Ore decisive
per la scelta del commissario della FIGC. Lanese si sospende dall’associazone
arbitri. Cellino: “Con il Cosenza ci salvammo c’era
De Santis”. Moggi: "Lascio il calcio"
14/05 Ore decisive per la scelta del commissario della Federcalcio.
La decisione infatti dovrebbe essere presa domani. Anche oggi, nonostante
la pausa domenicale, il presidente del Coni Gianni Petrucci e il
segretario generale Raffaele Pagnozzi hanno fatto tappa nei rispettivi
uffici intessendo contatti a tutti i livelli per definire la prima
soluzione al problema della Figc. Le ipotesi sul nome di chi dovra'
traghettare la federazione e impostare il lavoro per riscrivere
le regole restano le piu' varie: oggi era circolato con insistenza
il nome di Mauro Masi, segretario generale di Palazzo Chigi, che
in serata sembrava pero' aver gia' perso quota. Le prime indisponibilita'
hanno ristretto la rosa dei possibili candidati, i nomi di Manzella,
Uckmar, Monorchio e Monti restano sul piatto, per ipotesi plausibili
o ballon d'essai.
Lanese si autosospende dall’Associazione
Arbitri
Tullio Lanese si e' autosospeso dalla carica di presidente dell'Associzione
Italiana Arbitri. Una scelta avvenuta dopo l'informazione di garanzia
pervenutagli nell'ambito delle inchieste sullo scandalo del calcio.
Pur sottolineando la sua estraneita' alle ipotesi di reato contestategli,
Lanese ha scelto l'autosospensione a tutela, dice un comunicato
dell'AIA 'dell'imm ne del movimento arbitrale e delle migliaia di
associati che lo compongono dedicando senza finalita' di lucro autentica
passione, energie e tempo all'assolvimento dell'attivita' arbitrale,
nel rispetto dei principi etici e morali cui ha sempre ispirato
le sue condotte'. Le funzioni di Lanese verranno cosi' assunte dal
vicepresidente eletto Cesare Sagrestani. L'autosospensione, spiega
il comunicato, e' destinata a durare per tutto il tempo tecnico
che risultera' necessario a chiarire la posizione di Lanese nelle
sedi giudiziarie, che ha contemporaneamente chiesto all'autorita'
giudiziaria competente di essere prontamente sentito sui fatti.
Cellino: “Avevo denunciato tutto tre anni
fa. Con il Cosenza ci salvammo, c’era De Santis”
14/05 "Avevo denunciato tutto tre anni fa. Non accadde nulla.
Quel verbale e' rimasto chiuso in un cassetto del Palazzo di Giustizia
di Catania". Il presidente del Cagliari calcio Massimo Cellino,
in un intervista pubblicata oggi sul quotidiano "L'Unione Sarda",
esprime sollievo per i primi risultati delle inchieste della m stratura
che stanno sconvolgendo il mondo del pallone, attacca Moggi e la
Gea, gli arbitri De Santis e Gabriele, rivela episodi che riguardano
anche il campionato in corso e denuncia "un piano per spedire
in serie B il Cagliari e salvare il Messina". Al telefono da
Miami, Cellino e' un fiume in piena: "la procura di Catania
indagava sulle mie dichiarazioni sui giornali durante la rivolta
contro la B a ventiquattro squadre. Il pm mi convoco' presso il
comando provinciale dei carabinieri a Roma, eravamo nell'estate
del 2003". Il presidente rossoblu riferisce di avere denunciato
agli inquirenti "il ruolo della Gea, l'arroganza di Moggi,
la cosca che controllava gli arbitri. Firmai il verbale con un senso
di liberazione. Quel verbale e' rimasto chiuso in un cassetto del
Palazzo di Giustizia di Catania". Cellino ritorna anche sull'incontro
Fiorentina -Cagliari del 30 ottobre 2005: "Arbitra Gabriele,
amico di De Santis. Prima della gara sono nervosissimo. Incontro
l'arbitro che mi dice: 'sei arrabbiato adesso, pensa alla fine della
partita '. Rimasi di sasso: 'Conosci gia' il risultato?'".
