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Cronaca
Insediato S.E. Mons. Nunnari

 


Monsignor Salvatore Nunnari insediato nell’Episcopio di Cosenza-Bisignano

26/02 E' stato un abbraccio colmo di affetto e di partecipazione sincera quello con cui migliaia di cosentini hanno accolto il loro nuovo vescovo, mons. Salvatore Nunnari, insediatosi oggi pomeriggio. Nunnari, proveniente dalla Diocesi di Sant' Angelo dei Lombardi (Avellino), ha fatto il suo ingresso in citta' alle 17 e come atto di saluto ed omaggio alla citta' si e' chinato ed ha baciato la terra. Quindi ha raggiunto il teatro Rendano, dove ha partecipato alla cerimonia organizzata per l' accoglienza al nuovo presule, presenti il sindaco, Eva Catizone, il presidente della Provincia, Mario Oliverio, ed il presidente della Giunta regionale, Giuseppe Chiaravalloti e e autorita' politiche, civili e militari della citta'. La cerimonia era prevista inizialmente in piazza, ma, a causa della pioggia, si e' reso necessario spostarla all' interno del teatro. Nunnari si e' rivolto a tutti con parole che hanno espresso la sua emozione e la sua gioia per il mandato che e' stato chiamato ad assolvere Mons. Nunnari ha rivolto il suo indirizzo di saluto ai fedeli dell' arcidiocesi cosentina nel corso di una cerimonia svoltasi in Piazza Prefettura e successivamente ha celebrato la messa in Cattedrale insieme all' arcivescovo uscente, mons. Giuseppe Agostino, con il quale c' e' stato poi lo scambio delle consegne preceduto dalla lettura della bolla pontificia della nomina. ''Vengo in mezzo a voi - ha detto mons. Nunnari - consapevole dell' immenso patrimonio storico, culturale e religioso di questa terra, terra di San Francesco di Paola, di Sant' Umile da Bisignano, del Venerabile Gioacchino da Fiore e di Telesio, uomini retti e sapienti, che con la loro opera hanno reso piu' illustre la nostra storia. Vogliate da oggi accogliere umilmente anche me nei vostri cuori e nei vostri progetti come Padre, fratello e compagno di viaggio; come voi discepolo della Parola e per voi Vescovo e Pastore''. Nunnari, tra l' altro, e' giornalista pubblicista e per molti anni ha fatto parte del Consiglio regionale dell' Ordine dei giornalisti della Calabria.

Il saluto del nuovo Vescovo alle autorità”

