Il Rapporto Eurispes sulla Calabria
evidenzia i problemi strutturali. Adamo: “Nel rapporto emerge
una ripresa”
28/12 Una regione con problemi strutturali evidenti, ma che ha ancora
la forza di sperare e di voler invertire la rotta. E' questa l' istantanea
scattata dall' Eurispes Calabria per il 2006. Per il 2006, il 25,6%
degli intervistati dimostra fiducia nel futuro economico della Regione,
anche se in maniera lieve, rispetto al 2005 (in cui erano il 19,2%).
I piu' convinti assertori di una forte ripresa economica rappresentano
il 7,9% (il 6,5% nel 2005) ai quali si aggiunge il 17,4% di coloro
che propendono per una lieve ripresa (agli inizi del 2005 erano il
12,7%); la quota di quest' ultimi cresce di quasi 5 punti. Prevale,
comunque, analogamente a quanto rilevato nel 2005, l' area del pessimisti,
di coloro che prevedono un peggioramento del ciclo economico: sono
il 36,4% del totale (nel 2005 erano il 39,7%) diviso tra il 21,5%
di quanti esprimono la convinzione che l' economia subira' un lieve
peggioramento e il 16,3 % di chi non manifesta alcun dubbio circa
il forte peggioramento. Come per il 2005 (36,2%) anche rispetto al
2006, resta elevata la quota, il 34,5%, di coloro che prevedono una
situazione di stazionarieta': oltre un terzo dei calabresi, dunque,
pensa che la congiuntura del prossimo anno sara' caratterizzata da
un periodo di stagnazione economica in cui gli indicatori del prodotto
interno lordo, degli investimenti, della programmazione negoziata,
dell' accesso al credito e dell' import/export non faranno oscillare,
in maniera significativa, le lancette della ricchezza regionale. Gli
indecisi sono il 3,8%. Per quanto riguarda la disoccupazione tutto
restera' come prima per il 47,1%. Tuttavia rispetto all' anno appena
trascorso (32,2%) diminuisce il numero di soggetti, 27,4%, che ritengono
che la disoccupazione aumentera' e, sul fronte opposto, sale la percentuale
di quanti sono del parere che subira' una battuta d' arresto, il 21,3%
contro il 17,3% del 2005. Sul fronte del risparmio resta ancora elevata
la percentuale di coloro che vedono diminuire le possibilita' di mettere
da parte qualcosa, il 39,8% a fronte del 46,8%. Il 23,1% pensano di
risparmiare piu' o meno nella stessa misura. Cresce di 4,5 punti il
numero di calabresi convinti di non riuscire a fare ''salvadanaio''
per il 2006, il 13,6% contro il 9,1% del 2005. Sul fronte opposto,
con incremento rispetto all' anno precedente (15,9%) di oltre 5 punti
la quota di intervistati, il 21,4%, che mostrano maggiore propensione
al risparmio. Borsino dei calabresi: la casa, i fondi comuni di investimento
ed il ''rifugio'' del conto corrente. Chi intende risparmiare si rivolgera'
agli investimenti immobiliari (15,8% contro il 21,1% del 2005); ai
fondi comuni di investimento (9,4%); agli strumenti assicurativi (9,1%);
le azioni (8,4%). Fra il ventaglio degli strumenti finanziari proposti,
in coda si collocano, secondo i calabresi, i buoni postali (5,9%),
i titoli di stato (4,7%) le obbligazioni (3,1%) e i certificati di
deposito (1,1%). Il 35,1% del campione per il 2006 non ha in programma
alcun investimento. Parlando dei principali problemi che la politica
regionale sara' chiamata a risolvere nei prossimi anni gli intervistati
indicano le politiche del lavoro (23,3%) e la lotta alla criminalita'
(19,4%); la maggiore garanzia di sicurezza, dopo l' omicidio del vice
presidente del Consiglio regionale, Francesco Fortugno, afferma Eurispes,
e' diventata una delle necessita' piu' impellenti per i calabresi.
Tra le altre priorita' dell' agenda politica, viene segnalato lo sviluppo
del settore turistico unitamente alla questione ambientale (16,8%),
il rilancio dell' economia regionale ponendo particolare attenzione
alla programmazione dei Fondi Comunitari (13,2%), e la sanita' (11,9%),
infine, meno attenzione viene posta alla realizzazione delle grandi
infrastrutture (7,8%) e alla formazione e scuola (5,7%).
