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Cronaca
Rapporto Eurispes sulla Calabria.

 

Il Rapporto Eurispes sulla Calabria evidenzia i problemi strutturali. Adamo: “Nel rapporto emerge una ripresa”

28/12 Una regione con problemi strutturali evidenti, ma che ha ancora la forza di sperare e di voler invertire la rotta. E' questa l' istantanea scattata dall' Eurispes Calabria per il 2006. Per il 2006, il 25,6% degli intervistati dimostra fiducia nel futuro economico della Regione, anche se in maniera lieve, rispetto al 2005 (in cui erano il 19,2%). I piu' convinti assertori di una forte ripresa economica rappresentano il 7,9% (il 6,5% nel 2005) ai quali si aggiunge il 17,4% di coloro che propendono per una lieve ripresa (agli inizi del 2005 erano il 12,7%); la quota di quest' ultimi cresce di quasi 5 punti. Prevale, comunque, analogamente a quanto rilevato nel 2005, l' area del pessimisti, di coloro che prevedono un peggioramento del ciclo economico: sono il 36,4% del totale (nel 2005 erano il 39,7%) diviso tra il 21,5% di quanti esprimono la convinzione che l' economia subira' un lieve peggioramento e il 16,3 % di chi non manifesta alcun dubbio circa il forte peggioramento. Come per il 2005 (36,2%) anche rispetto al 2006, resta elevata la quota, il 34,5%, di coloro che prevedono una situazione di stazionarieta': oltre un terzo dei calabresi, dunque, pensa che la congiuntura del prossimo anno sara' caratterizzata da un periodo di stagnazione economica in cui gli indicatori del prodotto interno lordo, degli investimenti, della programmazione negoziata, dell' accesso al credito e dell' import/export non faranno oscillare, in maniera significativa, le lancette della ricchezza regionale. Gli indecisi sono il 3,8%. Per quanto riguarda la disoccupazione tutto restera' come prima per il 47,1%. Tuttavia rispetto all' anno appena trascorso (32,2%) diminuisce il numero di soggetti, 27,4%, che ritengono che la disoccupazione aumentera' e, sul fronte opposto, sale la percentuale di quanti sono del parere che subira' una battuta d' arresto, il 21,3% contro il 17,3% del 2005. Sul fronte del risparmio resta ancora elevata la percentuale di coloro che vedono diminuire le possibilita' di mettere da parte qualcosa, il 39,8% a fronte del 46,8%. Il 23,1% pensano di risparmiare piu' o meno nella stessa misura. Cresce di 4,5 punti il numero di calabresi convinti di non riuscire a fare ''salvadanaio'' per il 2006, il 13,6% contro il 9,1% del 2005. Sul fronte opposto, con incremento rispetto all' anno precedente (15,9%) di oltre 5 punti la quota di intervistati, il 21,4%, che mostrano maggiore propensione al risparmio. Borsino dei calabresi: la casa, i fondi comuni di investimento ed il ''rifugio'' del conto corrente. Chi intende risparmiare si rivolgera' agli investimenti immobiliari (15,8% contro il 21,1% del 2005); ai fondi comuni di investimento (9,4%); agli strumenti assicurativi (9,1%); le azioni (8,4%). Fra il ventaglio degli strumenti finanziari proposti, in coda si collocano, secondo i calabresi, i buoni postali (5,9%), i titoli di stato (4,7%) le obbligazioni (3,1%) e i certificati di deposito (1,1%). Il 35,1% del campione per il 2006 non ha in programma alcun investimento. Parlando dei principali problemi che la politica regionale sara' chiamata a risolvere nei prossimi anni gli intervistati indicano le politiche del lavoro (23,3%) e la lotta alla criminalita' (19,4%); la maggiore garanzia di sicurezza, dopo l' omicidio del vice presidente del Consiglio regionale, Francesco Fortugno, afferma Eurispes, e' diventata una delle necessita' piu' impellenti per i calabresi. Tra le altre priorita' dell' agenda politica, viene segnalato lo sviluppo del settore turistico unitamente alla questione ambientale (16,8%), il rilancio dell' economia regionale ponendo particolare attenzione alla programmazione dei Fondi Comunitari (13,2%), e la sanita' (11,9%), infine, meno attenzione viene posta alla realizzazione delle grandi infrastrutture (7,8%) e alla formazione e scuola (5,7%).