Saluto di Padre Salvatore Nunnari, Arcivescovo di Cosenza-Bisignano,alle autorità e al popolo di Cosenza in Piazza Prefettura, nel giorno dell’ingresso in Cattedrale (26 febbraio 2005)
“Signora Sindaco, Signor Vice Ministro, Signor Presidente della Giunta regionale, Assessori, Consiglieri tutti, Signor Presidente della Provincia, Signor Prefetto, onorevoli deputati, autorità civili e militari, cari diocesani, accolgo con gioia il benvenuto nella splendida e nobile Città di Cosenza e volentieri ricambio i voti augurali. Vengo in mezzo a voi, consapevole dell’immenso patrimonio storico, culturale e religioso di questa nostra, da oggi profondamente mia, Arcidiocesi e trepidante di amore per ciascuno, miei carissimi fratelli cosentini. Dopo la mia missione in Alta Irpinia, il Santo Padre e il disegno di Dio mi chiamano a donare nuovamente la vita per voi tutti e a continuare nel segno della fede e della successione apostolica, la preziosa tradizione spirituale della Chiesa che è in Cosenza-Bisignano. Questa è la terra di S. Francesco da Paola, di S. Umile da Bisignano, del Venerabile Gioacchino da Fiore e di Telesio, uomini retti e sapienti, che con la loro opera hanno reso più illustre la nostra storia. Vogliate, da oggi, accogliere umilmente anche me nei vostri cuori e nei vostri progetti come Padre, fratello e compagno di viaggio; come voi discepolo della Parola e per voi Vescovo e Pastore.
L’amore per il suo gregge identifica il buon pastore, lontano da questa verità ogni sforzo umano sarebbe inutile. So bene, che per darsi tutto a tutti si deve essere pronti anche a soffrire, ( se il chicco di grano non muore, infatti, non porta frutto); giacché non vi è dono senza rinuncia. Il compito, a cui questo Vescovo viene chiamato e che avverte, oggi, con grande responsabilità, è quello di adoperarsi per la crescita e l’unità del popolo santo Dio. Ut unum sint, “affinché siano una cosa sola” e di creare quel tessuto umano che renda vivibile questa nostra terra. “Una cosa sola”, come uno, nella sua essenzialità, è il compito alto della politica e della vita delle istituzioni, che voi, autorità convenute, rappresentate e cioè la promozione dell’uomo. L’uomo è la creatura, a cui Dio ha affidato questo mondo e per la quale Egli stesso, datore di vita, ha conosciuto il dolore e la sconfitta della croce. A quest’uomo, agli uomini e alle donne di questa terra, Cristo dice oggi di non lasciarsi precipitare nel dirupo della disperazione nichilista, tanto frequente in questo secolo, perché l’esistenza umana è già stata redenta. ‘E stata sottratta, cioè, alla caducità e al male, al nulla e al vuoto e le è stato donato senso e scopo dal Signore stesso che è amante della vita. Tra i tanti servizi di amore e di impegno sociale, che si possono dare all’uomo, grande importanza riveste quello della politica. Il Concilio Vaticano II nella Gaudium et Spes dice che, la Chiesa nutre profonda stima e rispetto per coloro che sono chiamati a servire l’uomo con la responsabilità politica. “Servizio all’uomo”, sia questa la peculiarità, che contraddistingue gli uomini delle istituzioni. Il rispetto e la cura per la persona, infatti, sono il fondamento stesso della sua azione politica. Se la comunità sociale e politica devono, allora, avere l’uomo come unico fondamento e fine, esse non possono prescindere da una precisa visione antropologica. L’esperienza della storia dimostra che quando i sistemi politici ed economici non rispettano la natura, la dignità e i diritti della persona, e non li assumono come criterio, questi non sono più al servizio della sua promozione, ma la oscurano e la degradano a strumento di consenso e di potere. La persona umana, invece, come creatura possiede una consistenza e un valore, che vanno oltre i condizionamenti sociali ed ideologici; essa realizza pienamente se stessa soltanto in relazione con l’altro, col quale entra in contatto, si confronta e si dona reciprocamente. Compito delle istituzioni è riconoscerne i diritti, promuoverli e vegliare su di un loro esercizio non lesivo della libertà e dell’integrità altrui. Per questi motivi, quando l’azione politica, definita da Paolo VI – la forma più alta di carità- non diviene strada attraverso cui si fa il bene comune, tradisce la sua vocazione più intima. Personalmente, nutro una grande speranza