La partita termino' 2 a 1 "con rigore negato a Esposito sull'1
a zero per noi, espulsi Canini e Conti". In riferimento al
ruolo dell'arbitro De Santis, Cellino riferisce un episodio avvenuto
nel campionato di B del 2001, quando il Cagliari rischiava la retrocessione
in serie C1: "la partita era Cagliari-Cosenza, decisiva per
noi. Vincemmo. L'arbitro era De Santis. Una persona di cui non rivelo
il nome mi disse: 'Visto, Luciano si e' dimostrato un amico mandandoci
Massimo'. Luciano era Moggi, Massimo era De Santis. Capii tutto".
Quanto al piano per far retrocedere il Cagliari, il patron rossoblu
ha in mente una data decisiva, la trasferta di Ascoli del 23 aprile
in cui il Cagliari si giocava la salvezza mentre il Messina, diretto
concorrente sull'orlo della retrocessione, ospitava il Milan. "Ventura
(Giampiero, gia' allenatore del Cagliari in passato, ndr) passato
anche lui alla scuderia Gea, finisce sulla panchina del Messina.
Mi domando: come mai il furbo Ventura accetta un incarico cosi'
scomodo? Evidentemente ha avuto rassicurazioni". "Quando
so che l'arbitro di Ascoli-Cagliari e' De Santis - prosegue Cellino
- mi precipito in aeroporto e parto per l'Italia. Mi presento ad
Ascoli per far sentire la mia presenza a De Santis. Nonostante questo,
due espulsi e un rigore generosissimo all'Ascoli". Alla fine,
il Cagliari in nove pareggio' comunque ad Ascoli e i Messina fu
battuto in casa dal Milan: "per fortuna, il Milan si comporto'
in maniera esemplare. Il piano era zero punti per il Cagliari ad
Ascoli ed uno o addirittura tre al Messina. Se fosse accaduto, saremmo
andati in B". Le dichiarazioni del presidente Massimo Cellino
raccolte nell' estate del 2003 dai m strati di Catania sono state
trasmesse in originale, subito dopo l' interrogatorio, alla Procura
di Roma per competenza territoriale. Lo precisano ambienti della
Procura di Catania commentando le dichiarazioni rese dal presidente
del Cagliari a un quotidiano sardo.
Il pianto di Moggi “Lascio il calcio, ora
mi difendo”
14/05 Luciano Moggi non e' piu' il ''re del mercato'', uno dei
potenti del calcio italiano. Travolto dallo scandalo delle intercettazioni,
e' stato costretto alla ritirata. Il suo canto del cigno e' stato
in Puglia, ironia della sorte proprio nella regione del santuario
di Padre Pio, il santo a cui l'ormai ex direttore generale della
Juventus e' molto devoto. Moggi si e' commosso, non e' riuscito
a trattenere le lacrime lasciando lo stadio 'San Nicola', stanco
e provato. La sua (ex) Juventus aveva appeno vinto lo scudetto numero
29. La tristezza l'ha preso alla gola mentre vedeva i suoi giocatori
salire sul palco della Lega calcio per la festa del titolo, il settimo
di 'Lucianone' nei suoi 12 anni in bianconero. Magari, chissa',
si sara' anche pentito di qualche errore a suo dire di ''leggerezza''
commesso negli ultimi anni. Ma non ha dato un calcio al telefonino
che l'ha tradito. E, appena salito sul pullman che ha portato la
Juventus all'aeroporto, si e' immerso in una conversazione al cellulare,
dopo essersi asciugato le lacrime. Pochi minuti prima aveva dettato
la resa ai microfoni delle tv. In sala-stampa, dove era atteso da
decine di giornalisti, invece non si e' fatto vedere. Non se l'e'
sentita di sottoporsi a un bombardamento di domande, d'altronde
domani dovra' rispondere a quelle dei m strati. ''Domani ha annunciato
saro' dimissionario da dg della Juventus, da stasera invece il calcio
non e' piu' il mio mondo. Ora pensero' solo a difendermi da tutte
le cattiverie sul mio conto. Ad altre domande ora non rispondo:
non ho voglia ne' forza, mi hanno ucciso l'anima''. Per Moggi la
giornata barese e' stata molto intensa, dal punto di vista emotivo.