Adamo: “Dal rapporto emerge
una ripresa della Calabria”
28/12 ''Dal rapporto Eurispes si evince una ripresa, per quanto timida,
della fiducia verso la possibilita' di crescita della Calabria. Un
dato confortante che non va deluso. L' azione del Governo regionale,
a distanza di pochi mesi dal suo insediamento, tende verso una politica
economico-finanziaria e dello sviluppo finalizzata a sostenere tale
fiducia''. Lo sostiene, in una dichiarazione, il vicepresidente della
Giunta regionale, ed assessore all' Economia, Nicola Adamo. ''Abbiamo
consapevolezza del fatto - aggiunge Adamo - che la Calabria deve predisporsi
ad essere sempre piu' terra di opportunita'. Perche' cio' avvenga
occorre lavorare a processi di modernizzazione e di crescita fondati
sulla valorizzazione della risorsa identitaria. Per quanto ci riguarda
bisogna sollecitare come forza propulsiva gli elementi di dinamicita'
e le eccellenze. Produrre, insomma, una sorta di effetto 'pietra nello
stagno': dai punti di forza far estendere ed allargare i cerchi della
crescita e dello sviluppo in maniera concentrica e pervasiva. Oggi
non e' ancora tempo per valutare i fatti ma siamo consci che e' soprattutto
la capacita' di questo governo regionale ad essere posta a verifica
in tempi medi o brevi''.
Il Rapporto: L’anno che verrà
Una regione con problemi strutturali evidenti, ma che ha ancora la
forza di sperare e di voler invertire la rotta. Calabresi piu' formiche
che cicale, ma che non esitano a manifestare un maggiore ottimismo
per l'immediato futuro rispetto all'anno appena trascorso. Tra le
priorita' da affrontare salgono criminalita', turismo e ambiente.
E' questa l'istantanea scattata dall'Eurispes Calabria per l'anno
che verra'. Per il 2006, il 25,6% degli intervistati dimostra fiducia
nel futuro economico della Regione, anche se in maniera lieve, rispetto
al 2005 (in cui risultavano pari al 19,2%) sale la percentuale degli
ottimisti. In particolare, i piu' convinti assertori di una forte
ripresa economica rappresentano il 7,9 per cento (a fronte del 6,5%
del 2005) ai quali si aggiunge il 17,4 per cento di coloro che propendono
per una lieve ripresa (agli inizi del 2005 erano pari al 12,7%); e
soprattutto la quota di quest'ultimi a crescere, quasi 5 punti percentuali
rispetto all'anno appena trascorso. Prevale, comunque, analogamente
a quanto rilevato nel 2005, l'area del pessimisti, ovvero di coloro
che nei prossimi 12 mesi prevedono un peggioramento del ciclo economico,
complessivamente rappresentano il 36,4% del totale (nel 2005 rappresentavano
il 39,7%) diviso tra il 21,5% di quanti esprimono la convinzione che
l'economia subira' un lieve peggioramento e il 16,3 per cento di chi
non manifesta alcun dubbio circa il forte peggioramento del quadro
economico locale. Come per il 2005 (il 36,2%) anche rispetto al 2006,
resta elevata la quota, il 34,5%, di coloro i quali prevedono una
situazione di stazionarieta': oltre un terzo dei calabresi, dunque,
pensa che la congiuntura del prossimo anno sara' caratterizzata da
un periodo di stagnazione economica in cui gli indicatori del prodotto
interno lordo, degli investimenti, della programmazione negoziata,
dell'accesso al credito e dell'import/export non faranno oscillare,
in maniera significativa, le lancette della ricchezza regionale. Gli
indecisi, infine, sono il 3,8 per cento degli intervistati.