negli uomini di buona volontà. Come abbiamo scritto noi vescovi nella lettera “Il Vangelo della Speranza per la nostra terra di Calabria, oggi”, la speranza è il migliore antidoto contro l’infiacchimento e le delusioni dell’esistenza, “La Calabria, infatti, che pure è terra di cultura, di forza morale, ci pare stia attraversando un periodo di stanchezza e senta l’esigenza di guide vere, di segnali e motivazioni per un chiaro, pur se faticoso, cammino storico”. Credo fortemente, cioè, in quanto affermato da La Pira, coraggioso testimone di profezia politica, la storia del mondo va verso il bene ed è “irresistibilmente avviata verso un ‘epoca di pace, di unità, di civiltà e di grazia ”. Per queste ragioni, cari cosentini, non stancatevi di cercare il bene anche quando questo è difficile da scorgere. L’uomo di oggi , infatti, si trova spesso schiavo di mille problematiche. Cari giovani, mi rivolgo a voi tutti. Questo vescovo conosce bene le vostre ansie e i vostri timori: la disoccupazione, le difficoltà nel progettare il futuro, la devianza, la tossicodipendenza. Ma sa anche, che in voi c’è una grande energia, una forza madre, una inesauribile fonte di speranza. Su questa certezza, dunque, costruiamo insieme una civiltà e un futuro d’amore. Per l’avvenire delle giovani generazioni, la Chiesa e le Istituzioni, nel rispetto dei ruoli, debbono insieme puntare a mete alte attraverso strade percorribili. Ogni responsabilità, infatti, non è per il bene di chi ne è rivestito, ma per il progresso, la crescita e lo sviluppo morale e civile di coloro che si devono servire. La politica, perciò, come qualsiasi altra attività umana, deve cercare sopra ogni cosa, al di là delle appartenenze e degli schieramenti, la realizzazione della comunità. Gli anziani da sempre nel cuore di Dio, devono sapere che la loro esperienza e la loro ricchezza di vita sono necessarie al futuro. Nessuno si senta inutile nella vigna del Signore. I sofferenti e i diversamente abili, che portano nel corpo la croce di Cristo, sappiano che occupano un posto prezioso nel cuore del Vescovo. Carissimi figli, al Signore e alla sua dolcissima Madre, che veneriamo col titolo di Madonna del Pilerio, vadano sempre i nostri pensieri e le nostre preghiere.
Vi abbraccio e vi benedico di cuore.

La “bolla” pontificia di elezione di Mons. Salvatore Nunnari ad Arcivescovo di Cosenza-Bisignano

GIOVANNI PAOLO VESCOVO, SERVO DEI SERVI DI DIO
saluta e impartisce la benedizione apostolica a
SALVATORE NUNNARI,
ARCIVESCOVO FINORA DI S. ANGELO DEI LOMBARDI-CONZA-NUSCO-BISACCIA,
SCELTO COME ARCIVESCOVO DELLA SEDE METROPOLITANA DI COSENZA-BISIGNANO

Diffondono eterna lode della Calabria non solo le nobili arti del suo popolo, ma ancor di più la sollecitudine apostolica e lo zelo con cui sin dall’antichità esso si è convertito a Cristo. Fra le sue Chiese in questo momento non possiamo assolutamente dimenticare l’illustrissima sede metropolitana di Cosenza-Bisignano, e ci affrettiamo a proporre per essa un nuovo Pastore, dopo che il venerabile fratello Giuseppe Agostino ha abdicato all’incarico di governarla.
Riponiamo dunque il Nostro pensiero in Te, venerabile fratello, che, dopo avere svolto il difficilissimo ministero episcopale tra i fedeli di S. Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia, certamente appari degno e sembri adatto ad affrontare questo compito. Per la qual cosa, preso in debita considerazione il consiglio della Congregazione per i Vescovi, con la pienezza dell’autorità apostolica a Noi conferita, Ti sciogliamo dal vincolo della precedente comunità ecclesiale e Ti proclamiamo Arcivescovo Metropolita di Cosenza-Bisignano, concedendotene i debiti diritti e imponendoTi i congrui doveri. Farai in modo che il Clero e i Fedeli di quella sede siano informati del Nostro decreto e della Nostra volontà; Noi esortiamo gli uni e gli altri a che, sotto la Tua guida, consapevoli della loro cristiana dignità, vivano e agiscano con spirito di carità. Ti raccomandiamo infine, o venerabile fratello, alla protezione della Beata Maria Vergine del Pilerio e al patrocinio dell’umile santo di Bisignano, affinché, supportato dagli aiuti superni, Ti adoperi con ogni mezzo per spiegare rettamente i precetti evangelici al gregge affidato alla Tua cura, onde esso ne riceva più abbondanti e salutari frutti.