Proprio oggi ha ritrovato sulla strada Gianluca Paparesta, l'arbitro
che aveva chiuso a chiave nello stanzino dello stadio di Reggio
Calabria, furibondo per un rigore negato e un gol annullato alla
Juventus. Paparesta, oggi quarto uomo in Reggina-Juventus, e Luciano
Moggi si sono incontrati nel pomeriggio qualche minuto prima dell'inizio
della partita nello spogliatoio bianconero. L'arbitro barese, con
la distinta dei giocatori in mano, e' entrato nel locale del San
Nicola riservato alla squadra ospite dove c'erano giocatori, tecnici
e dirigenti, la Triade al gran completo, per il previsto riconoscimento.
Dopo essere entrato, Paparesta - che era solo - ha chiuso la porta.
Nello spogliatoio si e' intrattenuto un paio di minuti, con prevedibile
imbarazzo. Poi ne e' uscito. Moggi, con Giraudo e Bettega, ha visto
la partita-scudetto in tv, in una stanza della presidenza del Bari
calcio Nell'intervallo e' tornato nello spogliatoio, poi e' rientrato
nella stanzetta riservata per seguire gli ultimi 45'. Alla fine,
commosso, ha salutato la squadra. Nello spogliatoio del 'San Nicola'
c'era un tempesta di emozioni e pensieri.
Per la Juventus uno scudetto surreale. I fischi
nella festa
C'e' stato sempre un clima surreale ad accompagnare l'arrivo del
ventinovesimo scudetto della Juve al San Nicola. L'accelerazione
delle inchieste giudiziarie poteva far pres re anche una contestazione
dei tifosi, ma a parte alcune eccezioni (fischi e sparuti cori contro
Moggi e Giraudo), fin dai palleggi del riscaldamento Nedved e compagni
hanno ricevuto il caloroso incoraggiamento dei tifosi bianconeri
sulle gradinate dell'impianto disegnato da Renzo Piano. Prima di
rientrare negli spogliatoi, per indossare le divise da gara, il
difensore Cannavaro (idolo indiscusso della curva bianconera) aveva
scagliato gioiosamente nella sud un pallone, scatenando l'entusiasmo:
e' apparso un gesto liberatorio, quasi a voler rompere il ghiaccio
delle polemiche e del dis o per le intercettazioni che compromettono
l'imm ne della Vecchia Signora. La Juve voleva vincere a tutti i
costi con la Reggina, ma - soprattutto nei primi minuti - e' apparsa
bloccata, con il solo Nedved a dare la carica con le sue incursioni.
Poi la rete di Trezeguet ha ridato energia alla squadra con festeggiamenti
irrituali e sfrenati. Abbiati ha chiamato tutti i giocatori fuori
dalla panchina, un abbraccio soffocante ha seppellito il bomber
francese. E' stata una liberazione, dopo aver sentito il terreno
franare sotto i piedi: del resto il calo di rendimento aveva fatto
tornare insidioso il Milan, e la bomba-intercettazioni non aveva
certo creato il clima migliore per ritrovare equilibrio e carica
agonistica. Anche Capello, per una volta, ha abbandonato i panni
del goriziano freddo e misurato al gol di Trezeguet, ed e' saltato
in piedi davanti alla panchina, dove ha liberato la sua esultanza,
lontano dai calciatori. La rete di Del Piero, a tempo scaduto, e'
stata salutata dall'ovazione dello stadio, che ha tributato al suo
beniamino cori dal primo all'ultimo minuto. Poi c'e' stata l'attesa
della cerimonia della Lega, con il montaggio del palchetto al centro
del campo: nel silenzio dell'attesa i supporter reggini hanno cantato
''serie B, serie B'', potente contraltare alla solennita' che si
stava per compiere. Che la festa sia stata in tono differente rispetto
al passato lo dimostra anche il fatto che i giocatori non hanno
dato vita ad una festa rumorosa negli spogliatoi, dove si sono rapidamente
cambiati. Poi sono usciti con la divisa rossa chiamati a gran voce
dallo speaker. La coppa dello scudetto e' stata sollevata da Del
Piero, poi la corsa sotto la curva sud per l'abbraccio con gli ultras.