Diminuisce la possibilità
di risparmio
L'indagine dell'Eurispes Calabria ha analizzato la delicata questione
del risparmio, tentando di misurare la propensione al risparmio dei
calabresi e i principali strumenti finanziari che verranno utilizzati
nel prossimo anno per investire i propri risparmi. Trattandosi della
seconda rilevazione, che l'Eurispes ha deciso di proporre, come per
la precedente, all'inizio del nuovo anno, e' stato possibile costruire
un primo storico e dunque un'analisi di trend, rilevando i principali
mutamenti nelle opinioni e negli atteggiamenti intervenuti nell'arco
temporale esaminato, 2004-2005. Chiamati a rispondere se nel corso
dei prossimi dodici mesi si riuscira' a risparmiare di piu' o di meno
rispetto al 2005, i cittadini hanno manifestato un orientamento abbastanza
chiaro confermando le tendenze rilevate agli inizi del periodo precedente:
anche se, rispetto al 2005 si registra una diminuzione (-7 punti percentuali),
resta ancora elevata la percentuale di coloro che vedono diminuire
le possibilita' di risparmio nel 2006, il 39,8% a fronte del 46,8%
riscontrato nella precedente rilevazione. A seguire, ma con uno scarto
di oltre 16 punti percentuali, l'orientamento di coloro i quali pensano
di risparmiare piu' o meno nella stessa misura: il 23,1% a fronte
del 25,5% del 2005. Ancora, cresce di 4,5 punti percentuali il numero
di calabresi convinti di non riuscire a fare ''salvadanaio'' per il
2006, il 13,6% contro il 9,1% dell'anno appena trascorso. Sul fronte
opposto, e con incremento rispetto all'anno precedente (15,9%) di
oltre 5 punti percentuale la quota di intervistati, il 21,4%, che
mostrano la maggiore propensione al risparmio. Ma come verranno principalmente
investiti i risparmi? L'interrogativo, rivolto ovviamente soltanto
a chi ha dichiarato una qualche quota di risparmio per il 2006, offre
un quadro interessante circa gli strumenti finanziari ritenuti piu'
sicuri dai calabresi. Rispetto all'anno appena trascorso, occorre
rilevare che la composizione del portafoglio investimenti dei calabresi
non subira' grandi cambiamenti. Vediamo, in dettaglio, le strategie
di investimento che essi attiveranno per il prossimo 2006. Nonostante
si registri una flessione di -5.3 punti percentuali, resta elevato
il numero di risparmiatori, il 15,8% a fronte del 21,1% del 2005,
orientati verso gli investimenti immobiliari; il mattone, dunque,
rappresenta ancora il bene rifugio maggiormente preferito dai calabresi.
Crescono, rispetto al 2005 (di 3,8 punti percentuali), le preferenze,
pari al 9,4%, verso i fondi comuni di investimento, a cui fanno subito
seguito, con il 9,1%, gli strumenti assicurativi (fondi pensione e
assicurazioni sulla vita) e le azioni con l'8,4%; anche verso quest'ultime
si registrano maggiori preferenze, nel 2005 erano pari al 6,4%. Buona
parte dei calabresi, quindi, sembra dimostrare maggiore attenzione
verso gli andamenti del mercati borsistici che, nell'ultimo anno,
hanno segnato una ripresa che fa ben sperare per il futuro aumentando
le aspettative di una maggiore redditivita' dei risparmi investiti.
Fra il ventaglio degli strumenti finanziari proposti, in coda si collocano,
secondo i calabresi, i buoni postali (5,9%), i titoli di stato (4,7%)
le obbligazioni (3,1%) e i certificati di deposito (1,1%). Una valutazione
a parte, infine, merita il 35,1 per cento del campione intervistato
(nel 2005 era pari al 30,8%) che per il prossimo 2006, non ha in programma
alcun investimento; non e' interessato ad utilizzare alcuno strumento
finanziario e preferisce, dunque, tenere i propri risparmi sul conto
corrente. Quest'ultimo dato, in conclusione, ci dice che fra i calabresi
permane ancora e aumenta un clima di sfiducia e di incertezza verso
il futuro che ostacola o rinvia le loro scelte di investimento. A
suo parere quali sono i principali problemi che la politica regionale
sara' chiamata a risolvere nei prossimi anni? Le azioni e gli interventi
sul versante delle politiche del lavoro restano i grandi nodi da affrontare
per la maggioranza dei calabresi (23,3%) insieme a quelli della lotta
alla criminalita' (19,4%); la maggiore garanzia di sicurezza, dopo
l'omicidio del Vice Presidente del Consiglio Regionale, Francesco
Fortugno, e' diventata una delle necessita' piu' impellenti per i
calabresi. Tra le altre priorita' dell'agenda politica, viene segnalato
lo sviluppo del settore turistico unitamente alla questione ambientale
(16,8%), il rilancio dell'economia regionale ponendo particolare attenzione
alla programmazione dei Fondi Comunitari (13,2%), e la sanita' (11,9%),
infine, meno attenzione viene posta alla realizzazione delle grandi
infrastrutture (7,8%) e alla formazione e scuola (5,7%).