Roma, San Pietro, 18 dicembre 2004.

In Duomo presenti le confessioni religiose Ortodossa, Valdese, Avventista ed Ebraica

Dopo la cerimonia civile, ha avuto inizio in Duomo la vera e propria cerimonia religiosa a chi hanno partecipato tutte le autorità e i rappresentanti ed appartenenti alle altre confessioni religiose: i Pastori della Chiesa Valdese Rosario Confessore e della Comunità Avventista Giuseppe Butera, il Vicario della Chiesa Ortodossa per le Calabrie Archimandrita Nilo Vatopedino e l'ebreo sefardita Carlos Canizo.

La presentazione di Mons. Agostino del suo successore

Questo momento è intensamente ed espressivamente ecclesiale. All’interno della liturgia eucaristica nella quale è, per noi, presente ed operante il Signore Gesù, crocifisso e risorto, questa sera accogliamo un altro volto sacramentale di Gesù, il nostro nuovo pastore che è segno storico e personale della stesso Signore, che in fondo è il vero Pastore e Vescovo dei credenti in Lui e segno per tutti, anche per i non credenti.
Come già sapete, per una legge ecclesiastica, io per grazia di Dio, ho raggiunto i limiti di età entro i quali ogni Vescovo in tutto il mondo è invitato a rinunziare alla cura del governo pastorale di una Chiesa particolare.
Questo io ho fatto, nella obbedienza della fede. Entro così in una fase nuova della mia vita che è l’ultima. È una nuova nascita. Ricordate, a riguardo, la domanda che si faceva Nicodemo: «Può un vecchio nascere da capo?». Certo. Sì che lo può, anzi lo deve. Bisogna ogni giorno nascere ed ogni giorno morire. La nascita dell’anziano è intensificare l’attesa del volto di Dio.
Vivrò il silenzio che ha il sapore dell’essenziale ed è anticipo di quello eterno dove ci sarà il trionfo della Parola assoluta e l’abbraccio dell’Amore che mi avvolgerà come pace ed estasi e che «occhio non vide mai né orecchio intese».
Pastoralmente, non cessando mai l’indelebile consacrazione episcopale, per mia scelta incoraggiata anche dal mio successore resterò nel Seminario Maggiore per una presenza testimoniale e di servizio, per i futuri preti di questa Chiesa. Mi presterò, ovunque richiesto, nei limiti delle mie forze, ad annunziare la Parola, nel ministero della riconciliazione, direzione spirituale e della consolazione.
La grazia dell’episcopato non può essere mai spenta. Pregate per me. Vi sono vicino, condividente, orante e vostro servo per Gesù.
È presente in mezzo a noi l’Eccellentissimo Nunzio, Mons. Paolo Romeo, che ossequio rispettosamente, come saluto, pure, gli Eccellentissimi vescovi presenti, i presbiteri, diaconi, religiose, religiosi, le autorità tutte ed il popolo di Dio, con particolare attenzione ai fratelli che vengono dall’Arcidiocesi di S. Angelo dei Lombardi, quelli di Reggio Calabria, specie della parrocchia del Soccorso, dove il confratello Mons. Nunnari è stato per tanti anni parroco, e dove, lo dico con commozione, io sono stato battezzato. Ci sono non pochi sacerdoti da lui guidati nella loro scelta vocazionale.
L’Eccellentissimo Nunzio è venuto per donare ora, nel contesto liturgico che stiamo celebrando, conferma sacramentale all’elezione del nuovo Vescovo, scelto dal Santo Padre a governare la Santa Chiesa di Dio che è in Cosenza-Bisignano.
Il Signore non ci lascia mai orfani, soli. Fra poco gli consegnerò il “mio” pastorale per indicare quella viva realtà nella Chiesa che è la successione apostolica.
Voi sapete che il Vescovo è un successore degli Apostoli. Mons. Salvatore Nunnari e, ora, il nuovo anello che ci lega, a ritroso, al “tralcio apostolico” ed, in avanti, all’attuazione vitale in questa Santa Chiesa cosentino-bisignanese, dell’unione in Cristo, con tutte le Chiese del mondo, con il Santo Padre, che è, perché successore di Pietro, il pastore dei pastori.
Mons. Nunnari, sessantacinquenne, Vescovo da sei anni, nell’Irpinia, è originario della mia e sua comune Madre Chiesa reggina. Siamo stati ambedue plasmati da un grande pastore, Mons. Giovanni Ferro, uomo di eccezionale trasparenza e di straordinaria carità. Cito – per farvene cogliere la statura – un’espressione che mi disse in una circostanza: «Perdi, pure, tutte le battaglie, ma vinci sempre quella della carità».
Mons. Nunnari ha una lunga ed intensa esperienza pastorale. È stato parroco, è licenziato in Teologia pastorale ed è stato Vicario per la pastorale nell’Arcidiocesi reggina.
È uomo di grande sensibilità per i poveri, gli ultimi; è amico vero di tanti giovani; uomo pratico ed incisivo. Sono certo che saprà guardare quanto è necessario per la nostra Chiesa e sarà sulle frontiere dell’oggi per una positiva azione pastorale.
Carissimo fratello Salvatore, dentro la nostra lunga amicizia, ora, ti abbraccio come mio successore in questa amata e gloriosa Chiesa cosentino-bisignanese.
Ti dico: sii forte ed amabile, verace ed attento a tutte le sofferenze ed alle molteplici attese dell’uomo di oggi, sii orante ed operante, capace di amare soffrendo e di soffrire amando.
A voi, miei fratelli e sorelle in Cristo, che siete tali e per sempre, dico: Accoglietelo. Viene nella Sua Croce perché, come dice il libro degli Atti gli Apostoli, sia «testimone della risurrezione di Gesù che è il solo Signore della Chiesa e della storia di ogni uomo e di tutti».
Egli solo, Gesù, «è Colui che è, che era e che viene». Egli è l’atteso degli uomini. Egli è la sola «speranza che non delude». Amen!

