle grandi imprese 31,2% e 15,6%.
Il decreto stabilisce (articolo 1) i soggetti beneficiari e le attivita' ammissibili, nonche' le agevolazioni che possono essere concese (articolo 2). Eccone i passi salienti: "Ai fini della concessione delle agevolazioni, deve sussistere un finanziamento bancario ordinario, a tasso di mercato, di importo e durata pari a quelli del finanziamento agevolato, destinato alla copertura finanziaria degli investimenti ammissibili e non inferiore al 15% degli stessi, concesso dalle banche concessionarie (...). Il rapporto massimo tra il contributo in conto capitale e il finanziamento con capitale di credito, composto dal finanziamento agevolato e dal corrispondente finanziamento bancario ordinario, e' pari a 1 (...). L'ammontare minimo di mezzi apportati dall'impresa per la realizzazione del programma di investimenti non deve essere inferiore al 25% degli investimenti ammissibili. A tal fine vengono considerati tutti i mezzi di copertura finanziaria esenti da qualunque elemento di aiuto pubblico, ivi compreso il predetto finanziamento bancario ordinario. Il finanziamento agevolato ha una durata, decorrente dalla data di stipula del relativo contratto, non superiore a 15 anni e non inferiore a 6 anni, ivi compreso un periodo di preammortamento fino a 4 anni commisurato alla durata del programma di investimenti. Il rimborso del finanziamento agevolato avviene secondo un piano di ammortamento a rate semestrali costanti posticipate scadenti il 30 giugno e il 31 dicembre di ogni anno. Gli interessi di preammortamento sono corrisposti alle medesime scadenze. Il tasso agevolato da applicare al finanziamento e' pari allo 0,50% annuo. L'agevolazione derivante dal finanziamento agevolato e' pari alla differenza tra gli interessi calcolati al tasso di attualizzazione e rivalutazione, fissato ai sensi dell'articolo 2, comma 2 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.123 e vigente alla data di stipula del contratto di finanziamento, e quelli da corrispondere al predetto tasso agevolato".

Interrogazione di Meduri e Lettieri sul credito d’imposta per le imprese

01/02 I deputati della Margherita Mario Lettieri (eletto in Basilicata) e Luigi Meduri (eletto in Calabria) hanno presentato un' interrogazione al Ministro dell' Economia per conoscere le risorse disponibili per il credito d' imposta, l' ammontare delle richieste a partire dall' inizio di gennaio, e le modalita' di accettazione o di rigetto di queste ultime. Alla fine dello scorso anno, l' Agenzia delle Entrate ha comunicato che dal 2 gennaio le aziende interessate a ottenere il credito d' imposta per gli investimenti nelle aree svantaggiate del Mezzogiorno potevano rinnovare le richieste gia' presentate, e scartate per mancanza di fondi, avendo diritto di precedenza. Il 2 gennaio - secondo quanto reso noto nell' interrogazione - un' azienda della Locride ha presentato domanda, scartata il 26 gennaio dal Centro operativo di Pescara dell' Agenzia delle entrate perche' '' il credito d' imposta per gli investimenti da realizzare nelle aree del Sud non e' attribuito per esaurimento delle risorse finanziarie disponibili per l' anno 2006''. ''Il credito d' imposta - hanno spiegato i due deputati - a suo tempo introdotto dai governi di centrosinistra, e' uno strumento agevolativo che, al di la' di alcuni casi di truffa da perseguire, ha funzionato bene. Infatti ha sollecitato gli operatori economici a effettuare investimenti con risorse proprie, fruendo delle agevolazioni soltanto in data successiva''. I due deputati hanno chiesto al Ministro dell' Economia ''di conoscere l' ammontare esatto delle risorse disponibili per il credito d' imposta per l' anno 2006 e per il biennio successivo, nonche' quale sia stato l' ammontare delle richieste nei 24 giorni (dal 2 al 26 gennaio 2006) e se da parte del succitato centro operativo vi sia stata correttezza comportamentale nell' accettare o nel rigettare le istanze per mancanza di fondi''.

Sono 25.5 miliardi di euro gli aiuti UE per l’Italia

31/01 Ammontano a 25,5 miliardi di euro gli aiuti europei destinati alle regioni italiane nel periodo 2007-2013, contro i 28,8 miliardi della vecchia programmazione 2000-2006. I tagli piu' consistenti, secondo il quadro predisposto dai servizi della direzione generale delle Politiche regionali della Commissione, sono quelli per i fondi destinati alle regioni del centro nord. Gli aiuti comunitari alle regioni ex obiettivo 2, ora definito competitivita', passeranno infatti da un ammontare complessivo di 6,91 miliardi della vecchia programmazione a 4,75 miliardi di euro, mentre resta sostanzialmente invariato il flusso di denaro diretto alle regioni in ritardo di sviluppo (ex obiettivo 1) del Mezzogiorno (Puglia, Calabria, Campania e Sicilia): 18,8 miliardi dal 2007 al 2013 contro i 18,2 del 2000-2006. Quanto al calcolo per la ripartizione degli aiuti fra le diverse regioni, secondo le regole contenute nell'accordo siglato a dicembre nel Consiglio europeo, non subiranno variazioni i fondi indicati per Basilicata e Sardegna che beneficiano di regimi transitori. Gli aiuti comunitari previsti per la Basilicata, una delle regioni in phasing out, cioe' uscite dall'ex obiettivo 1 per effetto statistico legato all'allargamento, ammonteranno a 387 milioni di euro (erano 669 nel 2000-2006). La Sardegna, che si trova nel gruppo di regioni in phasing in, cioe' uscite dall'ex obiettivo 1 per crescita, potra' contare su 876 milioni di euro (1,7 miliardi nel 2000-2006). Per le regioni del Mezzogiorno e per quelle del Centro Nord, secondo quanto si e' appreso da fonti europee, la direzione generale della Politica regionale dell'esecutivo Ue nei giorni scorsi ha proposto una ripartizione che tiene conto di alcuni dei parametri contenuti nell'accordo del Consiglio europeo di dicembre sulle prospettive finanziarie. Questa proposta e' ora all'esame sia del governo italiano sia delle regioni e sara' oggetto di analisi e negoziato in sede di conferenza Stato-Regioni

In aumento in numero delle imprese di trasporti in Italia. Cosenza +4.7%

31/01Con una crescita annua del +2,1%, dalle 192.248 imprese attive nel terzo trimestre 2004 alle 196.218 nello stesso periodo 2005, si rivela in costante espansione il settore dei trasporti in Italia. "Un sistema efficiente di trasporto - ha dichiarato in una nota Massimo Sordi, vicepresidente della Camera di Commercio di Milano - gioca un ruolo fondamentale nella competitività di un territorio e costituisce di per sè un elemento significativo dell'economia. La continua crescita di questo settore - prosegue Sordi - a livello nazionale, e in quasi tutte le province italiane, rappresenta un elemento importante nel quadro più generale della sostenibilità economica". Sviluppi notevoli, come mostrano i dati forniti in occasione della Mobility Conference Exhibition, vengono registrati in Calabria (+4,5%), Lazio (+3,9%) e Lombardia (+3,2%). Come rileva l'elaborazione di Assolombarda e Camera di Commercio di Milano, la provincia italiana più attiva si rivela Reggio Calabria con una crescita del +7,4% seguita da Viterbo (+5,2%), Isernia (+5%), Cosenza e Pavia (+4,7%). E' però Milano a primeggiare a livelli assoluti con 19.140 imprese (il 9,8% del totale imprese italiane, +3,9% dal 2004), avvicinata da Roma con 13mila imprese (+4,5%), Napoli, Torino e Bologna. "I sistemi di trasporto e i sistemi logistici e di distribuzione delle merci oggi sono divenuti fattori sempre più strategici e quindi determinanti, per la crescità della competitività e per lo sviluppo economico del Paese", afferma in una nota Mario Castaldo, Presidente del gruppo merceologico trasporti Assolombardia. "Pertanto in Italia bisogna creare le condizioni per migliorare l'efficienza dei sistemi logistici e devono essere operate politiche capaci di garantire l'integrazione fra le diverse modalità di trasporto", aggiunge. Settore trainante per volume di crescita è quello di poste e telecomunicazioni (+4,3% dal 2004 al 2005) seguito da quello dei trasporti aerei con 198 imprese attive. La "parte del leone" - come emerge dai dati del registro delle imprese al terzo trimestre 2005 - spetta tuttavia ai trasporti terrestri, in aumento dello 0,3% dal 2004. Bene anche i trasporti marittimi (+1,5%) assieme alle attività ausiliarie e le agenzie viaggi (+1,8%).

Nasce a Rogliano un associazione di supporto agli artigiani

23/01 Aperta la struttura territoriale “Valle del Savuto” di Assimpresa C.L.A.A.I. a Rogliano. L’associazione è nata lo scorso mese di ottobre su iniziativa del consulente legale Rocco Gallo e del consulente commerciale Francesco Ambrogio. L’iniziativa, volta al rilancio delle attività produttive a livello locale, ha trovato subito un entusiastico riscontro fra imprese, aziende, commercianti e artigiani del territorio, molti dei quali hanno aderito fin da subito all’associazione. L’associazione, che opera a sostegno delle suddette categorie, come prima iniziativa ha dato voce alle richieste dei propri associati sollecitando il Comune di Rogliano a vigilare con maggiore attenzione sul fenomeno del commercio infrasettimanale dei venditori ambulanti che fin troppo spesso operano senza rispettare le norme vigenti per tale esercizio.
L’Assimpresa ha evidenziato l’esigenza di verificare che tali ambulanti siano forniti di regolare licenza e che gli stessi esercitino solo ed effettivamente nei giorni stabiliti per legge e con mezzi di trasporto idonei all’esercizio della loro attività. Questo nell’interesse non solo di chi svolge il proprio lavoro nel rispetto delle normative vigenti e con notevoli sacrifici, ma per la popolazione nel suo complesso.
La struttura territoriale dell’Assimpresa C.L.A.A.I. “Valle del Savuto”, quale organo rappresentativo di circa 50 fra aziende, imprese, artigiani, commercianti e lavoratori autonomi rappresenta un’occasione di tutela e rappresentanza che non ha precedenti sul territorio di Rogliano e zone limitrofe.
Fra gli obiettivi da realizzare nell’immediato si riscontra l’iniziativa volta allo spostamento del mercato domenicale da Viale Stazione a Viale Guarasci, nonché il tentativo di “far approdare” su Rogliano corsi di formazione professionale al fine di dare respiro alle numerose difficoltà che attanagliano l’impresa e il commercio locale.
L’organizzazione degli artigiani e delle piccole e medie imprese offre consulenza legale, fiscale, tributaria e su finanziamenti agevolati.
Inoltre l’ufficio di zona svolge servizio di patronato su:
- Pensioni: vecchiaia, invalidità, inabilità, sociale, reversibilità, superstiti, ricostituzione;
- Infortunio e malattie professionali: richiesta indennità per inabilità temporanea, valutazione postumi permanenti e richiesta riconoscimento rendite;
- Rapporti con: Camera di Commercio, Commissione Albo Artigiani e INAIL. La stessa associazione infine è convenzionata con la Banca Popolare di Crotone.

Dal 1999 ridotto il divario tra nord e sud

Il Sud e' un po' meno il fanalino di coda nella mappa della ricchezza in Italia: e' quanto emerge da una ricerca del Centro Studi Sintesi di Mestre, da cui risulta che a livello regionale il divario tra Nord e Sud si e' leggermente ridotto negli ultimi anni. I redditi per abitante e per famiglia piu' elevati restano concentrati nel Nord Italia, in testa la Lombardia con 14 mila euro pro-capite, ma segnali positivi arrivano in particolare da Calabria, Abruzzo e Puglia, regioni in cui l'ammontare dell'imponibile Irpef e' cresciuto di oltre 20 punti percentuali rispetto al 1999, mentre la variazione per Piemonte, Friuli e Trentino si e' rivelata inferiore al trend italiano. Nel complesso, il reddito dichiarato dai cittadini residenti nelle regioni del Sud e delle Isole e' aumentato tra il 1999 e il 2005 del +19,9%, mentre nelle aree del Nord-Est l'imponibile e' cresciuto del +16,7%. A livello comunale emerge Basiglio (Milano), comune piu' 'ricco' d'Italia nel 2005 con oltre 25.000 euro pro capite, seguito da Besate (Milano). A sorpresa, il comune piu' povero' non si trova in Calabria o in Sicilia bensi' in provincia di Como: si tratta di Cavargna, piccolo centro sul confine con la Svizzera dove il reddito pro capite supera di poco i 2.200 euro. La ricerca ha anche analizzato e messo in relazione i dati dell'imponibile Irpef con la vocazione imprenditoriale nelle varie province italiane, da cui esce il quadro di un Paese a quattro facce. Un quadro dettagliato che ha aggiornato la forte relazione tra benessere economico e vivacita' imprenditoriale, classificando e raggruppando le varie aree del paese sulla base di gruppi individuati da aspetti sociali e tendenze economiche comuni. Dall'analisi dei livelli di correlazione delle variabili emerge una mappatura del 'sistema Italia' che si articola in quattro gruppi territoriali denominati in base alle diverse caratteristiche di altrettanti animali, dalle tigri alle tartarughe. ''Tigri'' e' infatti il raggruppamento di province che presenta alti livelli di redditi e di imprenditorialita': sono sostanzialmente le aree piu' avanzate del Paese e che fungono da motore per lo sviluppo economico. In questo gruppo si trovano quasi tutte le province del Nord, della Toscana, nonche' la provincia di Ancona. Il gruppo che evidenzia un elevato benessere economico ma una bassa vivacita' imprenditoriale viene definito degli ''Elefanti': sono aree nelle quali prevale la grande industria e la pubblica amministrazione, dove si avverte una certa 'stanchezza' imprenditoriale. Ne fanno parte grandi citta' come Roma, Genova, Venezia e Trieste. Le 'Formiche', nonostante bassi livelli di reddito, presentano una spiccata propensione all'attivita' imprenditoriale, specialmente di piccola dimensione. Sono le province che occupano la fascia adriatica ed alcune aree del Centro e della Sardegna dove la piccola impresa accusa segnali di difficolta' dovuti alla presenza in settori maturi e/o a forte concorrenza estera, come nel caso dell'arredamento marchigiano. Tali realta' sono accomunate, inoltre, dalla dimensione demografica piuttosto contenuta. Le aree piu' in difficolta', quelle in cui lo sviluppo economico e' piu' debole, sono state denominate ''Tartarughe': sono realta' che si caratterizzano per un limitato benessere economico e per la poverta' del tessuto imprenditoriale. In questi gruppo figurano le province del Sud, tra le quali Bari, Napoli e Palermo. Si tratta di aree in cui il tasso di imprenditorialita' e' ancora basso, ma la dinamica dei redditi pro-capite e' in forte crescita grazie alla vivacita' imprenditoriale di alcune aree distrettuali e alla realizzazione recente di isole di eccellenza legate a produzioni di nicchia, come per esempio la microelettronica di Catania.

Nell’ambiente lo sviluppo possibile delle imprese del mezzogiorno

15/01 (A cura di Vincenzo Gallo) Si è conclusa nel dicembre scorso la valutazione delle candidature pervenute alla segreteria del “Premio Impresa-Ambiente”, promosso dal Ministero dell'Ambiente, dal Ministero delle Attività Produttive, dall’Unioncamere e dalla Camera di Commercio di Roma.
Il premio, alla sua prima edizione, è stato istituito con l'obiettivo di valorizzare l'impegno e promuovere le realtà italiane, private e pubbliche, che abbiano contribuito concretamente a migliorare il rapporto con il loro contesto fisico e sociale, ottenendone un vantaggio anche imprenditoriale.
Sono state premiate, pertanto, imprese che hanno sviluppato prodotti nuovi, introdotto innovazioni di processo, studiato tecnologie innovative o avviato cooperazioni internazionali, in un’ ottica di sviluppo sostenibile e di responsabilità sociale.
E’da precisare, al riguardo, che secondo i teorici della sostenibilità, l’ economia deve tenere conto di tre parametri: il “lavoro”, il “capitale naturale” e il “capitale prodotto dall'uomo”. La sostenibilità è intesa come l'insieme di relazioni tra le attività umane e la biosfera, che debbono essere tali da permettere alla vita umana di continuare, agli individui di soddisfare i loro bisogni e alle diverse culture di svilupparsi. Ma tutto ciò in modo tale che le variazioni apportate alla natura dalle attività umane stiano entro limiti tali da non distruggere il contesto biofisico globale.
Lo sviluppo sostenibile è, pertanto, quello in grado di soddisfare i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri. Per raggiungere questo obiettivo molte organizzazioni internazionali e nazionali stanno adottando strategie e programmi per incrementare l’ecoefficienza, per sviluppare fonti energetiche rinnovabili e pulite, per abbattere l’inquinamento, per ridurre drasticamente il consumo di risorse naturali, per vivere meglio e con un più diffuso ed equo benessere, per promuovere imprese verdi.
Questo premio, pertanto, si inserisce nelle iniziative finalizzate a favorire uno sviluppo più attento alle tematiche ambientali.
Come si legge nel comunicato dell’11 gennaio diffuso degli organizzatori del premio, tra gli 88 partecipanti è stata premiata, nella categoria del miglior prodotto, la società Ecotoys, per la produzione di originali giocattoli completamente biodegradabili, realizzati utilizzando un nuovo materiale a base di amido di mais e coloranti di tipo alimentare. E’ stato apprezzata anche la decisione dell’impresa di destinare un'aliquota del ricavato delle vendite ad un’ associazione che opera a tutela dell'ambiente.
La menzione speciale è stata ottenuta, invece, da General Beverage, un’azienda ideatrice di un sistema di distribuzione a consumo libero di bevande - da utilizzarsi in grandi mense aziendali, scolastiche, universitarie e sanitarie - capace di garantire un significativo abbattimento della produzione dei rifiuti, in particolare degli imballaggi.
Nella categoria del miglior processo sono state assegnate due menzioni speciali a
Trenitalia S.p.a, per la realizzazione di un treno che utilizza pannelli fotovoltaici sul tetto delle carrozze per la produzione di energia, e a IRSA/CNR, per il Progetto Sistemi a biomasse granulari aerobiche, una innovativa tecnologia di trattamento delle acque di scarico, adatta anche per residui industriali.
Nella categoria della migliore gestione è risultata vincitrice la società Sotral, premiata per la capacità di evolversi da società di trasporto in un gruppo di organizzazione della logistica connessa alla grande ristorazione, con spiccata propensione verso lo sviluppo sostenibile delle proprie attività.
Menzioni speciali sono state assegnate a Rime 1, una impresa che ha saputo, seguendo un preciso percorso di qualificazione e certificazione ambientale, trasformarsi in pochi anni in uno dei principali centri di riciclaggio dei rifiuti edili, con una riduzione fino al 90% dei conferimenti in discarica. Menzione speciale anche per Asja Ambiente Italia S.p.a. segnalata per il sistema di gestione integrato qualità/ambiente nella produzione di energia elettrica esclusivamente da fonti rinnovabili.
Nella categoria della migliore cooperazione internazionale vincitori ex-aequo sono risultati Illycaffè S.p.a, con il Progetto Brazil Award, e BerBrand S.r.l. con il Progetto Madreperla Ecocompatibile e solidale.
Illycaffè è stata premiata per il rapporto di collaborazione diretto che ha da tempo avviato con i coltivatori della materia prima. Selezionati i migliori produttori brasiliani, l'azienda ha infatti avviato un processo di fidelizzazione, garantendo loro ricavi costanti e comunque mediamente maggiori di quelli ottenibili sul libero mercato, con una particolare attenzione al rispetto della biodiversità locale e ai principi di responsabilità sociale.
Berbrand si è aggiudicata invece il premio per il modello innovativo di utilizzo delle conchiglie, risorse necessarie alla produzione di madreperla. Il progetto candidato prevede il monitoraggio delle ricadute negli ecosistemi acquatici interessati (Vietnam, Micronesia, Eritrea), con una progressiva diminuzione dei prelievi in natura a fronte di un pianificato e progressivo aumento della capacità produttiva degli allevamenti.
Menzione speciale è stata assegnata alla Tea S.c.r.l., per il Progetto MYCOR.
L'azienda propone il trasferimento di tecnologie di agricoltura biologica per migliorare la produzione agricola in una regione del Senegal, attraverso l'inoculo nelle piantagioni di funghi e batteri, sostitutivi biologici dei fertilizzanti, che possono venire prodotti in loco dagli agricoltori locali.
L’alto numero di candidature pervenute e la qualità delle aziende e degli enti in gara attesta un’aumento del segmento delle “imprese verdi”, con una attenzione crescente rispetto alle tematiche ambientali.
E’ da sottolineare che anche in Calabria sono in atto varie iniziative finalizzate a promuovere lo sviluppo sostenibile.
Tra queste è da ricordare anche quella della Comunità Montana del Medio Tirreno e del Pollino che già nel 1999 ha avviato un progetto di marketing territoriale, allora pionieristico, “Investire nella Riviera dei Cedri”. Nell’ambito di tale iniziativa è stato promosso e avviato il progetto, poi congiuntamente approvato nel 2003 dal MIUR al Centro Ricerche Fiat e all’Università della Calabria, finalizzato al riutilizzo delle fibre di ginestra, che ha già permesso la realizzazione di un campo sperimentale sul territorio della comunità montana.
I primi interessanti risultati del progetto sono stati resi pubblici nel novembre scorso dall’Università della Calabria, che ha messo già a punto un nuovo processo ecosostenibile per l’estrazione delle fibre, in fase di brevettazione, e alcuni prototipi di nuovi pannelli per l’edilizia, di reti per il disinquinamento e di carta speciale, utilizzando fibre di ginestra, che hanno già attirato l’interesse di qualificate imprese locali ed esterne.
Sta diventando sempre più concreta, pertanto, la possibilità di favorire la crescita, se adeguatamente supportata, di nuove imprese verdi anche sul Tirreno e in Calabria in vari settori, tra i quali il tessile, la bioedilizia, il settore della carta e degli imballaggi, dell’energia utilizzando in centrali a biomasse come combustibile anche i residui della lavorazione delle ginestre, della cosmetica e dei profumi, delle bioauto.
E’ da sottolineare al riguardo che in questi giorni una casa delle principali case automobilistiche mondiali ha lanciato sul mercato una nuova auto con nuovi materiali esclusivi, brevettati e riciclabili al 100% e con nuovi tessuti dei sedili perfettamente traspiranti, per aumentare il confort.
Credo che tutto ciò e l’avere attivato una collaborazione con l’Università della Calabria e con il CRF, uno dei più importanti e qualificati centri privati italiani, con circa 1000 dipendenti, costituisca una opportunità per la Calabria che merita un’adeguata attenzione ad ogni livello.

Aumentano i lavoratori del reparto hitech. Calabria, in crescita, al secondo posto in Europa

11/01 Crescono in Italia i lavoratori del comparto high-tech del settore dei servizi e in quello manifatturiero. E' quanto emerge dall'ultimo rapporto sul tema pubblicato da Eurostat, che evidenzia inoltre l'exploit della Calabria, piazzatasi al secondo posto nella graduatoria delle regioni europee per incremento dell'occupazione nelle aziende manifatturiere ad alta e media tecnologia. L'Ufficio statistico dell'Ue, pur puntualizzando che in Italia le quote di lavoratori nell'alta tecnologia manifatturiera e dei servizi sono entrambe inferiori a quelle medie europee, segnala tuttavia che tra il 1999 e il 2004 nella penisola si sono registrati incrementi significativi dell'occupazione in tutti e due i comparti. In particolare, le aziende manifatturiere italiane ad alta tecnologia hanno aumentato dell'1,7% i loro dipendenti, a fronte di un calo medio a livello europeo del 2% nel quinquennio tra il 1999 e il 2004. Secondo i dati relativi al 2004, la branca high-tech del settore (che impiega nel complesso il 21,8% dei lavoratori italiani) da' lavoro comunque soltanto all'1% degli italiani che hanno un'occupazione. Nei Venticinque e nell'Eurozona la quota e' dell'1,2%. Il trend si conferma nel settore dei servizi, dove il comparto ad alta tecnologia ha visto crescere il numero dei suoi dipendenti del 4,2% tra il 1999 e il 2004, a fronte di un aumento medio comunitario del 2,9%. E tuttavia in termini assoluti, solo il 3,1% degli occupati italiani lavora nel comparto, a fronte del 3,3% dell'Ue-25 (3,5% in Eurolandia). In totale i servizi impiegano il 65% dei lavoratori della penisola, secondo i dati del 2004. Eurostat sottolinea che l'aumento dell'occupazione nelle aziende manifatturiere italiane ad alta e media tecnologia e' trainato dalla Calabria, dove tra il 1999 e il 2004 i lavoratori del settore sono cresciuti del 14,1%, il secondo piu' alto incremento tra tutte le regioni Ue, dopo il Limousin, la regione francese a Sud di Parigi. Un aumento, sottolinea Eurostat, che porta la percentuale di impiegati calabresi nel settore all'1,4% del totale (sempre nel 2004), ossia al di sopra della media Ue, anche se chiaramente al di sotto dei distretti piu' avanzati nell'high-tech, che si concentrano in Germania (molti impiegano oltre il 10% dei lavoratori complessivi). Di seguito la graduatoria delle regioni Ue (compresi gli stati di dimensioni regionali) che hanno aumentato maggiormente tra il 1999 e il 2004 la percentuale di lavoratori nel settore manifatturiero ad alta e media tecnologia, sul totale degli occupati nelle regioni stesse:

REGIONE %
1 LIMOUSIN (Francia) 15,8
2 CALABRIA (Italia) 14,1
3 MURCIA (Spagna) 13,8
4 STEREA ELLADA (Grecia) 13,1
5 LETTONIA 9,8
6 ISOLE BALEARI (Spagna) 8,2
7 TURINGIA (Germania) 7,9
8 ABRUZZO (Italia) 7,8
9 SALISBURGO (Austria) 7,7
10 MARCHE (Italia) 6,8
11 LINBURGO (Germania) 6,4
12 CIPRO 6,3
13 ESTONIA 5,9
14 CASTIGLIA (Spagna) 5,5
15 TREVIRI (Germania) 5,4

Tasse sulla benzina, Tarsu e Ici le imposte più odiate dagli italiani. Al sud la bandiera nera dell’evasione

07/01 Accise su benzina, energia elettrica e metano, ticket sanitari, canone Rai, Tarsu e Ici: sono queste le imposte e tasse piu' odiate dagli italiani. Completano la top ten dei prelievi piu' indigesti, predispota da Contribuenti.it, l'iposta di bollo, le concessioni governative, l'Irap, lIva e le imposte sui redditi. Come si evidenzia nella classifica, le tasse piu' invise agli italiani sono le imposte indirette che si pagano senza tener conto del reddito pro capite. Se, infatti, ''sembra logico da parte del cittadino partecipare al prelievo fiscale collettivo in maniera progressiva rispetto al reddito percepito durante l'anno, non sembra altrettanto accettabile vedersi tassare ripetutamente in base ai consumi. Tale imposizione, infatti, colpisce il cittadino senza tener contro della propria capacita' contributiva in dispregio al dettato costituzionale''. ''Paradossalmente, infatti -cpntinua la nota- le imposte indirette incidono maggiormente sulle famiglie piu' povere anziche' su quelle piu' benestanti. In alcuni casi, poi, addirittura si assiste ad una doppia imposizione indiretta come nel caso dell'applicazione dell'Iva sulle accise presente sull'acquisto di carburante o nel consumo di energia elettrica''. ''Solo un cittadino su quattro -prosegue lo studio- capisce perche' paga le tasse. Tre su quattro si considerano sudditi di una amministrazione finanziaria troppo burocratizzata che spesso viola i diritti dei contribuenti. Cio' incentiva l'evasione fiscale che ad oggi, secondo uno studio effettuato dallo Sportello del Contribuente, ha raggiunto l'astronomica cifra di 227,6 miliardi di euro all'anno, di cui solo 21 miliardi viene scoperta e solo 487 milioni viene effettivamente riscossa. Il tasso di evasione in Italia, e' tra i piu' alti del mondo: su 100 euro di reddito dichiarato sfuggono al fisco 48 euro''. La bandiera nera dell'evasione spetta, secondo Contribuenti.it, ''al Sud dove la quota di imponibile non dichiarato al Fisco raggiunge il 34,5% del totale su scala nazionale, mente il nord est si colloca al 18,9%, il nord ovest al 26,5% ed il centro al 20,1%. Calabria, Sicilia, Puglia e Campania sono le Regioni in cui l'evasione e' piu' forte in termini relativi mentre Lazio, Lombardia e Sicilia sono in termini assoluti le regioni dove si registrano le quote maggiori di evasione. Tra i maggiori evasori spicca la categoria degli industriali, con una percentuale del 43% e, a seguire, i commercianti con il 12%, gli artigiani con il 11% ed i professionisti con 10,8%. Fanalino di coda, ma di non trascurabile ammontare, e' l'evasione dei lavoratori dipendenti, che con un secondo lavoro, quasi sempre ''in nero'', evadono in totale l' 8,4%. ''Il dato e' allarmante perche' la categoria degli industriali, tra i quali e' piu' diffusa l'evasione, rappresenta la fetta piu' ampia del tessuto italiano -commenta il Vittorio Carlomagno, Presidente di Contribuenti.it - In piu', tale categoria, spesso beneficia di aiuti di stato sotto forma di agevolazioni finanziarie, crediti di imposta e leggi ad hoc che riducono l'imponibile sensibilmente''. Perche' si evade? Da una indagine effettuata dall'Associazione e' emerso che ''il 36% dei cittadini evade per ignoranza delle norme o per la complessita' delle stesse, il 42% per la scarsita' dei controlli e solo il 22% per l'insoddisfazione verso i servizi pubblici erogati dallo stato e la scarsa cultura della legalita'''.