Nel dopopartita, il torpedone bianconero e' stato assediato da tifosi
e tifose juventine, a caccia dell'autografo del campione di turno:
all'interno del bus una atmosfera da giorno qualunque, con Blasi
che mangia un panino, Giannichedda che cerca di far entrare nella
zona off limit suo fratello, Abbiati e Buffon seduti ai propri sedili
senza troppa euforia. E' un ventinovesimo scudetto diverso dagli
altri, e non potrebbe essere altrimenti.
La triade contestata all’arrivo della Juventus
all’aeroporto
Nessun rientro trionfale, anzi. Una cinquantina di tifosi della
Juventus ha atteso all'aeroporto di Caselle il ritorno della squadra
che, battendo la Reggina sul neutro di Bari, ha conquistato il 29esimo
tricolore. Uno scudetto messo in dubbio dalle inchieste che hanno
provocato un vero e proprio terremoto sul calcio italiano e che,
in particolare, coinvolgono il dg e l'ad della Juventus, rispettivamente
Luciano Moggi e Antonio Giraudo. Ecco perche' i tifosi presenti
all'aeroporto di Caselle, guidati da 3-4 capi-ultra', hanno contestato
i dirigenti ed in particolare Moggi e Giraudo. "Noi la Triade
non la vogliamo", "Vergogna, vergogna" e "Liberate
Provenzano, arrestate big Luciano", i cori intonati dai tifosi
che hanno salvato soltanto un componente della Triade: il vicepresidente
Roberto Bettega, tra l'altro l'unico a non essere coinvolto nelle
ind ni che riguardano la Juve. I tifosi hanno anche inneggiato a
Boniperti e Platini, secondo il popolo bianconero sono loro gli
uomini su cui puntare per ripartire e dimenticare gli ultimi scandali.
Intanto un centinaio di tifosi attende la squadra davanti al centro
Sisport, al momento l'atmosfera e' tranquilla.
Di Pietro “Già tentativi di imbavagliamento”
''Al di la' dello sgomento dei primi momenti, gia' comincio a percepire
i sentori dei tentativi per cercare di imbavagliare. Penso, e sono
preoccupato, che fra qualche giorno il dibattito si spostera' su
chi ha fatto uscire le intercettazioni, sul perche' le ind ni sono
state iniziate, sulle r oni per le quali i m strati si mettono a
perdere tempo su queste cose. E' un film gia' visto. Ai tempi di
tangentopoli, quando si scopri' che il marcio era cosi' profondo
e toccava il sistema, si preferi' chiudere gli occhi e prendersela
con chi scopriva le ind ni e non con hi commetteva i reati''. A
sostenerlo e' stato il leader di Italia dei Valori, Antonio Di Pietro,
commentando con i giornalisti, a Catanzaro, lo scandalo che sta
sconvolgendo il mondo del calcio. ''Gia' comincio a sentire - ha
aggiunto Di Pietro - i sintomi del ritorno di questo escamotage
da parte di certi commentatori blasonati e seriosi, che dall'alto
del loro finto terzismo, pensando di dare un certo rattoppo, e cioe'
un colpo al cerchio ed uno alla botte, cominciano in questo modo
a creare un alone di non credibilita', o comunque di partigianeria
in quelle che sono le ind ni giudiziarie. Affinche' sia chiaro il
mio intervento e la mia preoccupazione, il mio allarme preventivo
su quel che accadra', invito tutti a rileggersi l' editoriale di
Sergio Romano sul Corriere della Sera di oggi, dove gia' inizia
in modo, seppure felpato, con argomentazioni ineccepibili sul piano
formale, a lanciare l'allarme che tutto quello che e' accaduto e'
colpa di questi m strati che vogliono farsi vedere o vogliono farsi
notare. A me preoccupano molto questi terzisti che sanno solo creare
il dubbio nell'opinione pubblica e cosi', piano piano, spostare
l'attenzione della stessa dalle questioni reali alle questioni formali''.