+ Giuseppe Agostino
Arcivescovo

La dedica sul pastorale donato da Mons. Agostino a Mons. Nunnari:

«A Mons. Salvatore Nunnari
già mio fratello presbitero nella Santa Chiesa Reggina
ed ora mio successore nella Chiesa Cosentino-Bisignanese
nel giorno del suo possesso canonico
con l’augurio di una guida pastorale
aperta a feconda novità»

 

L’ omelia di Mons. Salvatore Nunnari

Eccellenza Rev.ma Mons. Paolo Romeo, Nunzio Apostolico,
a Lei il mio caro saluto e il mio grazie per aver voluto, oggi, rendere presente qui il Santo Padre, che si è degnato di inviarmi a questa vetusta Sede di Cosenza-Bisignano come Arcivescovo Metropolita, a Lei, veneratissimo Padre mio predecessore, Monsignor Giuseppe Agostino, a cui mi legano vincoli di fraterno affetto, il ringraziamento del cuore. Lei, ha tanto segnato nella mia vita fin dagli anni della giovinezza.
A voi, carissimi Presbiteri, il mio primo abbraccio e la mia profonda considerazione per quel che siete e per quel che operate in comunione d’intenti e di sentimenti per la nostra Chiesa.
La presenza tra noi del venerato confratello Mons. Augusto Lauro, Vescovo emerito della sorella Chiesa di S.Marco-Scalea è l’espressione più fulgida di questo presbiterio per santità e sapienza di dottrina e di cuore. Insieme a Lui, mi piace ricordare in benedizione Mons. Vairo che dall’alto continua ad accompagnare la nostra Chiesa pellegrina nel tempo verso l’assoluto di Dio.
A voi, diaconi, espressione visibile della ministerialità dentro il popolo di Dio, il saluto e la consegna di essere accanto al Vescovo, sinfonia di amore che raggiunga i fratelli che vivono particolari situazioni di bisogno e di disagio.
Care Religiose e cari Religiosi, il Vescovo, custode della vostra vita consacrata, conosce il bene che qui operate con la testimonianza e l’esercizio dei particolari carismi e per questo vi ringrazia.
A voi, cari seminaristi, mia gioia e mia corona, l’abbraccio del Padre che seguirà personalmente il cammino formativo di ciascuno.
Saluto con commossa riconoscenza le rappresentanze così numerose della Chiesa di Reggio- Bova e di Sant’Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia, guidate dai loro parroci, dai sacerdoti e dai numerosi Sindaci della zona. Li stringo in un unico abbraccio assieme ai seminaristi di Sant’Angelo e Reggio.
Porto con me l’immensa ricchezza seminata nel mio cuore di prete e di Vescovo nei lunghi anni del mio ministero sacerdotale e nei pochi, ma assai significativi, del mio ministero episcopale.
Come potrò mai dimenticarvi ? E come potrò ripagarvi ?
Chiedo al Signore di colmarvi dei Suoi doni e della Sua consolazione.
Alle Autorità qui presenti rinnovo il mio saluto e la mia sincera gratitudine per l’impegno di servizio alla nostra gente.
Fedeli Laici, amici e fratelli tutti, da oggi sono vostro Padre, fratello e amico per camminare con voi, con voi pregare, amare e servire.
La Parola di Dio, che abbiamo, ora, ascoltato ci offre subito delle suggestioni, provocandoci ad una seria e coinvolgente riflessione.
Una donna al pozzo di Giacobbe, un uomo che la raggiunge, uno sguardo che la sorprende.
Quella donna era intenta alle faccende della vita quotidiana; i pensieri di ogni giorno seguivano i sentieri di sempre; il fluire conosciuto del tempo che passava e della vita che non cambiava, le avevano insinuato nell’animo una vena di sottile e incoffessata tristezza. Di fronte alla quale, ella reagiva con la forza delle braccia, la caparbietà di chi sa che deve andare avanti ad ogni costo lungo strade troppo note. Strade, attraversate da esperienze fugaci oscillanti tra piaceri e noie: la casa da accudire, i mariti da rimpiazzare, un corpo nel quale rifugiarsi ed uno spirito da nascondere il più a fondo possibile. Ma il suo era un orizzonte o semplicemente un’illusione ?
La donna era là, la brocca fra le mani - Nulla di nuovo sotto il sole -. Tirava su la corda dal pozzo. Poi – Dammi da bere !- le disse quell’uomo, ma non era il solo ad avere sete.
Fratelli e figli direttissimi, chiamato senza mio merito a servire la vetusta Chiesa di Cosenza-Bisignano, mentre avverto acutamente tutta la mia fallibilità umana, in questo nostro primo incontro non potendo, ovviamente, tracciare le linee di un programma pastorale, che può essere frutto di una comunione e di un insieme di contributi più ampi, mi piace con semplicità evangelica soffermarmi a leggere nell’icona della donna al pozzo, il momento storico, umano, liturgico e pastorale che stiamo vivendo in queste ore per capire quale tipo di sete esso racchiuda e a quali acque possiamo dissetarci.
- Un momento storico, dicevo, umano, liturgico e pastorale nel quale s’intersecano comunità ecclesiali diverse, Pastori diversi, uomini e donne, ragazzi e ragazze, preti e religiosi, credenti e non credenti, dentro i quali forse si rincorrono, si elidono e rinascono sentimenti di rimpianto e di attesa, di speranza e di gioia, di nostalgie e solitudini nascoste che squarcia i muri del cielo.
Desideri di essere amati e di amare, di continuare le battaglie della verità contro le menzogne, senza tradire il bisogno di tenerezza che alberga anche nell’animo più incallito e il diritto alla misericordia di Dio, che supera sempre le capacità e le misure dei nostri giudizi umani.
- Un momento umano e storico è quello, me lo permetta padre veneratissimo, che vive in questi giorni l’arcivescovo Agostino, che conclude ufficialmente il suo lungo ministero episcopale. Un ministero che per le mansioni stesse che Egli ha rivestito, per la Chiesa che ha profondamente servito, per le opere che lo hanno contraddistinto e gli scritti che ne sono scaturiti, per lo stesso stile col quale è stato vissuto, è valso ad illuminare uno squarcio della millenaria storia calabrese e a incidere profondamente nel costume, nel modo di essere e di pensare della gente. Quest’uomo, questo Pastore straordinario inizia oggi un’altra tappa del suo cammino. Vorrei leggere ciò che Egli adesso vive come sete di contemplazione e di pace, di sguardo paterno e sacro su stagioni ed eventi; sete di silenzio, per entrare dentro una verità ancora più piena ed una preghiera più prolungata; sete di parole non ancora pronunciate alle quali l’uomo pellegrino di assoluto attinga sillabe di verità più credibili, perché più sofferte.
- Momento storico ed umano per la mia terra d’Irpinia. Venuto dal mare e dal sole di Reggio sopra i suoi splendidi monti e sulle sue verdi valli per me sconosciuti e tanto amati, ho mosso i miei passi , come scrissi nel mio primo messaggio, cadenzandoli su quelli di quella gente che porta ancora sulle spalle i pesi dell’incuria degli uomini e della violenza degli eventi della natura. Gente, quella irpina, che si è aperta al mio ministero pastorale con straordinaria speranza, consentendomi di vivere una forte e bella stagione di semina. Ho seminato amore.