Italia paese degli assegni protestati. La Calabria all’ottavo posto. Adusbef: “Eredità del Governo”

06/01 Italia paese di protestati, soprattutto per assegni scoperti. Insomma su ogni cittadino, bimbi inclusi, pesa un 'debito' inevaso di 71 euro. La 'mappa' delle irregolarita' viene stilata dall'Agenzia delle Entrate che, in uno studio pubblicato oggi sulla web-zine, Fisco Oggi, ha fatto i conti degli ultimi anni sul fenomeno protesti. Un fenomeno sostanzialmente in crescita e che ha coinvolto, nell'ultimo anno rilevato dall'Istat (2004) ben 1.688.879 di protesti per un valore di 4.144.866.033 di euro. Per circa il 50% del valore, - si spiega - i protesti sono rappresentati da assegni bancari (2.270.000.000 euro circa), mentre numericamente gli assegni rappresentano quasi il 32% (539.751), con la conseguenza che il valore medio dell'assegno scoperto e protestato si aggira intorno ai 4.205 euro circa. Per il resto concorrono vaglia cambiari e cambiali tratte. Le ultime elaborazioni Istat, se comparate a quelle degli anni precedenti, evidenziano inoltre un ulteriore circostanza non molto felice: dopo l'andamento discendente degli anni precedenti, nel 2004 il numero e l'importo dei protesti e' di nuovo aumentato sia rispetto al 2003 sia rispetto al 2002. Diversa la situazione nelle regioni italiane: in valore assoluto, e' la Campania a guidare la classifica degli importi piu' alti protestati (736.085.101 euro) seguita da Lombardia (697.104.240 euro) e Lazio (691.561.685 euro). Per numero dei protesti e' invece il Lazio a guidare questa poco ideale classifica (281.366) seguito da Lombardia (276.078) e Campania (258.393). Entrando nel dettaglio della composizione dei protesti ed esaminando in particolare gli assegni bancari, emergono una serie di circostanze abbastanza singolari: in Campania c'e' l'importo complessivo piu' elevato di assegni scoperti (446.281.007 euro), seguono il Lazio (con 432.006.355 euro) e la Lombardia (con 393.948.855 euro). Il primato del numero di assegni protestati piu' elevato in assoluto e' detenuto dal Lazio con 129.190 assegni, seguono la Lombardia con 121.739 e la Campania con 92.767 assegni. La regione che presenta l'importo medio unitario (rapporto tra valore degli assegni e numero di assegni protestati) piu' elevato di assegni protestati e' il Trentino Alto Adige pari a 11.352 euro, segue la Valle d'Aosta (9.422 euro) e quindi il Veneto (7.735); la regione che presenta invece l'importo medio unitario piu' basso di assegni protestati e' la Lombardia (3.236 euro), seguono il Lazio (3.344 euro) e la Sicilia (3.890 euro). Infine, rapportando i dati sui protesti, rispetto alla popolazione residente suddivisa per regione e' possibile stilare una classifica percentuale dei protestati (rapporto tra numero protesti e popolazione residente) e dei protesti pro capite (rapporto tra ammontare protesti e popolazione residente): la media nazionale: il rapporto (media nazionale) tra numero dei protesti e popolazione residente e' al 2,9% ed e' di 71 euro il protesto medio pro capite.
"La difficile eredita' del governo: piu' debiti, piu' poveri, piu' protesti per tutti. Cresce il numero dei protestati, specie assegni bancari, che arrivano a 1,6 milioni, per un controvalore di 4 miliardi di euro". Lo afferma il presidente dell'Adusbef, Elio Lannutti, in una nota in cui sottolinea che dopo i dati Istat su inflazione (+1,9%) e retribuzioni (+ 3,2%), "che dipingono un paese di Bengodi dove lavoratori e pensionati traboccherebbero di inusitata ricchezza, arrivano altri indicatori a testimoniare il disagio economico di piccole e medie imprese che arrancano e di milioni di famiglie, costrette ad indebitarsi per sopravvivere, con gravissime difficoltà anche per pagare i debiti contratti". Secondo l'Adusbef "sia la crescita esponenziale del credito al consumo (stimata nel 2005 a superare la soglia di 70 miliardi di euro, con un incremento del 19 per cento rispetto al 2004), che l'aumento dei protesti, testimoniano una realtà diversa rispetto a quella edulcorata che Istat e Governo vorrebbero propinare ai cittadini". Il fenomeno dei protesti, continua l'associazione dei consumatori, "stilati dall'Agenzia delle Entrate, sono cresciuti sia in valore assoluto,4,1 miliardi di euro, che nel loro numero, 1.688.879, con un 50% circa rappresentati da assegni bancari (2.270.000.000 euro circa), mentre numericamente gli assegni rappresentano quasi il 32% (539.751), con la conseguenza che il valore medio dell'assegno scoperto e protestato si aggira intorno ai 4.205 euro circa. Per il resto concorrono vaglia cambiari e cambiali tratte". Le ultime elaborazioni Istat, se comparate a quelle degli anni precedenti, sostiene l'Adusbef, "evidenziano inoltre un ulteriore circostanza non molto felice: dopo l'andamento discendente degli anni precedenti, nel 2004 il numero e l'importo dei protesti è di nuovo aumentato sia rispetto al 2003 sia rispetto al 2002". A guidare la classifica degli importi più alti protestati è per l'Adusbef la Campania (736.085.101 euro) seguita da Lombardia (697.104.240 euro) e Lazio (691.561.685 euro). Per numero dei protesti è invece il Lazio a guidare questa poco ideale classifica (281.366) seguito da Lombardia (276.078) e Campania (258.393). "Questi dati - prosegue la nota - sono la testimonianza più probante di un disagio di famiglie e piccole imprese,specie quelle che non operano nei mercati protetti,nei monopoli ed oligopoli, costrette non solo ad indebitarsi, ma anche a non poter onorare i debiti contratti per difficoltà economiche oggettive, mentre sia il Governo (la cessione del quinto dello stipendio ai lavoratori privati ed agli atipici rappresenta un incentivo al debito) che le società finanziarie, suonano la grancassa invitando le famiglie a comprare oggi, pagando comodamente tra due anni, con tassi di interesse che per la cessione del quinto sotto i 5.000 euro è superiore al 20% annuo, fondando il rilancio dei consumi sull'indebitamento". Lannutti conclude lanciando un appello alle famiglie: "non ascoltare le sirene interessate di banche e finanziarie, cercando di evitare di cadere nella cultura del debito, che porta ad una nuova schiavitù finanziaria,spesso anticamera dell'usura".
Ecco la classifica dei protesti divisa per numero e per regione:

 

Regione

Numero

(Tot mln euro)

%

         

1

Lazio

281.366

691,5

16,66

2

Lombardia

276.078

697,1

16,35

3

Campania

258.393

736

15,30

4

Puglia

154.692

303,9

9,16

5

Sicilia

153.679

318,8

9,10

6

Toscana

88.203

212,2

5,22

7

Piemonte

72.011

140,3

4,26

8

Calabria

70.938

180,1

4,20

9

Emilia Romagna

67.801

171,9

4,01

10

Veneto

51.084

178,4

3,02

11

Abruzzo

45.099

103,9

2,67

12

Marche

42.229

120,4

2,50

13

Sardegna

27.970

63,6

1,66

14

Liguria

25.748

44,6

1,52

15

Umbria

23.800

59

1,41

16

Basilicata

18.694

40,8

1,11

17

Friuli V.G.

13.705

27,7

0,81

18

Molise

8.830

25

0,52

19

Trentino A.A.

6.921

24,1

0,41

20

Valle D'Aosta

1.638

4,5

0,10

 

Italia

1.688.879

4.144,80

 

 

In calo l’inflazione (-0.1%) che si attesta sul 2%

04/01 Colpo di freno per l'inflazione. In dicembre i prezzi sono aumentati del 2% su base annua, contro il 2,1% di novembre e sono rimasti invariati rispetto al mese precedente. Uno stop che consente al 2005 di chiudere con tasso di inflazione annuo dell'1,9%, ben sotto al 2,2% indicato dal governo nella relazione previsionale e programmatica e il ''miglior risultato dal '99'' quando si fermo all'1,7%, anche se i dati non si possono confrontare in pieno perche' dal 2001 l'indice si calcola diversamente. A raffreddare il costo della vita ha contribuito in modo del tutto inatteso il calo nel settore dell'energia (-0,1% su base mensile) ma anche trasporti, comunicazioni, alberghi e ristoranti e ancor di piu' spettacoli e cultura (-0,2%). Ma sui dati preliminari diffusi oggi dall'Istat e salutati positivamente dal governo, piovono le critiche di sindacati, opposizione e consumatori che parlano di ''dati surreali'' e chiedono ''una riforma dell'istituto e la revisione del paniere per calcolare il costo della vita''. ''Sono dati assolutamente falsati. Il meccanismo di rilevazione dei prezzi dell'Istat deve essere rivisto quanto prima perche' cosi si rischia di compromettere anche il meccanismo dei rinnovi contrattuali'' afferma il segretario confederale della Cisl, Raffaele Bonanni e di dati ''surreali'' e ''offensivi per l'intelligenza dei consumatori'' parla anche il leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio. ''Non c'e' proprio niente di positivo nel dato odierno che stigmatizza la recessivita' della nostra economia, stremata dalla caduta di competitivita' e dall'assenza di qualsiasi serio intervento di contrasto'' incalza Marigia Maulucci, segretario confederale della Cgil. E l'Intesa Consumatori avverte che ''riformare l'Istat e' ormai un'esigenza improrogabile''. Di tutt'altro segno il commento del governo che, con il vice ministro dell'Economia Giuseppe Vegas parla di inflazione ''sotto controllo''. ''Si tratta -sottolinea Vegas- di un dato buono'', ora occorre ridare ''maggiore slancio alla crescita. Tutto cio' che e' stato fatto per rafforzare la manovra correttiva con la finanziaria e' confortato dal positivo dato dell'inflazione''. E il ministro del Welfare Roberto Maroni rivendica: ''si tratta di un risultato che e' anche merito della politica economica del governo e che puo' costituire una solida base per rafforzare la ripresa economica che in questi ultimi mesi ha dato segnali di risveglio''. Mentre il sottosegretario al Welfare, Maurizio Sacconi replica ironico alla Cgil: ''L'inflazione inequivocabilmente scende e subito i soliti noti aggiungono i ma e i se. La Cgil in particolare, rinnova il comportamento dello schizofrenico nella nota barzelletta, per cui, anche quando due piu' due fa quattro, gli secca tanto''. ''Se il calo dell'inflazione fosse vero, sarebbe bello; ma purtroppo continua ad esserci una scarsa corrispondenza tra la realta' con cui deve fare i conti la massaia e i dati Istat sull'inflazione'' ribatte il segretario generale aggiunto della Uil, Adriano Musi. ''Il punto irrisolto e' che occorrerebbe rivedere sia la composizione dei beni del paniere sia il loro peso ponderale per una maggiore aderenza alla realta''', aggiunge. Dalla fotografia scattata dall'Istat, in attesa di una conferma ufficiale che arrivera' il 16 gennaio, spiccano aumenti congiunturali per prodotti alimentari e bevande analcoliche (+0,3%), altri beni e servizi (+0,2%) e abbigliamento e calzature (+0,1%). Variazioni nulle si sono verificate nei capitoli bevande alcoliche e tabacchi, mobili, articoli e servizi per la casa, servizi sanitari e spese per la salute e istruzione; variazioni negative si sono registrate nei capitoli ricreazione, spettacoli e cultura (-0,2%), abitazione, acqua, elettricita' e combustibili, Trasporti, Comunicazioni e servizi ricettivi e di ristorazione (-0,1% per tutti e quattro. Su base annua, invece, gli incrementi tendenziali piu' elevati si sono registrati nei capitoli abitazione, acqua, elettricita' e combustibili (+5,7%), trasporti (+3,2%) e istruzione (+3%). Una variazione tendenziale negativa si e' registrata nel capitolo Comunicazioni (-3,7%). A dicembre, sottolinea l'Isae, la crescita tendenziale dei prezzi ''rallenta al 2% dopo due mesi di stabilita''': il tasso di crescita e' infatti sceso, rispetto a dodici mesi prima, al 2% dal 2,2% del bimestre precedente, riportandosi quindi al livello del settembre scorso. Secondo l'istituto di ricerca poi, la variazione congiunturale e' risultata nulla, per la quarta volta nell'anno, grazie alle nuove riduzioni dei listini dei carburanti e ad andamenti dei prezzi particolarmente moderati per la maggior parte dei capitoli di spesa. Al netto della componente stagionale, l'Isae stima che l'inflazione (calcolata sugli ultimi tre mesi e annualizzata) sia scesa all'1,9%, appena al di sotto della variazione su 12 mesi. Tuttavia a gennaio, l'inflazione potrebbe risultare in leggera risalita. Da un lato potrebbe infatti farsi sentire l'effetto degli aumenti gia' scattati agli inizi del mese per alcune tariffe come quelle dell'energia elettrica e del gas e i pedaggi autostradali; dall'altro pesa un confronto statistico particolarmente sfavorevole: nel gennaio 2005, ricorda l'Isae, l'indice per l'intera collettivita' era, infatti, rimasto invariato, grazie soprattutto alla forte diminuzione dei prezzi dei medicinali. La polemica non si placa. Alfonso Pecoraro Scanio annuncia che ''i Verdi proporranno all'Unione una riforma radicale dell'Istat: non si capisce proprio in che modo i funzionari dell'Istituto di statistica facciano le rilevazioni''. Si deve evitare che ''ogni anno si ripeta questa penosa contraddizione tra i dati annunciati dall'Istat e l'effettivo caro-prezzi, sempre piu' avvertito dalle famiglie italiane - aggiunge - Ora serve una riforma del meccanismo di rilevazione e della definizione del paniere, con il coinvolgimento delle associazioni dei consumatori. E' inoltre importante giungere ad una pluralita' di soggetti addetti alle rilevazioni dei prezzi''. Per Rosario Trefiletti dell'Intesa Consumatori, il riassetto dell'Istat e' ''improrogabile'', vista ''l'importanza che assume la determinazione del tasso di inflazione del nostro paese e per le ricadute che questo ha nei confronti di una serie di parametri importantissimi per la nostra economia''. Ma oltre a dotare di risorse e a migliorarne la qualita' della statistica ufficiale si rende necessario, per Intesa Consumatori, intervenire anche sulla voci del paniere di riferimento, adeguandole ed attualizzandole; sui pesi che queste hanno all'interno del paniere adeguandoli alle nuove realta' di spesa (per esempio quelli relativi alle assicurazioni auto, alle tariffe bancarie e ai costi delle abitazioni); e sulla rilevazione territoriale attraverso un intervento strutturale che garantisca una loro maggiore accuratezza. Non solo. Per i consumatori occorre anche la costruzione di panieri differenziati per fasce di reddito. Per il governo, invece, i dati diffusi oggi dall'Istat sui prezzi sono ''in controtendenza rispetto all'aumento dei tassi deciso dalla Bce e che quindi ci tranquillizza sul versante della gestione del debito pubblico. A questo punto -osserva ancora il vice ministro Vegas- tutti gli sforzi dovranno essere rivolti a fare del 2006 l'anno della ripresa economica. Con l'inflazione sotto controllo e i conti in regola ci sono le condizioni per dare respiro alla crescita''. ''Il governo ha mantenuto la promessa di raffreddare il costo della vita e questo nonostante la zavorra della bolletta energetica'' aggiunge il viceministro alle Attivita' produttive Adolfo Urso. Se Confagricoltura evidenzia che ''su questi risultati non puo' non vedersi l'influenza dei prezzi all'origine del settore agricolo, il cui andamento su base annua, variazione a partire da novembre, rispetto ai 12 mesi precedenti, presenta una flessione di - 5,5%, secondo le stime Ismea'' Confcommercio non nasconde la preoccupazione per il caro-bollette mentre la Confesercenti guarda in avanti e invita ora a ''pensare alla crescita''. Per l'organizzazione, il dato di dicembre ''e' un risultato importante'' perche' ''archivia definitivamente tutte le polemiche sul passaggio all'euro e le responsabilita' strumentali''. Di tutt'altro tenore il commento dei consumatori: ''altro che 2% siamo sicuramente a piu' del doppio. Il paese e' piu' povero e in recessione. Serve una nuova politica economica''. Le associazioni dei consumatori ricordano in particolare che nel 2005 si sono registrati aumenti annui pari a 31 euro per la luce, 106 euro per il gas, 155 euro per il riscaldamento, 14 euro per l'acqua, 18 euro per la nettezza urbana, 45 euro per le banche, 32 euro per rc auto, 290 euro per i carburanti. Incrementi nel complesso pari a 691 euro. Se a tutto cio' si aggiunge la ricaduta che i costi dell'energia hanno sui prezzi dei beni di largo consumo pari a 190 euro per il trasporto e 205 euro per l'aumento dei costi di produzione, si arriva ad un totale di 1.086 euro. ''C'e' un fatto inequivocabile: oggi -incalza Musi- si compra e si puo' comprare meno rispetto a qualche anno or sono. Dunque, o salari e pensioni non sono piu' sufficienti o sono aumentati i prezzi. E al di la' dei numeri e delle polemiche questo e' cio' che interessa alla gente e questo e' il problema che va risolto'', aggiunge ironizzando ''anche se la Befana portasse il carbone all'Istat sarebbe comunque un premio superiore all'1,9%, visti i costi dell'energia''.

E' la borsa la regina degli investimenti del 2005.

01/01 Con una performance media nell'anno del 14,43%, Piazza Affari ha regalato grandi soddisfazioni a quei risparmiatori che, ovviamente, abbiano puntato sui titoli giusti. Pur garantendo valori positivi, si e' rivelato meno redditizio l'investimento di chi abbia affidato i propri risparmi a un fondo comune. L'indice generale di questi prodotti finanziari (secondo i dati di Banca Fideuram) da inizio anno e' cresciuto del 5,42%. Il vivace andamento della borsa trova conferma nel fatto che i fondi che si sono rivelati piu' remunerativi nell'anno appena trascorso sono stati quelli azionari (ossia con almeno il 70% del portafoglio in azioni) che da gennaio hanno reso, in media, il 19,37%. La progressione piu' forte e' stata pero'dei fondi azionari specializzati per aree geografiche: gli azionari 'Europa' hanno realizzato il 19,21%; gli azionari 'America' hanno portato a casa il 13,53% mentre quelli dell'area del Pacifico il 29,95%. Accelerazione da 'turbo' per i fondi dedicati ai Paesi emergenti che hanno toccato quota 39,72%. Impallidiscono, a confronto, i rendimenti dei fondi obbligazionari che, da gennaio, hanno reso appena il 2,31%. In media, il rendimento annuo per il 2005 dei Buoni poliennali del Tesoro e' stato del 3,145% e quello dei CCT del 2,228% (dati del centro studi Banca Intesa).

Prevista una crescita del reddito del 1.5% per il 2006

31/12 La crescita del reddito prevista nei prossimi dodici mesi si dovrebbe attestare all'1,5%, un'accelerazione cui dovrebbero contribuire in misura piu' sostenuta la Lombardia, l'Emilia Romagna e la Basilicata (tutte con previsione di +1,8% del PIL), seguite da Campania (+1,7%), Friuli Venezia Giulia e Toscana (+1,6%). In piena media nazionale Veneto e Puglia (+1,5%). E' il quadro di previsione per il 2006 degl centro studi di Unioncamere in collaborazione con Prometeia. Nel 2006, le due ripartizioni del Nord dovrebbero registrare un incremento del Pil sopra la media nazionale (+1,6%). Poco al di sotto si dovrebbe posizionare il Mezzogiorno (+1,4%), seguito dal Centro (+1,3%). A livello regionale, la crescita piu' consistente del Pil e' attesa in Lombardia, Emilia Romagna e Basilicata (+1,8%), seguiti dalla Campania (+1,7%), Friuli Venezia Giulia (+1,6%) Veneto e Puglia (+1,5%). Le dinamiche piu' contenute, sotto l'1,0%, si prevedono invece in Molise (+0,9%), Marche (+0,8%), Trentino Alto Adige (+0,7%), Abruzzo e Val d'Aosta (+0,6%).
Esportazioni: Dopo un 2005 a crescita ridotta (+0,2%), il 2006 dovrebbe registrare una sostanziale ripresa dell'export italiano. A +3,0% si attesta la media nazionale, con il Nord-Ovest (+3,4%) ed il Centro (+3,2%) a fare da battistrada. Nord Est e Mezzogiorno (rispettivamente +2,5% e +2,6%) avranno un andamento meno brillante. A livello regionale, sono da segnalare i dati sopra la media del Molise (+3,9%), Puglia (+3,8%), Piemonte (+3,6%), Lombardia, Toscana e Lazio (+3,4%), Sicilia e Sardegna (+3,3%) e Calabria e Campania (+3,1%).Viceversa Basilicata (-4,3%), Abruzzo (+0,7%) e Val d'Aosta (+0,9%) le regioni con i tassi di crescita meno significativi. La crescita dei consumi delle famiglie nel 2006 si dovrebbe attestare all'1,1%, valore sostanzialmente analogo a quanto dovrebbe registrarsi per il 2005 (+1,0%).
Le previsioni contenute negli scenari delle economie locali elaborati dal centro studi di Unioncamere in collaborazione con Prometeia vedono Centro e Nord-Est con un incremento rispettivamente dell'1,3% e dell'1,2%, il Mezzogiorno e' in linea con la media nazionale (+1,1%), mentre il Nord Ovest dovrebbe attestarsi poco al di sotto (+0,9%). A livello regionale, una crescita superiore o uguale all'1% per il prossimo anno dovrebbe coinvolgere quasi tutte le Regioni di Italia, ad eccezione del Piemonte e della Liguria (+0,8%), Lombardia, Molise e Campania (+0,9%). Le dinamiche migliori interesseranno la Val d'Aosta (+1,8%), Trentino Alto Adige, Sardegna e Abruzzo (+1,5%), seguite da Friuli Venezia Giulia, Lazio e Basilicata (+1,4%).
Investimenti in costruzioni û Rispetto al dato previsto per il 2005 (+1,3%) per il prossimo anno si prevede un'accelerazione che portera' la crescita al 2,0%, favorita in particolare dall'andamento del Nord Est (+3,1%) e dal Mezzogiorno (+2,1%), mentre le altre ripartizioni si posizioneranno al di sotto della media nazionale. Tra le regioni piu' dinamiche il Veneto (+7,0%) la Campania (+4,7%), la Basilicata (+4,0%), la Calabria (+3,0%) e la Toscana (+2,9%), mentre andamenti piu' deludenti si dovrebbero registrare in Trentino Alto Adige (-3,1%), Marche (-2,1%), Sardegna (-1,1%) Liguria e Molise (-0,8%). Investimenti in macchinari ed impianti û Nel 2006 e' attesa una significativa ripresa degli investimenti fissi lordi in macchinari ed impianti (+2,5%) a fronte della battuta d'arresto con cui si chiudera' il 2005 (-2,7%). Il dato positivo dei prossimi dodici mesi dovrebbe dipendere principalmente dalla dinamica del Mezzogiorno (+4,8%) e del Nord Est e Centro (+2,8%). Piu' contenuta, invece, la crescita nel Nord Ovest (+0,6%). A livello regionale tutte le regioni del Centro e del Mezzogiorno registreranno una crescita oltre il 4,0%, ad eccezione del Lazio (+1,5%) e dell'Umbria (+3,9%). Le regioni meno dinamiche risultano il Piemonte e la Val d'Aosta (+1,9%) e la Lombardia in cui si prevede una sostanziale stabilita' (0,0%) Infine il capitolo occupazione. Nel 2006 il ritmo di creazione di posti di lavoro dovrebbe registrare un lieve incremento (+0,6% rispetto al +0,4% atteso per il 2005). In media con la previsione dell'Italia sono Nord-Est, Centro e Mezzogiorno (+0,6%), mentre solo nel Nord-Ovest l'occupazione dovrebbe crescere ad un ritmo pari allo +0,4%. In particolare, Sicilia e Basilicata (+0,8%) seguite da Friuli Venezia Giulia, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania e Sardegna (+0,7%) sono le regioni per cui si attende una crescita al di sopra della media nazionale. Piu' contenuta, invece, la crescita in Lombardia (+0,4%), in Piemonte e in Calabria (+0,3%).

L’impresa italiana dedita al commercio. In crescita quelle del sud

29/12 Anche nel 2005 l'impresa italiana risulta essere perlopiù dedita al commercio ed è prevalentemente lombarda. E' quanto emerge da un'indagine della Camera di Commercio di Milano su dati del registro delle imprese tra il terzo trimestre 2005 e lo stesso trimestre dell'anno precedente. L'indagine rivela infatti come l'impresa italiana del 2005 sia in primo luogo dedita al commercio (27,8%), seguito dall'agricoltura (18,7%), e sia essenzialmente lombarda (15,6%), ma anche veneta (8,9%), campana (8,9%), emiliana (8,3%) e piemontese (8%). Dal terzo trimestre di quest'anno allo stesso periodo del 2004 le imprese italiane sono cresciute, in termini di numero, dell'1,3%. In testa il settore della sanità e di altri servizi sociali, che è aumentato del 5,9%. Seguono le imprese del settore delle attività immobiliari, di noleggio, informatica e ricerca (+4,9%), costruzioni (+4,1%) e istruzione (+4%). Tra le province, in testa Milano con una quota pari al 6,6% sul totale nazionale, seguono Roma (4,5%), Napoli (4,3%) e Torino (3,8%). In un anno, in termini di aumento numerico, è cresciuto di più il Sud: Reggio Calabria (+3%), Enna (+2,8%), Cosenza (+2,7%). Al Nord, spicca Lodi (+2,5%). A livello di regioni, è la Calabria ad essere cresciuta maggiormente (+2,4%).

Le pensioni sono aumentate di un milione tra il 2001 e il 2004

28/12 Tra il 2001 e il 2004, in termini assoluti, gli assegni pensionistici erogati da tutti gli enti previdenziali italiani, sia pubblici sia privati, sono aumenti di 1.095.471. L'incremento, in termini percentuali e' stato del + 5,09%. Forte crescita in tutte le regioni del Sud. I pensionati piu' ricchi sono nel Lazio con 10.620,72 euro. E' questo l'importo medio lordo annuo ricevuto da ciascun avente diritto nel 2004. Al 31 dicembre 2004 gli assegni pensionistici erogati hanno raggiunto la soglia dei 22.602.199 e, rispetto al 2001, sono cresciuti del 5,09%. Al Sud gli incrementi piu' elevati. In Campania, nel periodo considerato, la variazione e' stata del + 9,79% ( pari a 156.396 assegni in piu'). In Calabria del 9,50% (+ 62.985), mentre in Puglia le pensioni sono aumentate del + 8,18% (pari ad un valore assoluto di 102.658). A indagare sul sistema pensionistico italiano e' l'Ufficio studi della Cgia di Mestre che da anni esegue un monitoraggio puntuale su questo fenomeno. A chiudere questa particolare classifica troviamo tutte le regioni settentrionali. Fanalino di coda la Liguria con un striminzito + 1,16% pari a 9.206 assegni in piu' rispetto al 2001. Ma l'analisi della Cgia di Mestre consente di misurare anche l'entita' economica delle prestazioni pensionistiche erogate da tutti gli istituti previdenziali italiani. Ebbene, a guidare la classifica nazionale ci sono i pensionati laziali che ricevono mediamente un importo medio lordo, relativo al 2004, pari a 10,620,72 euro. Seguono i lombardi con 10.200,57 euro e al terzo posto troviamo i liguri con 10.001,26 euro. Chiudono la classifica i pensionati molisani con 7.011,99 euro. "Da questa analisi - commenta Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre - emerge con nitidezza come si stia ricucendo la spaccatura tra il Nord e il Sud del paese. Se fino a qualche anno fa i pensionati si trovavano principalmente al Nord, cio' dovuto al fatto che proprio in queste aree era avvenuta l'industrializzazione di massa degli anni '50 e '60, ora anche nel Mezzogiorno registriamo le prime uscite consistenti dal mondo del lavoro verso la tanto agognata pensione. E se non cresce, in termini proporzionali, anche l'occupazione e' difficile immaginare, nonostante le riforme realizzate, la possibilita' di mantenere economicamente in equilibrio tutto il sistema". (

Il Rapporto Eurispes sulla Calabria evidenzia i problemi strutturali. Adamo: “Nel rapporto emerge una ripresa”. I dati.

L’indagine del Sole24ore sulle province evidenzia la situazione economica preoccupante della Calabria”

21/12 (Vincenzo Gallo) Il quotidiano “Il Sole 24 Ore” ha pubblicato il 19 dicembre scorso un dossier sulla qualità della vita nelle 103 province italiane, calcolata in base a 36 parametri.Il documento conferma l’esistenza in Calabria di una situazione economica e sociale estremamente preoccupante, ma anche di alcuni punti di forza e di opportunità che è possibile sfruttare. Ai primi posti in graduatoria in base alla classifica complessiva risultano tre province del nord-est, Trieste, Gorizia e Belluno, mentre la coda della classifica è occupata da province del sud, con Vibo Valentia all’ultimo posto. Le province meridionali con punteggio più alto sono risultate l’Aquila (41° posto), Chieti (52°), Matera (56°) e Ascoli (60°). Nella graduatoria finale le province calabresi sono tutte nella ultime 20 posizioni. Il punteggio più alto è stato registrato da Cosenza, che è all’84° posto, ma ha guadagnato 7 posizioni rispetto all’anno precedente, Crotone, all’86° posto (+7), Reggio Calabria al 90° (+7), Catanzaro, al 94° posto (- 8 posti) e Vibo al 103°, che ha addirittura perso 19 posti. Le province che hanno guadagnato posizioni rispetto all’anno precedente sono state 50. Tra queste sono da segnalare Perugia (+28 posizioni), Brescia (+24), Rimini e Macerata (+22). Nel Sud il migliore punteggio rispetto all’anno precedente è stato registrato dalla Provincia di Messina, che ha guadagnato ben 20 posizioni, seguita da Matera (+19) e Salerno (+12). I risultati peggiori rispetto all’anno precedente sono stati registrati in aree del nord e del sud. Il maggiore arretramento è stato registrato dalla Provincia di Biella, risultata al 54° posto nella classifica generale (-27 rispetto al 2004), dove è presente anche un distretto tessile che risente probabilmente più di altri gli effetti della globalizzazione e della concorrenza dei paesi emergenti. Seguono Vibo Valentia (-19), Firenze (-18), Torino, Cagliari, Genova e Teramo (-16). In base alla ricchezza prodotta, in particolare all’ammontare del valore aggiunto per abitante nel 2004, al primo posto troviamo Milano, con 33.933 euro per abitante, all’ultimo Crotone con soli 12.161 Euro, valore pari a poco più di 1/3 rispetto a quello Milano. Tra le province calabresi Catanzaro è all’ 84° posto, con 15.672 euro, seguita da Reggio Calabria (93° posto), Cosenza (97°), Vibo Valentia (98°), Crotone (103° posto). In base alla percentuale di valore aggiunto derivante dalle esportazioni nel 2004, le prime dieci province risultano Vicenza (56,9%), Gorizia, Chieti, Reggio Emilia, Prato, Modena, Siracusa, Treviso, Pordenone ed Arezzo, con la presenza quindi anche di due province meridionali. Negli ultimi dieci posti della classifica troviamo invece tutte province del sud, tra cui le 5 calabresi: Palermo, Vibo Valentia (2,65%), Oristano, Crotone, Reggio Calabria, Benevento, Agrigento, Cosenza, Enna e Catanzaro all’ultimo posto. In base all’indice di percezione della gravità attribuita al problema del lavoro in 107 aree provinciali ai primi posti risultano Trento, Bolzano, Aosta e Vicenza dove il problema dell’occupazione è scarsamente avvertito. Agli ultimi posti si collocano invece Biella, Cosenza, Napoli, Crotone e Carbonia/Iglesias, che chiude la classifica. Tenendo conto dei debiti non pagati, in particolare del rapporto percentuale tra sofferenze e impieghi bancari, ai primi posti in ordine decrescente sono risultati Trento (1,60%), Ravenna e Milano, mentre agli ultimi posti si collocano Cosenza (17%), Latina, Parma (probabilmente per la crisi del gruppo Parmalat), Reggio Calabria, Potenza e, in coda, Frosinone (23%).
In relazione all’indice di percezione della gravità attribuita ai problemi di criminalità e ordine pubblico, calcolato attraverso interviste ad un campione della popolazione, le province più sicure sono risultate Verbania, Belluno e Isernia.
In coda alla classifica risulta Napoli, ma sono stati rilevati indici elevati anche in province del centro nord.
La provincia calabrese con il miglior punteggio è risultata Cosenza, posizionandosi all’incirca a metà classifica, al 46° posto. Seguono Catanzaro ( 61°), Reggio Calabria (100°) e Crotone (104° posto).
Da segnalare il numero di arrivi e partenze e i flussi migratori in ogni provincia.
In base al numero di iscrizioni anagrafiche per trasferimenti da altre provenienze, ogni 100 cancellazioni, troviamo al primo posto Ravenna con 256 iscrizioni su 100 cancellazioni, seguita da Imperia e Chieti.
All’ 88° posto troviamo Reggio Calabria, con 101 iscrizioni ogni 100 cancellazioni, quindi con flussi sostanzialmente in equilibrio, Catanzaro al 90° con 97,4, Cosenza al 98° posto con 89,7, Crotone al 99° posto con 82,2 e Vibo Valentia al 101° posto, con 75,6 iscrizioni su 100 cancellazioni. E’ da sottolineare che se non ci fossero state le iscrizioni degli extracomunitari, lo scostamento tra arrivi e partenze in queste ultime province sarebbe stato ancora più rilevante.
E’ da sottolineare che alcune province calabresi si trovano nella parte più alta delle classifiche soprattutto relative :
- al clima (Reggio Calabria è al primo posto, seguita da Imperia, Oristano e Savona. Cosenza è al 27° posto);
- alla bassa percentuale di morti per tumore. Vibo Valentia è risultata al primo posto (20,28%) e le altre province calabresi sono nei primi 9 posti, mentre chiudono la classifica Milano e Bergamo (35,24%);
- alla presenza di risorse umane qualificate in età lavorativa. In base al rapporto tra giovani e anziani, Crotone è al terzo posto, Vibo al 14°, Reggio Calabria al 15°, Catanzaro al 17°, Cosenza al 19°.
In relazione agli investimenti in formazione, calcolati in base al numero dei laureati ogni mille giovani tra 19 e 25 anni, Catanzaro, con 61,1 laureati, è al 23° posto e Cosenza, con 55,5 laureati, è al 42° posto ;
- al basso costo della vita. Ad esempio in base al canone mensile di locazione per un appartamento di 100 mq in zona periferica, Vibo Valentia è terza in graduatoria con 450 Euro, contro i 1700 Euro di Milano e Venezia;
- alla voglia di mettersi in proprio, evidenziata dal rapporto positivo tra iscrizioni di imprese alla Camera di Commercio e cessazioni. In testa alla classifica troviamo Reggio Calabria (con un rapporto di 2,05), Cosenza, Catania, Messina e Salerno;
- alla presenza di grandi infrastrutture (Reggio Calabria, soprattutto per la presenza del porto di Gioia Tauro, risulta al 31° posto).
E’ evidente, pertanto, che c’è la possibilità di valorizzare risorse umane, ambientali e imprenditoriali esistenti e attrarre capitali per promuovere iniziative innovative in vari settori, in particolare nel turismo, nell’agricoltura e nelle nuove tecnologie.