''Non e' l'espulsione di De Santis a livello internazionale che
ci deve preoccupare - ha concluso Di Pietro - ma e' la faccia, la
credibilita' internazionale che e' andata a rotoli, che ci deve
preoccupare''.
Capello: “Giù le mani del nostro
scudetto”
Orgogliosi di questo scudetto. E' la parola d'ordine dei bianconeri,
mentre lasciano il 'San Nicola' indossando la maglia rossa con il
numero 29 preparata dallo sponsor, quanti sono i titoli vinti. Comincia
Del Piero, autore dell'ultimo gol st onale, chiesto a gran voce
dal pubblico, il numero 194 in bianconero: ''Siamo stati protagonisti
di questo campionato nella maniera piu' pulita e piu' netta - dice
il capitano dei campioni d'Italia - siamo orgogliosi di questo titolo''.
Capello rafforza il concetto: ''Non abbiamo vinto questo titolo
per grazia ricevuta, ma sul campo. Siamo in testa da 76 giornate,
cioe' da due anni. E' stata dura perche' vincere il campionato e
arrivare a 91 punti non e' cosa semplice, ma ce l'abbiamo fatta,
superando anche il calo dovuto alla troppa sicurezza di essere gia'
al traguardo, che ci ha fatto un po' rilassati''. Capello elenca
le tre virtu' bianconere: ''attenzione, costanza e molta umilta'''.
Lo scudetto passa in secondo piano con tutto quello che e' successo:
ne' Capello, ne' Del Piero posso sfuggire il tema delle intercettazioni.
''Non siamo insensibili a quanto sta succedendo alla nostra societa':
speriamo vada a finire per il meglio, per noi...''. Del Piero e'
la bandiera della Signora, giura fedelta' alla Juventus anche nell'eventuale
cattiva sorte: "Rimarro'? L'ho gia' fatto in altre situazioni,
non ottimali per me - risponde - sono molto legato a questa squadra''.
E Capello? Restera' anche con la Juventus in B? ''Vedo che siamo
gia' alle sentenze - replica - io sono molto piu' cauto. Ho ancora
un anno di contratto con il club bianconero, rimarro''. Ma aggiunge:
''Tutti sanno quanto sia legato a Moggi, Giraudo e Bettega...''.
L'Inter pero' chiama, a quanto pare: ''Leggo tante di queste cose...'',
rimpalla evasivamente. La famiglia Agnelli vorrebbe convincerlo
a restare, anche se Capello avrebbe gia' deciso di chiudere in anticipo
il suo ciclo bianconero. ''Se la proprieta' del club mi chiama,
rispondo''. John Elkann e' gia' intervenuto, domenica scorsa, per
spiegare che ''la proprieta' e' vicina alla squadra '' e ''non e'
indifferente'' alla bufera del calcio. ''Un intervento positivo'',
taglia corta Capello. Tra le sue letture degli ultimi giorni il
tecnico bianconero ci mette anche i verbali delle intercettazioni:
''Certo che le ho lette, mi sono fatto una mia idea, che poi magari
non combacera' con quella dei giudici''. Moggi sembra finito irrimediabilmente
nei guai, Capello non gli volta le spalle: ''L'ho conosciuto come
un dirigente eccezionale, gli sono amico e lo saro' sempre''. Capello
ringrazia i tifosi bianconeri per il calore al 'San Nicola'. ''Hanno
dimostrato - dice - grande attaccamento, hanno capito che la Juventus
e' stata oggetto di tiro al bersaglio, ma che nell'inchiesta ci
sono altri''.