Ho messo con semplicità il mio cuore accanto al cuore di ognuno, accanto a quello dei preti e dei laici, dei vecchi e dei bambini, dei ragazzi, i miei ragazzi, e delle ragazze, dei soffrenti e dei disoccupati. Ho cercato di farmi nel mio piccolo “tutto a tutti” per non perdere nessuno; ho usato qualche volte l’atteggiamento severo del padre che mette in guardia e più spesso, quello del padre che accoglie e perdona. Ho asciugato lacrime e consolato percorsi di vita. Chissà quanti errori avrò commesso, ne chiedo ancora perdono. Ma su tutto ha prevalso la forza del mio affetto: dall’orizzonte del mio cuore mai scompariranno la terra e le montagne dell’Irpinia, gli ultimi casolari dei pastori che ho raggiunto, i volti, gli occhi e le mani di quella nobile gente.
- Ha sete l’Irpinia: sete di lavoro e di strutture, di una politica che sia servizio e di una Chiesa che sia accogliente come il grembo di una madre. Ha sete di un Pastore nuovo che corregga magari i miei errori, ma continui la strada della mia affettuosa presenza.
- Momento liturgico e pastorale. ‘E quello del nuovo vescovo dinanzi alla sua Sposa, la Chiesa di Cosenza-Bisignano. Ma anche di un Vescovo dinanzi ai suoi confratelli vescovi in Calabria.
A loro, stimati ed amati Pastori, voglio manifestare la mia sete di comunione e di fraternità. Ultimo fra loro, sarò al loro fianco per sostenere con rinnovato vigore pastorale, la vita delle Chiese calabresi e affrontare i problemi comuni come abbiamo fatto con la recentissima nota pastorale; con l’ occhio vigile delle sentinelle che scrutano, la cordialità dei fratelli che si amano, la passione degli apostoli, arsi dalla verità., il perdono di coloro che, se occorre, sanno compatirsi. Ultimo fra di loro, cercherò di esserci con questo impegno e con questo stile. Chiedo soltanto di essere accolto con affetto, sostenuto con la preghiera, giustificato con la larghezza del loro cuore. - E la sete di Cosenza-Bisignano. Con il trascorrere del tempo conoscerò meglio le vostre seti, fratelli e figli amatissimi, Tuttavia, fin da ora, avverto nella nostra Chiesa una sete profonda di comunione e di verità, di confronto e di dialogo sincero. Non serve a nessuno, infatti, chiudersi nel guscio delle proprie sicurezze e delle incomprensioni avute.
-Avverto anche la sete dei laici e dei preti, ai quali sarò vicino come fratello ed amico, con la casa sempre aperta per chiunque di loro senta il bisogno di una parola o di uno sguardo del padre. Sete di guardarsi negli occhi e di aiutarsi a guardare verso la stessa direzione, quella del volto sofferente e glorioso dell’eterno Signore.
- Avverto in questa Chiesa anche una generale sete di silenzio e di preghiera, di anime che contemplino e si immergano nella luce silenziosa di Dio.
- Avverto la sete di ministeri vissuti come servizio vero, ma che non si allontanino mai dalla fonte da cui sono emanati. Avverto la sete di una parresìa, la più franca, che non leda la carità e di un afflato nuovo di carità che non spenga la necessità della trasparenza. Avverto la sete di un modo nuovo di vivere la vita di Chiesa, che non trascuri mai l’umanità di nessuno, mai ingessata nel ruolo, ma aperta alle novità impensate e alle sorprese dello Spirito Santo.
- Avverto la sete di questa terra, che conosco per esserci nato e radicato, per avervi vissuto la mia vita e gettato nei solchi di ogni giorno la mia passione umana. So le seti dell’intera Calabria: sete di lavoro e di sicurezza per il futuro, di sostegno alla famiglia e di una nuova politica per gli anziani. Sete di orizzonti per i giovani e i ricercatori, perché i migliori cervelli non emigrino e i giovani che restano abbiano spazi di crescita in un ambiente sereno e sano e non cadano nell’oscuro tunnel delle droga e della disperazione.
- Sete di un’imprenditoria locale che possa impegnarsi, libera dalle paure, dai lacci della triste piovra della mafia, dei poteri occulti, dell’indegno strozzinaggio degli usurai; sete di amministrazioni trasparenti e di vere dialettiche politiche incentrate sui problemi della gente e non sui nominalismi e sulla corsa alle poltrone.
- Sete di una giustizia giusta, che si collochi all’altezza del suo ruolo, dello spirito delle leggi e della inviolabilità della persona umana, libera da analisi frettolose o orientate.
- Sete di mezzi di comunicazione non schiavi dei potenti di turno, ma rispettosi della verità e della sfera personale ed intima di ogni vicenda umana.
- Sete di libertà e di futuro. Sete di una Chiesa che faccia emergere i bisogni del territorio, che non spenga le speranze, ma che sappia offrire elementi e strade per dissetare.
Sento, infine, con particolare insistenza una sete propria della terra cosentina, che affonda le radici nella storia alta e feconda delle grandi stagioni culturali, ancora vive e pulsanti. Sete, cioè, di una cultura che da una parte si apra sempre di più alla ricerca scientifica e dall’altra si affacci ad una mondo umano sempre più plurale ed accogliente. Una sete
di cultura che non rinneghi, però, la propria identità, ma la offra come ricchezza e patrimonio ineludibilmente da condividere.
Anche su questa frontiera, credo che la nostra Chiesa, le cui figure e la cui tradizione hanno sempre conosciuto uno stretto legame col mondo della cultura, per quella naturale sintesi feconda tra ragione e fede dove le esigenze del pensiero e il mistero dell’invisibile Dio divenuto carne, abbia una parola da offrire, umili piste da indicare, per intrecciare i passi dei credenti con quelli degli uomini di scienza che non si stancano di continuare ad interrogarsi sul senso del mistero.
Fratelli e figli amatissimi, una brocca ed una donna al pozzo di Giacobbe. E lo sguardo di quell’uomo, anche lui con la sua sete – dammi da bere-; sete che porterà sino al calvario – sitio-, - ho sete-.
- Chi ha sete venga a me e beva….L’acqua che io gli darò diventerà sorgente che zampilla per la vita eterna-. Dalla ricchezza della sua Parola che lo Spirito Santo renderà viva in noi, attingeremo con gioia per dissetarci, dando senso e scopo alla nostra vita.
Eccomi in mezzo a voi, fratelli e sorelle, con voi cristiano, per voi Vescovo. La Madre di Dio e nostra, Madre del Pilerio, pilastro insostituibile della costruzione della nostra vita cristiana, che ci avvolge e con materna tenerezza ci consola e l’intercessione dei nostri S. Francesco da Paola e Sant’Umile da Bisignano, ci aiutino a camminare sui sentieri della Luce verso questa Pasqua nel tempo e verso la Pasqua eterna del Signore.
Amen. Amen.