L’ICI non può salvare i Comuni. La spese correnti superiori agli introiti.

17/12 Nei prossimi anni L'ICI sara' sempre meno in grado di coprire la crescita continua delle spese correnti locali. Questo il principale risultato di una ricerca del Centro Studi Sintesi, che ha analizzato l'ICI rilevando non solo l'ammontare complessivo del gettito, il suo peso sul totale delle entrate comunali, ma soprattutto la sua dinamica nel tempo, confrontandola con quella registrata dalle spese correnti. Rispetto ad una crescita media dell'ICI del 4,6% le spese hanno evidenziato, anche per le nuove funzioni attribuite agli enti locali, un incremento piu' che doppio nel periodo preso in questioni, tra il 2001 e il 2004. Le ragioni della relativa stabilita' del gettito ICI - informa una nota - sono da ricercare nelle caratteristiche intrinseche dell'imposta. Infatti, la base imponibile dell'imposta e' estremamente rigida, ancorata ai valori catastali, a meno dei nuovi fabbricati, i quali, tuttavia, incidono poco sulle dinamiche del gettito dato il loro scarso peso rispetto allo stock esistente. L'analisi per singole realta' locali - condotta dal Centro Studi che ha sede a Mestre - evidenzia che in quasi tutte le regioni, ad eccezione del Veneto, Abruzzo, Calabria e Friuli-Venezia Giulia, la crescita dell'ICI non ha compensato l'aumento delle spese correnti. In queste regioni esiste una possibilita' piu' concreta che nel prossimo futuro, se non verranno assegnate nuove risorse alle amministrazioni locali, si possa ricorrere ad un inasprimento delle tariffe dei servizi erogati per coprire i fabbisogni crescenti. Se non verra' ridisegnata la mappa delle risorse finanziarie a disposizione dei comuni, i cittadini piu' esposti a questo rischio potrebbero essere soprattutto quelli residenti in Sardegna, Lazio, Piemonte e Valle d'Aosta. Il Centro Studi Sintesi ha approfondito l'analisi verificando l'impatto finanziario che l'imposta comunale avrebbe sulla copertura delle spese, se sfruttata al massimo. Innalzando l'aliquota fino al 7 per mille il gettito complessivo aumenterebbe di 1,5 miliardi di euro (pari a 26 euro per abitante), comportando un incremento della copertura delle spese correnti attuali del +3% (dal 20,1% al 23,2%) comunque insufficiente a garantire una copertura dei fabbisogni finanziari dei comuni. Secondo i ricercatori di OFL del Centro Studi Sintesi emerge, dunque, una situazione critica dove si intravede uno scenario in cui il livello di copertura della spesa corrente garantito dall'ICI si assottigliera' sempre di piu', generando impellenti necessita' di recupero di ulteriori e nuove risorse. Di qui l'esigenza a ripensare un nuovo sistema di approvvigionamento delle risorse per fronteggiare una spesa corrente dei Comuni che ha raggiunto quota 3,5% del Pil.

DINAMICA SPESE CORRENTI E GETTITO ICI TRA IL 2001 E IL 2004

VARIAZIONI PERCENTUALI

 

Var.% Spese correnti

Var.% Gettito ICI

-------------------------

---------

--------

Piemonte

14,4

6,3

Valle D'aosta

12,9

4,8

Molise

12,9

7,4

Sardegna

11,3

2,1

Emilia Romagna

11,3

6

Sicilia

10,9

9,3

Lombardia

10,4

3,9

Trentino-Alto Adige

10,3

5,5

Lazio

9,6

1,5

Puglia

8,9

4,7

Toscana

8,8

3,8

Marche

8,5

4,3

Basilicata

8,4

3,6

Umbria

7,8

1,9

Liguria

7,2

2,4

Friuli-Venezia Giulia

6,2

8,6

Campania

5,5

3,9

Calabria

4,3

5,9

Abruzzo

4

9,5

Veneto

2,5

5,9

-------------------------

----------

---------

Italia

8,9

4,6

 

Milano la più ricca, Crotone la più povera, seguite da Vibo e Cosenza

15/12 Milano sempre la piu' ricca, Crotone ancora una volta la piu' povera. La classifica di Unioncamere-Istituto Tagliacarne stilata sulla base del valore aggiunto per abitante nelle province, anche per il 2004 non riserva sorprese e conferma al primo e all'ultimo posto la capitale economica d'Italia e la provincia calabrese. Ancora una volta, poi, tra le dieci piu' sviluppate figurano solo citta' del Centro-Nord, mentre le dieci piu' in difficolta' sono a totale appannaggio del Mezzogiorno. Con 30.629 euro di valore aggiunto per abitante, dunque, Milano si conferma per il nono anno al vertice della graduatoria. Damigelle d'onore, come l'anno precedente, sono Bolzano, con 29.053 euro e Bologna con 28.332. Fra le top ten si trovano poi altre cinque province del Nord (Modena, Mantova, Parma, Aosta e Bergamo) e due del Centro (Firenze e Roma). Per trovare la prima citta' del Sud e' necessario scorrere la classifica fino al 64/mo posto, dove figura Isernia, con 18.670 euro. Da li' in poi e' quasi tutto Mezzogiorno, che occupa in pianta stabile le ultime dieci posizioni: Crotone (gia' ultima nel 1995) continua a mantenere il primato negativo con 12.288 euro), preceduta da Enna, Agrigento, Lecce, Foggia, Cosenza, Vibo Valentia, Napoli, Palermo e Trapani. L'indagine rivela insomma come il Sud continui a essere distante dal resto della penisola, anche se il forte gap tra Milano e Crotone si e' ridotto tra 1995 e 2004, passando da 3,2 punti percentuali a 2,49. In questo scenario di forte sperequazione, tuttavia, emergono anche altri elementi. Le 'piccole' Isernia, Benevento e Ragusa, per esempio, marciano a passo piu' spedito rispetto alle altre compagne d'area. Sul versante opposto, si registra l'impoverimento relativo di alcune realta' territoriali sede di distretti industriali di alto valore come Pordenone, Prato, Como, Lecco, Vicenza e Torino. Tra il 2003 e il 2004, poi, le province che hanno migliorato la propria posizione sono state nove, tante quante quelle che l'hanno vista peggiorare. Un'analisi piu' a lungo termine, effettuata mettendo a confronto il 1995 e il 2004, evidenzia infine alcune retrocessioni e progressioni di un certo spessore: Alessandria continua a confermarsi lepre della rincorsa alle province piu' ricche, avendo guadagnato 25 posizioni (dalla 41/ma alla 19/ma). Tra le citta' piu' grandi spiccano i progressi fatti da Roma (+14 posti) e Genova (+16 posti). In senso opposto sono andate citta' come Pordenone (-26 posizioni) e Prato (-24). ''L'Italia - commenta il presidente di Unioncamere Carlo Sangalli - resta un Paese in cui la ricchezza dei territori viaggia su binari ancora troppo lontani tra loro e in cui il Mezzogiorno rimane un'emergenza economica e sociale. Ma il dato principale di quest'anno e' che l'Italia dei distretti perde posizioni lasciando intravedere una nuova geografia dello sviluppo''. Ecco due tabelle che mostrano le prime dieci e le ultime dieci province in base al valore aggiunto per abitante nel 2004.

Prime Dieci

Valore (Euro)

 

Ultime Dieci

Valore (Euro)

-------------

------------

 

-------------

------

1. Milano

30.629

 

94. Trapani

13.561

2. Bolzano

29.953

 

95. Palermo

13.360

3. Bologna

28.332

 

96. Napoli

13.253

4. Modena

27.691

 

97. Vibo V.

12.885

5. Firenze

27.585

 

98. Cosenza

12.759

6. Mantova

26.873

 

99. Foggia

12.734

7. Roma

26.350

 

100.Lecce

12.601

8. Parma

26.024

 

101.Agrigento

12.597

9. Aosta

25.407

 

102.Enna

12.421

10.Bergamo

24.988

 

103.Crotone

12.288

 

Dossier: Minimo aumento per l'indice dei prezzi al consumo

Inflazione: Al sud la spesa più contenuta con prezzi più bassi del 25%

14/12 Possono costare anche il 25% in piu' al centro-nord i beni di largo consumo rispetto al Mezzogiorno a conferma che l'inflazione pesa in modo differenziato sulle famiglie italiane distinte per condizioni socio-demografiche. E' quanto emerge dal primo Rapporto sulla dinamica dei prezzi in Italia (nel periodo giugno 2002-settembre 2005) presentato oggi da Daniela Primicerio, responsabile della Direzione Generale Armonizzazione del Mercato e la Tutela dei Consumatori del ministero della Attivita' produttive ed elaborato dall'Ipi (Istituto per la promozione industriale). La differenza fra i prezzi nel Mezzogiorno e al centro-nord puo' essere limitata al 7-8% se si guarda ai differenziali dipendenti esclusivamente dai diversi prezzi ai quali sono venduti gli identici beni, cioe' all'effetto ''punto vendita'' di tipo territoriale. Nel Sud la spesa media e' particolarmente bassa in Sicilia, Calabria, Campania e Puglia, regione, quest'ultima, in cui c'e' un livello di prezzo medio sensibilmente inferiore alla media. Abruzzo e Sardegna mostrano invece un comportamento del tutto allineato alla media nazionale per entrambe le grandezze considerate. Nel Nord e nel Centro, la situazione delle regioni risulta molto polarizzata, con il Triveneto e il Lazio che presentano una spesa media e soprattutto un prezzo medio notevolmente elevati, mentre Piemonte, Lombardia e Toscana presentano prezzi inferiori alle media. Con il passaggio all'euro, si osserva nel rapporto, i consumatori hanno avuto la percezione di un aumento significativo del costo della vita, ma il costo dei beni di largo consumo e' aumentato in maniera complessivamente contenuta. L'effetto 'quarta settimana', secondo cui negli ultimi sette giorni del mese si avrebbe una riduzione degli acquisti per l'esaurimento delle capacita' di spesa dei consumatori, vale solo per 59 prodotti (su un campione di 380 beni), che rappresentano circa il 22% del valore complessivo delle vendite (i risultati del Rapporto si riferiscono ai prodotti di largo consumo commercializzati nella grande distribuzione). Il calo delle vendite nella quarta settimana interessa soprattutto i biscotti secchi (-3%) e comunque riguarda essenzialmente prodotti appartenenti alla fascia di prezzo alta. Anche pancetta, passate, pasta secca, formaggi fusi registrano un calo delle vendite nella quarta settimana nella fascia di prezzo medio ed alta, forse a vantaggio di consumi della fascia di prezzo bassa. Altri esempi riguardano caffe' solubile, caramelle, concentrati di pomodoro, crusche e fibre, dolcificanti, integratori dietetici, latte UHT, panetti, riso confezionato, te' deteinato. Nel rapporto si spiega che si e' tenuto conto dell'''effetto punti vendita'', cioe' del divario di prezzo per gli stessi beni nei punti vendita delle varie regioni, ed ''effetto composizione'', cioe' i divari di prezzo per le diverse marche dei prodotti consumati. Nella valutazione della dinamica dei prezzi, si osserva nel rapporto, c'e' una significativa divergenza tra inflazione percepita o da scaffale e inflazione misurata cioe' quella effettiva che tiene conto di quali beni vengono effettivamente acquistati

La Tonno Callipo aumenta del 32% l’export dei suoi prodotti

12/12 La Giacinto Callipo conserve alimentari spa, tra le aziende leader nella produzione di tonno di qualita', ha fatto registrare nel 2005 un aumento del 32 per cento nelle esportazioni rispetto allo scorso anno. ''L'export e' in crescita - spiega Cinzia Ieracitano, responsabile marketing Callipo - e rappresenta attualmente circa il 9,2% del nostro fatturato globale''. Nel corso del 2005 la Callipo ha fatto il suo ingresso in molti nuovi mercati, tra i quali Malta, Bulgaria, Repubblica Ceca, Polonia, Romania, Russia e Slovacchia. ''Si tratta di Paesi - riferisce Cinzia Romeo, dell'ufficio export della Callipo - da poco entrati nella comunita' europea, paesi dell' area balcanica, spesso emergenti, dove nonostante il reddito pro-capite molto basso, si assiste all' emergere di nuovi ricchi sempre piu' propensi alla ricerca di gusto e qualita'''. I canali di vendita preferenziali in queste aree sono quello del gourmet e dei ''Top quality shops'', sebbene in alcuni Paesi, come la Bulgaria, i prodotti Callipo si vendano anche in punti vendita appartenenti a catene europee della grande distribuzione organizzata. ''E' significativo - afferma ancora Cinzia Romeo - come l' alta qualita', anche visiva, sia sempre piu' apprezzata e richiesta all' estero''. Il 2005 segna anche un' altra conquista per la Callipo, con l' ingresso nei mercati di Giappone, Corea del Sud e Hong Kong, in cui non esiste una vera e propria cultura alimentare per il pesce conservato. Altri Paesi come Canada, Australia, Nuova Zelanda, Lituania e Svezia fanno registrare, a loro volta, un incremento medio di oltre il 50% sulle esportazioni dell'ultimo anno''. La Giacinto Callipo spa ha una capacita' produttiva annua di circa 15 mila tonnellate. La produzione giornaliera e' di 500 mila scatole e 70 mila vasi di vetro.

In Calabria le tariffe più basse dell’ICI

12/12 E' Savona la provincia piu' cara d'Italia in materia di Ici. Nel 2004 ogni residente ha versato al proprio comune, in questa provincia, mediamente 335,57 euro. Al secondo posto si e' classificata Roma (304,37 euro pro capite) e al terzo Bologna (298,34). Al quarto posto Genova (291,84 pro capite) e al quinto Rimini (284,35). Via via tutte le altre. Chiude la classifica Vibo Valentia con 51,19 euro. Il dato medio nazionale si e' attestato sui 170,15 euro pro capite. A pochi giorni dalla scadenza del saldo dell'imposta comunale sugli immobili (prevista per il prossimo 20 dicembre) l'Ufficio studi degli artigiani della Cgia di Mestre ha calcolato quanto hanno pagato gli italiani nel 2004 e ha anche verificato, tra il 2001 e il 2004, quali province hanno subito le variazioni di gettito piu' sostenute. A registrare i maggiori incrementi e' stata la provincia di Pescara che, tra il 2001 e il 2004, ha visto aumentare il gettito del 24,7%. Subito dopo Parma (+ 16,7%) e al terzo posto Agrigento e Piacenza, entrambe con una variazione del + 16,4%. I piu' fortunati sono stati i cagliaritani, che nell'arco di tempo preso in esame hanno visto ridursi il gettito dell'1,3%. A livello nazionale l'aumento medio e' stato del 4,6%. ''In molte citta' italiane - sottolinea il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi - le aliquote, comunque, non sono state toccate. Pertanto, l'aumento del gettito puo' essere dovuto all' effetto combinato di almeno tre fattori. Il primo: una lotta piu' serrata all'evasione. Il secondo: l' aumento del valore catastale degli immobili. Il terzo: l'espansione delle aree edificabili''. ''Piu' in generale - conclude Bortolussi - si deve ricordare che l'imposta comunale sugli immobili deve essere pagata non solo dai proprietari di fabbricati ad uso residenziale o commerciale, ma anche dai possessori delle aree edificabili o di terreni agricoli, nonche' dai titolari dei diritti reali di godimento sugli immobili sopra elencati e dai conduttori in caso di locazione finanziaria. Infine, il pagamento dell'imposta spetta anche ai concessionari di aree demaniali dopo aver ultimato la costruzione dell'immobile''
Questa la ''classifica'' delle province in relazione al gettito Ici:

Pos. Provincia Euro procapite
-------------------------------------
1 SAVONA 335,57
2 ROMA 304,37
3 BOLOGNA 298,34
4 GENOVA 291,84
5 RIMINI 284,35
6 LIVORNO 266,51
7 AOSTA 258,31
8 IMPERIA 257,72
9 FIRENZE 253,55
10 RAVENNA 253,48
11 TRIESTE 249,94
12 GROSSETO 242,93
13 PARMA 242,79
14 MODENA 237,66
15 TORINO 235,06
16 LA SPEZIA 232,02
17 FERRARA 231,10
18 MILANO 228,09
19 SIENA 212,57
20 PISA 212,32
21 LUCCA 210,61
22 PRATO 210,50
23 LECCO 207,32
24 COMO 206,87
25 FORLI'-CESENA 201,53
26 BELLUNO 201,43
27 BIELLA 196,14
28 PIACENZA 196,06
29 VERCELLI 194,24
30 REGGIO NELL'EMILIA 193,85
31 MASSA CARRARA 191,61
32 PADOVA 191,07
33 VERONA 187,45
34 ALESSANDRIA 186,00
35 GORIZIA 184,43
36 VENEZIA 182,24
37 NOVARA 176,08
38 VERBANO CUSIO OSSOLA 174,05
39 TRENTO 165,93
40 PISTOIA 165,45
41 ANCONA 163,24
42 VICENZA 162,40
43 BOLZANO 161,16
44 PORDENONE 161,08
45 BERGAMO 159,02
46 SASSARI 158,38
47 BRESCIA 157,61
48 SONDRIO 157,12
49 MANTOVA 156,51
50 ROVIGO 156,37
51 UDINE 156,10
52 CUNEO 154,65
53 L' AQUILA 154,36
54 LATINA 151,47
55 VITERBO 151,45
56 TREVISO 149,52
57 VARESE 148,48
58 PERUGIA 148,23
59 CREMONA 147,23
60 AREZZO 147,00
61 LODI 146,29
62 PESCARA 146,22
63 MACERATA 145,88
64 PAVIA 141,13
65 PESARO E URBINO 137,29
66 TERAMO 134,76
67 TARANTO 132,82
68 BARI 131,81
69 ASCOLI PICENO 129,12
70 CHIETI 128,96
71 TERNI 125,95
72 CAMPOBASSO 124,54
73 SIRACUSA 121,68
74 BRINDISI 121,56
75 ISERNIA 119,99
76 ASTI 119,23
77 NAPOLI 117,67
78 FOGGIA 112,01
79 RIETI 111,10
80 TRAPANI 100,67
81 FROSINONE 98,66
82 CAGLIARI 98,39
83 SALERNO 98,08
84 MATERA 95,49
85 CATANIA 95,10
86 PALERMO 89,76
87 MESSINA 89,34
88 LECCE 88,58
89 COSENZA 85,93
90 CASERTA 82,51
91 NUORO 82,42
92 RAGUSA 81,98
93 AVELLINO 78,12
94 BENEVENTO 77,87
95 ORISTANO 77,06
96 CALTANISSETTA 73,25
97 CATANZARO 69,23
98 POTENZA 66,72
99 AGRIGENTO 60,30
100 REGGIO CALABRIA 59,06
101 ENNA 52,40
102 CROTONE 52,36
103 VIBO VALENTIA 51,19

---------------------------------
ITALIA 170,15

 

Istat: Nel 2003 le province del sud più virtuose

07/12 Nel 2003 il valore aggiunto delle province del Mezzogiorno e' cresciuto del 4,2%, un valore superiore sia a quello della media nazionale sia a quello delle altre aree del paese. Secondo quanto ha rilevato l'Istat, infatti, il valore aggiunto a prezzi correnti (inteso come differenza fra valore della produzione e quello dei costi intermedi) e' cresciuto a livello nazionale del 3,4%, nelle province del centro del 3,9%, in quelle del nordest del 3,4% e in quelle del nordovest del 2,4%. Dalla rilevazione dell'istituto di statistica emerge che il settore dei servizi rappresenta un importante fattore per la crescita economica in tutte le aree del paese, ad eccezione del Mezzogiorno dove e' l'agricoltura a segnare una dinamica particolarmente vivace (+9%) e in controtendenza rispetto alle altre aree, in cui mostra invece andamenti negativi. Anche per l'industria la performance migliore si ha nel Mezzogiorno (+2,7%), mentre per i servizi e' il centro a presentare la crescita piu' elevata rispetto al valore medio nazionale (+4,8% contro il +4,2%). All'interno delle macro-aree, inoltre, le singole province evidenziano risultati piuttosto differenti, influenzati anche dalle rispettive vocazioni produttive. Quanto invece all'andamento del valore aggiunto nelle 103 province, si vede che per 62 di queste la crescita e' maggiore o uguale alla media nazionale. Delle cinque province piu' virtuose quattro sono nel Mezzogiorno (Enna +11,9%, Catanzaro +9,2%, Catania +8,9% e Trapani +8,8%), mentre l'altra appartiene al centro (Frosinone con un +8,9). Sul fronte opposto, le quattro macro-aree presentano almeno una provincia (due il centro) con tassi di variazione negativi del valore aggiunto: Grosseto (-1,5%), Matera (-0,7%), Belluno e Lodi (-0,5%), Massa-Carrara (-0,3%).
NORD-OVEST: le province piu' 'virtuose' sono Imperia (valore aggiunto +6,9%), seguita da Aosta (+5,6%), Savona (+5,4%), Biella (+4,9%) e Verbano-Cusio-Ossola (+4,8%). Quelle con le performance meno positive sono state invece Lodi (-0,5%), Vercelli (+1,1%), Milano (+1,2%), Como (+1,4%) e Pavia (+1,6%).
NORD-EST: il valore aggiunto e' cresciuto a valori sostenuti a Pordenone (+7,1%), Forli'-Cesena (+6,1%), Rovigo (+5,5%), Trento (+5,2%) e Padova (+4,5%). A far volare la crescita economica di queste province sono sempre i servizi. Le performance piu' deludenti si hanno a Belluno (-0,5%), Rimini (0,0%), Modena (+0,3%), Piacenza (+1,7%) e Venezia (+1,8%).
CENTRO: Le cinque province che fanno registrare la crescita piu' sostenuta sono Frosinone (+8,9%), Pisa (+7,7%), Rieti (+7,5%), Viterbo (+6,7%), Pistoia e Latina (+5,8%). Anche in questo caso fanno da traino i servizi. In coda alla graduatoria per valore aggiunto ci sono Grosseto (-1,5%), Massa Carrara (-0,3%), Arezzo (+0,2%), Livorno (+0,9%) e Ascoli Piceno (+1,7%).
MEZZOGIORNO: i migliori risultati a Enna (+11,9%), Catanzaro (+9,2%), Catania (+8,9%), Trapani (+8,8%) e Caltanissetta (+8,1%). Quelli peggiori a Matera (-0,7%), brindisi (-0,1%), Messina (+0,2%), Lecce (+0,3%), Reggio Calabria e L'Aquila (+0,9%).

Cresce di un punto il reddito delle famiglie al Sud. Ma il 53% è al nord. In Calabria il carico fiscale più basso.

06/12 Il reddito disponibile delle famiglie resta concentrato sempre al nord, ma e' il Mezzogiorno a registrare la crescita piu' sostenuta. Un trend positivo, dunque, per il sud che, tuttavia, non colma il gap tra le diverse aree del Paese. E' il quadro che emerge da un' indagine dell' Istat, che ha preso in considerazione il periodo che va dal 1995 al 2003. Il reddito disponibile, dunque, si e' concentrato per circa il 53% nelle regioni settentrionali, per il 26% in quelle nel meridione e per il restante 21% nel centro. La quota del nord sul totale nazionale, tuttavia, ha perso un punto percentuale a quasi esclusivo vantaggio del sud, essendo rimasta sostanzialmente stabile la percentuale del centro. Il peso del reddito disponibile delle famiglie meridionali, rispetto a quello complessivo del Paese, e' cresciuto dal 25,6% del 1995 al 26,6% del 1999, per poi mantenersi sostanzialmente stabile negli anni successivi. Il Mezzogiorno ha sperimentato la crescita piu' sostenuta con un +37,1%, rispetto ad un incremento medio nazionale del 33,5%. La dinamica piu' debole si riscontra, invece, per le regioni del nord ovest (+30,8%). Tuttavia - rileva l' Istat - cio' non e' stato sufficiente a colmare lo svantaggio delle regioni meridionali, per le quali il livello del reddito disponibile delle famiglie resta, nel 2003, pari all' 84% circa di quelle del Nord Ovest. In tutte le regioni meridionali l' andamento appare positivo. I tassi di crescita piu' alti sono in in Campania, Sardegna e Molise, pari rispettivamente a 40,03%, 40,2% e 39,9%. Nelle regioni centrali l' aumento del reddito disponibile risulta sostanzialmente omogeneo, pari al 34,3%, mentre nel nord-est ci sono regioni con una crescita vicina alla media nazionale come il Trentino Alto Adige e il Veneto, ed altre in cui l' aumento e' inferiore. Fanalino di coda il Piemonte con un +27,5%. I redditi netti derivanti dalla proprieta' di abitazioni registrano un aumento del 61,9% sempre nel periodo considerato. La dinamica piu' sostenuta e' nel nord-ovest (+74,4%), quella piu' bassa nelle regioni meridionali (+42,8%). Cio' testimonia come l' attitudine delle famiglie all' investimento immobiliare sia vistosamente piu' marcata nel settentrione, dove gli affitti sono aumentati piu' del resto del Paese. Quanto alla dinamica dei redditi da capitale (tra cui interessi, dividendi e utili distribuiti dalle societa'), si ha un calo dal 1995 in poi, con una flessione, in termini monetari, pari al 4,7% nel nord-ovest e al 6,7% al nord-est. La novita', anche in questo caso, viene dal sud dove si registra un aumento del 18,3%. I redditi da lavoro dipendente sono aumentati del 37,9%. Una crescita piu' accelerata nel nord-ovest ed al sud. In Campania ed in Molise rispettivamente +43,3% e +42,8%, la piu' bassa in Liguria +32,1%. L' Istat infine analizza il carico fiscale che risulta piu' elevato al nord e piu' basso nel sud. Lombardia e Lazio detengono il primato. Il carico fiscale passa dal 14,7% del 1995 al 14,8% del 2003 nella prima e dal 14% del 1995 al 14,6% nella seconda, mentre Puglia e Calabria mostrano il carico fiscale piu' basso: rispettivamente il 10,7% e l' 11,3% nel 2003.

Guerriero: “No alla elevazione dello sbarramento minimo della legge 488”

05/12 “L’intenzione del Ministero delle Attività produttive di elevare lo sbarramento minimo per avere accesso alle agevolazioni della ‘488’, non aiuta certo la piccola e media impresa calabrese”. E’ quanto afferma il consigliere regionale dello Sdi, Giuseppe Guerriero, che ricopre anche l’incarico di Presidente della Commissione antimafia. “La nuova legge 488/92 – prosegue Guerriero - dovrebbe prevedere infatti un investimento minimo, per le aziende operanti nei tre settori, industria, commercio e turismo, pari ad almeno 1 milione di euro, raddoppiando così il precedente limite di 500 mila euro. Tuttavia – sostiene Guerriero - è data facoltà alle singole regioni di modificare detto minimo, entro i seguenti limiti: da 400.000 a 1.500.000 euro per le attività del settore industria, ad eccezione di quelle dei servizi; da 300.000 a 2.500.000 euro per le attività del settore turismo; da 150.000 a 1.000.000 euro per le attività del settore commercio e servizi”. Giuseppe Guerriero, inoltre, sottolinea che “in relazione al predetto primo bando di attuazione, entro trenta giorni dalla pubblicazione del decreto del MAP, le Regioni e le Province Autonome formulano gli eventuali limiti minimi di investimento. Qualora una Regione non formuli tali proposte entro il suddetto termine, le stesse si intendono non espresse tornando applicabile il limite minimo previsto per decreto”.“La nostra economia - continua Guerriero - è caratterizzata dalla presenza di piccole e medie imprese, che necessitano di investimenti molto più bassi di quelli previsti, nell’attuale bozza di decreto, come limite minimo. E’ necessario, pertanto, che la Regione Calabria si adoperi prontamente, nel senso di modificare detti minimi di investimento, non appena sarà pubblicato il decreto del Ministero Attività Produttive, promuovendo l’istituzione di un tavolo di concertazione tra le associazioni imprenditoriali, la Commissione Regionale Attività Produttive e l’Assessorato Regionale all’Economia per l’individuazione dei limiti minimi di investimento nei vari settori, al fine di facilitare l’acceso ai finanziamenti previsti con la riforma della Legge 488 anche alle imprese di piccole dimensioni. Si evidenzia, pertanto, una doppia discriminazione per le aziende sane, che sono la maggior parte del tessuto economico calabrese: la prima riguarda il limite minimo di investimento; la seconda riguarda la valutazione di bancabilità dell’azienda stessa, con il sistema bancario che fa il suo ingresso nella legge 488/92 proprio nel momento in cui ha fatto la propria irruzione il nuovo accordo di Basilea 2”.“Dal mio osservatorio - conclude il presidente dell’Antimafia regionale - ho rilevato un cambiamento radicale negli ultimi anni del modo di operare degli imprenditori calabresi che, scrollatisi di dosso l’idea del finanziamento ‘full’ a fondo perduto, hanno attivato una serie di iniziative che vedono in ‘primis’ l’idea e poi le fonti di finanziamento. Ben vengano – dunque - le riforme di accesso ai finanziamenti, ma occorre rapportarle alle esigenze dei singoli territori, in modo da costituire un serio volano per le aspettative di tutti quegli imprenditori che vogliono costruire in modo serio la propria attività”.