Adamo: “Dal rapporto emerge una ripresa della Calabria”

28/12 ''Dal rapporto Eurispes si evince una ripresa, per quanto timida, della fiducia verso la possibilita' di crescita della Calabria. Un dato confortante che non va deluso. L' azione del Governo regionale, a distanza di pochi mesi dal suo insediamento, tende verso una politica economico-finanziaria e dello sviluppo finalizzata a sostenere tale fiducia''. Lo sostiene, in una dichiarazione, il vicepresidente della Giunta regionale, ed assessore all' Economia, Nicola Adamo. ''Abbiamo consapevolezza del fatto - aggiunge Adamo - che la Calabria deve predisporsi ad essere sempre piu' terra di opportunita'. Perche' cio' avvenga occorre lavorare a processi di modernizzazione e di crescita fondati sulla valorizzazione della risorsa identitaria. Per quanto ci riguarda bisogna sollecitare come forza propulsiva gli elementi di dinamicita' e le eccellenze. Produrre, insomma, una sorta di effetto 'pietra nello stagno': dai punti di forza far estendere ed allargare i cerchi della crescita e dello sviluppo in maniera concentrica e pervasiva. Oggi non e' ancora tempo per valutare i fatti ma siamo consci che e' soprattutto la capacita' di questo governo regionale ad essere posta a verifica in tempi medi o brevi''.

Il Rapporto: L’anno che verrà

Una regione con problemi strutturali evidenti, ma che ha ancora la forza di sperare e di voler invertire la rotta. Calabresi piu' formiche che cicale, ma che non esitano a manifestare un maggiore ottimismo per l'immediato futuro rispetto all'anno appena trascorso. Tra le priorita' da affrontare salgono criminalita', turismo e ambiente. E' questa l'istantanea scattata dall'Eurispes Calabria per l'anno che verra'. Per il 2006, il 25,6% degli intervistati dimostra fiducia nel futuro economico della Regione, anche se in maniera lieve, rispetto al 2005 (in cui risultavano pari al 19,2%) sale la percentuale degli ottimisti. In particolare, i piu' convinti assertori di una forte ripresa economica rappresentano il 7,9 per cento (a fronte del 6,5% del 2005) ai quali si aggiunge il 17,4 per cento di coloro che propendono per una lieve ripresa (agli inizi del 2005 erano pari al 12,7%); e soprattutto la quota di quest'ultimi a crescere, quasi 5 punti percentuali rispetto all'anno appena trascorso. Prevale, comunque, analogamente a quanto rilevato nel 2005, l'area del pessimisti, ovvero di coloro che nei prossimi 12 mesi prevedono un peggioramento del ciclo economico, complessivamente rappresentano il 36,4% del totale (nel 2005 rappresentavano il 39,7%) diviso tra il 21,5% di quanti esprimono la convinzione che l'economia subira' un lieve peggioramento e il 16,3 per cento di chi non manifesta alcun dubbio circa il forte peggioramento del quadro economico locale. Come per il 2005 (il 36,2%) anche rispetto al 2006, resta elevata la quota, il 34,5%, di coloro i quali prevedono una situazione di stazionarieta': oltre un terzo dei calabresi, dunque, pensa che la congiuntura del prossimo anno sara' caratterizzata da un periodo di stagnazione economica in cui gli indicatori del prodotto interno lordo, degli investimenti, della programmazione negoziata, dell'accesso al credito e dell'import/export non faranno oscillare, in maniera significativa, le lancette della ricchezza regionale. Gli indecisi, infine, sono il 3,8 per cento degli intervistati.