La lettera di Mons. Nunnari a religiosi e laici


«SIA LA COMUNIONE LA NOSTRA CONSOLAZIONE»

Ai presbiteri, ai diaconi
ai religiosi e religiose, consacrati e consacrate, ai seminaristi
a tutti i fedeli laici della Diocesi di Cosenza-Bisignano

«Se c’è pertanto qualche consolazione in Cristo, se c’è conforto derivante dalla carità,
se c’è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione,
rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti,
con la stessa carità, con i medesimi sentimenti.
Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria,
ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso,
senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri” (San Paolo di Filippesi 2,1-4)

Mi rivolgo a voi, figli carissimi, con le parole di San Paolo: sono convinto, infatti, che abbiamo anzitutto bisogno di lasciarci guidare dalla Parola di Dio per fare nostri i desideri di Gesù, il cuore della Sua preghiera.
Mi rivolgo a voi e, giungendo tra voi, vi porto e vi consegno quel ministero episcopale che, da oggi, è a vostro frutto. E’ un dono: per me, certamente, ma per voi tutti.
Consegno questo dono consegnandovi assieme la mia vita: è un dono che mi identifica, mi definisce. E’ un dono, il ministero episcopale – come il ministero sacerdotale, come ogni altro ministero e vocazione specifica nella Chiesa –, che non può essere disgiunto dal dono della propria vita. E consegnare la vita, consegnarsi, significa amare.
Per questo, ogni vocazione è via di comunione: una comunione profonda, autentica, che dice l’autenticità e porta a compimento la vocazione stessa, realizzando la natura e la felicità dell’uomo il quale “non può vivere senza amore”1.
Venendo tra voi, e consegnandovi il mio ministero e la mia vita, vi consegno, dunque, il dono della comunione. Un dono di Dio, un dono che il vostro vescovo da Dio riceve e a Dio non cessa e non cesserà di chiedere. Un dono che il vostro vescovo si attende da voi.
Nell’ «Anno dell’Eucaristia»
Inizio il mio ministero in questa Diocesi di Cosenza-Bisignano proprio nell’ “Anno dell’Eucaristia”: ecco, ancora, il motivo della mia richiesta e del mio impegno di comunione.
Il Mistero Eucaristico, in questo anno, deve essere ritrovato, adorato, celebrato: nella preghiera, nella rinnovata cura liturgica, nella riscoperta del Giorno del Signore… Ma deve essere ritrovato, adorato, celebrato nel mistero “esigente” di quella “comunione” che la Lettera Apostolica Mane Nobiscum Domine ci ricorda dover essere “gerarchica” e “fraterna”2.
E’ a Gesù presente sotto le Specie Eucaristiche che guardano i miei occhi ed il mio cuore mentre vi parlo. Ed è da Lui che vi chiedo di ripartire. Insieme. Potrei affermare che l’Eucaristia-Comunione è quasi la sintesi del mio Programma Pastorale, l’Icona di ciò che il Signore mi chiede di fare, ma soprattutto di essere, per voi e con voi.
Sì, carissimi; ripartiamo dall’Eucaristia!
Sono lieto che la Chiesa, in questo anno, chieda a me, che sono il vostro pastore, di ricordarvi e di aiutarvi a fare di Cristo nell’Eucaristia l’origine e il fine di ogni scelta o sforzo, iniziativa o progetto. Ecco perché la mia prima parola tra voi è a Lui che la voglio far pronunciare, perché sia Lui a rispondere alla supplica che con la Chiesa eleviamo: “Mane nobiscum, Domine; resta con noi, Signore” (Lc 24,29)… “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 20,28).
“Io sono con voi”!
Celebrazione dell’Eucaristia e adorazione dell’Eucaristia – Mistero in cui Cristo rimarrà fino alla fine del mondo – sono i primi gesti, i primi impegni concreti che il vostro vescovo vi affida, consapevole che sono questi gli impegni “fontali”, i gesti da cui deriva la comunione che ci definisce e ci manifesta, come creature umane e come Chiesa.
L’Eucaristia è “sorgente dell’unità ecclesiale” e “ne è anche la massima manifestazione”3. L’Eucaristia è, infatti, “epifania di comunione”4 e, allo stesso tempo, “crea comunione, educa alla comunione”5. Perché è dalla comunione con Dio che ogni comunione prende vita.
Nel Padre, figli
Non facciamo certamente fatica a ritrovare il cuore di questo Mistero nella Santissima Trinità. Dio è amore, è comunione (cf 1Gv 4,8).
Per questo, non solo ogni vocazione tende alla comunione ma la stessa comunione è una vocazione dell’uomo, fatto ad immagine e somiglianza di Dio.
Dio Padre è la sorgente dell’amore (cf 1Gv 4,7). E i primi passi della vita di comunione muovono dall’esperienza della Sua Paternità.
E’ interessante notare quante volte gli esperti di scienze umane fanno risalire ad una problematica relazione paterna o materna difficoltà o conflitti relazionali dell’uomo. Consapevoli della complessa e completa struttura della persona umana, possiamo dire che l’amore di comunione, che comprende e supera le stesse dinamiche relazionali, si impara anch’esso dal sentirsi veramente amati, dal lasciarsi veramente amare. E Dio, il Padre, ci ha amati per primo! (1Gv 4,19).
Vogliamo, dunque, riscoprire il senso della Paternità. Anzitutto, riscoprire la Paternità di Dio riper¬cor¬rendo assieme, attraverso la conoscenza e la meditazione della Sua Parola, il Suo operare nella storia della salvezza, il Suo rivelarsi al popolo di Israele che, gradatamente, impara a considerare Dio come Padre in tutte le vicende, liete e tristi, della propria vita. Anche a noi è chiesta questa consapevolezza e questa conversione, questo guardare la nostra esistenza alla luce di un Amore di Padre che la guida.