Convenzione Confidi – San Paolo Banco di Napoli per l’accesso al credito della PMI

02/12 Nei giorni scorsi, il SanPaolo Banco di Napoli ed il Confidi Magna Grecia di Cosenza, hanno siglato un nuovo accordo che faciliterà l’accesso al credito delle imprese associate al Confidi. Francesco Coscarella, presidente di Confidi Magna Grecia, ha sottolineato l’importanza strategica della nuova convenzione che, “grazie al supporto di una grande banca nazionale molto impegnata a rivestire un significativo ruolo di sostegno all’imprenditoria del territorio, completa ed arricchisce la nostra offerta di servizi finanziari alle PMI”. Da parte sua, Antonio Del Giudice, Responsabile Mercato Privati e Retail dell’Area Calabro-Lucana di SanPaolo Banco di Napoli, ritiene che “l’accordo raggiunto con il Confidi Magna Grecia, organismo di garanzia tra i più performanti del Mezzogiorno, sarà uno strumento fondamentale per facilitare l’impatto delle PMI con le nuove regole introdotte da Basilea 2”. La convenzione, infatti, prevede, per varie classi di rating bancario, una consistente riduzione del costo dei finanziamenti rispetto alle condizioni standard. Ciò è reso possibile dal livello qualitativo della valutazione realizzata dal Confidi Magna Grecia e dalla consistenza delle garanzie da esso rilasciate che, assistite da forme di controgaranzia pubblica, incidono in maniera significativa sulla mitigazione dei rischi assunti dalle banche. La Banca si è inoltre impegnata ad assicurare tempi di risposta estremamente brevi alle domande di finanziamento provenienti dalle imprese associate al Confidi Magna Grecia: il tutto nell’ottica di una forte sinergia e di una grande attenzione alle esigenze delle imprese che, grazie a questo strumento, potranno avere un credito più giusto e coerente con le esigenze aziendali.

In Friuli la spesa più alta per il welfare

01/12 Con 156,7 euro il Friuli Venezia Giulia e' la regione con la spesa pro capite per l'assistenza piu' alta in Italia (media pari a 94,7 euro) ma e' anche tra le regioni, con Piemonte, Molise, Calabria, Puglia e Sardegna, a non avere ancora approvato i piani di zona. La spesa pro capite piu' bassa spetta alla Basilicata (38 euro), mentre l'incidenza maggiore della voce assistenza sul totale della spesa premia le Province di Trento e di Bolzano con l'11%, fanalino di coda la Basilicata (3,3%) e il Molise (3,6%). E' quanto risulta da un'indagine dell'Osservatorio nazionale sul Welfare dello Spi, il sindacato dei pensionati della Cgil, su dati 2003 presentata a Palermo. Per quanto riguarda la media della spesa dei comuni per l'assistenza, dall'analisi dello Spi, su dati del ministero degli Interni e dell'Istat, emerge che gli enti locali piu' virtuosi sono quelli della Provincia di Trento (527,41 euro), della Valle D'Aosta (500,52 euro) e della Campania (246,55 euro), mentre la 'maglia nera' spetta ai comuni della Puglia (12,49 euro), della Toscana (14,28 euro) e dell'Abruzzo (16,18 euro). Nei comuni della Sicilia, invece, la media dell'incidenza della spesa per l'assistenza sul totale e' la piu' bassa d'Italia: 0,51%. Seguono gli enti locali di Puglia (0,54%) e Abruzzo (0,57%); la media piu' alta va ai comuni di Campania (7,37%), Provincia di Trento (6,79%) e Veneto (4,94%).

Nessuna variazione nell’indice dei prezzi al consumo

30/11 (G.P) E’ tempo di bilanci per l’istituto nazionale di statistica, che stima l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC). Sulla base dei dati pervenuti, nel mese di Novembre 2005 non ci sono state variazioni di rilievo rispetto ad Ottobre, mentre rispetto allo stesso mese dell’anno precedente i dati confermano una variazione del 2,2 per cento. In base alla stima provvisoria, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) registra nel mese di novembre una variazione nulla rispetto al mese precedente e una variazione di più 2,4 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
L’indice armonizzato viene calcolato, dall’inizio del 2002, considerando anche i prezzi che presentano riduzioni temporanee (sconti, saldi, vendite promozionali.); quindi, i risultati di tale indice possono essere molto diversi rispetto a quelli relativi all’intera collettività. Le differenze tra i due indici sono maggiormente rilevanti nei mesi in cui si concentrano le vendite promozionali e i saldi di fine stagione e nei mesi immediatamente successivi. Gli aumenti congiunturali per l’intera collettività si sono verificati per i capitoli: Servizi sanitari e spese per la salute (più 1,3 per cento), Mobili, articoli e servizi per la casa e Altri beni e servizi (più 0,4 per cento per entrambi); variazioni nulle si sono verificate nei capitoli Bevande alcoliche e tabacchi e Abitazione, acqua, elettricità e combustibili; variazioni negative si sono registrate nei capitoli Trasporti (meno 0,5 per cento), Servizi ricettivi e di ristorazione (meno 0,4 per cento), Comunicazioni e Istruzione (meno 0,2 per cento per entrambi).
Gli incrementi più elevati si sono registrati nei capitoli Bevande alcoliche e tabacchi (più 7,3 per cento), Abitazione, acqua, elettricità e combustibili (più 5,8 per cento), Trasporti (più 4,1 per cento), Istruzione (più 2,9 per cento) e Altri beni e servizi (più 2,6 per cento). Una variazione tendenziale negativa si è registrata nel capitolo Comunicazioni (meno 4,0 per cento).
L’istituto nazionale di statistica rende noto che gli indici definitivi saranno diffusi il prossimo 14 Dicembre 2005.

Dati e tabelle a cura dell'Istat

Secondo l’Eurispes è allarme per declino socio economico nei comuni rurali calabresi

23/11 E' allarme declino socio-economico nei comuni rurali calabresi. Ben 154 comuni, infatti, sono toccati dalla crisi che coinvolge circa 230 mila persone. E' questo risultato di una ricerca condotta dall' Eurispes che sara' illustrata nel dettaglio domani dal presidente dell' istituto, Raffaele Rio, nel corso del convegno sullo stato attuale della ruralita' in Calabria promosso, a Rende, dalla Confederazione italiana agricoltori. ''Da una lettura d' insieme delle statistiche disponibili - ha sostenuto Rio - le aree rurali calabresi sembrerebbero essere caratterizzate da scarsi insediamenti abitativi e da una economia prevalentemente agricola che stenta ad integrarsi con le attivita' dei servizi e dell' industria, a causa probabilmente di condizioni politiche e culturali ancora insufficienti affinche' si diffonda un determinato modello di sviluppo locale. E' indispensabile prendere coscienza della grave situazione in cui si ritrova la ruralita' calabrese. In questa direzione si richiedono evidentemente interventi e politiche mirate alla riqualificazione del tessuto sociale, istituzionale e produttivo''. Il territorio calabrese, afferma Eurispes, e' caratterizzato da numerose aree a bassa densita' di popolazione e da una elevata e diffusa quota di addetti in agricoltura. Applicando i suggerimenti comunitari (criteri di bassa densita' ed alta vocazione agricola) l' Istituto perviene ad una mappa del rurale nella regione che individua 154 comuni su un totale di 409. ''In altri termini - afferma Eurispes - quasi il 38% dei comuni sono classificati come 'comuni rurali' e sono popolati da circa 230 mila abitanti (oltre l' 11% della popolazione calabrese)''. Dato che colloca la Calabria, al sesto posto in Italia, dopo Basilicata, Valle D' Aosta, Sardegna, Molise e Trentino Alto Adige, come grado di ruralita' dei comuni con una differenza rispetto alla media nazionale (23,5%) di oltre ben 14 punti. Le province con il piu' forte grado di ruralita' sono quelle di Catanzaro (36 comuni su 80, pari al 45%), Reggio Calabria (40 su 97, 41,2%) e Cosenza (62 su 155, 40%). Le province di Crotone (6 su 27, 22,2%) e di Vibo Valentia (10 su 50, 20%) sono meno interessate dal fenomeno. Dei comuni rurali, oltre l' 82% ha subito lo spopolamento. Le aree caratterizzate da questo fenomeno e da un invecchiamento della popolazione rispetto ai corrispondenti valori medi nazionali, afferma Eurispes, si possono considerare ''aree a possibile rischio di declino socio-economico''. In Calabria una percentuale molto elevata di comuni, pari all' 82,5%, ha subito un accentuato processo di spopolamento nel decennio 1991-2000 a fronte di una media nazionale del 60,3%. I 154 comuni rurali calabresi si ritrovano, pero', al di sotto della media nazionale sia rispetto all' indice di vecchiaia che all' indice di dipendenza strutturale della popolazione anziana. Ben il 74,7% dei comuni rurali calabresi, afferma lo studio, presenta un rapporto molto elevato tra popolazione anziana e bambini a fronte di una media nazionale dell' 80,6% e il 50,6% (media nazionale 76,6%) presenta un' alta dipendenza della popolazione anziana dalla popolazione in eta' lavorativa. Malgrado gli scostamenti, in positivo, dalla media nazionale (anche se non per tutti e tre gli indicatori considerati) la correlazione tra i tre indicatori resta comunque elevata: anche le aree rurali calabresi, dunque, afferma l' Istituto, sono aree che potremmo definire a rischio declino almeno da un punto di vista demografico. ''Al fine di individuare l' esistenza di condizioni di sviluppo o di ritardo all' interno dei territori che esprimono gia' un disagio strutturale - e' scritto nella ricerca - e' utile analizzare il valore che assumono le variabili statistiche di tipo socio-economico rispetto al loro valore medio nelle aree rurali calabresi considerate''. In Calabria, malgrado la presenza di tre universita' che offrono maggiori possibilita' di studio e di formazione universitaria, solo il 2,5% delle aree rurali, a fronte di una media nazionale del 3,8%, sono caratterizzate da una elevata presenza di giovani laureati e diplomati pari. ''Anche se - precisa Eurispes - va ricordato che la Calabria detiene il valore piu' elevato del Mezzogiorno''. Molto basso, dai risultati della ricerca, il valore percentuale (il 5,8% rispetto alla media nazionale del 16,3%) dei comuni rurali calabresi per numero medio degli addetti all' industria per unita' locale che misura, in qualche maniera, la vocazione allo sviluppo nel settore. Evidente, infine, per l' Eurispes, anche per quanto riguarda la vocazione allo sviluppo dei servizi, il divario tra Calabria e Italia: 4,5% dei comuni rurali calabresi a fronte di una media nazionale dell' 11,4%.

Il 25 a Lamezia“Come tirar su i giovani” incontro di Scuola d’Impresa

22/11 Si terrà venerdì 25 novembre 2005 alle ore 17,30 nel salone del dopolavoro ferroviario di Sant’Eufemia Lamezia l’incontro “Come tirar su i giovani”, promosso dalla Fondazione per la Sussidiarietà, al quale prenderà parte Antonio Gatto, presidente di Despar Italia. Si tratta di un incontro tra imprenditori, al quale interverranno Antonio Saladino, Consigliere Fondazione per la Sussidiarietà e Francesco Gambardella, avvocato penalista. I lavori saranno moderati da Bernhard Scholz, senior partner della società Praxis Management Srl e coordinatore didattico della Scuola d’Impresa.

Sono 406 i nuovi occupati nel lavoro temporaneo nel terzo trimestre

18/11 Sono state 37 le imprese che hanno fatto ricorso al lavoro a tempo determinato (ex lavoro temporaneo) in Calabria nel terzo trimestre dell' anno. A documentarlo sono i dati diffusi dalla Adecco, societa' impegnata nella gestione delle risorse umane. Nella regione sono state in tutto 406 le persone che hanno trovato un' occupazione (57% maschi e 43% donne). La durata media della missione lavorativa in Calabria e' di 58 giorni (dato nazionale: circa 41 giorni), mentre l' eta' media dei lavoratori temporanei di Adecco e' aumentata a 31 anni. Per quanto riguarda il livello di istruzione degli oltre 400 nuovi impiegati in Calabria, il 47% ha un diploma di scuola media superiore, mentre il 33% ha il diploma di scuola media inferiore e il 15% la laurea.

Galati: “Attuare una politica di promozione e innovazione per il rilancio del made in Italy”

16/11 Per favorire il processo di crescita degli scambi commerciali e il rilancio del Made in Italy occorre ''attuare una politica che coniughi promozione e innovazione sia in Italia sia all' estero''. A sostenerlo e' stato il sottosegretario alle Attivita' produttive, Giuseppe Galati, in occasione del convegno ''Orgogliosamente Made in Italy'' a Roma. ''Promozione - ha aggiunto Galati - perche' spesso i nostri marchi sono discriminati sulla base di futili motivi, a volte anche di natura psicologica, che vanno rimossi, mostrando la qualita' e l' alto grado di commerciabilita' delle nostre produzioni. Innovazione, in quanto se non si punta a migliorare il processo produttivo e il prodotto che si immette sul mercato, rischiamo di essere tagliati fuori dalle dinamiche internazionali che vedono nell' innovazione tecnologica la via maestra per essere competitivi e crescere. E' su questi temi che si gioca la capacita' dell' Italia di affrontare con successo la globalizzazione e sfruttare le enormi potenzialita' del Made in Italy, che trova sempre piu' successo all' estero, ma che e' spesso vittima dalle criticita' del nostro sistema produttivo: ancora sottodimensionato, spesso poco innovativo e a volte poco affidabile sul piano gestionale e finanziario''. ''Per questi motivi - ha proseguito Galati - il Ministero negli ultimi cinque anni ha stanziato 46 miliardi di euro per aiutare a crescere il nostro sistema imprenditoriale, attraverso agevolazioni per l' innovazione tecnologica, per l' aggregazione delle imprese, per l' internazionalizzazione e per l' attrazione degli investimenti esteri''. ''Ritengo - ha concluso Galati - sia necessario utilizzare le leve di marketing territoriale per mettere a punto un 'prodotto Italia' che sia in grado di soddisfare i bisogni del mercato internazionale conciliandoli, con le nostre specificita' e i nostri punti di forza di carattere sociale, ambientale, culturale ed economico''

Unioncamere Calabria avvia un corso per consulenti d’azienda

16/11 ''Sino ad oggi la domanda di innovazione tecnologica avanzata dalla impresa di piccole e medie dimensioni non ha avuto modo di incontrare la pur cospicua offerta che le universita' e i Centri di ricerca operanti nella regione sono in grado di mettere a disposizione. Questa considerazione ha spinto il sistema delle Camere di commercio calabresi ad implementare il Progetto One Stop Shop- Ricerca scientifica e Innovazione Tecnologica, con un 'Sistema integrato domanda offerta ricerca innovazione tecnologica- Sidoric'''. A sostenerlo e' Maurizio Ferrara, segretario generale dell' Unioncamere Calabria. Le attivita' progettuali di Sidoric - e' detto in un comunicato - sono rivolte essenzialmente a tre categorie di soggetti: alle singole imprese operanti da almeno tre anni sul mercato che vogliono avviare processi di rinnovamento aziendale, ai laureati e ricercatori che intendono contribuire alla creazione di imprese innovative ed a laureati che svolgendo consulenza alle imprese, intendono incrementare le proprie conoscenze su innovazione e trasferimento tecnologico. Attualmente sono stati avviati due bandi: uno per la selezione di fornitori di un corso di formazione specialistico che avra' come obiettivo la specializzazione professionale di 30 consulenti junior che desiderino familiarizzare con la ricerca scientifica applicata ai settori produttivi e con l' innovazione e il trasferimento tecnologico alle PMI; e l' altro per la selezione di 30 consulenti junior che parteciperanno al suddetto corso di formazione specialistica, che si terra' nella sede Unioncamere di Lamezia Terme.

Castagna (UIL) “Alla Calabria serve una fiscalità di vantaggio”

15/11 “La situazione calabrese è arrivata ad un punto di criticità senza precedenti. La stessa manovra finanziaria, che il Governo si appresta a varare appesantisce ulteriormente il divario infrastrutturale produttivo e occupazionale della nostra regione e mette in ginocchio i comuni, le province e la regione”. E’ quanto ha dichiarato il Segretario Generale della UIL calabrese Roberto Castagna a conclusione di una riunione dei quadri e delegati UIL a Catanzaro.
“A fronte di una serie di debolezze:fragile tessuto industriale; inadeguatezza infrastrutturale; alta disoccupazione; dilagante precarietà; aumento della povertà; alto tasso di criminalità e basso tasso di sicurezza; difficoltà e disparità di trattamento nell’accesso al credito; scarsa spesa dei fondi comunitari; è necessario un intervento decisivo da parte dello Stato, del mondo imprenditoriale e una contestuale azione sinergica sul piano regionale.
La Calabria ha bisogno di una FISCALITA’ DI VANTAGGIO, come è avvenuto in Irlanda, capace di rendere appetibile il territorio sul piano degli investimenti e degli insediamenti di nuove imprese.
Di un forte sostegno all’UNIVERSITA’ per la creazione e lo sviluppo di veri e propri centri di eccellenza capaci di far competere il sistema Calabria sul piano dell’innovazione, della conoscenza e delle intelligenze.
Più che pensare a come reagire all’urto delle produzioni cinesi sui prodotti di basso valore bisogna investire su prodotti ad alto contenuto tecnologico ed innovativo.
La Calabria ha bisogno, altresì, di una PUBBLICA AMMINISTRAZIONE efficiente capace di ridurre notevolmente i tempi e di eliminare gli ostacoli burocratici per le imprese e i cittadini.
Infine, bisogna fare UNA GUERRA SENZA QUARTIERE nei confronti della MAFIA e DELL’ILLEGALITA’ diffusa.
L’omicidio Fortugno ha, finalmente, acceso l’attenzione nazionale su un fenomeno che va combattuto radicalmente sia sul versante repressivo ma soprattutto attraverso interventi che mirino a far superare la precarietà, a ridurre sensibilmente la disoccupazione e la povertà e a creare vere condizioni per lo sviluppo.
Ciò richiede un forte e rinnovato impegno da parte di tutti sul piano nazionale e locale.
Un impegno sinergico delle istituzioni, del mondo associativo ed in particolare del mondo imprenditoriale che parla di mezzogiorno in termini interessanti e positivi salvo poi far seguire alle parole fatti concreti”.

Montezemolo In Calabria: "serve una politica alta e che decida. Al sud non si investe perche' c'e' una pubblica amminsitarzione inefficiente". Pezzotta: La fiscalità di vantaggio è uno snodo importante

Lettera aperta di Franzè (CDO) sull’area industriale di Lamezia a rischio speculazione

15/11 in una lettera aperta inviata Al presidente Loiero, all’ass. Nicola Adamo, al Sindaco di Lamezia, al presidente dell’ASI e al sottosegretario Galati, il Presidente della Compagnia delle Opere, Giancarlo Franzè, pone il problema dell’area industriale di Lamezia attualmente una desolata radura con pochissimi insediamenti produttivi. Scrive nella lettera aperta Franzè: “L’area industriale più grande del Mezzogiorno (1050 ettari e solo 55 imprese attive) potrebbe ridursi a una mera speculazione immobiliare. Il fallimento del progetto Biofata, del resto facilmente prevedibile, potrebbe tradursi infatti in una vera e propria speculazione a vantaggio di pochi soggetti, che ricorda nella loro modalità di comportamento, i peggiori imprenditori sudamericani, portatori di una logica che persegue l’arricchimento di pochi nel mantenimento di uno stato di povertà generalizzato. Anche perché questi terreni erano stati espropriati per realizzare un’opera che portasse sviluppo e occupazione. Cosa che non è avvenuta, in quanto oggi questi terreni rischiano di essere oggetto di una speculazione immobiliare, tradendo così qualsiasi prospettiva di sviluppo.
Di fronte all’ennesimo saccheggio, di cui rischia di essere oggetto l’area ex Sir, gli amministratori locali, regionali e nazionali non possono assistere inermi ed accondiscendenti. È necessario aprire un dibattito pubblico, con le forze più sane dell’imprenditoria, per definire una strategia di sviluppo adeguata dell’intera area, capace di attuare una politica di attrazione d’imprese.
La storia dell’area industriale di Lamezia Terme dimostra come questa sia stata oggetto di investimenti sbagliati e soprattutto di progetti inadeguati, che hanno portato ad irrilevanti aumenti di occupazione, nonostante i milioni di euro messi a disposizione dalla finanza agevolata. Oggi l’area industriale lametina è un deserto di capannoni abbandonati, molti dei quali realizzati con le leggi dell’imprenditoria giovanile e della 488, per attività in realtà mai avviate o fallite dopo pochi mesi.
L’ente di gestione dell’area industriale non può ridursi all’ennesima occasione di spartizione di poltrone. Anche perché fino ad oggi questa politica è riuscita solo ad allontanare gli imprenditori anzicchè attrarli, non favorendo quindi la nascita di nuovi insediamenti.
Una situazione che non si verifica solo a Lamezia ma che è generalizzata in tutta la regione: spesso infatti si costituiscono enti inutili che anzicchè attrarre investimenti li allontanano o peggio ancora li utilizzano per profitti personali. E gli esempi sono veramente tanti. Se infatti alla fine degli anni ’80 la multinazionale Texas Instruments, dopo una serie di incontri inconcludenti con l’Assindustria di Catanzaro e di Reggio, con l’Università di Cosenza e con un sottosegretario calabrese, ha deciso di impiantare il suo stabilimento ad Avezzano in Abruzzo, nel recente passato, quando è stata proposta la realizzazione di un call center nell’ex direzionale Sir, attualmente gestita dalla LameziaEuropa, c’è stato qualche consigliere che ha cercato di ottenere dei profitti personali. Come dire, qua è tutto come prima”….

Secondo una stima dell'ISTAT il PIL aumenta di 0.3%

Secondo il Codacons in Calabria il denaro costa il doppio del nord Italia

10/11 ''In Calabria il costo del denaro e' il doppio rispetto alle regioni del Nord-Italia. Il Presidente della Regione, Agazio Loiero, dovrebbe revocare l'autorizzazione all' esercizio del credito per quegli istituti che in Calabria praticano condizioni discriminatorie a cittadini e aziende''. E' quanto sostiene in una nota il Codacons che rende noti i dati relativi alle singole province calabresi. Secondo i dati forniti dal Codacons, confrontati con alcune citta' del Nord, i tassi di interesse applicati sono: Bologna 4%, Milano 4,20%, Bolzano 4,50%. In Calabria a Cosenza 7,80%, Catanzaro 7,95%, Reggio Calabria 8,20%, Crotone 8,20%, Vibo Valentia 8,36%. ''Una percentuale di difformita' enorme - sostiene il presidente del Codacons Calabria, Francesco di Lieto - che si manifesta nella concessione di prestiti e fidi a privati e aziende, nei finanziamenti ed in tutte quelle situazioni che riguardano investimenti e produzione di ricchezza. Il piu' elevato costo del denaro incide negativamente sullo sviluppo economico della regione e sull' occupazione, spingendo molti giovani a trasferirsi in altre zone del Paese nelle quali le condizioni economiche sono piu' favorevoli ovvero a rivolgersi all' anti-stato. In Calabria viviamo in una situazione discriminatoria, rispetto al resto del paese ed imposta dai colossi della finanza, che deve finire''. ''La presenza della Regione Calabria - ha aggiunto - a sostegno degli imprenditori tartassati, deve essere un segnale per l' affermazione del principio di legalita' nella nostra regione e un gesto per tentare di difendere i cittadini e la disastrata economia nei confronti di istituti bancari che raccolgono il denaro dei calabresi, pagandolo pochissimo, per poi investirlo in altre zone del paese. E cosi' le nostre aziende sono costrette a sopportare costi maggiori e, conseguentemente, hanno una sempre maggiore difficolta' rispetto alle imprese situate in altre regioni italiane''. ''Il comportamento degli Istituti di credito - ha concluso di Lieto - reca un gravissimo pregiudizio allo sviluppo della regione e contribuisce alla creazione di sofferenze e disoccupazione. Sul comportamento degli istituti di credito che affossano l' economia calabrese - conclude di Lieto - sarebbe importante conoscere l' opinione del Presidente di Confindustria Montezemolo, che nella prossima settimana sara' presente in citta'''.

Per l’Istat il sud spende meno. Bolzano, Lombardia e Emilia con le mani bucate.

06/11 Mani bucate a Bolzano, rigorosamente attente agli spiccioli in Sicilia. Le abitudini di spesa degli italiani si differenziano da Nord al Sud al punto che lo scorso anno una famiglia siciliana ha speso in media quasi la meta' di una della provincia autonoma dell'Alto Adige. Secondo le rilevazioni contenute nell'annuario 2005 dell'Istat, all'estremo Nord dell'Italia la spesa famigliare mensile e' stata infatti di circa 3.100 euro, mentre in Sicilia si sono superati appena i 1.600 euro al mese. A variare sono soprattutto i consumi per i prodotti non alimentari (oltre 2.600 euro al mese a Bolzano, 1.250 circa nell'isola contro una media nazionale di 1.928 euro) mentre sono sostanzialmente in linea quelli per gli alimentari (478 nella provincia del Nord, 423 in Sicilia rispetto ai 452 euro al mese della media italiana). I dati dell'Istat sulla spesa delle famiglie inglobano anche i prezzi: va quindi tenuto conto, quando si guarda alla spesa mensile, anche delle differenze di prezzo tra Nord e Sud. Ma oltre ai costi dei prodotti a variare su e giu' per la penisola sono anche le abitudini di consumo. A Nord si tende infatti a spendere di piu' per la casa, per i trasporti, per i combustibili ed anche per la sanita', mentre al Sud prevalgono alimentari e tabacchi. A superare nettamente la media italiana complessiva di 2.381 euro al mese, oltre a Bolzano e' anche la Lombardia (2.800 euro), seguita da tutte regioni del Nord: Emilia Romagna (2.761 euro), Veneto (2.716 euro) e Piemonte (2.612 euro la mese). Molto piu' parsimoniosa e' invece l'altra provincia autonoma del Trentino Alto Adige: a Trento le famiglie hanno speso lo scorso anno 2.221 euro, al di sotto quindi della media nazionale. Piu' che su spese per la casa, per prodotti e servizi vari, in citta' si risparmia soprattutto sui generi alimentari: la spesa delle famiglie e' stata nel 2004 la piu' bassa d'Italia, appena 369 euro. Oculati nel mangiare sono anche i friulani: 395 euro in un mese. All'opposto, la regione in cui per pranzi e cene non si bada affatto a spese sono le Marche che con 505 euro al mese si piazzano al top della classifica. Seguono quasi tutte regioni del Sud, dove sedersi a tavola e' quasi un rito: la Campania con 495 euro, la Calabria con 462 euro, Abruzzo e Molise entrambe con 459 euro. A spezzare il monopolio del Mezzogiorno e' pero' la Lombardia, dove la spesa familiare per il cibo e' arrivata lo scorso anno a 478 euro. Ecco una tabella con la spesa media mensile delle famiglie residenti in Italia calcolata dall'Istat regione per regione. Nella tabella divisa per regioni (eccetto che per l eprovince autonome di Trento e Bolzano) appare la spesa mensile in euro

Bolzano 3.092
Lombardia 2.800
Emilia Romagna 2.761
Veneto 2.716
Trentino Alto Adige 2.631
Piemonte 2.612
Valle d'Aosta 2.549
Friuli Venezia Giulia 2.483
Umbria 2.470
Toscana 2.468
Marche 2.431
Lazio 2.314
Liguria 2.251
Trento 2.221
Sardegna 2.173
Abruzzo 2.161
Puglia 2.011
Molise 2.003
Calabria 1.939
Campania 1.928
Basilicata 1.766
Sicilia 1.677
--------------
ITALIA 2.381

Secondo Galati gli scambi commerciali con gli USA possono crescere

05/11 ''Gli scambi economici e commerciali tra Italia e Usa possono ancora crescere e di molto. Se gli Stati Uniti, infatti, sono il terzo mercato di sbocco per il Made in Italy, il nostro Paese e' al decimo posto fra i mercati degli Usa''. Lo ha detto Giuseppe Galati, sottosegretario di Stato alle Attivita' produttive in occasione della seconda edizione del Premio internazionale Miami. Per Galati, che dopo avere ricevuto l' onorificenza lo scorso anno assieme all' allora sottosegretario alle Comunicazioni, Giancarlo Innocenzi e' ora componente del Comitato d' onore, ''e' fondamentale promuovere l' immagine del nostro Paese nelle Americhe, che da sempre vantano un rapporto privilegiato con l' Italia''. ''Nel 2004 - sottolinea Galati - l' Italia ha esportato beni e servizi negli Stati Uniti per circa 28 miliardi di dollari, mentre ha importato per circa 10,4 miliardi. Un attivo che puo' aumentare ancora, se si pensa che gli Stati Uniti importano globalmente un valore di 1,5 trilioni di dollari. Uguali considerazioni vanno fatte se guardiamo alla graduatoria degli investimenti degli americani all' estero, dove occupiamo solo il 16/mo posto, una delle ultime posizioni in Europa. Anche qui si puo' migliorare e di tanto. Il Ministero delle Attivita' Produttive grazie a un impegno finanziario massiccio, sta aiutando a crescere il nostro sistema imprenditoriale, attraverso agevolazioni per l' innovazione tecnologica, per l' aggregazione delle imprese, per l' internazionalizzazione e per l' attrazione degli investimenti esteri''. ''Nel nostro Paese l' internazionalizzazione delle imprese e il marketing territoriale - prosegue il sottosegretario - sono le chiavi di volta del processo di sviluppo necessario alla crescita degli scambi commerciali, primo indicatore della capacita' di un sistema economico di relazionarsi con l' esterno. In questo senso l' attivita' della Fondazione Italia nelle Americhe rappresenta uno strumento essenziale di diffusione e di promozione della nostra cultura imprenditoriale e commerciale che non puo' che giovare all' attivita' dei tanti nostri connazionali che intendono o gia' stanno operano proficuamente all' estero''

Cresce il mercato dei mutui in Calabria, +29.74% nei primi sei mesi del 2005

03/11 Cresce a due cifre il mercato dei mutui in Calabria nel primo semestre 2005. E' quanto rilevato dall' Osservatorio Mutui Banca per la Casa, del gruppo Unicredit, su dati Bankitalia. L' erogato della Regione, secondo quanto riferito in un comunicato, e' cresciuto nel primo semestre 2005 del 29,74% rispetto allo stesso periodo del 2004. Nel primo semestre 2005 l' incremento maggiore di erogato si e' registrato a Cosenza con 109 milioni di euro (+42,7%) rispetto al primo semestre 2004. In termini percentuali la provincia che ha erogato di piu' e' stata Vibo Valentia con +53,6% (19 milioni di euro). Seguono Catanzaro con +27,2% (81 milioni), Crotone con +24,9% (29 milioni) e Reggio Calabria con +12,6 (67 milioni). In riferimento all' Italia Meridionale, la Calabria si colloca al quarto posto per valore dell' erogato con 305 milioni di euro, confermando nei primi 6 mesi dell' anno una crescita del 29,74% rispetto allo stesso periodo del 2004. In riferimento all' andamento nazionale, i mutui erogati in Italia nel primo trimestre 2005, secondo quanto riferito, sono incrementati del +11,11% raggiungendo un valore totale pari a 11.529 milioni di euro, rispetto ai 10.376 milioni di euro del 2004. ''Inun mercato immobiliare che mostra segnalidi stabilizzazione nel numero delle compravendite e nei prezzi - ha sostenuto Pasquale Giamboi, amministratore delegato di Banca per la Casa gruppo UniCredit - il mercato deimutui conferma, invece, un trendancora increscita del 10,95%rispetto al primo semestre dello scorso anno, leggermente superiore alle attese. Il fattore di successoin questomercato altamente competitivo sara' sempre piu' la specializzazionenel forniresoluzioni personalizzate e servizi aggiuntivi, rapidita' di risposta e qualita' nel servizio, a tutto vantaggio di un cliente sempre piu' informato e giustamente esigente nell' acquistopiu' importante della sua vita''

In cinque anni cresce del 22% il mercato del “caro estinto”

 

2000-2005

Quota su 2005

     

Lombardia

8%

13%

Sicilia

36%

10%

Campania

31%

9%

Piemonte

12%

9%

Lazio

28%

8%

Calabria

37%

7%

Puglia

29%

7%

Veneto

15%

7%

Emilia-Romagna

11%

5%

Abruzzo

20%

4%

Sardegna

44%

4%

Toscana

30%

4%

Marche

12%

3%

Basilicata

43%

2%

Liguria

16%

2%

Friuli-Venezia-Giulia

11%

1%

Molise

16%

1%

Trentino-Alto-Adige

48%

1%

Umbria

7%

1%

Valle D'aosta

8%

0

     

Totale Italia

22%

100%

02/11 Gode di buona salute il business delle impres

e funebri in Italia. Anzi l'unico giro d'affari sempre immune da crisi congiunturali o cicli negativi, negli ultimi anni e' addirittura cresciuto. Dal 2000 ad oggi le societa' funebri in Italia sono aumentate del 22%, e anche rispetto all'anno scorso si registra un trend ascendente: +3%. A disegnare lo scenario di come cambia questo tipo di imprenditoria nel nostro Paese e' la Camera di Commercio di Milano. Passando ai numeri, in Italia si contano 5.110 imprese nel settore. Nel dettaglio, 1.513 operano nel commercio di articoli funerari, mentre 3.597 nelle pompe funebri e nelle attivita' connesse. La maggior concentrazione rispetto al totale nazionale si registra in Lombardia con una quota pari al 13%. In seconda posizione si piazza la Sicilia, con il 10% del totale. Seguono la Campania, il Piemonte, Lazio e Puglia. Tuttavia la Regione che vanta la maggior quota di imprese funebri rispetto al numero di abitanti e' il Molise, con 18 societa' ogni 100.000 abitanti. Seconda nella classifiche delle regioni 'piu' servite' e' l'Abruzzo con 17,3 imprese, seguito dalla Basilicata con 13,9 imprese attive a fronte di una media nazionale di 8,7. Tra le province, la medaglia d'oro va Milano che conta una quota sul totale italiano del 4,8%. Seguono, a stretto giro, Roma con il 4,4%, Torino con il 4,2%, Napoli con il 3,6%, Cosenza con il 2,5% e Bari con il 2,4%. Guardando alla crescita nell'arco di cinque anni, in pole position si trova invece Isernia, dove si registra un vero e proprio boom del business funerario: +150% dal 2000. Bene anche Arezzo (+136%) ed Enna (+109%). Colpo di acceleratore pure a Crotone, che registra un aumento del 100% in cinque anni. Ecco le variazioni percentuali relative al periodo 2000-2005 delle imprese funebri attive a giugno 2005 in Italia e la quota di ogni regione sul totale Italia nel 2005.