Diminuisce la possibilità di risparmio

L'indagine dell'Eurispes Calabria ha analizzato la delicata questione del risparmio, tentando di misurare la propensione al risparmio dei calabresi e i principali strumenti finanziari che verranno utilizzati nel prossimo anno per investire i propri risparmi. Trattandosi della seconda rilevazione, che l'Eurispes ha deciso di proporre, come per la precedente, all'inizio del nuovo anno, e' stato possibile costruire un primo storico e dunque un'analisi di trend, rilevando i principali mutamenti nelle opinioni e negli atteggiamenti intervenuti nell'arco temporale esaminato, 2004-2005. Chiamati a rispondere se nel corso dei prossimi dodici mesi si riuscira' a risparmiare di piu' o di meno rispetto al 2005, i cittadini hanno manifestato un orientamento abbastanza chiaro confermando le tendenze rilevate agli inizi del periodo precedente: anche se, rispetto al 2005 si registra una diminuzione (-7 punti percentuali), resta ancora elevata la percentuale di coloro che vedono diminuire le possibilita' di risparmio nel 2006, il 39,8% a fronte del 46,8% riscontrato nella precedente rilevazione. A seguire, ma con uno scarto di oltre 16 punti percentuali, l'orientamento di coloro i quali pensano di risparmiare piu' o meno nella stessa misura: il 23,1% a fronte del 25,5% del 2005. Ancora, cresce di 4,5 punti percentuali il numero di calabresi convinti di non riuscire a fare ''salvadanaio'' per il 2006, il 13,6% contro il 9,1% dell'anno appena trascorso. Sul fronte opposto, e con incremento rispetto all'anno precedente (15,9%) di oltre 5 punti percentuale la quota di intervistati, il 21,4%, che mostrano la maggiore propensione al risparmio. Ma come verranno principalmente investiti i risparmi? L'interrogativo, rivolto ovviamente soltanto a chi ha dichiarato una qualche quota di risparmio per il 2006, offre un quadro interessante circa gli strumenti finanziari ritenuti piu' sicuri dai calabresi. Rispetto all'anno appena trascorso, occorre rilevare che la composizione del portafoglio investimenti dei calabresi non subira' grandi cambiamenti. Vediamo, in dettaglio, le strategie di investimento che essi attiveranno per il prossimo 2006. Nonostante si registri una flessione di -5.3 punti percentuali, resta elevato il numero di risparmiatori, il 15,8% a fronte del 21,1% del 2005, orientati verso gli investimenti immobiliari; il mattone, dunque, rappresenta ancora il bene rifugio maggiormente preferito dai calabresi. Crescono, rispetto al 2005 (di 3,8 punti percentuali), le preferenze, pari al 9,4%, verso i fondi comuni di investimento, a cui fanno subito seguito, con il 9,1%, gli strumenti assicurativi (fondi pensione e assicurazioni sulla vita) e le azioni con l'8,4%; anche verso quest'ultime si registrano maggiori preferenze, nel 2005 erano pari al 6,4%. Buona parte dei calabresi, quindi, sembra dimostrare maggiore attenzione verso gli andamenti del mercati borsistici che, nell'ultimo anno, hanno segnato una ripresa che fa ben sperare per il futuro aumentando le aspettative di una maggiore redditivita' dei risparmi investiti. Fra il ventaglio degli strumenti finanziari proposti, in coda si collocano, secondo i calabresi, i buoni postali (5,9%), i titoli di stato (4,7%) le obbligazioni (3,1%) e i certificati di deposito (1,1%). Una valutazione a parte, infine, merita il 35,1 per cento del campione intervistato (nel 2005 era pari al 30,8%) che per il prossimo 2006, non ha in programma alcun investimento; non e' interessato ad utilizzare alcuno strumento finanziario e preferisce, dunque, tenere i propri risparmi sul conto corrente. Quest'ultimo dato, in conclusione, ci dice che fra i calabresi permane ancora e aumenta un clima di sfiducia e di incertezza verso il futuro che ostacola o rinvia le loro scelte di investimento. A suo parere quali sono i principali problemi che la politica regionale sara' chiamata a risolvere nei prossimi anni? Le azioni e gli interventi sul versante delle politiche del lavoro restano i grandi nodi da affrontare per la maggioranza dei calabresi (23,3%) insieme a quelli della lotta alla criminalita' (19,4%); la maggiore garanzia di sicurezza, dopo l'omicidio del Vice Presidente del Consiglio Regionale, Francesco Fortugno, e' diventata una delle necessita' piu' impellenti per i calabresi. Tra le altre priorita' dell'agenda politica, viene segnalato lo sviluppo del settore turistico unitamente alla questione ambientale (16,8%), il rilancio dell'economia regionale ponendo particolare attenzione alla programmazione dei Fondi Comunitari (13,2%), e la sanita' (11,9%), infine, meno attenzione viene posta alla realizzazione delle grandi infrastrutture (7,8%) e alla formazione e scuola (5,7%).