Sviluppo lento
Calabria ultima nel ranking di crescita raggiunto e sestultima nel
livello di dinamicita' economica. Risultati che collocano complessivamente
la regione tra le realta' piu' lente del Paese nell'imboccare la via
dello sviluppo economico. A fare compagnia alla Calabria, la Basilicata,
la Sardegna ed il Molise. Undici gli indicatori osservati: prodotto
interno lordo, consumi finali, investimenti fissi lordi, impieghi,
tasso di accumulazione del capitale, spese in ricerca e sviluppo,
dotazione infrastrutturale, unita' di lavoro, retribuzioni lorde,
imprese attive e capacita' all'export. E' quanto emerge dall'ISER,
l'Indice di Sviluppo Economico e Regionale ideato dall'Eurispes Calabria
per misurare il livello di sviluppo e di dinamicita' economica dei
territori regionali italiani. L'istituto ha valutato il grado di dinamicita'
economica regionale, partendo dall'analisi dei dati consolidati nel
periodo 1997-2002 ed elaborati tendendo conto delle tendenze macroeconomiche
e produttive rilevate nel periodo gennaio 2003-dicembre 2004. Per
giungere alla determinazione dei risultati, si e' proceduto su due
livelli di analisi: il primo relativo alla costituzione di un indicatore
del livello di crescita raggiunto dalle regioni italiane al tempo
t1 (anno 2002), e il secondo relativo al grado di dinamicita' economica
rilevato nel corso dell'ultimo quinquennio, vale a dire nell'arco
temporale compreso tra t0 (anno 1997) e t1 (anno 2002).
Tessuto imprenditoriale dinamico
Sebbene, il nostro indicatore relega la Calabria all'ultimo gradino
della crescita economica, occorre evidenziare che a livello microeconomico
si intravede una certa vitalita' nel tessuto imprenditoriale calabrese:
nel 2005 il tasso di crescita delle imprese attive e' stato pari al
2,3% a fronte dell'1,3% della media italiana. Il tessuto produttivo,
comunque, e' ancora debole, l'impresa individuale rappresenta la struttura
portante del sistema economico locale: ben 8 imprese su 10 (l'82,1%
del totale) assumono tale forma organizzativa, a fronte del 67,4%
del dato complessivo nazionale. L'economia sommersa cresce molto di
piu' di quella legale. Nel 2005 l'economia invisibile, si e' stimato,
che e' avanzata ad un ritmo triplo rispetto alla crescita del prodotto
interno lordo regionale: secondo le stime dell'Eurispes Calabria,
il rapporto tra l'incremento dell'economia non contabilizzata e la
ricchezza regionale e' stato pari a 2,9 punti. Il Pil nascosto calabrese
ha proceduto ad un ritmo di crescita del 2,3% a fronte di una tasso
di crescita stimato della ricchezza ufficiale regionale dello 0,8%.
Nell'anno in corso, l'economia legale avrebbe prodotto una ricchezza
pari a 23.289 milioni di euro (+0,8% rispetto al 2004) a fronte di
un'economia nascosta stimata pari a 8.416 milioni di euro (+2,3% rispetto
al 2004). Sul versante dei contributi evasi, l'ultimo dato disponibile
(anno 2002) indica una massa di contributi evasi accertati in Calabria
pari a 23 milioni di euro, la maggior parte dei quali provengono dalle
aziende con dipendenti non agricole (area DM) con oltre 15 milioni
di euro seguite dai lavoratori autonomi con quasi 5 milioni di euro
e dalle aziende agricole che hanno evaso per 3 milioni di euro. Riguardo,
invece, il numero di lavoratori coinvolti, dalle statistiche ufficiali
emerge che il tasso di irregolarita' e' ancora il piu' elevato del
paese: l'incidenza delle unita' di lavoro non regolari (202.500) sul
totale delle unita' di lavoro nel 2003 e' pari al 31%; quasi un lavoratore
su tre, dunque, non risulta in regola.