Varato progetto di Unioncamere Calabria sull’innovazione

31/10 Si chiama ''One Stop Shop- Ricerca ed innovazione'' ed e' un progetto elaborato da Unioncamere Calabria per l' incentivazione dell' innovazione tecnologica. L' iniziativa, e' detto in un comunicato dell' associazione - ha lo scopo di facilitare la nascita di un sistema della ricerca e dell'innovazione tecnologica calabrese, che coinvolga in maniera attiva tutte le parti sociali della regione interessate al tema. ''Il sistema camerale con questo progetto - ha affermato Paolo Abramo, presidente di Unioncamere Calabria - si propone quale struttura al servizio delle imprese e del mondo della ricerca per facilitare il dialogo e favorire un virtuoso percorso di crescita economica della regione, attraverso la valorizzazione delle eccellenze realmente presenti. Al sistema della ricerca e dell' innovazione tecnologica - ha proseguito Abramo - abbiamo inteso dare uno schema funzionale di rete operativa all' interno della quale Unioncamere Calabria ha il compito di coordinare la attivita' ed assistere le strutture operative di servizio vere e proprie che sono strategicamente ubicate presso le singole Camere di commercio delle cinque province calabresi e che percio' sono 'one stop shop'''.

Piano comune delle Camere di Commercio di Calabria, Puglia e Basilicata per l’accesso al credito

28/10 Un piano di azione comune per migliorare l' accesso al credito da parte delle piccole imprese. E' su questo aspetto che le Camere di Commercio di Basilicata, Puglia e Calabria si stanno muovendo. La conferma e' arrivata stamani a Potenza dall' ultimo dei quattro incontri promossi nelle tre regioni negli ultimi mesi. ''Al nanismo delle imprese e alla sottocapitalizzazione - ha detto il presidente di Unioncamere Basilicata, Pasquale Lamorte - possiamo e dobbiamo rispondere con degli aiuti concreti. Oltre alle misure specifiche di finanza innovativa messe in campo dalle singole Camere, occorre fare qualcosa di piu'. Aggregare i consorzi fidi esistenti sul territorio, ad esempio, per farne un interlocutore unico, piu' forte e rappresentativo, in grado di innalzare il livello di garanzia per le banche e di rappresentativita' per gli imprenditori locali''.

Crisi: Tavolo comune permanente degli imprenditori calabresi

25/10 Le organizzazioni imprenditoriali Cia, Cna, Coldiretti, Confagricoltura, Confartigianato, Confcommercio, Confcooperative, Confesercenti, Confindustria e Lega cooperative, riunitesi a Catanzaro, ''prendendo atto - e' detto in una nota - della grave situazione della Calabria, hanno deciso di costituire un tavolo comune permanente, che, partendo dall'analisi delle problematiche economiche e di mancato sviluppo, promuova una proposta unitaria mirata alla crescita dell'economia regionale''. ''Il tavolo - si afferma ancora nel comunicato - elaborera' proposte comuni e condivise per promuovere il necessario sviluppo integrato del territorio, che, oggi come mai, ha bisogno della partecipazione costante, convinta e progettuale di tutte le attivita' economiche sane che hanno a cuore la crescita complessiva della regione. Innovazione, ricerca, internazionalizzazione, consolidamento del tessuto produttivo, occupazione, attrazione di investimenti, sicurezza e legalita' sono alcune delle linee individuate dalle organizzazioni imprenditoriali sulle quali coinvolgere tutte le energie migliori che operano nella regione, istituzioni, sindacato e mondo accademico, con l'obiettivo di creare un sistema di relazioni diverse e piu' proficuo fra imprese e societa'''. Secondo le organizzazioni imprenditoriali, ''Documento regionale di programmazione economica e finanziaria, Piano per il lavoro di riprogrammazione e nuova programmazione comunitaria sono i temi sui quali il tavolo, nei prossimi giorni, continuera' la propria attivita'. Successive ulteriori specifiche iniziative saranno oggetto di riunioni apposite del neo-costituito tavolo dell'economia. Questa e' la sostanza vera della concertazione, che va intesa in senso preventivo, progettuale e responsabile''

In Calabria si spendono 4,1 miliardi di euro per le auto

23/10 4.1 miliardi di euro sono stato spesi dai calabresi in autoveicoli per il 2004. La maggior parte dei soldi sono stati destinati al carburante (1,3 miliardi pari al 32,67% del totale) e all'acquisto di autoveicoli (1,2 miliardi per il 30,31%). Abbondanti anche i dati sulla spesa in manutenzione (0,56 miliardi) e in assicurazione rc (0,41 miliardi). Piu' ridotte le spese in pneumatici, ricovero, tasse automobilistiche, assicurazione incendio e furto, lubrificanti: voci che rappresentano complessivamente il 12,96% del contributo totale. Cosenza e' la provincia piu' generosa,infatti, con una spesa di 1,4 miliardi di euro, copre il 34,84% dell'intera torta regionale. Tengono il passo Reggio Calabria con l'1,1 miliardi spesi e Catanzaro con quasi 0,9 miliardi. Queste province si distaccano cosi' da Vibo Valenzia e Crotone che chiudono la classifica, rispettivamente, con 327 milioni e 306 milioni di euro spesi

Opportunità per le imprese italiane che vogliono fare business con il Venezuela

18/10 ''Un'importante occasione per orientare l' attenzione della comunita' economica ed imprenditoriale italiana verso il Venezuela e verso le reali opportunita' di business che questo Paese puo' offrire alle nostre imprese''. E' quanto ha detto il sottosegretario alle Attivita' Produttive, Giuseppe Galati, nel corso dell' incontro con Hugo Chavez, Presidente della Repubblica del Venezuela, in corso a Roma. ''L'Italia - ha aggiunto - e' impegnata da anni in una politica che privilegia iniziative promozionali e d'investimento, capaci di sviluppare cooperazione e di far crescere anche il mercato straniero su cui la nostra impresa sceglie di affacciarsi. In particolare, riguardo al Venezuela, il nostro Paese si posiziona al sesto posto come fornitore, secondo in Ue dopo la Germania, e al 15 come cliente, primo tra gli europei. Nel 2004, poi, l' export verso il Venezuela e' stato di 441 mln di euro, con un aumento del 64,2% rispetto al 2003. Incremento - continua il Sottosegretario - che si e' ripetuto nei primi sei mesi di quest'anno, raggiungendo il 17,4%. Diversi i prodotti esportati: dalle macchine per impieghi speciali agli accessori per autoveicoli''. ''L'impegno del governo - ha proseguito Galati - in tema di sostegno all' internazionalizzazione delle imprese in questi anni e' stato rilevante e ha visto il Map impegnato in diversi interventi: dal finanziamento di studi di fattibilita' connessi a esportazioni e investimenti all' estero alla realizzazione di programmi di penetrazione commerciale o di costituzione di societa' all' estero. Il nostro impegno e' volto soprattutto a sviluppare ulteriormente l' interscambio tra i due Paesi, in un quadro di maggiore equilibrio della bilancia commerciale che, alla luce delle attuali caratteristiche dell' economia venezuelana, riteniamo passi innanzitutto attraverso forme di collaborazione industriale''. ''A queste, poi, si devono accompagnare - ha concluso - azioni di raccordo e di amicizia sempre piu' strette. Infatti sentiamo forti legami culturali e di tradizioni con il Venezuela, grazie anche alla presenza di una forte comunita' italiana''.

Nel 2004 spesi 4 milioni di euro in Calabria per l’acquisto di autoveicoli

18/10-(G.C.)- La spesa nel 2004 in Calabria per l' utilizzo e l' acquisto degli autoveicoli ammonta a 4,1 miliardi di euro. La spesa piu' elevata e' stata quella relativa agli acquisti di carburante con 1,3 miliari di euro, pari al 32,67% del totale. Seguono la spesa per l' acquisto di autoveicoli (cioe' autovetture, veicoli commerciali ed industriali, autobus) con 1,2 miliardi di euro, quella per la manutenzione (0,6 miliardi) e quella per l' assicurazione rc auto (0,4 miliardi). Importi minori, ma certamente non meno rilevanti, vanno ai pneumatici (0,2 miliardi), al ricovero (0,1 miliardi), alle tasse automobilistiche (99 milioni di euro), all' assicurazione incendio e furto (66 milioni) ed ai lubrificanti (63 milioni). A livello provinciale in Calabria e' Cosenza a guidare la graduatoria della spesa regionale con 1,4 miliardi di euro e il 34,84% del totale. Seguono Reggio Calabria (1,1 miliardi), Catanzaro (0,9 miliardi), Vibo Valentia (0,3 miliardi) e Crotone che, con 307 milioni, chiude la graduatoria delle province calabresi. Il calcolo e' stato fatto dall' Ufficio Studi LeasePlan Italia, azienda leader nel settore del noleggio a lungo termine di autovetture. ''Si tratta - ha detto l'amministratore delegato di LeasePlan Italia, Erasmo Paone - di una cifra molto rilevante, corrispondente a 7.939 miliardi di vecchie lire mentre nell' intero Paese la spesa nel 2004 e' stata di ben 190 miliardi di euro corrispondenti a 367.891 miliardi di lire pari al 14,09% del prodotto interno lordo''.

Coop e Despar creano il gruppo d’acquisto comune“Centrale Italiana”. Gatto: “L’accordo valorizza le aziende”

11/10 Coop e Despar hanno siglato un accordo per la nascita di un gruppo d'acquisto in comune, denominato Centrale Italiana, che dal 1 gennaio avra' 500 fornitori per una contrattazione del valore di 4 miliardi di euro in termini di prodotti acquistati. L'intesa, raggiunta nella notte, e' stata presentata a Milano dal presidente dell'Associazione nazionale cooperative di consumatori-Coop Aldo Soldi, affiancato dal presidente di Coop Italia Vincenzo Tassinari, dal presidente di Despar Antonio Gatto e dal vicepresidente di Despar Claudio Giannetti. Con la nascita di Centrale Italiana, guidata dal presidente Tassinari e dal vicepresidente Gatto, la centrale d'acquisto Sintesi di Despar cessa le proprie attivita', mentre la nuova centrale di acquisto sara' allargata anche a Sigma, che gia' da 2 anni collabora con Coop per l'acquisto dei prodotti da vendere nei centri commerciali. L'intesa Coop-Despar, secondo quanto si e' appreso, sara' allargata anche alla valutazione dello sviluppo della rete commerciale nelle diverse aree territoriali.
''La strategia dell' accordo imprenditoriale con la Coop e' frutto della nostra filosofia non speculativa di breve periodo, ma di creazione di valore aziendale nel medio. Ecco perche' la scelta di un partner che ha la nostra stessa strategia, influenzabile solo dal mercato e dal consumatore''. Lo ha detto Antonino Gatto, presidente della Despar Italia, nel corso della presentazione dell' intesa sottoscritta con la Coop da cui e' scaturita la societa' di marketing Centrale Italiana. ''Altro aspetto importante che ha influenzato questa scelta - ha aggiunto Gatto - e' l' alta vocazione al marketing delle nostre reciproche aziende. La nostra, infatti, e' una centrale marketing orientata non solo all' ottenimento delle migliori condizioni di acquisto, ma anche a costruire relazioni di qualita' con la produzione al fine di essere capaci di proporre soluzioni e vantaggi ai consumatori. Altro obiettivo importante e' quello di contribuire alla creazione di un polo italiano della distribuzione, condizione essenziale per salvaguardare l' industria e la produzione del nostro Paese''.

Sviluppo Italia ha finanziato 45 nuove imprese giovanili

10/10 Quarantacinque nuove imprese giovanili, 721 nuovi occupati e oltre 43 milioni di euro di fondi pubblici impegnati. Sono questi i risultati di Sviluppo Italia, conseguiti nei primi 9 mesi del 2005, nel campo della creazione di nuove imprese giovanili. Le nuove imprese, costituite in maggioranza da giovani tra i 18 e i 35 anni, sono cosi' ripartite sul territorio: 9 in Basilicata, 4 in Calabria , 11 in Campania, 1 in Molise, 8 in Puglia, 1 in Sardegna, 10 Sicilia, 1 in Umbria. Proprio in ragione dei rilevanti risultati raggiunti e dell'esperienza maturata da Sviluppo Italia, a maggio scorso il Governo ha introdotto una modifica allo strumento normativo che consente di estendere le agevolazioni, oltre agli start-up, anche agli ampliamenti aziendali. Possono ottenere i finanziamenti anche che le imprese che siano gia' presenti sul mercato da almeno tre anni, economicamente e finanziariamente sane e partecipate in maggioranza da giovani residenti nei territori agevolati. Per quanto riguarda i settori di attivita' delle imprese finanziate nel 2005, il 42% appartiene al settore industriale. Scende, infine, la percentuale nei settori dei servizi (16%) e del turismo (13%), dove spiccano le attivita' legate rispettivamente ai servizi di consulenza aziendale e alla gestione di teatri e musei per l'incremento della ricettivita' turistica.

Tagli per oltre 13 milioni di euro alle province calabresi

08/10 Ammonta a piu' di 13 milioni di euro il taglio del 6,7% su parte delle spese correnti delle Amministrazioni provinciali calabresi previsto dal disegno di legge finanziaria approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 29 settembre. Il dato emerge da una stima effettuata da Eurispes Calabria dalla quale si evidenzia ''un 'risparmio forzato' ottenuto dalle spese correnti di ogni singola provincia al netto della spesa sociale e della spesa per il personale''. ''Partendo da una spesa corrente totale di oltre 284 milioni di euro decurtata sia della spesa per il personale (circa 82 milioni di euro) sia della spesa di carattere sociale quale risulta dalla classificazione per funzioni dei bilanci provinciali (4,7 milioni di euro) - mette in evidenza l' istituto di studi economici e sociali - si arriva ad una spesa corrente di oltre 197 milioni di euro alla quale si e' applicato un taglio del 6,7% pari a 13,2 milioni di euro''. A livello di province - secondo l' Eurispes - e' Cosenza quella dove si concentra il maggior 'risparmio forzato' pari a 4,6 milioni di euro; seguita da Reggio Calabria (3,1 milioni), Catanzaro (2,7 milioni), Crotone e Vibo Valentia (entrambe con circa 1,4 milioni di euro). ''E' necessario, oggi, - sottolinea Raffaele Rio, presidente di Eurispes Calabria - non solo per motivi finanziari, ma per dare un nuovo tipo di impulso allo sviluppo territoriale, rimettere in moto le grandi opportunita' derivanti dalla programmazione dal basso. Gli enti locali devono essere capaci ad orientare la finanza locale a sviluppare l' economia territoriale''. Secondo Rio, ''gli amministratori locali, quindi, hanno due strade da seguire contemporaneamente. Una che porta a contenere i disavanzi e, quindi, a razionalizzare il bilancio e l' altra a ricercare soluzioni che sviluppino la crescita territoriale che rappresenta il contributo aggiuntivo della comunita' locale alla formazione della ricchezza regionale. In questa direzione, occorre che le Amministrazioni provinciali si impegnino, malgrado la evidente contrazione dei trasferimenti e dei risparmi forzati di parte della spesa corrente, a realizzare una qualificazione della spesa che sappia razionalizzare, al meglio, le risorse disponibili: riduzione degli sprechi, aumento per le prestazioni sociali e per gli investimenti''. Per l' Eurispes, nell' ipotesi in cui il taglio del 6,7% previsto si applicasse uniformemente a tutte le funzioni dell' Amministrazione provinciale (ad esclusione della funzione sociale), in valori assoluti, cio' implicherebbe una decurtazione maggiore a carico dell' istruzione pubblica, con -4,9 milioni di euro destinati agli istituti di istruzione secondaria e alla formazione professionale ed altri servizi inerenti l' istruzione. A seguire, con 3,1 milioni di euro in meno le funzioni generali di amministrazione, gestione e controllo. Contrazioni di minore entita' riguarderebbero: le funzioni di gestione del territorio (quasi -2 milioni di euro); le funzioni di tutela dell' ambiente (-1,5 milioni di euro) e quelle dello sviluppo economico (-1,2 milioni di euro). Dalla stima Eurispes emerge che l' inasprimento fiscale delle Amministrazioni provinciali necessario per compensare i risparmi forzati dovrebbe essere mediamente pari al 10,9%. L' analisi a livello territoriale pone in luce che a subire il maggiore contraccolpo, in termini di incremento potenziale delle entrate tributarie, sarebbe l' Amministrazione provinciale di Crotone (13,4%). A seguire Vibo Valentia (12,6%), Catanzaro (11,8%) e Cosenza (11,2%). In coda Reggio Calabria, con un incremento delle entrate proprie dell' 8,7 per cento.

Secondo Eurostat in Calabria la disoccupazione giovanile supera il 40%

07/10 I tassi di disoccupazione regionale, nell'Unione europea a 25, nel 2004, variano dal 2,4% nella regione inglese di Dorset Somerset al 32,8% dell'isola francese di Reunion. E' quanto emerge da un'indagine condotta dall'Eurostat, l'Ufficio statistico europeo. Complessivamente, il livello dei senza lavoro, tra il 2003 e il 2004, e' rimasto stabile nell'Unione intorno al 9,2%. Ma, a livello regionale, il tasso e' cresciuto nel 57% delle aree considerate. Su 254 regioni europee, infatti, 44 hanno registrato un livello di disoccupazione pari o inferiore al 4,6%, vale a dire la meta' della media europea. Si tratta di 21 regioni del Regno Unito, 7 in Italia (Valle d'Aosta, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e le province di Trento e Bolzano), 6 in Austria, 5 nei Paesi Bassi e 1 in Belgio, Repubblica Ceca, Irlanda, Ungheria e Portogallo. Al contrario, 21 regioni hanno raggiunto un tasso pari o superiore al 18,4%, il doppio rispetto alla media della Ue: 9 in Polonia, 6 in Germania, 4 in Francia (tutti dipartimenti oltreoceano) e 2 in Slovacchia. Stabile, tra il 2003 e il 2004, nella Ue a 25, il tasso di disoccupazione femminile (10,1%). Il dato piu' basso, a livello regionale, nel 2004, e' stato toccato in 12 regioni del Regno Unito (con in testa il Dorset Somerset con il 2,2%), mentre il piu' alto nei territori francesi di Reunion e Guyane. In circa due terzi delle regioni, il tasso di disoccupazione femminile e' superiore rispetto a quello maschile. Quanto alla disoccupazione giovanile, nel 2004, le variazioni regionali sono molto marcate. Il tasso oscilla, infatti, dal 5,4% dello Zeeland nei Paesi Bassi al 56,6% della Reunion francese. In 38 regioni europee, di cui 11 nel Regno Unito, 9 ciascuna in Germania e Paesi Bassi, 5 in Austria, 2 in Irlanda, 1 in Ungheria e in Danimarca, la disoccupazione giovanile e' al di sotto del 10%. Mentre in 16 regioni supera il 40%: 9 in Polonia, 3 in Francia (tutti dipartimenti oltreoceano), 2 in Italia (Calabria e Sicilia) e 1 in Grecia e in Slovacchia. In oltre due terzi delle regioni europee, la percentuale di giovani senza lavoro e' almeno il doppio rispetto al tasso generale. Solo in 8 regioni, tutte tedesche, la disoccupazione giovanile e' inferiore o pari al dato generale.

Trecentomila euro di fondi con il sistema Confidi dalla Provincia per l’artigianato

07/10 Sarà siglato il prossimo Lunedì 10 Ottobre, alle 15,30 presso la Presidenza, un importante protocollo d’intesa tra l’Amministrazione Provinciale, Fidart Calabria , Confartigianato, CNA e CASA. L’atto formalizzerà il conferimento di 300.000 Euro della Provincia di Cosenza al consorzio unitario di secondo grado che raggruppa il sistema regionale dei confidi e della piccola impresa, presenti le associazioni promotrici del consorzio stesso. I 300.000 Euro saranno utilizzati per l’abbattimento di 2 punti percentuali sugli interessi relativi ad investimenti e per la costituzione di Fondi rischi, utili a garantire le operazioni di finanziamento richieste dalle imprese artigiane attraverso il sistema dei confidi provinciali soci di Fidart Calabria. Il protocollo- come ricorda il Presidente, onorevole Mario Oliverio- è diretta conseguenza di un impegno assunto dalla Provincia in sede di concertazione con le forze sociali avviata sul Bilancio dell’Ente prima della sua approvazione, ed attua una politica di credito diretta allo sviluppo delle imprese attraverso una facilitazione d’accesso alle risorse finanziarie. Proprio nel corso della riunione, infatti, il difficile accesso al credito era stato fortemente segnalato dai rappresentanti delle associazioni presenti quale uno degli ostacoli maggiori verso lo sviluppo delle imprese del settore.
Allo scopo, un apposito capitolo di bilancio era stato dedicato al sostegno al sistema dei Confidi. Firmeranno il Protocollo: il Presidente della Provincia di Cosenza, onorevole Mario Oliverio; Giulio Valente, Presidente di Fidart Calabria; Nicola Chiappetta, Presidente della CNA di Cosenza; Pino Ruga, Direttore di Fidart Calabria.

Montezemolo incontra i Presidenti delle regioni meridionali: “Il Sud è una grande opportunità su cui lavorare”

06/10 ''Il Sud e' la grande opportunita' su cui bisogna lavorare, perche' non si puo' aspettare oltre''. E' quanto ha affermato, al termine di un incontro con i presidenti delle Regioni meridionali, il presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo. Il leader degli industriali ha inoltre sottolineato come i Governatori del Sud abbiano ''totalmente condiviso'' le priorita' che le 17 associazioni di categoria e i sindacati, hanno individuato per il rilancio dell'economia del Mezzogiorno: l'introduzione delle fiscalita' di vantaggio, la logistica e le infrastrutture, i fondi strutturali europei e la promozione turistica. L'incontro con i presidenti delle Regioni del Mezzogiorno - ha detto Montezemolo - ''e' stato molto utile, perche' da un lato i presidenti si sono dichiarati totalmente in linea con il nostro progetto, quello sul Sud delle 17 associazioni di categoria, compresi i sindacati. E dall'altro abbiamo totalmente condiviso le priorita' per il Sud: la fiscalita' di vantaggio, per cui bisogna andare a Bruxelles unito, Governo, Regioni e associazioni, poiche' e' un tema fondamentale per gli investimenti italiani e stranieri; il tema della logistica e delle infrastrutture, con i porti, gli aeroporti, gli interporti, che sono importantissimi per il Mediterraneo; il tema dei fondi strutturali europei e quello della promozione turistica''. Montezemolo ha voluto inoltre, sempre in chiave Mezzogiorno, sottolineare il ruolo che deve avere la classe dirigente. ''E' fondamentale capire - ha detto - che il futuro del Sud dipende anche da noi. Dalla classe dirigente''. ''Dal primo giorno abbiamo dichiarato che vogliamo che il Sud Italia deve essere la grande frontiera del Paese''. Cosi' si e' espresso il presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, nel corso dell'incontro svoltosi oggi nella sede della Regione Campania a Roma con i presidenti delle Regioni del Sud. ''Diciassette organizzazioni di categoria avevano fatto un lavoro eccezionale - ha detto Montezemolo riferendosi al progetto per il Mezzogiorno elaborato mesi fa dalle organizzazioni datoriali e dai sindacati - che viene oggi fortemente utilizzato per mettere in fila poche, condivise e fondamentali priorita'. Con le Regioni - ha aggiunto - c'e' un pieno accordo su queste priorita' che sono chiare: a iniziare dalla fiscalita' di vantaggio, che e' l'unico modo per attirare investimenti; per passare alla logistica e le infrastrutture che sono carenti, all'educational e al tema dell'utilizzo dei fondi europei in funzione dello sviluppo''. Secondo il leader degli industriali sarebbe ''importante andare a Bruxelles insieme, per spingere nella giusta direzione''. Montezemolo ha aggiunto che ''a febbraio faremo 2 giorni con i grandi paesi del Mediterraneo'' per toccare alcuni temi a partire dal sistema della logistica per attrarre le merci, migliorare il trasporto sia dei cittadini che delle merci, affrontare il tema del turismo. Infine ha evidenziato che ''una logistica integrata puo' offrire grandi opportunita' di lavoro''.

Incontro Confindustria-Regioni: Nuove vie di sviluppo per il Mezzogiorno

06/10 Regioni del Sud e Confindustria insieme per un grande progetto di rilancio del Paese che parta dal Sud. Questo lo scenario disegnato oggi nella sede romana della Regione Campania dai governatori del Mezzogiorno, guidati dal presidente Antonio Bassolino e una delegazione di Confindustria (il vicepresidente Ettore Artioli, il direttore generale Maurizio Beretta, il vice direttore generale Luigi Masdtrobuono) guidati dal presidente Luca Cordero Di Montezemolo. Infrastrutture, facilitazioni fiscali, sviluppo del turismo, sicurezza e ambiente, formazione, fondi europei: questi i punti sui quali Confindustria e Regioni apriranno da subito tavoli di lavoro comuni per fare si', come ha sottolineato Bassolino, ''che il Mezzogiorno si presenti non come un problema ma una positiva risposta ad un' Italia che cresce poco e con molte disuguaglianze''. ''Si puo' lavorare ad un progetto unitario - ha sottolineato Bassolino - che riguardi ferrovie, porti, aeroporti, interporti, logistica, per presentare il Mezzogiorno come la grande piattaforma del Mediterraneo. Dobbiamo unire tutte le risorse: quelle europee, quelle regionali e quelle nazionali che devono essere aggiuntive e mai sostitutive''. Tra i temi al centro delle iniziative comuni, la sicurezza, ''che - ha detto Bassolino - richiede qualita' e quantita' di investimenti'' e che ha riflessi importanti sulla ''produttivita' e la civilta'''. Gli investimenti: Bassolino ha chiesto che tra la quota di quelli in conto capitale e le risorse europee, si possa arrivare al 45% di risorse per il Mezzogiorno della cifra destinata all'intero Paese; infine iniziative per una ''fiscalita' di vantaggio'' per il Sud, proposta, quest'ultima, molto caldeggiata e sostenuta anche da Montezemolo. Gli interventi dei governatori delle Regioni hanno mostrato unita' di obiettivi, pur con sfumature diverse: il presidente della Regione Sicilia, Salvatore Cuffaro, ha chiesto una Commissione Ue per affrontare i problemi del Mediterraneo, ''cosi' come a suo tempo sono stati affrontati i problemi dei Paesi dell'Est''. ''Se il sud dimostra compattezza - ha detto il presidente del Molise, Michele Iorio - puo' vincere la sua scommessa nei confronti non tanto del Paese, quanto dell'Europa''. Per il presidente della Regione Sardegna, Renato Soru, occorre investire sulle infrastrutture materiali ma anche su quelle immateriali, ovvero la formazione, la scuola, l'educazione, ''i valori su quali dovremo confrontarci''. ''Far tornare risorsa il Mezzogiorno, riportarlo al centro dell'interesse nazionale, stabilire una sintonia di lungo periodo con il mondo imprenditoriale: la via intrapresa e' quella giusta, la strategia d'incontro tra Regioni del Sud e forze sociali e produttive ha tutto il mio convinto consenso'', ha sintetizzato Agazio Loiero, presidente della Regione Calabria. Secondo il presidente della Regione Abruzzo, Ottaviano del Turco, ''mettere insieme le energie delle Regioni e quelle del mondo imprenditoriale e' un risultato molto significativo. Dobbiamo lavorare su questo fronte perche' le Regioni sono un pezzo del Governo, in questo caso, senza distinzione tra destra e sinistra''. All'incontro ha partecipato, tra gli altri, anche l'assessore al bilancio della Regione Puglia, Saponaro, e i presidenti regionali di Confindustria Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna, oltre al vicepresidente di Confindustria Abruzzo.