Sviluppo lento

Calabria ultima nel ranking di crescita raggiunto e sestultima nel livello di dinamicita' economica. Risultati che collocano complessivamente la regione tra le realta' piu' lente del Paese nell'imboccare la via dello sviluppo economico. A fare compagnia alla Calabria, la Basilicata, la Sardegna ed il Molise. Undici gli indicatori osservati: prodotto interno lordo, consumi finali, investimenti fissi lordi, impieghi, tasso di accumulazione del capitale, spese in ricerca e sviluppo, dotazione infrastrutturale, unita' di lavoro, retribuzioni lorde, imprese attive e capacita' all'export. E' quanto emerge dall'ISER, l'Indice di Sviluppo Economico e Regionale ideato dall'Eurispes Calabria per misurare il livello di sviluppo e di dinamicita' economica dei territori regionali italiani. L'istituto ha valutato il grado di dinamicita' economica regionale, partendo dall'analisi dei dati consolidati nel periodo 1997-2002 ed elaborati tendendo conto delle tendenze macroeconomiche e produttive rilevate nel periodo gennaio 2003-dicembre 2004. Per giungere alla determinazione dei risultati, si e' proceduto su due livelli di analisi: il primo relativo alla costituzione di un indicatore del livello di crescita raggiunto dalle regioni italiane al tempo t1 (anno 2002), e il secondo relativo al grado di dinamicita' economica rilevato nel corso dell'ultimo quinquennio, vale a dire nell'arco temporale compreso tra t0 (anno 1997) e t1 (anno 2002).

Tessuto imprenditoriale dinamico

Sebbene, il nostro indicatore relega la Calabria all'ultimo gradino della crescita economica, occorre evidenziare che a livello microeconomico si intravede una certa vitalita' nel tessuto imprenditoriale calabrese: nel 2005 il tasso di crescita delle imprese attive e' stato pari al 2,3% a fronte dell'1,3% della media italiana. Il tessuto produttivo, comunque, e' ancora debole, l'impresa individuale rappresenta la struttura portante del sistema economico locale: ben 8 imprese su 10 (l'82,1% del totale) assumono tale forma organizzativa, a fronte del 67,4% del dato complessivo nazionale. L'economia sommersa cresce molto di piu' di quella legale. Nel 2005 l'economia invisibile, si e' stimato, che e' avanzata ad un ritmo triplo rispetto alla crescita del prodotto interno lordo regionale: secondo le stime dell'Eurispes Calabria, il rapporto tra l'incremento dell'economia non contabilizzata e la ricchezza regionale e' stato pari a 2,9 punti. Il Pil nascosto calabrese ha proceduto ad un ritmo di crescita del 2,3% a fronte di una tasso di crescita stimato della ricchezza ufficiale regionale dello 0,8%. Nell'anno in corso, l'economia legale avrebbe prodotto una ricchezza pari a 23.289 milioni di euro (+0,8% rispetto al 2004) a fronte di un'economia nascosta stimata pari a 8.416 milioni di euro (+2,3% rispetto al 2004). Sul versante dei contributi evasi, l'ultimo dato disponibile (anno 2002) indica una massa di contributi evasi accertati in Calabria pari a 23 milioni di euro, la maggior parte dei quali provengono dalle aziende con dipendenti non agricole (area DM) con oltre 15 milioni di euro seguite dai lavoratori autonomi con quasi 5 milioni di euro e dalle aziende agricole che hanno evaso per 3 milioni di euro. Riguardo, invece, il numero di lavoratori coinvolti, dalle statistiche ufficiali emerge che il tasso di irregolarita' e' ancora il piu' elevato del paese: l'incidenza delle unita' di lavoro non regolari (202.500) sul totale delle unita' di lavoro nel 2003 e' pari al 31%; quasi un lavoratore su tre, dunque, non risulta in regola.