Ricerca scientifica marginale
Con lo 0,8% della spesa per la ricerca scientifica pari a circa 117
milioni di euro, la Calabria contribuisce agli investimenti complessivi
in R&S in maniera assolutamente marginale. Peggio di lei solo
Molise e Valle d'Aosta con lo 0,1% e Basilicata con lo 0,3%. Osservando,
nel dettaglio, la spesa in R&S in Calabria per settore istituzionale
emergono alcune differenze significative. A fare da traino la spesa
per R&S delle Universita' quantificabile, al 2003, in 95 milioni
euro pari all'81,3 del totale regionale (solo 1,9% del totale nazionale).
Le amministrazioni pubbliche hanno speso 16 milioni 484 mila euro
pari al 14,1% del totale regionale; in coda le imprese con circa 5,3
milioni pari al 4,6%. Un'informazione particolarmente rilevante e'
costituita, inoltre, dai dati relativi al numero di personale addetto
alla Ricerca e Sviluppo che consentono di quantificare il capitale
intellettuale, effettivo e potenziale, a disposizione per le attivita'
di ricerca, nonche' di misurare la capacita' della nostra regione
di attrarre e mantenere capitale intellettuale. La concentrazione
del personale addetto alla R&S in Calabria riflette, in qualche
misura, quella rilevata per gli investimenti nel settore. Soltanto
lo 0,9% del personale afferisce agli istituti pubblici e privati di
ricerca calabresi, percentuale che, al contrario, raggiunge addirittura
il 18,8% nel Lazio e il 18,2% in Lombardia, e il 79,8% complessivamente
nelle regioni centro-settentrionali. Un andamento che rischia di accentuare
ulteriormente lo squilibrio esistente tra la nostra regione e le altre
realta' regionali del Paese e che, senza opportuni interventi di programmazione
istituzionale dal basso, avra' inevitabili e negative ripercussioni
sul tessuto economico e sociale calabrese.
Decentramento amministrativo molto
lento
Calabria terzultima nella classifica dei comuni piu' autonomi d'Italia
e 11* nel livello di impegno federale (LIF). Questi dati mostrano
come la Calabria sia tra le regioni piu' lente del Paese nell'avviare
i processi di decentramento fiscale e amministrativo. Vicini alla
posizione della Calabria, le amministrazioni comunali della Sicilia,
della Basilicata e del Molise, penalizzate principalmente da un'alta
dipendenza erariale, che registra il suo valore massimo tra i comuni
siciliani (41,7%) e calabresi (41,4%), e da bassi livelli di autonomia
finanziaria e impositiva. Di contro, dimostrano di essere piu' autonome
le amministrazioni comunali del Nord: in testa alla graduatoria, Lombardia,
Liguria, Veneto, Trentino Alto Adige, Piemonte, Emilia Romagna. E'
quanto emerge, da uno studio dell'Eurispes nel quale si e' voluto
evidenziare, partendo dal monitoraggio dei conti consuntivi delle
amministrazioni locali (relativi al triennio 2001-2003) e dalla valutazione
di alcuni indicatori economico-strutturali che concorrono a determinare
il grado di autonomia di un Ente pubblico, lo sforzo realizzato, dalle
realta' comunali, nell'ottica del federalismo. Cinque gli indicatori
considerati nell'analisi dei conti consuntivi delle Amministrazioni
comunali, relativi al biennio 2001-2003: autonomia impositiva, autonomia
finanziaria, dipendenza erariale, rigidita' strutturale e incidenza
delle spese del personale. Si e' giunti a tali risultati utilizzando
due misure: una statica, volta a determinare il grado di autonomia
raggiunto, l'altra dinamica, che concentra l'attenzione sulla maggiore
o minore rapidita' con la quale gli Enti comunali territoriali si
appropriano delle nuove opportunita' e quindi la velocita' di crescita
del federalismo.