Istat: Sale il livello di povertà nel sud

06/10 Peggiorano le condizioni di vita in tutto il Sud: una famiglia su quattro che vive al Sud si trova in condizioni di poverta', quasi quattro punti percentuali in piu' nel 2004 rispetto all' anno precedente. Lo si rileva nel rapporto annuale Istat sulla poverta' relativa in Italia. Nel rapporto Istat sull' andamento della poverta' relativa (quella che si determina rispetto alla spesa media mensile per i consumi di una famiglia di due persone, la cui soglia e' stata fissata a 919,98 euro nel 2004, il 5,2% in piu' rispetto all' anno precedente) si stima tra inoltre a livello nazionale che le famiglie povere sono l'11,7% per un totale di sette milioni 588 mila persone, ossia il 13,2% dell' intera popolazione. Rispetto ai dati dello scorso anno, in cui risultavano povere il 10,8% delle famiglie, la differenza non e' considerata statisticamente significativa. Oltre che in tutto il sud la condizione di poverta' - secondo il rapporto dell'Istat - aumenta in modo significativo nelle coppie giovani (dal 2,8% del 2003 al 5,5%), le coppie con piu' figli (dal 9,1% al 13,9%; arriva al 14% se c'e' un minore). Sale anche la percentuale di famiglie povere tra lavoratori dipendenti che passano dall'8,2 al 9,3%. Emblematica poi la situazione al centro dove seppure e' sostanzialmente stabile in linea generale, la poverta' peggiora tra gli anziani, soprattutto tra gli over 65, la cui incidenza e' piu' che raddoppiata passando da 4,2% a 10%. Se la persona di riferimento poi e' una donna la percentuale di famiglie povere, che era del 5,2% nel 2003, si attesta all'8,8% e incrementi analoghi si registrano per le famiglie con almeno un anziano (Dall'8,5% alo'l'11,2%). Nelle regioni settentrionali le uniche variazioni statisticamente significative riguarda la diminuzione dell'incidenza di poverta' tra i lavoratori autonomi (dal 3,6% al 2%), tra le famiglie dove la persona di riferimento ha un'eta' tra i 65 e 74 anni (dal 4,7% al 3,2%) e tra le famiglie di anziani, soprattutto se in coppia: per le coppie di anziani si passa dal 9,4% al 7,2% cosi' come per le famiglie con due o piu' anziani dall'11,1% all'8,5%. L'Istat ha stimato che l'incidenza di poverta' relativa e' significativamente migliorata nella provincia di Bolzano, nel Veneto e nel Friuli Venezia Giulia. Basilicata e Sicilia si trovano ai livelli piu' bassi registrando, rispettivamente il 29,5% e il 29,9% delle famiglie povere.
E' la Sicilia la regione d'Italia dove si registra la percentuale piu' alta di famiglie indigenti. Secondo quanto emerge dal rapporto dell'Istat sulla poverta' nel 2004, nell'isola il 29,9% delle famiglie vive sotto la soglia di poverta' (nel 2003 la percentuale era del 25,8%). Un dato notevole, soprattutto se raffrontato con la media nazionale che e' attestata all'11,7% e con la media del Mezzogiorno che arriva al 25%. Seconda 'classificata' la Basilicata dove la percentuale delle famiglie povere raggiunge il 28,5%, dal 25,6% del 2003. La Regione piu' florida risulta invece essere l'Emilia Romagna, dove la percentuale delle famiglie che vivono sotto la soglia di poverta' e' del 3,6% (in calo rispetto al 4,7% dell'anno precedente), dato quasi identico a quello registrato in Lombardia dove la percentuale e' del 3,7% (era al 4,5% nel 2003). Riportiamo di seguito la tabella con la percentuale di poverta' relativa, regione per regione, nel 2003 e 2004:

REGIONE 2003 2004

Italia 10,8% 11,7%

Piemonte 7,1% 6,4%
Valle d'Aosta: 7,7% 6%
Lombardia: 4,5% 3,7%
Trentino-Alto Adige: 8,8% 7,4%
Trento: 6,8% 9,9%
Bolzano: 11,1% 4,6%
Veneto: 4,2% 4,6%
Friuli-Venezia: 9,7% 5,3%
Liguria: 6,3% 5,8%
Emilia-Romagna: 4,7% 3,6%

Nord 5,5% 4,7%

Toscana 4,2% 5,5%
Umbria 8,7% 9,1%
Marche 5,8% 7,7%
Lazio 6,5% 8,1%

Centro 5,8% 7,3%

Abruzzo 15,8% 16,6%
Molise 23,2% 22,4%
Campania 21,2% 24,9%
Puglia 20,4% 25,2%
Basilicata 25,6% 28,5%
Calabria 24,2% 25%
Sicilia 25,8% 29,9%
Sardegna 13,3% 15,4%

Mezzogiorno 21,6% 25%

Cavallaro (Cisal) “La banca per il sud da sola non serve”

06/10 ''Una banca per il Sud con una particolare vocazione verso il territorio potrebbe essere considerata, ancora di piu', una buona idea se si andasse a collocare in una situazione con la presenza di un' adeguata sicurezza, una burocrazia efficiente e infrastrutture e servizi in sintonia con le esigenze strutturali di una economia veramente moderna. Ma di tutto questo, purtroppo, il meridione e' ancora spaventosamente carente''. Lo afferma, in una dichiarazione, Francesco Cavallaro, segretario generale della Cisal. ''Certe idee - aggiunge Cavallaro - possono anche funzionare, ma a determinate condizioni. Per quanto ci riguarda avremmo preferito una Finanziaria adatta alle esigenze impellenti di molti italiani. Per questo ci apprestiamo ad opporci con assoluta determinazione e iniziative adeguate. Tra l' altro, per fare decollare in maniera decente la Banca per il sud, servirebbe un' iniezione di risorse ben aldila' dei cinque milioni messi a disposizione nella Finanziaria. Al momento le imprese del Mezzogiorno si accontenterebbero di robusti incentivi fiscali e, finalmente di un costo del denaro in linea con la media del Paese''.

Convegno Field a Riace

06/10 ''Tessere la Tela euro-mediterranea'' , e' il tema del Workshop attivato nell'ambito del programma Eumed, previsto dal 13 al 22 ottobre a Riace in provincia di Reggio Calabria. Lo rende noto la Fondazione Field titolare dell'iniziativa che con i partner, lo Iacocca Institute (Lehigh University - Penn - Usa) e il Coppem (Comitato Permanente per il Partenariato Euromediterraneo dei poteri Locali e Regionali) intende promuovere azioni sviluppo integrato nell'area del mediterraneo. L'iniziativa si inserisce nel processo in atto, relativo al potenziamento degli scambi euromediterranei, che troveranno concreta attuazione nella attivazione dell'area di libero scambio nel bacino del Mediterraneo, prevista dal Consiglio Europeo di Barcellona del 1995. Il Workshop '' Tessere la Tela euro-mediterranea'' prende spunto dal settore dell'artigianato tessile, che accomuna le tradizioni delle sponde del mediterraneo: l'obiettivo e' quello di indagare e sperimentare possibili soluzioni innovative per produzioni tessili artigianali e di nicchia. Il programma Eumed si inserisce nel quadro delle attivita' annuali della Fondazione e rafforza l'obiettivo primario della volonta' di supportare settori ritenuti strategici per lo sviluppo e il rafforzamento dell'identita' dei territori. Nell'arco di dieci giornate interverranno due esperti di fama internazionale, Angela Lorenz e Massimo Pitis, insieme ad altri esperti provenienti dall'Italia e dalle regioni del bacino euromediterraneo (Spagna, Croazia, Giordania, etc.), ed anche a numerosi artigiani e piccoli imprenditori calabresi del comparto tessile. Tutti poi si cimenteranno nel disegno di un nuovo concetto di prodotto, tenendo conto della fattibilita' tecnica dei vari processi di produzione esperiti da laboratori/aziende oggetto del workshop, e proveranno a ipotizzare scenari di mercati di riferimento attraverso nuove strategie di marketing. A fare da contrafforte all'attivita' di laboratorio, alcuni seminari: sul rapporto tradizione-innovazione e sviluppo locale, sulla tradizione della tessitura nel bacino del Mediterraneo fin da epoca remota, sulle politiche euro-mediterranee. Inaugurera' il Workshop, il 13 ottobre alle ore 09.00, il seminario di Richard Brandt, direttore dello Iacocca Institute - Pennsilvanya - Usa, gia' partner della Fondazione. Il 14 ottobre e' prevista la presenza del presidente della giunta regionale della Calabria, Agazio Loiero, del presidente del comitato nazionale per l'emersione del lavoro non regolare, Luca Meldolesi, presidente del comitato scientifico Field. Sempre il 14 e' attesa la presenza di Santo Versace. L'iniziativa della Fondazione Field assomma idealmente tradizione, quella tessile, e innovazione, anche attraverso politiche di sviluppo sostenibile e multiculturalismo.

Galati: “51.6 milioni di euro per l’imprenditoria femminile”

05/10 ''I dati diffusi oggi da Unioncamere sull' imprenditoria femminile sono una conferma delle buone scelta fatte in questi anni dal Ministero delle Attivita' produttive. Con il sesto Bando della legge 215 del 1992, gia' disponibili 51,6 milioni di euro per agevolazioni''. E' quanto afferma Giuseppe Galati sottosegretario alle Attivita' produttive commentando i dati forniti oggi dall' Osservatorio sull' Imprenditoria Femminile di Unioncamere-Infocamere e dai quali emerge una crescita di 28 mila unita' di aziende 'in rosa'. ''Sono dati incoraggianti - sostiene Galati - che dimostrano quanto in questi anni e' stato importante fornire agevolazioni a imprese, cooperative e societa' gestite prevalentemente da donne e sono risultati che ci invitano a fare meglio e di piu'. A breve - prosegue Galati - e' prevista la pubblicazione del sesto Bando della legge 215, per il quale saranno immediatamente disponibili 51,6 milioni di euro. Ad essi si potranno aggiungere altri 24,5 milioni, che saranno a breve deliberati dal Comitato per l' imprenditoria femminile''. Per il sottosegretario si tratta di ''agevolazioni che saranno erogate secondo modalita' innovative, al fine di rendere piu' efficaci e piu' snelle le procedure di assegnazione dei contributi medesimi. In un mondo in cui si cercano nuove forme di sviluppo della competitivita' del sistema produttivo nazionale, cercando soprattutto di incidere sulla cultura manageriale degli imprenditori, l' impresa al femminile si sta rivelando un fattore vincente che e' giusto sostenere. Ma va tenuto in considerazione - conclude Galati - che una concreta cultura delle pari opportunita' e' perseguibile solo favorendo anche la conciliazione dei tempi di lavoro con quelli dedicati alla famiglia e consentendo a uomini e donne di poter godere delle stesse opportunita' nel mondo del lavoro''.

Convegno sui fondi del programma obiettivo 2005 sulle pari opportunità

05/10 La consigliera regionale di Parita', Marisa Faga', insieme al Comitato Nazionale di Parita' e Pari Opportunita' del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha organizzato un seminario di studi che si terra' il 7 ottobre sul tema ''Legge n. 125/91 e Programma Obiettivo 2005 modalita' per la richiesta dei finanziamenti''. Il convegno e' finalizzato - si apprende da una nota - ad illustrare le linee guida per la presentazione, il cui termine di scadenza e' previsto per il 30 novembre, dei progetti sulle azioni positive, relativamente al programma obiettivo 2005.

Programma di sostegno agli investimenti tra San Paolo e Confidi

28/09 Si chiama ''Eccellere per competere'' ed e' un programma di sostegno agli investimenti delle Piccole e medie imprese, elaborato da Sanpaolo Banco di Napoli in collaborazione con Confidi Calabria. ''L' iniziativa - e' detto in una nota - consiste in un finanziamento a medio termine destinato a soddisfare le esigenze finanziarie delle piccole imprese agro-alimentari, artigiane, manifatturiere, turistiche, commerciali, distributive e dei servizi che realizzano investimenti produttivi in immobili, impianti; immateriali (marchi, brevetti, pubblicita'), in progetti di ricerca e sviluppo; innovazione tecnologica, tutela ambientale, alla sicurezza alimentare e sugli ambienti, recupero, smaltimento e riutilizzo rifiuti; investimenti specifici nel settore dell'information e communication technology ICT (hardware informatico, reti locali, software gestionali, investimenti in e-business, creazione di portali aziendali); progetti di internazionalizzazione delle imprese (spese relative alla partecipazione a fiere, mostre e manifestazioni), altri investimenti connessi al miglioramento della competitivita' aziendale. ''Il venir meno delle possibilita' di competere operando sui cambi e sul costo del lavoro e l' emergere di una concorrenza globale sempre piu' aggressiva - e' detto nel comunicato - pongono le piccole imprese nella necessita' di elaborare nuove e piu' articolate strategie che superino i tradizionali modelli di business''. Il finanziamento puo' essere concesso fino al 100% degli investimenti documentati (Iva esclusa) per un importo minimo di 20.000 euro e massimo di 150.000 mila euro. La durata va da un minimo di tre anni ad un massimo di cinque.

Oltre 33 milioni di utile netto di Banca Carime per il primo semestre

27/09 Banca Carime chiude il primo semestre 2005 con un utile netto a 33,5 milioni di euro. Altri dati significativi approvati dal Cda sono un margine d'interesse a 128 milioni di euro, commissioni nette a 56,2 milioni di euro, un margine d'intermediazione a 188,4 milioni di euro, un risultato netto della gestione finanziaria a 183 milioni di euro. I 33,5 milioni di euro vanno raffrontati ai 44,1 milioni conseguiti nel primo semestre 2004 ma i dati del giugno 2004 non sono conformi agli IAS 32 e 39 e, conseguentemente, il confronto risulta non omogeneo. Al 30 giugno 2005, il conto economico evidenzia un risultato netto della gestione finanziaria che si attesta a 183 milioni (-38,3 milioni rispetto al giugno 2004) determinato, tra l' altro, dalla sostanziale stabilita' del margine d'interesse, attestatosi a 128 milioni di euro e delle commissioni nette, pari a 56,2 milioni. Il dato e' spiegato anche dalla contrazione del margine di intermediazione a 188,4 milioni (-36,9 milioni su giugno 2004, essenzialmente a motivo dell'assenza nel 2005 di una voce non ricorrente relativa allo smobilizzo di obbligazioni precedentemente classificate nel portafoglio ''immobilizzato'' presente nel giugno 2004). da maggiori rettifiche di valore nette per deterioramento crediti, passate da circa 4 a 5,4 milioni. I costi operativi registrano un decremento del 12% rispetto al giugno 2004, passando da 144,7 milioni a 127,3 milioni. In particolare, nell'aggregato: - le spese del personale, che ammontano a 95,7 milioni, evidenziano una contrazione di 10,4 milioni (-9,8% su giugno 2004); - le altre spese amministrative (59,5 milioni) registrano un incremento di 4,6 milioni (+8,3% su base annua) determinato soprattutto dall'incremento del costo dei servizi resi dalla Capogruppo a seguito dell'accentramento di ulteriori attivita' direzionali; - gli accantonamenti netti ai fondi rischi e oneri sono cresciuti a 8,5 milioni di euro; - le rettifiche di valore nette su attivita' materiali e immateriali (6,8 milioni) sono diminuite di 1,5 milioni per effetto dei minori ammortamenti di software e hardware; - gli altri oneri/proventi di gestione registrano un risultato positivo di 43,3 milioni (+18,6 milioni su giugno 2004) e comprendono proventi non ricorrenti per 21,9 milioni. Al lordo delle imposte del periodo, l'utile dell'operativita' corrente si e' attestato a circa 59 milioni contro 76,6 al giugno 2004. Dal punto di vista degli aggregati patrimoniali, la raccolta totale da clientela ha segnato complessivamente una crescita dell'1,9% rispetto al 1 gennaio 2005 totalizzando 13,6 miliardi di euro, sia grazie all'incremento della raccolta diretta, passata da 6,9 a 7 miliardi di euro, che alla positiva performance della raccolta indiretta attestatasi a 6,6 miliardi di euro rispetto ai 6,4 miliardi del 1 gennaio 2005, sostenuta dall'evoluzione del risparmio gestito (+258 milioni di euro) che ha piu' che compensato la riduzione del risparmio amministrato (-91 milioni di euro). I crediti alla clientela sono cresciuti da 2,9 miliardi al 1 gennaio 2005 a 3,2 miliardi al 30 giugno 2005 (+8,3%). L'attivita' creditizia del primo semestre 2005 e' stata caratterizzata dalla ripresa delle attivita' d'impiego prevalentemente a favore delle ''famiglie consumatrici'' ma anche nel comparto imprese, dove il trend positivo si e' manifestato soprattutto nelle operazioni a medio-lungo termine (+26%), con incremento dello share of wallet e ulteriore sviluppo nell'acquisizione di clientela ¿ il numero dei clienti affidati, nel periodo di riferimento, e' cresciuto di oltre il 6% con l'acquisizione di 109 nuove aziende.
IL PATRIMONIO NETTO : L'IMPATTO DELLA PRIMA APPLICAZIONE DEGLI IAS E LE CONSISTENZE AL 30 GIUGNO 2005
L'applicazione dei nuovi principi contabili internazionali alla situazione al 31 dicembre 2004 ha determinato un impatto positivo sul patrimonio netto di apertura di Banca Carime al 1 gennaio 2005, quantificabile in 52,5 milioni di euro. Banca Carime si e' avvalsa della facolta' di valutare le attivita' materiali al fair value in sostituzione del costo. A seguito della prima applicazione degli IAS/IFRS, il patrimonio netto di Banca Carime al 1 gennaio 2005 ammonta a 1.523,2 milioni di euro. Al 30 giugno 2005, il patrimonio netto risulta pari a 1.556,7 milioni di euro.
I COEFFICIENTI PATRIMONIALI (EX D.LGS 87/92)
Al 30 giugno 2005, il Tier 1 si attesta al 18,03% , il total capital ratio al 22,43%. Banca Carime conta, al 30 giugno 2005, 324 sportelli retail, 7 corporate banking office e 7 private banking office. L'organico risulta composto da 2.854 risorse, in contrazione di 332 unita' rispetto al 30 giugno 2004.Cosi' come previsto dagli Accordi con le Organizzazioni Sindacali del 12 agosto 2003 e del 3 marzo 2005, nel corso del primo semestre del corrente anno sono state effettuate 85 assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato.

ISTAT: Aumenta il lavoro nero negli ultimi dieci anni. Al sud il primato degli irregolari

22/09 L'economia 'in nero' e' aumentata in 10 anni, raggiungendo circa i 200 miliardi di euro, il 15% del prodotto interno lordo italiano. E' quanto emerge da un rapporto dell'Istat sull'economia sommersa, che attribuisce alle regioni del Sud, Calabria in testa, la maglia nera del lavoro irregolare, usato in particolare dalle imprese dell'agricoltura, edilizia, commercio e trasporti. Secondo i tecnici dell'Istat il sommerso, cioe' l'economia nascosta per frode fiscale o contributiva, fra il 1992 e il 2003 e' passato dal 12,9% del Pil (15,8% nello scenario piu' pessimistico) al 14,8% (16,7 nell'ipotesi peggiore). Stime piu' recenti non sono disponibili, ma due anni fa l'economia in nero era pari ad almeno 193 miliardi (217 nello scenario peggiore). Tuttavia - si legge nel documento - il trend crescente puo' essere spiegato, in parte, dai miglioramenti raggiunti attraverso nuove stime statistiche.
- Lavoro irregolare diffuso Stando ai dati del 2003, la maggior parte del nero viene dall'uso di lavoro irregolare (7,7%), seguito dalla ''sottodichiarazione del fatturato'' (7,2%). Tra gli oltre 24 milioni di occupati stimati nel 2003, secondo l'Istat erano 3.238.000 quelli non regolari. Un numero mitigato dall'ultima sanatoria di legge a favore dei lavoratori extracomunitari irregolari, fatta nel 2002. Il tasso di irregolarita', dopo i picchi del 15,1% nel 1998 e 2001, nel 2003 e' ridisceso al 13,4%, stesso livello del 1992.
- Maglia nera all'agricoltura - I settori che usano piu' irregolari, spesso stranieri per lavori stagionali, sono ''quelli dell'agricoltura e delle costruzioni'', spiegano i tecnici dell'Istat. Nell'agricoltura, il tasso di irregolarita' nel 2003 era pari al 32,9%. Fra i servizi (14,5%), hanno fatto un ricorso agli irregolari il ''commercio, alberghi, pubblici esercizi e trasporti, dove il 15,2% delle unita' di lavoro risultano non registrate''. Irregolarita' diffusa soprattutto nei trasporti su strada, dove ''il tasso di irregolarita' e' piuttosto elevato (33,9%)''. Seguono commercio e trasporti (15,2%), intermediazione monetaria e finanziaria, attivita' imprenditoriali e immobiliari (14,1%) e costruzioni (12,5%). Al contrario, ''l'industria in senso stretto non utilizza in modo consistente personale irregolare''.
- Piu' irregolari al sud - L'uso degli irregolari e' molto variabile da regione a regione. Il primato negativo spetta al Mezzogiorno (20,9%). Segue a distanza il centro (13,3%) mentre i valori piu' bassi si registrano al Nord-Ovest (10,9%) e al Nord-Est (11,6%). Fra le regioni dove l'economia in nero e' piu' forte, primeggiano la Calabria (31%) e la Sicilia (26%), seguite da Campania (23,2%) e Puglia (20,9%). L'utilizzo degli irregolari, invece, nel 2003 e' stato piu' basso in Lombardia (7,3%), Piemonte (9,2%) ed Emilia Romagna (8,6%).

Nuovi incentivi per le PMI da Sviluppo Italia

19/09 Nuovi incentivi per le piccole imprese presenti negli incubatori della rete di sviluppo Italia: il bando e' valido sull'intero territorio nazionale e si rivolge a tutte le piccole imprese insediate negli incubatori di Sviluppo Italia presenti sul territorio nazionale e in particolare nelle regioni Friuli Venezia Giulia, Veneto, Liguria, Toscana, Umbria, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia. Il Fondo Incentivi - spiega una nota - "eroga contributi in conto capitale a favore di progetti di investimento da realizzare nella fase di avvio dell'impresa, per l'ampliamento della stessa o per il suo insediamento sul territorio al di fuori degli incubatori stessi". Il Fondo intende essere anche un fattore di attrazione verso ricercatori piu' o meno giovani, intenzionati a trasformare il loro specifico know-how in un'applicazione industriale all'interno dell'incubatore. L'impegno di Sviluppo Italia tende a favorire le piccole imprese innovative che "siano agenti del cambiamento tecnologico e possano funzionare da strutture ponte tra i luoghi della conoscenza e le imprese. Per l'individuazione dei settori di attivita' e delle spese ammissibili sono comunque valide le disposizioni attuative della Legge 488/92 e successive modificazioni e integrazioni". Ad ogni modo sono escluse le imprese operanti nei settori dei trasporti e della trasformazione dei prodotti agricoli e da allevamento, nonche' le attivita' direttamente connesse all'esportazione. Il contributo massimo previsto dal Fondo, entro il limite dei 100.000 euro (de minimis), e' pari al 65%dell'investimento complessivo. Le domande con i progetti di investimento, si potranno reperire collegandosi al sito internet www.sviluppoitalia.it dove e' possibile scaricare il regolamento e consultare l'elenco delle societa' regionali e degli incubatori.

In aumento le esportazioni. Nel sud le migliori performance

16/09 Nel periodo gennaio-giugno 2005 il valore complessivo delle esportazioni italiane è aumentato del 6,3 per cento rispetto allo stesso periodo del 2004. Con riferimento alle principali aree di sbocco, gli incrementi sono stati pari al 5,6 per cento verso i paesi europei ed al 7,4 per cento verso l’area extra-Ue. La crescita delle esportazioni ha interessato tutte le ripartizioni territoriali salvo quella dell’Italia centrale, che ha segnato una sostanziale stazionarietà; incrementi superiori alla media si rilevano per l’Italia insulare (più 28,7 per cento), per la ripartizione nord-orientale (più 7,1 per cento) e per la ripartizione nord-occidentale (più 7 per cento); un incremento inferiore a quello medio nazionale si registra invece per l’Italia meridionale (più 5,7 per cento).
La dinamica congiunturale delle vendite all’estero delle diverse aree territoriali, valutata sulla base dei dati trimestrali depurati della componente stagionale, ha evidenziato nel secondo trimestre 2005 variazioni, rispetto al trimestre precedente, pari a più 7,1 per cento per la ripartizione nord-occidentale, più 3,9 per cento per quella centrale, più 3,7 per cento per le regioni meridionali e insulari e meno 0,8 per cento per l’Italia nord-orientale
L’analisi per regione mostra che la crescita delle esportazioni manifestatasi nel primo semestre 2005 ha interessato con intensità diverse le varie regioni italiane. Tra quelle che hanno fatto registrare i maggiori aumenti percentuali delle esportazioni tra i primi sei mesi del 2004 e del 2005 vi sono da citare, la Sardegna (più 45,1 per cento), la Sicilia (più 21,7 per cento), il Molise (più 14,7 per cento), l’Umbria (più 13,6 per cento), l’Emilia Romagna (più 10,7 per cento) e la Puglia (più 10,3 per cento). Flessioni si sono registrate per la Basilicata (meno 24,1 per cento), per il Lazio (meno 9 per cento) e per il Friuli Venezia Giulia (meno 3,3 per cento).
L‘analisi delle aree di sbocco delle esportazioni mette in evidenza come la crescita delle esportazioni dell’area nord-occidentale, pari al 7 per cento, abbia interessato più i flussi verso i paesi extra-Ue. Le più elevate variazioni positive si sono avute per la Russia, gli Altri paesi, i paesi EFTA e i paesi del Mercosur; flessioni si sono registrate per la Turchia e per i paesi OPEC. Alla crescita delle esportazioni verso l’area Ue hanno maggiormente contribuito quelle verso la Francia e la Germania. Queste dinamiche hanno determinato un lieve aumento della quota di esportazioni italiane realizzata dalla ripartizione tra i primi sei mesi del 2004 e lo stesso periodo del 2005 (tabella 4). In particolare si rileva un incremento della quota di esportazioni della ripartizione sul totale nazionale per i flussi diretti verso i paesi extra-Ue; la quota passa dal 38,8 per cento al 39,5 per cento, mentre quella relativa all’area Ue risulta invariata. Considerando il flusso della ripartizione per area geoeconomica di destinazione, nello stesso periodo si osserva una crescita dell’incidenza dell’area extra-Ue (dal 37,9 per cento al 38,7 per cento).
L’aumento delle esportazioni dell’Italia nord-orientale (più 7,1 per cento) è stato sostenuto dalla crescita dei flussi diretti verso i paesi extra-Ue (più 9 per cento), ed in particolare verso la Russia, i paesi OPEC e i paesi EFTA. Verso la Ue le esportazioni sono cresciute maggiormente nei riguardi della Spagna e della Francia. La quota delle vendite della ripartizione sul totale nazionale è aumentata più verso l’area extra-Ue che verso l’area Ue (tabella 4). La struttura geografica delle esportazioni della ripartizione si è modificata a favore dell’area extra-Ue che, nel periodo considerato, ha assorbito il 41,5 per cento delle esportazioni, rispetto al 40,8 per cento dello stesso periodo del 2004
La sostanziale stazionarietà delle esportazioni dell’Italia centrale scaturisce da un incremento verso i paesi Ue (più 1,6 per cento), sostenuto in particolare da Francia e Regno unito, e da una flessione verso i paesi extra-Ue, influenzata soprattutto dai flussi negativi verso i paesi OPEC, i paesi EDA e gli USA. Va segnalata, tuttavia, la forte crescita delle esportazioni verso la Cina e la Russia (tabella 3). La diminuzione della quota di esportazioni realizzata dall’Italia centrale sul totale nazionale, che passa dal 15,8 per cento al 14,9 per cento (tabella 4), è quindi sostanzialmente dovuta alla flessione della quota relativa ai flussi verso i paesi extra-Ue (dal 18,6 per cento al 17 per cento).
L’Italia meridionale ed insulare ha fatto registrare il più alto incremento delle esportazioni (più 11,9 per cento). L’intensità dell’aumento si ritrova sia nei flussi intracomunitari (più 12,1 per cento) sia in quelli extracomunitari (più 11,7 per cento). Verso i paesi europei le vendite sono aumentate soprattutto verso la Spagna e la Francia; nell’area extra-europea si registrano incrementi significativi soprattutto verso la Russia, i paesi OPEC e i paesi del Mercosur, mentre si rilevano maggiori diminuzioni verso la Cina e in percentuale minore verso gli USA. Tra il 2004 e il 2005 aumenta lievemente l’incidenza delle esportazioni della ripartizione sul totale nazionale (dal 10,4 per cento al 10,9 per cento) , sulla base dell’aumento della quota relativa alle vendite dirette verso i paesi Ue (dal 10,6 per cento all’11,3 per cento) (tabella 4). La composizione delle esportazioni tra i paesi Ue ed extra-Ue delle regioni meridionali e insulari è rimasta pressoché invariata nei primi sei mesi del 2005 rispetto allo stesso periodo del 2004

Migliora la situazione degli assegni cabrio protestati. Roma rimane la capitale. A Cosenza calo del 35%

09/09 Migliora l'affidabilita' degli italiani, con il calo delle contestazioni per assegni scoperti e mancati pagamenti di cambiali e tratte. I protesti, nei primi 6 mesi del 2005, sono infatti diminuiti del 7,7% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Lo sostiene Unioncamere, che ha realizzato un'elaborazione sui dati dell'anagrafe informatica dei protesti gestita da Infocamere. La ''capitale delle bufale'' risulta essere Roma, prima in classifica con un deciso vantaggio sulla seconda in graduatoria. Milano, che conquista la medaglia d' argento, corre pero' velocemente e registra nel primo semestre un incremento di ''contestazioni'' dell' 8,2% (+14,7% se si guarda ai soli assegni scoperti). Napoli, mantiene un buon terzo posto, ma al contrario delle altre due classificate, mostra una riduzione del 2% delle contestazioni e del 7,1% degli assegni scoperti. La 'foto' scattata da Unioncamere indica che, in totale da gennaio a giugno, le contestazioni sono state 727.452, in sensibile diminuzione rispetto alle 787.903 registrate nell'analogo periodo del 2004. Diverso l'andamento nei due comparti. Se infatti gli assegni scoperti hanno fatto segnare solo una lieve flessione, 264.000 contro 266.000, piu' sensibile e' stato il calo delle cambiali protestate, 455 mila nel primo semestre del 2005, a fronte delle 512.000 dello stesso periodo dell'anno scorso. I dati disaggregati su base provinciale indicano che i piu' virtuosi si sono rivelati i veneziani, i cui protesti si sono quasi dimezzati, 2.375 nei primi 6 mesi del 2005, mentre erano stati oltre 4.500 nel primo semestre 2004. Subito dopo vengono le province di Nuoro, La Spezia, Reggio Calabria, Cosenza e Oristano, tutte con decrementi dei protesti superiori al 35%. All'altro capo della graduatoria, la provincia di Ferrara ha visto i suoi protesti schizzare in alto con un +27,1%, passando da 2.118 contestazioni nei primi 6 mesi 2004 a quota 2.692 nello stesso periodo dell'anno in corso. Dopo Ferrara, vengono Belluno, Reggio Emilia, Frosinone, Parma e Caltanissetta. Al settimo posto Milano, con un aumento dell'8,2%. Quindicesima Roma, a +2,8%, ventiduesima Napoli, con i protesti in calo del 2%. Un insieme di dati che sembra smentire, almeno in parte, i luoghi comuni che vorrebbero i meridionali - e i napoletani in particolare - ''signori della truffa''. Lasciando da parte le variazioni percentuali, e andando a guardare i valori assoluti, Roma si conferma la citta' piu' ''protestata'' d'Italia, con un totale di contestazioni che supera nel primo semestre 2005 quota 100.000. Opposto l'andamento dei due comparti, con la citta' che vede un calo delle cambiali non onorate, 37.804 contro le 40.237 di gennaio-giugno 2004, ma si conferma capitale d'Italia anche negli assegni ''cabriolet'', aumentati del 9%, a quota 63 mila. Un record sempre piu' insidiato da Milano, dove gli assegni scoperti sono cresciuti di quasi il 15%, raggiungendo il numero totale di 57.713.