Ricerca scientifica marginale

Con lo 0,8% della spesa per la ricerca scientifica pari a circa 117 milioni di euro, la Calabria contribuisce agli investimenti complessivi in R&S in maniera assolutamente marginale. Peggio di lei solo Molise e Valle d'Aosta con lo 0,1% e Basilicata con lo 0,3%. Osservando, nel dettaglio, la spesa in R&S in Calabria per settore istituzionale emergono alcune differenze significative. A fare da traino la spesa per R&S delle Universita' quantificabile, al 2003, in 95 milioni euro pari all'81,3 del totale regionale (solo 1,9% del totale nazionale). Le amministrazioni pubbliche hanno speso 16 milioni 484 mila euro pari al 14,1% del totale regionale; in coda le imprese con circa 5,3 milioni pari al 4,6%. Un'informazione particolarmente rilevante e' costituita, inoltre, dai dati relativi al numero di personale addetto alla Ricerca e Sviluppo che consentono di quantificare il capitale intellettuale, effettivo e potenziale, a disposizione per le attivita' di ricerca, nonche' di misurare la capacita' della nostra regione di attrarre e mantenere capitale intellettuale. La concentrazione del personale addetto alla R&S in Calabria riflette, in qualche misura, quella rilevata per gli investimenti nel settore. Soltanto lo 0,9% del personale afferisce agli istituti pubblici e privati di ricerca calabresi, percentuale che, al contrario, raggiunge addirittura il 18,8% nel Lazio e il 18,2% in Lombardia, e il 79,8% complessivamente nelle regioni centro-settentrionali. Un andamento che rischia di accentuare ulteriormente lo squilibrio esistente tra la nostra regione e le altre realta' regionali del Paese e che, senza opportuni interventi di programmazione istituzionale dal basso, avra' inevitabili e negative ripercussioni sul tessuto economico e sociale calabrese.

Decentramento amministrativo molto lento

Calabria terzultima nella classifica dei comuni piu' autonomi d'Italia e 11* nel livello di impegno federale (LIF). Questi dati mostrano come la Calabria sia tra le regioni piu' lente del Paese nell'avviare i processi di decentramento fiscale e amministrativo. Vicini alla posizione della Calabria, le amministrazioni comunali della Sicilia, della Basilicata e del Molise, penalizzate principalmente da un'alta dipendenza erariale, che registra il suo valore massimo tra i comuni siciliani (41,7%) e calabresi (41,4%), e da bassi livelli di autonomia finanziaria e impositiva. Di contro, dimostrano di essere piu' autonome le amministrazioni comunali del Nord: in testa alla graduatoria, Lombardia, Liguria, Veneto, Trentino Alto Adige, Piemonte, Emilia Romagna. E' quanto emerge, da uno studio dell'Eurispes nel quale si e' voluto evidenziare, partendo dal monitoraggio dei conti consuntivi delle amministrazioni locali (relativi al triennio 2001-2003) e dalla valutazione di alcuni indicatori economico-strutturali che concorrono a determinare il grado di autonomia di un Ente pubblico, lo sforzo realizzato, dalle realta' comunali, nell'ottica del federalismo. Cinque gli indicatori considerati nell'analisi dei conti consuntivi delle Amministrazioni comunali, relativi al biennio 2001-2003: autonomia impositiva, autonomia finanziaria, dipendenza erariale, rigidita' strutturale e incidenza delle spese del personale. Si e' giunti a tali risultati utilizzando due misure: una statica, volta a determinare il grado di autonomia raggiunto, l'altra dinamica, che concentra l'attenzione sulla maggiore o minore rapidita' con la quale gli Enti comunali territoriali si appropriano delle nuove opportunita' e quindi la velocita' di crescita del federalismo.