Devolution finanziaria difficoltosa
A rendere difficoltoso il cammino della devoluzione finanziaria e'
il rispetto dei vincoli imposti dal Patto di Stabilita' Interno ai
quali sono sottoposti gli enti decentrati: e' in questa direzione
che vanno i provvedimenti ''taglia spese'' contenuti nelle ultime
leggi finanziarie. Sulla base della nuova Legge Finanziaria 2006,
il risparmio ''forzato'', ai fini della realizzazione degli obiettivi
della finanza pubblica per l'anno prossimo, dovrebbe interessare le
spese correnti degli enti locali, ad esclusione delle spese per il
personale e le spese sociali, che potrebbero subire un taglio del
6,7%. L'Eurispes, nel tentativo di tracciare una situazione prospettica
sulle possibili conseguenze che una riduzione di parte della spesa
corrente avrebbe sui bilanci delle Amministrazioni comunali, ha provato
a stimare, partendo dall'analisi del quadro finanziario dei Comuni,
in che misura tale riduzione possa incidere sul livello di pressione
tributaria. In altri termini, si e' cercato di stimare l'aumento della
tassazione locale necessaria affinche' gli Enti comunali possano ''pareggiare''
i bilanci per continuare a garantire e/o migliorare il livello dei
servizi ai cittadini. Il taglio del 6,7% su parte delle spese correnti
delle Amministrazioni comunali delle regioni a statuto ordinario previsto
dal nuovo disegno di Legge Finanziaria ammonterebbe a quasi 1.400
milioni di euro. Un ''risparmio forzato'' ottenuto dalle spese correnti
di ogni singola regione al netto della spesa sociale e della spesa
per il personale. Dall'analisi dei dati emerge che a subire il maggiore
contraccolpo, in termini di incremento delle entrate tributarie, sarebbero
le Amministrazioni comunali delle regioni del Mezzogiorno (8,6%),
le quali godono di una minore autonomia finanziaria e impositiva.
A seguire gli enti comunali del Centro con un piu' 6,5% e del Nord
con un aumento del 5,9%. In particolare, l'inasprimento della tassazione
locale riguarderebbe principalmente i Comuni della Calabria con 10,2%
e del Molise con il 10,6%, quelli della Basilicata (9,2%) e della
Campania (8,3%). Di contro, si ipotizza una minore pressione fiscale
soprattutto nei Comuni delle Regioni del Nord che presentano maggiori
livelli di autonomia. Valori al di sotto della media delle Regioni
a Statuto Ordinario (6,6%) si registrano, infatti, in Emilia Romagna,
in cui si prevede un aumento del gettito fiscale pari al 4,4%, in
Lombardia, con un incremento potenziale dell'imposizione pari al 5,4%
e a seguire: Liguria e Veneto (5,6%) e Toscana (5,9%).
E la popolazione invecchia
In Calabria nel 2005 gli ''over 65'' costituiscono un terzo della
popolazione tra i 20 e i 64 anni, nel 2050 il rapporto salira' al
66,7%. E' bene prendere coscienza che nei prossimi anni sono previste
modifiche sostanziali nella struttura della popolazione con una prevalenza
crescente di ultrasessantacinquenni rispetto alle persone di eta'
compresa tra i 20 e i 64 anni. In particolare la Calabria nel 2005
presenta rapporto percentuale tra persone con 65 anni e piu', e persone
tra 20/64 anni pari al 29,7%: ogni 100 soggetti tra i 20 e i 64 anni
ci sono 30 soggetti over 64 anni. Nel 2010 salira' al 30,7%, nel 2020
al 37,1%, nel 2030 al 47,7% per superare la soglia addirittura del
60 per cento nel 2040 (60,9%) e nel 2050 (66,7%). Nei prossimi anni
occorrera' abbandonare definitivamente la logica dei trattamenti di
disoccupazione e dell'improvvisazione congiunturale. La mancata messa
in campo di azioni che producano occupabilita' potrebbero costituire,
principalmente in realta' regionali come quella calabrese, una combinazione
esplosiva capace di compromettere il modello di solidarieta' intergenerazionale.
Occorre, inoltre, arginare l'attuale nomadismo occupazionale di una
porzione sempre piu' consistente di lavoratori, obbligati a cambiare
in continuazione settore produttivo e attivita' nel corso della vita
professionale. Sarebbe opportuno evitare, attraverso un mirato utilizzo
dei fondi comunitari relativi alle politiche attive del lavoro, che
l'aumento della flessibilita' del mercato del lavoro non si traduca
in un incremento della precarizzazione dei diritti o addirittura in
una loro negazione. Una strada percorribile nel medio periodo potrebbe
puntare, ad esempio, a stimolare strumenti ed incentivi legati alle
assunzioni e alle stabilizzazioni occupazionali, all'autoimpiego.