Galati “Stanziati 638 milioni di euro per il settore Hi-Tech e ICT”

09/09 Nei prossimi giorni saranno pubblicati sulla Gazzetta Ufficiali due bandi del Ministero delle Attivita' Produttive per complessivi 630 milioni di euro di stanziamento: uno per il settore hi-tech, del valore di 360 milioni, e uno per lo sviluppo dei distretti Ict, da 270 milioni di euro. Lo ha annunciato Giuseppe Galati, Sottosegretario alle Attivita' Produttive, ospite della trasmissione di Rai Uno "Cinematografo", in onda stasera. "Pertanto - ha concluso il Sottosegretario Galati - invito quei pezzi di industria cinematografica che si occupano di innovazione digitale dell'immagine, di distribuzione e di produzione di contenuti, affinche' partecipano a questi bandi, magari in cordata con laboratori universitari o con imprese del mondo Ict. Il nostro cinema deve abbandonare quell'odore di 'artigianalita'' che lo ha sempre accompagnato e puntare su una nuova mentalita' industriale senza minare la qualita' del prodotto".

Convenzione tra Confidi Magna Grecia e BCC Sibaritide Spezzano per l’erogazione finanziamenti PMI

07/09 Il Confidi Magna Grecia e la Banca di Credito Cooperativo della Sibaritide Spezzano Albanese hanno sottoscritto, nei giorni scorsi, una convenzione finalizzata alla concessione di finanziamenti alle imprese. L’accordo rientra nel piano di sviluppo delle reciproche attività portato avanti sia dall’Istituto di Credito che dal Consorzio di Garanzia e rappresenta, per le imprese del territorio, un importante opportunità di crescita. Infatti, grazie alla garanzia rilasciata dal Confidi Magna Grecia che può arrivare sino all’ottanta per cento delle linee di credito erogate, la BCC della Sibaritide Spezzano Albanese, concederà finanziamenti a condizioni estremamente vantaggiose assicurando, inoltre, tempi di risposta brevi alle domande inoltrate dal Confidi Magna Grecia.
Sia il Presidente della BCC Sibaritide Spezzano Albanese, Nicola Lucchetti che quello del Confidi Magna Grecia, Francesco Coscarella, hanno sottolineato l’importanza della convenzione sottoscritta sottolineando come, essa:”rappresenti una risposta concreta alle giuste istanze degli imprenditori locali i quali, oggi più che mai, hanno bisogno di essere supportati in maniera intelligente e professionale nelle loro scelte di natura finanziaria. In vista dell’oramai imminente entrata in vigore degli Accordi di Basilea, una forte sinergia tra Banche e Confidi rappresenta una presupposto indispensabile per un corretto e giusto accesso al credito da parte delle PMI. Le condizioni previste, tra l’altro, sono davvero molto convenienti a dimostrazione di come, anche nel Sud, si possano attuare politiche finanziarie adeguate ed in linea con i migliori standard nazionali”.

Il Vicepresidente Adamo ha illustrato la legge regionale sul sistema moda

06/09 Riparte da Castrovillari la speranza del tessile calabrese. In un aula consiliare gremita il vice presidente della Giunta regionale e assessore all' Economia, Nicola Adamo, alla presenza di sindaci, sindacalisti e lavoratori, ha presentato la legge regionale sul Sistema Moda in Calabria. Uno strumento che utilizzera', nel giro di tre anni, circa 150 milioni di euro della Regione per ridare vita ad un settore in crisi, che puo' e deve diventare una risorsa per l' intera regione. Un progetto ambizioso che ha gia' trovato i favori di imprenditori nazionali e punta a coinvolgere anche l' imprenditoria regionale, per puntare ad una produzione di alta qualita' da collocare sul mercato nazionale ed internazionale. Un sistema pensato come distretto nel senso ampio del termine, dove in diversi punti del territorio regionale ci possano essere poli industriali capaci di pensare in grande e inserirsi sul mercato in maniera competitiva. Il tutto verra' attuato attraverso un bando per gli imprenditori che concludera' la sua prima fase di presentazione delle domande ed avvio dei progetti da qui al 31 dicembre prossimo. Si tratta di un progetto sul quale Adamo crede molto. ''Crescita ed economia - ha sostenuto il vice presidente della Regione - significa promozione di una nuova immagine della Calabria. Significa far vedere, con i fatti, che siamo una regione che sa fare con le proprie risorse e che cresce produttivamente''. Una immagine nuova della regione che parte dal settore tessile e che verra' presentata a livello nazionale alla mostra del cinema di Venezia giovedi' prossimo. All' incontro era presente anche Paolo Mazzocchelli, in rappresentanza della societa' veneta Gentex, da tempo interessata al polo tessile di Castrovillari. Si tratta di uno dei primi risultati della nuova legge sulla moda in Calabria. L' imprenditore ha illustrato cio' che sara' il futuro del tessile castrovillarese. L' idea e' quella di creare una struttura capace di produrre capi di media-alta qualita' del made in Italy da collocare sui mercati internazionali, dove il prodotto italiano e' molto richiesto, servendosi di 120 unita' lavorative, per arrivare, in una prima fase, ad una produzione settimanale di 5.000 capi.

Istat: Frenano i consumi, tiene la grande distribuzione. Crollo degli acquisti al sud

31/08 E' ancora gelo sui consumi degli italiani. Secondo i dati resi noti oggi dall'Istat, gli italiani non ne vogliono proprio sapere di riprendere a spendere. Le vendite al dettaglio nel mese di giugno sono infatti diminuite dello 0,2% rispetto a maggio, e dello 0,7% rispetto allo scorso anno. La diminuzione annuale dello 0,7% - spiegano i tecnici dell' Istat - deriva da una flessione dell'1,4% nelle vendite delle piccole imprese e di un incremento dello 0,4% della grande distribuzione, che sembra essere l'unico settore con il vento in poppa. Nel mese di giugno si sono registrate variazioni annuali positive per tutte le tipologie, tranne che per gli ipermercati, che hanno segnato una flessione dell'1%. Gli aumenti piu' consistenti hanno riguardato soprattutto i negozi specializzati (+3,3%, gli hard discount +2,3%) e i grandi magazzini (+1,6%). Per quanto riguarda le vendite di prodotti non alimentari, a giugno il segno meno su base tendenziale ha riguardato tutti i gruppi, ad eccezione di mobili, articoli tessili, arredamento (+0,2%). Le flessioni piu' significative hanno invece riguardato i settori dei giochi, giocattoli, sport e campeggio (-2,2%), abbigliamento e calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-1,6% per entrambi). A tirare la cinghia sono stati soprattutto i consumatori del sud e isole e Nord est (-1,1% per entrambi) mentre il nord-ovest, sempre nel mese di giugno, ha speso di piu', registrando un aumento delle vendite dello 0,4%. Per la Confesercenti, a risentire del calo delle vendite sono ''le piccole imprese, che scendono del 3,2% su base annua, nonostante il calo dei prezzi'', mentre per la Confcommercio ''il sistema e' ormai in bolletta ed il calo dei consumi e' un problema strutturale che compromette ogni possibilita' di ripresa''. A preoccupare la confederazione sono ''le vendite di prodotti non alimentari, che diminuiscono in termini quantitativi ormai da 30 mesi, e quelle di alimentari da 18'', in barba agli sforzi di ''offerte speciali e politiche di contenimento dei prezzi''. Il bilancio negativo sui consumi non coglie di sorpresa neanche l'Adiconsum, che motiva cosi' le proprie critiche: ''e' difficile prevedere un aumento quando i prezzi corrono a velocita' almeno doppia rispetto alle retribuzioni e alle pensioni, e quando anche il carico fiscale sulle famiglie aumenta allo stesso ritmo dei prezzi''. A 'rifare i conti' dell'Istat ci pensa invece Intesaconsumatori, che parla di ''una riduzione vera dei consumi di quasi il 5% e non come scrive l' istituto di statistica di una flessione dello 0,7%. L'inflazione che noi abbiamo piu' volte documentato, sulla base dei consumi reali delle famiglie, e' cosi' di almeno 4 punti maggiore. Appuntamento al 14 settembre per lo sciopero dei consumatori''.

Oltre settecentomila cooperative attive in Italia. La metà sono nel mezzogiorno

31/08 Sono 70.212 le imprese cooperative attive nel nostro Paese al 30 giugno. Sono radicate in tutte le province italiane e impegnate in tutti i settori dell'economia, come emerge da un'elaborazione di Unioncamere sui dati Movimprese, l'indagine statistica trimestrale sul registro delle imprese realizzata da InfoCamere, la societa' consortile di informatica del sistema camerale italiano. Circa un quinto delle cooperative italiane (13.625 imprese, il 19,4% del totale) risulta operante nel macro-settore che raggruppa le attivita' immobiliari, il noleggio, l'informatica e la ricerca. Quasi altrettanto numeroso (13.050 imprese) il comparto delle costruzioni, che precede, a distanza, l'agricoltura (8.719 cooperative, pari al 12,4% del totale). Sommati insieme, i primi tre settori rappresentano poco piu' della meta' (il 50,4%) del fenomeno cooperativo. In particolare, prevale l'attivita' nell'edilizia (9.270 cooperative si occupano di lavori generali di costruzione di edifici e di ingegneria civile). Seguono l'agricoltura e servizi connessi (ad esclusione della silvicoltura), con 8.324 cooperative, e i servizi professionali e imprenditoriali (7.765 imprese, tra cui spiccano 2.912 cooperative impegnate in pulizia, disinfezione e disinfestazione e 1.100 che operano nei servizi di consulenza amministrativa e gestionale). Quasi la meta' delle cooperative italiane (47,4%, 33.286 imprese) e' concentrato nel Mezzogiorno, dove rappresentano nel complesso il 2% del totale delle imprese attive esistenti. Altre 15.675 si trovano al Nordovest (1,2% delle aziende totali), 10.417 al Nordest (1%) e 10.835 al Centro (1,1%). Tra le regioni, la piu' 'popolata' e' la Lombardia (10.766 le cooperative attive), seguita dalla Sicilia (9.527) e dalla Campania (9.507). Ma, in termini relativi, e' la Sicilia la regione in cui le cooperative rappresentano la quota maggiore sul totale delle imprese attive (il 2,4%), mentre all'opposto e' in Veneto che si registra il rapporto piu' basso tra imprese cooperative e totale imprese (solo lo 0,7%). Le cooperative sono numerose anche in Puglia (6.261), Lazio (4.781), Emilia Romagna (4.756), Toscana (3.719), Veneto (3.352), Piemonte (3.261), Sardegna (2.568) e Calabria (2.336). Seguono Marche (1.465), Abruzzo e Liguria (entrambe 1.448), Trentino Alto Adige (1.258), Basilicata (1.163), Friuli Venezia Giulia (1.051). Ultime in classifica sono Umbria (870), Molise (476) e Valle d'Aosta (199). Se si considera la distribuzione provinciale, in termini assoluti, il territorio di Milano e' quello che conta piu' cooperative (6.273). Seconda provincia per numerosita' e' Napoli (4.716) e terza Catania (2.413). Complessivamente, nelle prime dieci posizioni sono ben sette le province del Mezzogiorno (alle due sul podio si aggiungono, infatti, quelle di Salerno, Bari, Palermo, Caserta e Foggia). Ultime, per presenza di cooperative, risultano le province di Gorizia (soltanto 119 imprese), di Isernia (129) e del Verbano Cusio-Ossola (142). Incrociando l'analisi settoriale con quella provinciale, la geografia delle 'capitali' della cooperazione per i principali settori economici vede alternarsi grandi metropoli come Milano (tra le prime tre posizioni in 8 settori su 13), a citta' di dimensioni medie come Venezia (prima nella pesca), Catania (capitale dell'agricoltura) e Bari, ma anche a piccole realta' come Caserta (terza nelle costruzioni, dopo Napoli e Milano) e Varese (seconda nel settore degli alberghi e ristoranti dopo Milano). Alla realta' della cooperazione da' vita un piccolo esercito di amministratori costituito da oltre 364 mila persone. Di queste, 76 mila circa (pari al 20,8% del totale) sono donne. In termini assoluti, il drappello piu' nutrito di amministratrici (16.153) si registra nelle cooperative che operano nelle attivita' immobiliari, noleggio, informatica e ricerca (14.053). Subito a ridosso viene il settore della sanita' (14.053 le donne con cariche amministrative), in cui si registra la piu' alta percentuale di amministratori donne sul totale (il 49,8% di tutte le cariche). Molto elevata la presenza di donne anche nel settore dell'istruzione (40%). Inoltre, dei 364 mila amministratori di cooperative che lavoranoin Italia, piu' di 8 mila (il 2,2%) e' di nazionalita' extracomunitaria. Le cooperative con la maggiore presenza di amministratori nati al di fuori dell'Unione europea sono quelle dei trasporti, con 2.364 persone che rappresentano il 7,7% di tutte le cariche amministrative nelle imprese cooperative e il 28,8% di tutte quelle detenute da extracomunitari.

Istat: Inflazione al 2% nonostante il rincaro del petrolio, Prezzi al consumo cresciuti del 2% in un anno

30/08 L'inflazione rallenta ad agosto nonostante la crescita continua dei prezzi dei prodotti petroliferi e dell'energia. Nel mese - secondo i dati diffusi oggi dall'Istat sulla base delle stime preliminari - i prezzi al consumo sono cresciuti dello 0,2% rispetto a luglio e del 2% rispetto ad agosto 2004 (l'inflazione era salita al 2,1% a luglio 2005 rispetto all'1,8% di giugno). Il dato, come hanno sottolineato commercianti e sindacati, ha risentito della corsa dei prezzi petroliferi, mentre sono diminuiti quelli di beni e servizi di prima necessita' come alimentari e sanitari, anche a causa di una domanda interna stagnante. La tensione sui prezzi dei prodotti energetici ha contribuito al tasso di inflazione di agosto, secondo l'Istat, per sei decimi di punto. In particolare il settore energia ha registrato un aumento dello 0,7% dei prezzi rispetto a luglio, e del 9,8% su agosto 2004, ma se si considerano i prezzi dei prodotti energetici non regolamentati (tra i quali benzina e gasolio) l'aumento e' stato dell'1,1% rispetto a luglio e dell'11,5% rispetto ad agosto 2004. Hanno segnato invece un andamento in controtendenza i prezzi dei prodotti alimentari, con un calo dello 0,2% sia su base mensile che annuale. La diminuzione ha riguardato soprattutto i prezzi della frutta (-1,5% sul mese e -6,8% sull' anno) e degli ortaggi (-1,8% sul mese -1,3% sull' anno). Prezzi in frenata inoltre anche per i servizi sanitari e le spese per la salute (-0,2% sul mese, -1,6% sull'anno) e per l'abbigliamento (invariati sul mese, +1,7% sull'anno). Intanto a luglio sono cresciuti anche i prezzi alla produzione (+0,3% sul mese, +3,6% sull'anno), trainati anche in questo caso dall' aumento dei prezzi energetici (+1,7% sul mese, +16,1% sull'anno, la variazione piu' alta dal gennaio 2001). L'andamento dell'inflazione preoccupa consumatori e sindacati ma anche i commercianti, che rilevano la corsa dei prezzi del petrolio e chiedono al Governo di intervenire dal lato fiscale. I consumatori considerano i dati sull'inflazione di agosto ''sottostimati''. ''Il paniere - sottolineano le principali associazioni - registra pesi e voci non realistici. Siamo stretti in una tenaglia: da un lato non crollano i prezzi come dovrebbero, anzi per molti beni siamo in ascesa a causa dei costi energetici, dall'altro i consumi continuano la loro contrazione''. La Confcommercio parla di un mercato in ''preoccupante anoressia'', con i prezzi di molti prodotti fermi nonostante la forte impennata del costo del petrolio. ''E' estremamente urgente - affermano i commercianti - che il governo affronti, con ottica congiunturale per quanto riguarda il carico fiscale sui carburanti, ma poi anche sotto il profilo strutturale e strategico, il problema dell'approvvigionamento energetico riducendo la nostra ormai soffocante dipendenza dall' importazione di petrolio''. Chiedono un intervento sul carico fiscale dei prodotti energetici anche i sindacati, che sottolineano i danni provocati dalla crescita inarrestabile dei prodotti petroliferi e la sostanziale stagnazione dei consumi confermata dal passo indietro dei prezzi di beni primari come quelli alimentari.

Nel sud 108 milioni di euro di fondi in meno per le politiche sociali

26/08 ''Oltre 108 milioni di euro in meno destinati dalle Amministrazioni comunali alle politiche nel settore sociale. Un andamento negativo per i comuni del Mezzogiorno in controtendenza rispetto alle altre aree del Paese''. E' quanto emerge da uno studio condotto dal centro demoscopico Cierre Ricerche. Per gli analisti del Centro demoscopico e' necessario ''adottare un efficace modello perequativo che riequilibri le differenze e tenda a una maggiore equita'''. ''Nel 2003 - prosegue la nota del Cierre - la spesa delle Amministrazione comunali del Mezzogiorno destinata al settore sociale e' stata di 1.823 milioni di euro rispetto ai 1.931 milioni di euro dell' anno precedente, con una significativa riduzione di 5,6 punti percentuali. Un trend negativo per la spesa sociale che pone i comuni del Mezzogiorno in assoluta controtendenza rispetto alle altre aree del Paese: Nord-Ovest (+4,1%), Nord-Est (+1,0%) e Centro (+5,8%). L'analisi delle risorse finanziarie messe in campo dai comuni per i servizi di assistenza agli anziani, per gli asili nido, per i servizi legati all' infanzia e ai minori, per la beneficenza pubblica e, infine, per i servizi diversi alla persona conferma il divario esistente tra il Mezzogiorno e le restanti aree dell' Italia. Se, infatti, complessivamente, il dato nazionale segna un incremento poco significativo dell' 1,2%, pari a circa 92 milioni di euro cio' lo si deve esclusivamente alla performance negativa registrata dal Mezzogiorno: ad una crescita complessiva della spesa nel settore sociale delle Amministrazioni comunali del Centro-Nord, quantificabile in circa 200 milioni di euro si contrappone una flessione della spesa nelle realta' comunali del Mezzogiorno pari a 108 milioni di euro''. ''Disaggregando ulteriormente i dati di bilancio - prosegue la nota - analizzando cioe' le voci di spesa per funzioni, si nota, inoltre, come nel Mezzogiorno le risorse finanziarie destinate al settore sociale, rispetto alle altre funzioni, incidono sul totale complessivo soltanto per l' 8,6% (nell' anno 2002 l' incidenza era superiore, pari al 9,1%), un valore, inferiore a molte aree del paese. Si consideri, ad esempio, che nelle Amministrazioni comunali del Nord-Est la quota di spesa destinata al settore sociale e' pari al 12,9%''. Gli analisti del centro richerche Cierre evidenziano inoltre che ''le amministrazioni comunali del Nord-Est disponendo di un maggiore livello di entrate tributarie hanno la capacita' di destinare maggiori risorse verso la spesa sociale a differenza delle realta' comunali del Mezzogiorno che, al contrario, risultano fortemente penalizzate da una piu' limitata autonomia finanziaria che si ripercuote inevitabilmente su una riduzione complessiva della programmazione finanziaria finalizzata al benessere sociale. La lettura dei dati aiuta a cogliere i profili critici dell' evoluzione delle politiche locali di welfare e, principalmente, fa emergere come la disponibilita' finanziaria dei comuni sia direttamente correlata all' universo dei soggetti passivi di imposta, alla loro capacita' contributiva. A tal proposito occorre considerare che i recenti provvedimenti in materia di federalismo fiscale, puntando a sostituire e ridurre i trasferimenti derivati con il meccanismo di compartecipazione ai tributi (compartecipazione IRPEF), potrebbero determinare un circuito virtuoso solo a meta' dove a trarre benefici sarebbero principalmente le realta' territoriali del Centro-Nord a maggiore reddito''. ''Sara' opportuno adottare - concludono i ricercatori - un efficace modello perequativo che imporra' parametri diversi, come il fabbisogno finanziario e la capacita' fiscale dei vari enti locali, aggiuntivi o alternativi a quello della spesa corrente. Di conseguenza, i nuovi meccanismi di perequazione dovra' tener conto anche di altri fattori strutturali, ambientali e gestionali di ogni ente. Particolarmente sentita e' l' esigenza di un sistema di trasferimenti che riequilibri le differenze e tenda a una maggiore equita'''.

Crescono le imprese femminili. In testa quelle calabresi con un + 5%

25/08 Crescono del 2% a livello nazionale le imprese a conduzione femminile. E, con una media stimata di due addetti ciascuna, creano 1.300.000 posti di lavoro. Il fatturato totale tocca, al secondo semestre del 2004, una cifra di 110 miliardi e 190 milioni di euro. Una cifra considerevole, anche se rappresenta soltanto l'8,3% del totale nazionale (1.325 miliardi di euro). E' quanto emerge da un'elaborazione della Camera di Commercio di Milano sui dati del registro delle imprese femminili al secondo semestre del 2004, confrontati con lo stesso periodo del 2003. Le imprenditrici titolari di ditte individuali in Italia sono piu' di 700.000. La Lombardia si conferma la regione piu' produttiva, con il 18,7% del fatturato complessivo femminile (20 miliardi e 240 milioni di euro). Lombardia al primo posto anche per concentrazione di imprese a conduzione femminile: oltre 158.000, il 13,2% sul totale nazionale. Medaglia d'argento per la Campania, che, con 125.000 imprese, copre il 10,5% delle imprese italiane e terzo posto per la Sicilia con oltre 98.000 imprese (8,2%). Per quanto riguarda i ritmi di crescita, spicca il dato della Calabria, prima in Italia con un aumento, fra il 2003 e il 2004, del 5,5%. Distanti la seconda e la terza regione, rispettivamente Lombardia e Sicilia, che si attestano al + 2,9% e + 2,8%, percentuali comunque superiori alla media nazionale. "Vittoria" del sud Italia anche per quanto riguarda la classifica provinciale per livelli di crescita: al primo posto Enna (+ 8,2%), e poi Cosenza, Crotone, Reggio Calabria, Ragusa, Catanzaro e Vibo Valentia. Per quanto riguarda il nord del Paese, rientrano nelle dieci province che hanno registrato ritmi di crescita piu' dinamici solo Milano , all'ottavo posto con + 3,8% e Lecco, +3,7%. Decima e' Napoli. I settori in cui si concentrano le attivita' delle imprenditrici italiane sono il commercio (all'ingrosso e al dettaglio) con 382.443 ditte che rappresentano il 31,8% del totale, e il settore primario (agricoltura, caccia e sivicoltura), con 278.253 attivita', pari al 23,2% del totale. La maggior parte delle imprenditrici, il 34% del totale, e' titolare dell'impresa. Le amministratrici raggiungono il 26%, le socie il 20% e le socie in capitale il 14%.

Aumentate del 35% le tasse locali che superano i tagli ai trasferimenti fermi al 15%

24/08 Tra il 2000 e il 2003 le entrate tributarie (come l'Ici, l'addizionale Irpef ecc.) dei Comuni italiani sono aumentate mediamente del 35,2%, mentre i contributi e i trasferimenti dallo Stato si sono ridotti di quasi il 15%. Stabili le entrate extratributarie (derivanti dalle tariffe e dai servizi ceduti alla cittadinanza) che sono cresciute ''solo'' del 5,7%. E' questa la fotografia scattata dall'Ufficio Studi degli artigiani della Cgia di Mestre, che ha misurato l'andamento complessivo delle entrate correnti dei Comuni italiani suddivisi per Regione. Le entrate tributarie, in sostanza, sono cresciute piu' del taglio dei trasferimenti, portando la somma totale delle entrate correnti a 49.200 milioni di euro. Su questo importo le imposte e tributi locali incidono per oltre il 50%. Le Regioni dove i Comuni hanno inasprito maggiormente il carico fiscale? In primo luogo in Valle d'Aosta. Nel 2003 si e' toccata la soglia dei 49 milioni di euro con una variazione rispetto al 2000 del + 66,5%. Seguono le amministrazioni comunali delle Marche (+ 50,5%) che registrano un gettito complessivo di 650 milioni di euro. Al terzo posto (2.176 milioni di euro) gli enti locali piemontesi che hanno aumentato le tasse di loro competenza del + 48,4% rispetto al 2000. L'unica Regione dove i Comuni hanno ridotto le entrate tributarie e' stata il Friuli Venezia Giulia (- 14,5%). Molto differenziata invece la riduzione dei contributi e dei trasferimenti dallo Stato centrale ai comuni, raggruppati per regione. Se a livello nazionale la contrazione e' stata del 14,9%, in Emilia Romagna la riduzione, tra il 2000 e il 2003, e' stata del 47,8%, in Lombardia del 44, 8%, mentre nel Veneto del 31,9%. Le uniche Regioni che, invece, hanno ricevuto piu' soldi sono state tutte le regioni a statuto speciale. La piu' fortunata ? La Valle d'Aosta con un aumento tra il 2000 e il 2003 pari al 43,2%. '' Sia chiaro - commenta Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia - oltre all'effettivo aumento delle tasse locali i Comuni sono riusciti a 'rimpinguare' le casse grazie ad una decisa lotta all'evasione, soprattutto riferita all'Ici e alla Tarsu. Bisogna tener presente inoltre che, parte di questo squilibrio tra aumento dell'entrate tributarie e diminuzione dei trasferimenti erariali, e' dovuto all'istituzione a partire dal 2002 della 'compartecipazione all'Irpef' per cui una quota dei trasferimenti (dallo stato centrale) ha assunto contabilmente 'la veste' di entrate tributarie. Ovviamente, di fronte ad un progressivo taglio dei trasferimenti i Comuni hanno mantenuto in equilibrio i loro conti agendo sulla leva fiscale. Processo che potra' trovare un'inversione di tendenza nel momento in cui partira' il tanto agognato federalismo fiscale''.

Accertamenti anno 2003 dati in milioni di euro

 

Entrate

tributarie (a)

Contributi e

trasferimenti (b)

Entrare

extratrib. (c)

Totale entrate

(d=a+b+c)

Piemonte

2.176

874

982

4.032

Valle d'A.

49

125

36

210

Lombardia

4.682

1.002

2.212

7.896

Liguria

1.142

359

329

1.829

Trentino A.A.

260

667

380

1.307

Veneto

2.092

620

814

3.526

Friuli V.G.

361

491

277

1.129

Emilia R.

2.285

409

870

3.565

Toscana

1.908

585

863

3.355

Umbria

361

242

142

744

Marche

650

298

308

1.256

Lazio

2.810

1.455

1.087

5.352

Abruzzo

458

211

188

856

Molise

89

107

48

243

Campania

1.760

1.761

626

4.147

Puglia

1.357

918

226

2.501

Basilicata

153

209

66

428

Calabria

466

627

218

1.312

Sicilia

1.157

2.523

398

4.078

Sardegna

458

792

181

1.431

-------------

-----------

-------------

------------

------------

Nord-Ovest

8.049

2.360

3.559

13.967

Nord-Est

4.998

2.187

2.341

9.527

Centro

5.729

2.580

2.400

10.707

Sud

4.283

3.833

1.372

9.487

Isole

1.615

3.315

579

5.509

-------------

-----------

-------------

------------

------------

ITALIA

24.673

14.275

10.251

49.200

 

ENTRATE CORRENTI DEI COMUNI

Variazioni % 2000-2003*

 

Entrate

tributarie

Contributi e

trasferimenti

Entrare

extra tribut.

Totale entrate

Piemonte

48,4

-14,6

33,1

24,9

Valle d'A.

66,5

43,2

70

51,7

Lombardia

41,1

-44,8

2

8,1

Liguria

38,5

-31,4

1,4

9,4

Trentino AA.

6,2

11,1

2,8

7,6

Veneto

30,3

-31,9

0,6

6

Friuli V.G.

-14,5

21,3

11,7

5

Emilia R.

42,4

-47,8

-6,7

7,4

Toscana

32,4

-25,2

13,1

12,4

Umbria

30,2

-7,2

-13,3

6,1

Marche

50,5

-21,9

-9

9,1

Lazio

33,4

-27,5

15,7

5,9

Abruzzo

40,3

-25

-9,9

4,8

Molise

29,6

24,1

1

20

Campania

38,9

-13,1

9,3

7,2

Puglia

33

-9,3

1,8

10,9

Basilicata

43,1

-1,3

-3,2

10,8

Calabria

29,8

-10

12,9

5,1

Sicilia

17,7

15,6

2,5

14,7

Sardegna

32,6

14,9

-1,6

17,4

-------------

-----------

----------------

-------------

-----------

Nord-Ovest

42,8

-31,6

9,4

13,2

Nord-Est

28,9

-19

-0,8

6,6

Centro

34,6

-24,8

8,9

8,2

Sud

36,1

-11,2

4,5

8,1

Isole

21,6

15,4

1,2

15,4

-------------

-----------

----------------

-------------

-----------

ITALIA

35,2

-14,9

5,7

10

Nota: nel periodo considerato (2000 - 2003) l'indice dell'incremento dei prezzi complessivamente e' stato del 8,2%. Elaborazioni Ufficio studi CGIA Mestre su dati Istat.

In aumento i controlli sul riciclaggio: +32% nel 2004

24/08 Si rafforzano i controlli sulle attivita' di riciclaggio. Nel 2004 le segnalazioni su operazioni sospette sono state oltre 6.500 con un incremento del 32% rispetto al 2003, segno di una maggiore attenzione di banche e istituti finanziari sulla circolazione di denaro proveniente da attivita' illecite. A rilevarlo e' il ministero dell'Economia che nella consueta relazione annuale al Parlamento sottolinea come dall'entrata in vigore della legge antiriciclaggio (1991) fino a dicembre 2004 siano stati definiti circa 23.000 procedimenti amministrativi e siano state irrogate sanzioni per 68,2 milioni di euro. L'aumento delle segnalazioni, spiega il ministero, e' dovuto alla maggiore collaborazione e alla ''crescente attenzione'' degli intermediari finanziari dopo gli scandali finanziari degli ultimi anni. I casi eclatanti legati al mondo della finanza possono cioe' aver contribuito ''a sensibilizzare gli intermediari nel monitorare con maggiore attenzione, oltre a quelle gia' note, anche altre tipologie di operazioni, e tra queste l'utilizzo di strumenti di finanziamento bancario a sostegno di portafogli commerciali di imprese di dubbia affidabilita'''. I principali controllori del mercato, si legge ancora nella relazione, sono le banche, da cui proviene circa il 90% delle segnalazioni pervenute all'Ufficio italiano cambi. Ma a rafforzare la collaborazione con l'Uic sono state anche le Poste che hanno avviato ''una razionalizzazione dei meccanismi di controllo''. La distribuzione geografica delle segnalazioni di operazioni sospette evidenzia una netta prevalenza del Nord-Ovest con circa il 40% del totale delle segnalazioni. Seguono il Centro (19,1%), il Sud (18,4%) e il Nord-Est (18,2%). Dalle Isole proviene invece il 4,5%. A livello regionale e' la Lombardia a guidare la classifica con oltre il 28,6% del totale. Seguono Lazio, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto e Campania. Le segnalazioni riguardano soprattutto le rimesse degli emigranti, l'evasione dell'Iva. l'utilizzo improprio delle polizze di pegno, le attivita' imprenditoriali e le irregolarita' fiscali commesse da cinesi in Italia, il finanziamento di attivita' terroristiche. Su quest'ultimo fenomeno pero', il ministero dell'Economia spiega che le segnalazioni ricevute nel 2004 ''sono sensibilmente diminuite dopo i picchi dei due anni precedenti''. Per quanto riguarda l'attivita' ispettiva, infine, l'Uic ha effettuato nel 2004 interventi nei confronti di 31 intermediari bancari e 12 intermediari non bancari, la Banca d'Italia ha condotto 202 verifiche ispettive, l'Isvap ha svolto accertamenti su 3 societa' assicuratrici e il ministero delle Attivita' produttive su 8 societa' fiduciarie. Ecco una tabella con la provenienza regionale delle segnalazioni nel 2004.