Devolution finanziaria difficoltosa

A rendere difficoltoso il cammino della devoluzione finanziaria e' il rispetto dei vincoli imposti dal Patto di Stabilita' Interno ai quali sono sottoposti gli enti decentrati: e' in questa direzione che vanno i provvedimenti ''taglia spese'' contenuti nelle ultime leggi finanziarie. Sulla base della nuova Legge Finanziaria 2006, il risparmio ''forzato'', ai fini della realizzazione degli obiettivi della finanza pubblica per l'anno prossimo, dovrebbe interessare le spese correnti degli enti locali, ad esclusione delle spese per il personale e le spese sociali, che potrebbero subire un taglio del 6,7%. L'Eurispes, nel tentativo di tracciare una situazione prospettica sulle possibili conseguenze che una riduzione di parte della spesa corrente avrebbe sui bilanci delle Amministrazioni comunali, ha provato a stimare, partendo dall'analisi del quadro finanziario dei Comuni, in che misura tale riduzione possa incidere sul livello di pressione tributaria. In altri termini, si e' cercato di stimare l'aumento della tassazione locale necessaria affinche' gli Enti comunali possano ''pareggiare'' i bilanci per continuare a garantire e/o migliorare il livello dei servizi ai cittadini. Il taglio del 6,7% su parte delle spese correnti delle Amministrazioni comunali delle regioni a statuto ordinario previsto dal nuovo disegno di Legge Finanziaria ammonterebbe a quasi 1.400 milioni di euro. Un ''risparmio forzato'' ottenuto dalle spese correnti di ogni singola regione al netto della spesa sociale e della spesa per il personale. Dall'analisi dei dati emerge che a subire il maggiore contraccolpo, in termini di incremento delle entrate tributarie, sarebbero le Amministrazioni comunali delle regioni del Mezzogiorno (8,6%), le quali godono di una minore autonomia finanziaria e impositiva. A seguire gli enti comunali del Centro con un piu' 6,5% e del Nord con un aumento del 5,9%. In particolare, l'inasprimento della tassazione locale riguarderebbe principalmente i Comuni della Calabria con 10,2% e del Molise con il 10,6%, quelli della Basilicata (9,2%) e della Campania (8,3%). Di contro, si ipotizza una minore pressione fiscale soprattutto nei Comuni delle Regioni del Nord che presentano maggiori livelli di autonomia. Valori al di sotto della media delle Regioni a Statuto Ordinario (6,6%) si registrano, infatti, in Emilia Romagna, in cui si prevede un aumento del gettito fiscale pari al 4,4%, in Lombardia, con un incremento potenziale dell'imposizione pari al 5,4% e a seguire: Liguria e Veneto (5,6%) e Toscana (5,9%).

E la popolazione invecchia

In Calabria nel 2005 gli ''over 65'' costituiscono un terzo della popolazione tra i 20 e i 64 anni, nel 2050 il rapporto salira' al 66,7%. E' bene prendere coscienza che nei prossimi anni sono previste modifiche sostanziali nella struttura della popolazione con una prevalenza crescente di ultrasessantacinquenni rispetto alle persone di eta' compresa tra i 20 e i 64 anni. In particolare la Calabria nel 2005 presenta rapporto percentuale tra persone con 65 anni e piu', e persone tra 20/64 anni pari al 29,7%: ogni 100 soggetti tra i 20 e i 64 anni ci sono 30 soggetti over 64 anni. Nel 2010 salira' al 30,7%, nel 2020 al 37,1%, nel 2030 al 47,7% per superare la soglia addirittura del 60 per cento nel 2040 (60,9%) e nel 2050 (66,7%). Nei prossimi anni occorrera' abbandonare definitivamente la logica dei trattamenti di disoccupazione e dell'improvvisazione congiunturale. La mancata messa in campo di azioni che producano occupabilita' potrebbero costituire, principalmente in realta' regionali come quella calabrese, una combinazione esplosiva capace di compromettere il modello di solidarieta' intergenerazionale. Occorre, inoltre, arginare l'attuale nomadismo occupazionale di una porzione sempre piu' consistente di lavoratori, obbligati a cambiare in continuazione settore produttivo e attivita' nel corso della vita professionale. Sarebbe opportuno evitare, attraverso un mirato utilizzo dei fondi comunitari relativi alle politiche attive del lavoro, che l'aumento della flessibilita' del mercato del lavoro non si traduca in un incremento della precarizzazione dei diritti o addirittura in una loro negazione. Una strada percorribile nel medio periodo potrebbe puntare, ad esempio, a stimolare strumenti ed incentivi legati alle assunzioni e alle stabilizzazioni occupazionali, all'autoimpiego.

 

 

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