Lombardia 28,6%
Lazio 12,6%
Piemonte 8,3%
Emilia Romagna 8,0%
Veneto 7,8%
Campania 7,4%
Puglia 5,3%
Toscana 4,8%
Calabria 4,2%
Sicilia 4,1%
Liguria 2,4%
Abruzzo 1,6%
Friuli V.G. 1,4%
Trentino A.A. 1,1%
Marche 1,0%
Umbria 0,5%
Basilicata 0,3%
Molise 0,3%
Sardegna 0,3%
Valle d'Aosta 0,2%

Aumentano le aziende che si occupano di sport (+29.4%)

23/08 Italiani sempre piu' sportivi, almeno stando a un'indagine della Camera di Commercio di Milano che, tra il 2000 e il 2004, ha registrato un aumento del 29,4% delle imprese e del 22,5% delle attivita' legate allo sport. Sono 12.583, infatti, le imprese che si occupano di sport in Italia: 5.246 le attivita' sportive e 7.337 gli impianti sportivi. La regione con piu' impianti e' la Lombardia, che copre il 19,1% del totale italiano, seguita da Emilia Romagna (11%), Toscana (9,2%), Veneto (7,8%) e, testa a testa, Piemonte (7,6%) e Campania (7,5%). Per impianti sportivi, la Sardegna va oltre il raddoppio dal 2000 al 2004 con un aumento del 153% (passa da 83 impianti a 210). Tra le altre regioni, in forte crescita anche il Molise (+118,2%), il Trentino Alto Adige (+91,9%) e la Calabria (+90,6%). Anche le attivita' sportive crescono in tutte le regioni negli ultimi quattro anni, in particolare in Basilicata (+78,6%), in Molise (+66,7%), in Sardegna (+48,4%), in Lazio (+49,3%), in Sicilia (+39,1%) e in Calabria (+37,2%). Capofila, nel quadriennio, la Lombardia, in tutti i settori: gli impianti sono aumentati del 20,2%, da 1.067 a 1.283, e le attivita' sportive del 21%, da 930 a 1.125.

Tagli del 60% agli investimenti per l’acqua a sud. Una forbice di 1,315 miliardi di euro

21/08 Il Mezzogiorno e' a secco. Non solo di acqua, visto che al Sud si toccano punte del 40% di perdite nella rete, ma soprattutto di fondi. Come mette in luce l'Osservatorio sull'attuazione delle grandi opere della Fillea-Cgil, a fronte di un costo di 2,225 miliardi pianificati per gli interventi sugli schemi idrici del Meridione, i fondi effettivamente disponibili assommano attualmente a 910 milioni, circa il 41% delle esigenze complessive. La differenza tra il costo complessivo delle opere e la disponibilita' finanziaria e' pari, sottolinea la Fillea, a 1,315 miliardi, pari al 59,1% del totale. La regione meridionale che in assoluto accusa il gap piu' ampio tra quelle monitorate dalla Fillea e' la Calabria, dove ha attualmente copertura circa l'1,3% degli interventi pianificati. Sorride invece la Sardegna, con una copertura finanziaria totale. Dalla Calabria alla Sardegna, segue la mappa degli investimenti 'mancati', che la Fillea ha elaborato grazie alla recente relazione della Corte dei conti. CALABRIA.
La delibera Cipe 121 del 2001 ha previsto, per le reti idriche e gli acquedotti, un impegno di spesa di 324,851 milioni, cosi' ripartiti: 24,273 milioni per il 2002, 41,833 milioni per il 2003, 32,200 milioni per il 2004, 226,725 milioni per il 2005 e gli anni seguenti. A distanza di 40 mesi, lo stato di avanzamento dei lavori e' il seguente:
- Diga dell'Esaro. Secondo la Corte dei Conti, non ci sono risorse finanziarie disponibili.
- Diga sul fiume Metramo. Dalla relazione della Corte dei conti,risulta che per il completamento dello schema idrico della diga servono ancora 87,8 milioni e non c'e' nessuna disponibilita' finanziaria.
- Diga sul torrente Menta. Dalla relazione della Corte dei conti risulta che esiste un progetto per il completamento dell'opera ma non esiste alcuna copertura finanziaria. Lo stesso viene affermato in riferimento alla costruzione della galleria di deviazione e delle opere di presa della diga, il cui costo e' pari a 23,24 milioni. Per le opere a valle della centrale idroelettrica la disponibilita' si ferma a 2,72 milioni a fronte di un costo complessivo di 71,6 milioni.
- Della Diga sul fiume Melito non c'e' traccia nella relazione della Corte dei conti. I lavori dell'opera sono attualmente in fase di sospensione.
In totale, dai dati forniti dalla Corte dei conti citati nell'Osservatorio Fillea Cgil emerge che in Calabria ci sono sei programmi di intervento per un costo complessivo di 204,840 milioni. La copertura finanziaria si limita a 2,72 milioni, pari all'1,33% dell'intero programma.
BASILICATA.
La delibera Cipe 121 del 2001 ha previsto, per le reti idriche e gli acquedotti, un impegno di spesa di 821,166 milioni,cosi' ripartiti: 25,823 milioni nel 2002, 150,289 milioni nel 2003, 295,930 milioni nel 2004 e 349,125 milioni per il 2005 e gli anni seguenti. A 40 mesi dalla delibera Cipe la situazione in regione e':
- Realizzazione dello schema idrico Basento Bradano. Opera ad oggi ancora non conclusa: la Corte dei conti rileva che gli otto programmi di lavori nell'ambito del progetto hanno un costo complessivo di 346,54 milioni. Le disponibilita', tuttavia, si limitano a 17,28 milioni, per un solo programma, per giunta coperto solo per il 26,58% del costo relativo.
- Diga in terra sul fiume Sinni. Dalla relazione della Corte dei conti risulta che, per l'utilizzo delle acque di questa diga, c'e' la copertura finanziaria per il primo lotto funzionale delle impianto di potabilizzazione (con un costo pari a 16 milioni), mentre non ci sono disponibilita' finanziarie per il secondo lotto, il cui costo e' pari a 14 milioni. - Dai dati della magistratura contabile, in conclusione, si deduce che nella regione Basilicata ci sono 20 programmi di intervento, per un costo di 811,200 milioni con una copertura finanziaria che si ferma a 173,310 milioni, pari al 21,36% dell'intero programma.
SICILIA.
La delibera Cipe 121 del 2001 ha previsto, per le reti idriche e gli acquedotti, un impegno di spesa di 271,656 milioni (di cui 94,512 milioni gia' disponibili alla data della delibera), cosi' ripartiti: 27,63 milioni per il 2002, 89,864 milioni per il 2003, 98,385 milioni per il 2004, 55,777 milioni per il 2005 e gli anni seguenti. A distanza di 40 mesi, lo stato di avanzamento dei lavori e' il seguente:
Appalto per la costruzione dello sbarramento sul fiume Belice sinistro, detto diga 'Garcia'. Dalla relazione della Corte dei conti non risulta alcun provvedimento assunto in merito al completamento dell'opera dopo la delibera Cipe del 2001. Nel 1989, con l'atto di trasferimento del progetto all'Ente acquedotti siciliani, si segnalavache l'importo ancora da eseguire ammontava a circa 12,9 milioni.
Acquedotto Favara di Bugio. Tutte le notizie, sottolinea la Fillea Cgil, sono state tratte dalla relazione della Corte dei conti, che indica un costo dell'opera a 65,9 milioni, a fronte di finanziamenti dichiarati disponibili dal Cipe di 26,34 milioni.
- Rifacimento dell'acquedotto Gela Aragona. Anche in questo caso, sottolinea Fillea, le notizie sono state prese dalla relazione della Corte dei conti. Il costo dell'opera e' indicato in 89,21 milioni, a fronte di finanziamenti dichiarati disponibili dal Cipe di 35,64 milioni.
- Diga dell'Ancipa. Dalla relazione della Corte dei conti, osserva Fillea, non risulta alcun provvedimento assunto in merito al completamento dell'opera dopo la delibera Cipe del 2001. Nel 1989, con l'atto di trasferimento del progetto all'Ente acquedotti siciliani, il valore economico dell'appalto era dichiarato in 43,4 milioni.
- Completamento invaso del Blufi. Dalla relazione della Corte dei conti non risulta alcun provvedimento assunto in merito al completamento dell'opera dopo la delibera Cipe del 2001.
SARDEGNA.
La delibera Cipe 121 del 2001 ha previsto, per le reti idriche e gli acquedotti, un impegno di spesa di 524,720 milioni (di cui 33,570 milioni gia' disponibili alla data della delibera), cosi' ripartiti: 33,570 milioni per il 2002, 141,509 milioni per il 2003, 130,147 milioni per il 2004 e 219,494 milioni per il 2005 e gli anni seguenti.
La stessa delibera Cipe aveva individuato l'urgenza di eseguire:i 3 programmi di intervento per il collegamento Corsica-Sardegna e interconnessioni tra i bacini idrici per il trasferimento di risorse idriche; il collegamento Tirso-Casa Fiume; l'interconnessione tra i bacini idrici e il trasferimento di risorse idriche collegamento Coghinas-Monte Lerno; diga di Sa Stria sul Rio Monti Nieddu, traversa di Medau Ainglu sul Rio Is Canargius e condotta pedemontana di adduzione irrigua; schema idrico Sardegna Sud-Orientale. Serbatoio sulBasso Flumendosa a Monte Perdosu; schema 39 del Prga, opere di approvvigionamento idropotabile 2° e 3° lotto, costa Sud Orientale fino a Villasimius; schema Flumineddu opere di collegamento Flumineddu-Tirso. A 40 mesi dalla delibera Cipe i lavori di costruzione della Diga Sa Stria sul Rio Monti Nieddu sono fermi da due anni. Per quanto riguarda gli altri programmi di intervento, sottolinea la Fillea, dalla relazione della Corte dei conti si evince un simile quadro:
- Collegamento Flumineddu-Tirso. Il costo dell'opera e' di 160 milioni e i finanziamenti dichiarati disponibili dal Cipe coprono interamente l'importo.
- Schema idrico Sardegna, Interconnessione sistemi idrici Tirso-Flumendosa-Campidano. Il costo dell'opera e' di 67,085 milioni e i finanziamenti dichiarati disponibili dal Cipe coprono interamente l'importo.
- Schema idrico Sardegna Sud-Orientale Sistema Basso Flumendosa-Picocca. Il costo dell'opera e' di 350 milioni e i finanziamenti dichiarati disponibili dal Cipe coprono interamente l'importo.
- Utilizzazione irrigua e potabile dei Rii Monti Nieddu-Is Canargius e bacini minori. Il costo dell'opera e' di 39,19 milioni e i finanziamenti dichiarati disponibili dal Cipe coprono interamente l'importo.
La Sardegna, dunque, e' l'unica regione meridionale che, a fronte di un costo per le opere pari a 616,275 milioni dispone interamente della somma necessaria.

Le imprese del sud che investono all’estero sono solo il 3.5% del totale

21/08 Le imprese del Mezzogiorno investono poco all'estero rispetto al resto d'Italia. Precisamente, la quota, sul totale nazionale, di unita' produttive straniere partecipate da imprese meridionali nel 2004 e' risultata pari al 3,5%, valore che scende al 2,07% se misurato in termini di addetti, e all'1,5% in rapporto al fatturato complessivo delle aziende estere partecipate. E risulta estremamente modesto, anche il peso della ripartizione sulle esportazioni totali di merci, pari al 10,8%. La fotografia della presenza delle imprese estere al Sud e' dello Svimez, l'associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno. Le dimensioni medie delle imprese estere partecipate da investitori del Mezzogiorno sono, inoltre, decisamente piu' basse dei corrispondenti dati nazionali: il 58% in termini di numero di addetti per impresa e il 42% in termini di fatturato per impresa. L'unica eccezione di rilievo e' rappresentata dalla Puglia, dove il primo dei due indicatori dimensionali si avvicina alla media nazionale. Anche il fatturato per addetto, che puo' essere preso come una misura approssimativa in valore della produttivita' del lavoro legata anche all'intesita' di capitale delle imprese partecipate), e' nettamente piu' basso nelle partecipazioni estere di imprese del Mezzogiorno (173 mila euro per addetto) rispetto alla media nazionale (240 mila euro per addetto; le uniche eccezioni sono il Molise e la Sardegna). Le imprese del Mezzogiorno, quindi, appaiono in ritardo dal punto di vista della maturita' delle loro strategie di internazionalizzazione. Va tuttavia aggiunto che, con riferimento agli ultimi quattro anni (dal 2000 al 2004), la quota del Mezzogiorno sulle partecipazioni estere e' lievemente aumentata in termini di numero e di fatturato delle imprese partecipate. L'incremento e' dovuto prevalentemente alla Sardegna (grazie, in particolare, ai servizi di telecomunicazione e informatica), ma anche la Puglia (soprattutto nell'industria del mobile) ha guadagnato quota, sia pure non in termini di addetti. A conclusioni parzialmente simili si giunge analizzando la capacita' del Mezzogiorno di attrarre investimenti all'estero. La quota meridionale sulle partecipazioni estere in Italia, pur restando assai modesta, e' aumentata, seppure non di molto, nell'ultimo quadriennio (2000-2004) in termini di numero di imprese, addetti e fatturato. Piu' nello specifico, con riferimento al solo 2004, dei circa 938 mila addetti impiegati, a scala nazionale, in imprese a proprieta' estera, appena 60.602 erano occupati in impianti localizzati nel Meridione, pari ad una quota del 6,4%. Nello stesso anno, il numero di imprese meridionali appartenenti ad aziende estere e' stato di 367, pari al 5,1% del totale nazionale (comisuratosi in circa 7.200 unita'); il fatturato, infine, realizzato da queste unita' produttive ha sfiorato i 18 miliardi di euro, poco piu' del 5% dei ricavi totali delle imprese partecipate estere in Italia (pari a 356,8 mld di euro). La presenza delle multinazionali estere e' relativamente piu' significativa in Abruzzo (2,1%, in termini di addetti sul totale nazionale), e in Campania 81,4%, sempre in termini di addetti) dove, nel medio periodo, hanno contribuito alla dinamica delle esportazioni.Nel Mezzogiorno le dimensioni delle imprese partecipate, diversamente dalle aziende estere di proprieta' meridionale, sono maggiori della media nazionale in termini di addetti (165 addetti per impresa rispetto ad un valore di 130 registrato in Italia), e poco inferiori in termini di fatturato 849,5 milioni di euro per azienda a fronte dei51,2 riscontrati su scala nazionale). Il divario nel fatturato per addetto, a sfavore del Mezzogiorno,si e' attestato, nel 2004, all'81,8% della media nazionale (311 mila euro per addetto nelle imprese partecipate estere meridionali a fronte dei 380 mila euro per addetto riscontrati mediamente in Italia). Le partecipazioni relativamente piu' grandi si trovano in Abruzzo e in Puglia. Sebbene in Italia il rapporto tra l'ammontare di Investimenti diretti esteri (Ide), in entrata e in uscita, e gli investimenti fissi lordi totali sia assai piu' basso di quanto e' dato osservare, in media, nell'intera Ue, il Mezzogiorno, come visto, si caratterizza per una piu' accentuata debolezza nella capacita' di attrarre investitori esteri. Cio' puo' essere ricondotto, soprattutto,alla carenza di infrastrutture logistiche, al modesto grado di diversificazione dell'economia, nonche' alla ridotta dimensione del mercato locale. In particolare, le regioni meridionali risultano non convenienti rispetto agli investimenti che cercano bassi costi produttivi, in quanto si dirigono verso l'Europa dell'Est od i paesi asiatici, e non sono attrattive per le imprese che cercano siti e produzioni di qualita', perche' ormai preferiscono, in Europa, Francia e Gran Bretagna. La conseguenza e' che in Italia, e ancor piu' nel Mezzogiorno, arrivano, in larga parte, le grandi catene di distribuzione, le aziende di servizi o le banche, cioe' quelle che cercano un mercato di sboccoIn definitiva, i riscontri empirici riportati evidenziano, nel complesso, la scarsa capacita' del sistema economico meridionale di attrarre ( o trattenere) investimenti esteri. Il divario rispetto al resto del paese, gia' molto evidente nel confronto tra le quote sulla popolazione e sul Pil, appare ancora piu' forte con riferimento alle attivita' internazionali delle imprese, sia in riferimento alle esportazioni che, in misura ancora maggiore, riguardo agli Ide, in entrata o in uscita. La scarsa integrazione dell'economia meridionale nei mercati internazionali condiziona negativamente i risultati complessivi del Paese, e si prospetta come uno dei principali vincoli ad una crescita piu' rapida.

Crescono a sud le imprese balneari

16/08 Sono 4.632 le imprese registrate come stabilimenti balneari in Italia, il loro numero cresce al sud e un terzo dei titolari sono donne. Sono queste le novita' principali secondo un'elaborazione della Camera di commercio di Milano sui dati del registro delle imprese al secondo trimestre 2005 comparati allo stesso periodo del 2004. Tra le regioni che crescono di piu' figurano infatti la Basilicata (+40,9%, da 22 a 31 imprese), seguita da Calabria (+23,1%, da 134 a 165) e Sicilia, (+17%, da 165 a 193). La provincia piu' balneare e' invece Rimini (499 stabilimenti, 10,8%), seguita da Savona (386, 8,3%), Lucca (373, 8,1%) e Napoli (198, 4,3%). Tra quelle che crescono di piu' in un anno ci sono Sassari (+120%, da 5 a 11), Matera (+56,3%, da 16 a 25) e Trapani (+44,4%, da 18 a 26). Rilevante poi in tutta la penisola il peso delle donne: tra i titolari degli stabilimenti oltre un terzo e' infatti di sesso femminile. (35,3%) mentre per per la maggior parte si tratta di italiani o italiane. Gli stranieri incidono infatti solo per il 2,4%. Di questi il 35,7% sono nati nell'Europa occidentale, l'11,9% nell'America del sud, il 4,8% nei paesi arabi. Circa la meta' (50,5%) ha piu' di 50 anni, il 43,9% ha tra 29 e 49 anni, il 5,6% ha meno di 29 anni. Quanto alla concentrazione di imprese balneari, il centro Italia fa la parte del leone con oltre la meta' degli stabilimenti. L'Emilia Romagna registra 1.047 imprese (pari al 22,6% del totale), la Toscana 756 (16,3%), le Marche 445 ( 9,6%), il Lazio 280 (6%) e l'Umbria 4 (0,1%). Il sud del paese raccoglie invece quasi un quarto degli stabilimenti balneari con prima della classe la Campania e le sue 378 imprese (pari all'8,2% del totale). Seguono l' Abruzzo con 293 (6,3%), la Puglia con 234 (5,1%), la Calabria (3,6%, 165 imprese) ed infine Molise (0,4%) e Basilicata (0,7%). Circa il 16% degli stabilimenti balneari italiani e' invece concentrato nel nord Italia, anche se la Liguria ne detiene da sola il 14% (648 stabilimenti). Mentre il resto e' cosi' ripartito: Veneto (1,2%, 57 imprese balneari), Lombardia e Friuli Venezia Giulia (entrambe lo 0,4% degli stabilimenti balneari, lacuali e fluviali). Sardegna e Sicilia ne raccolgono circa il 5%: 193 in Sicilia (4,2%) e 27 in Sardegna (0,6%).

Loiero “In Calabria una situazione difficile nel fare impresa”

12/08 ''Se su dieci aziende fondate da calabresi, ben quattro nascono o si trasferiscono al nord e la Calabria e' diventata la regione che esporta piu' imprenditori rispetto al resto del Paese, vuol dire che c' e' un male non tanto oscuro che, da noi, rende sempre piu' difficile fare impresa e che riguarda i bisogni primari delle aziende''. Il presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, tramite il suo portavoce, commenta cosi' i dati elaborati dalla Camera di Commercio di Milano sulla mobilita' degli imprenditori. ''Si tratta - commenta Loiero - di dati deprimenti, che dimostrano come molti imprenditori meridionali lasciano le loro regioni per investire nelle regioni settentrionali. Si sta verificando - aggiunge - una sorta di dinamismo implosivo nell' imprenditoria calabrese sana che, chiaramente, non trova in casa propria quelle condizioni di mercato, creditizie, infrastrutturali e sociali, viste le indebite pressioni dell'economia illegale e mafiosa, necessarie allo sviluppo delle aziende e all'affermazione delle singole capacita'''. Secondo il presidente Loiero, ''e' su questa realta' che bisogna incidere per risolvere i problemi di base che portano alcuni ad abbandonare l' economia d' origine. Solo allora si potra' calamitare l' economia pulita e l'imprenditoria sana che deve diventare coprotagonista di un 'new deal' calabrese che la Giunta regionale da me guidata e' impegnata a realizzare''.

Le tasse degli enti locali cresciute del 106.5% in dieci anni

12/08 In dieci anni le entrate fiscali degli enti locali (Comuni, Province, Comunita' montane, etc.) sono aumentate del 106,5%. Invece l'amministrazione centrale, nello stesso periodo, ha incrementato le entrate da tassazione del 4,2%. Il Pil, invece, sempre nello stesso lasso di tempo e' cresciuto nel nostro Paese del 20%. Lo rende noto un comunicato della Cgia di Mestre, che si e' basata su dati al netto dell'inflazione. Dal 1994 al 2004 le entrate fiscali degli enti locali sono passate da 36.991 milioni di euro a 89.851 milioni di euro. Un'impennata, sottolinea l'associazione, ''dovuta soprattutto al fatto che sino alla fine degli anni '80 la finanza locale era molto contenuta e solo successivamente le competenze e i servizi offerti dagli enti locali sono aumentati''. ''Sicuramente - spiega la nota - molte amministrazioni locali hanno calcato la mano e non sempre alle imposte pagate sono stati corrisposti dei servizi alla cittadinanza qualitativamente e quantitativamente accettabili. Il decentramento Stato-enti locali ha inoltre spostato il baricentro della pressione fiscale in capo a questi ultimi''. E le prospettive non sembrano buone: ''la situazione e' in fase di peggioramento grazie alla trasformazione di alcuni tributi locali in tariffe (e' il caso proprio dello smaltimento dei rifiuti) che da un lato permettono degli aumenti vertiginosi, con la giustificazione della razionalizzazione e del miglioramento qualitativo del servizio e dall'altra garantiscono degli ulteriori introiti allo Stato con l'applicazione dell'Iva''.

Dossier: Aumenta l’inflazione (2.1%). L’Istat comunica più tre decimi nell’indice dei prezzi al consumo.

Gli imprenditori calabresi emigrano fuori regione

11/08 Sono 417.405 gli italiani che scelgono di spostarsi in altre regioni d'Italia e aprire una ditta, lontano dalla loro casa d'origine, il 13% del totale delle imprese individuali in Italia (3.223.109), stranieri esclusi. E' quanto emerge da un' indagine della Camera di Commercio di Milano sul primo trimestre 2005, che evidenzia come l'emigrazione degli imprenditori continui anche oggi dopo aver caratterizzato anche gli anni precedenti: sul totale delle ditte aperte fuori dalla regione di origine, il 35,5% risulta iscritto a partire dal 2000. A superare di gran lunga la media nazionale c'e' la Calabria con le sue province. A partire da Crotone (42,2%) dove piu' di due imprenditori su cinque scelgono un'altra regione per avviare un' attivita'. Ma anche Vibo Valentia (31,9%), Reggio Calabria (30,5%) e Catanzaro (29,6%), dove circa un imprenditore su tre apre l'attivita' fuori regione. Forte la propensione per l'emigrazione di imprenditori anche da parte degli Abruzzesi (L'Aquila con il 17,7% delle migrazioni), dei Campani (Napoli 18%), dei Molisani (Campobasso 16,7%). Tra le province con piu' trasferimenti anche alcune citta' del nord come Rovigo (25,8%), La Spezia (19,8%), Genova (15,1%), Milano (15%), Mantova (14,4%) e Piacenza (12,9%). La Regione preferita per creare l' impresa e' la Lombardia: dal 10,6% dei catanzaresi, dal 5,7% dei potentini, dal 3,2% dei napoletani. Tra i settori piu' gettonati alberghi e ristoranti: dai Potentini il 35,8% di tutte le attivita' da loro aperte nelle altre regioni, piu' di una su tre, dai Napoletani (27,3%), dagli Aquilani (24,3%), dai Catanzaresi (26%), dai Cagliaritani (25,2%), dai Baresi (24,2%). ''La specializzazione economica e le diverse tipologie di crescita, di dotazione infrastrutturale e di capacita' professionali - commenta il presidente della Camera di Commercio di Milano, Carlo Sangalli - rappresentano alcuni tra i fattori alla base della mobilita' degli imprenditori. Questo significa nuove opportunita' ma anche una forte presenza di piccole e medie imprese, flessibili e pronte ad adattarsi con rapidita' ai nuovi contesti''. Tuttavia, viene rilevato anche come la tendenza, anche per gli imprenditori quindi cosi' come per i nuovi lavori intellettuali, sia di trasferirsi dal Sud al Nord, abbandonando le economie di origine.

Dossier: Secondo l’Istat il PIL del 2° trimestre 2005 è aumentato dello 0.7%. I dati. Reazioni e Commenti.

Aumentano le imprese che commerciano animali domestici (+43%)

10/08 Sono 3.679 le imprese italiane che si occupano di commercio al dettaglio di animali domestici, compresi articoli e alimenti, con un aumento nazionale del 43,4% in quattro anni. In testa c'e' la Lombardia con 474 imprese seguita da Lazio (463) e Campania (387). La maggior crescita in questo settore si registra in Calabria (+103,6%), mentre l'aumento nazionale e' del 45,9% per il commercio al dettaglio ambulante a posteggio fisso, settore in cui la Sicilia ha registrato un +300%, ma per numero di imprese resta in testa la Lombardia (87). E' quanto emerge da un'indagine della Camera di commercio di Milano sui dati del registro delle imprese tra il 2000 e il 2004. Sono invece 470 le imprese nazionali che si occupano di servizi di cura degli animali da compagnia: tosatura, toelettatura, wash dog nelle due varianti self-service 24 ore su 24 e automatico, dog e cat sitter, palestre, alberghi, pensione e custodia, addestramento, servizi di consulenza sul comportamento degli animali da compagnia, distributori automatici di articoli per la pulizia e la toelettatura, saloni di bellezza, di cui circa il 19% (88) emiliane. Infine sono 46 le imprese in Italia che si occupano della produzione di alimentazione per gli animali domestici, di cui 8 in Emilia Romagna e in Lombardia, che si aggiudicano il primato. Il maggiore aumento in quattro anni (2000-2004) lo registra il Lazio (+100%), seguito da Veneto (+66,7%), Piemonte ed Emilia Romagna (+33,3%).

Secondo un indagine aumentano gli italiani insolventi con le banche

10/08 Tra il 2001 e il 2004, secondo l'Ufficio studi della CGIA di Mestre, le sofferenze bancarie sono aumentate in media del 3,16% sul territorio nazionale. Il record spetta all'Emilia Romagna dove si superato il 62%. Anche le garanzie reali richieste dalle banche ai loro debitori sono salite al 27,32% rispetto al 21,39% del 2001. I piu' ''affidabili'' sono gli operatori economici del Piemonte (61.505 euro per affidato), mentre la regione con lo''scoperto'' per affidato piu' elevato e' il Lazio (125.400 euro). Gli istituti di credito del Paese si trovano a fare i conti con clienti che devono loro mediamente 86.097 euro. Lo ''scoperto'' medio nazionale nel 2004 e' stato individuato dall'Ufficio Studi della Cgia di Mestre, calcolando il valore delle sofferenze per affidato. Ovvero, le persone o le imprese che si trovano in una situazione di insolvenza nei confronti degli istituti di credito, in quanto non sono riusciti a ''rientrare'' con il prestito nei tempi concordati e, nel frattempo, e' scattata una segnalazione alla Centrale dei Rischi. Rispetto al 2001, il dato medio nazionale delle sofferenze e' cosi' aumentato passando dagli 80.634 euro agli attuali 86.097 Euro. A fronte di questo peggioramento, aumentano anche le garanzie reali richieste dalle banche ai propri debitori per coprire il prestito attestandosi attorno al 27,32%. Una tendenza, quella nazionale, che rispecchia la situazione di gran parte delle regioni italiane (ad esclusione di Sicilia, Campania, Calabria, Sardegna e Lazio, che mostrano un calo delle sofferenze) e vede in cima alla classifica degli ''scoperti'' piu' alti il Lazio (125.400 euro), seguito dall'Emilia Romagna (125.044 euro), dalla Lombardia (103.768 euro), e dal Molise (96.607 euro). I piu' ''corretti'' nei confronti delle loro banche sono gli operatori del Piemonte con 61.505 euro per affidato, seguito dalla Sicilia (61.974 euro), e dal Friuli Venezia Giulia (60.664 Euro). La graduatoria cambia pero' quando l'Ufficio Studi della Cgia di Mestre analizza l'incidenza percentuale delle garanzie reali richieste dalle banche ai propri debitori. Ad essere piu' penalizzati sono gli operatori del Trentino Alto Adige visto che gli istituti di credito chiedono garanzie reali pari al 43,09% del prestito elargito, segue l'Umbria (36,39%) e la Valle d'Aosta (34,52%). Ultima l'Emilia-Romagna (17,40%).

Crescono le pensioni di invalidità. Maroni accusa le Regioni

10/08 Le pensioni di invalidita' civile tornano a crescere. E' quanto sostiene Panorama, nel numero in edicola domani, secondo cui nel quinquennio 2001-2005 il numero degli invalidi e' aumentato del 23,7%, e la spesa Inps si e' impennata dagli 8 miliardi e 300 milioni del 2001 agli 11 miliardi e 209 milioni del 2004. ''La piaga dei falsi invalidi si e' riaperta, soprattutto nelle Regioni del Sud'', commenta sulla pagine del settimanale della Mondadori il ministro del Welfare Roberto Maroni. Secondo l'Inps, in effetti, in un solo anno, il 2004, le pensioni di invalidita' sono aumentate del 9,5% e la regione in cui il numero degli invalidi e' cresciuto di piu' e' la Campania, dove si e' registrata un'impennata del 47,3% nei 5 anni considerati. Alle spalle della Campania 2 regioni del centro e del nord Italia: l'Umbria (+47%) e la Lombardia (+40,1%).

Regioni

2005

2001

Var.%

--------------

---------------

-----------------

--------------

Lombardia

232,276 (434)

165,781 (403)

40,10%

Campania

213,135 (418)

144,604 (385)

47,30%

Sicilia

174,165 (419)

154,321 (374)

12,80%

Lazio

150,983 (426)

116,249 (390)

29,80%

Puglia

133,899 (418)

102,240 (384)

30,50%

Em.Romagna

121,544 (438)

90,887 (407)

33,70%

Veneto

113,997 (439)

85,784 (403)

32,80%

Piemonte

111,922 (434)

84,522 (402)

32,40%

Toscana

109,535 (439)

85,922 (403)

27,40%

Calabria

82,551 (431)

60,608 (397)

36,20%

Sardegna

67,839 (424)

61,389 (387)

10,50%

Liguria

55,937 (429)

41,254 (392)

35,50%

Marche

51,329 (429)

38,422 (399)

33,50%

Abruzzo

50,838 (427)

39,582 (384)

28,40%

Umbria

39,330 (436)

26,752 (401)

47,00%

Friuli V.G.

36,276 (438)

29,782 (403)

21,80%

Basilicata

20,973 (413)

18,848 (374)

11,20%

Molise

9,850 (417)

7,683 (371)

26,90%

 

 

 

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