Ma, unitamente alla Paternità di Dio, vorrei riscoprissimo il senso della paternità umana. Non solo il Padre che è nei cieli e ci ha dato la vita ma anche il padre e la madre che hanno trasmesso a noi questa esistenza con un amore grande, più grande di ogni possibile insufficienza. E’ bello ritrovare il valore della famiglia, primo soggetto della pastorale, proprio a partire da questo rinnovato senso di filialità, riscoprendo ad un tempo il valore di un comandamento di Dio e l’esperienza più originaria di comunione che la persona umana possa vivere.
Ed è in questo orizzonte di paternità, divina ed umana, che anch’io vedo la mia paternità di vescovo, guardando sempre al Padre e portando ancora nel cuore il volto del mio padre e della mia madre terreni. Voglio essere padre per voi, vivendo - e chiedendovi di vivere – in questo modo quella comunione gerarchica che edifica la Chiesa sul rispetto dei ministeri e che edifica i ministeri sul segreto servizio dell’amore.
Ecco il mio chiedere la comunione: come il padre la desidera e la chiede, ai figli e per i figli. La chiedo con la parola, le scelte concrete. La chiedo soprattutto con la preghiera, piegando le ginocchia davanti a quel Padre dal quale ogni paternità, anche la mia, prende nome (cf Ef 3,14-15).
La Chiesa ci esorta, per il nuovo millennio, a crescere nella preghiera; a far crescere, in particolare, la “spiritualità della comunione”: e questa parte dal riconoscere “il mistero della Trinità che abita in noi”6.
Creature di Dio Creatore, figli di Dio Padre, nel nostro volto ritroviamo quel volto d’amore che ci fa simili a Lui. E’ questa immagine che ci definisce e permane in noi nonostante ogni debolezza: l’incapacità, l’indigenza, la malattia, il peccato, la morte.
Dio ha scelto l’umana debolezza (cf 1Cor,26–30) per confondere l’umana forza; per confondere chi vuol cercare la propria immagine al di fuori di Lui; per confondere chi vorrebbe autocomprendersi senza un Padre. L’essere e il sentirsi figli manifesta, nella visibile debolezza dell’umanità, la Forza Invisibile di un Amore Misericordioso e Sorgivo, operante in noi stessi e in ogni persona.
Nel Cristo, fratelli
La “spiritualità della comunione” ci chiede, pertanto, di allargare lo sguardo, vedendo la luce della Trinità “anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto”7. Per ritrovare il dono della comunione è essenziale saper vivere il dono della fraternità. E come, per sentirsi figli, occorre guardare al Padre, così, per sentirsi fratelli, occorre guardare al Figlio.
Come spiega Bonhoeffer, il cristiano ha bisogno del fratello prima di tutto “a causa di Gesù Cristo”: ha bisogno di un fratello che gli annunzi il Cristo-Parola, che gli porti il messaggio di salvezza. Il cristiano, poi, può essere fratello solo “per mezzo di Cristo”: perché, se è vero che tra gli uomini c’è conflitto, è altresì vero che “Egli è la nostra pace” (Ef 2,14). Il cristiano, infine, vive la fraternità in virtù della propria appartenenza a Cristo, sulla terra e nei cieli: “chi guarda suo fratello, deve sapere che sarà unito a lui in eterno in Cristo Gesù”8.
Il paradosso di una fraternità che rimane e si accresce, nonostante quanto di conflittuale sembri albergare nei nostri cuori, trova in Cristo, fatto Uomo e divenuto Fratello, la sua forza nascosta e trascendente.
Egli, Redentore dell’uomo, può restaurare nell’uomo quella capacità di amare il fratello sfigurata dall’odio e dalla vendetta, dall’autoaffermazione e dalla prevaricazione, dall’egoismo e dalla gelosia. Egli, presente in ogni fratello, attende di ricevere il dono della comunione di chi, prendendosi cura del fratello, si “prende cura” di Lui.
Da padre, desidero custodire ed alimentare in questa Chiesa di Cosenza-Bisignano la bellezza della fraternità. Per questo motivo, vorrei che il Volto del Signore - contemplato nell’Eucaristia, in noi stessi, nell’altro - ci aiutasse a guardare nel quotidiano alle bellezze nascoste di chi ci sta accanto e ad affrontare con l’amore le difficoltà che talora si esasperano fino a diventare lotte, fino a toglierci la pace.
Penso alle nostre famiglie, alle singole parrocchie, agli istituti religiosi. Penso al dono preziosissimo della fraternità presbiterale che arricchisce il nostro ministero e rende efficace e feconda ogni iniziativa ed ogni programma pastorale: ho imparato questo nella comunione con i confratelli vissuta in tanti anni di esperienza come vice-parroco e parroco, che ha fatto crescere il mio sacerdozio e, ancora oggi, è per me forza ed insegnamento.
Sì, figli carissimi: Cristo, nostro Fratello, è la nostra pace. Egli è la Pace. Un impegno che la Chiesa ancora ci affida, all’alba del nuovo millennio, è senza dubbio il cammino della pace, della serena convivenza tra popoli di diverse culture e religioni, dell’unità tra i cristiani. Vorrei che fosse questo il sentiero che percorriamo in Diocesi, camminando così in un reale percorso ecumenico e mantenendo il cuore aperto all’accoglienza di ogni “straniero”, di ogni “estraneo”, di ogni “diverso”. Tutto questo sarà autentico e costruttivo solo se fatto come Chiesa: e come Chiesa impegnata a vivere in sé la comunione.
So bene quanto sia più facile, a volte, costruire ponti al di fuori: ma essi rimangono pericolanti e pericolosi se uno dei pilastri d’appoggio non è quello della comunità ecclesiale. Madre che genera ed accoglie, la Chiesa, che noi siamo, è veramente “strumento di unità di tutto il genere umano”9.
Ecco, dunque, che la nostra fraternità in Cristo - familiare, comunitaria, diocesana – diventa fraternità universale. Due strumenti possono aiutarci a crescere in questa fraternità. E sono gli strumenti che il Papa suggerisce proprio per un adeguato cammino ecumenico: il dialogo e la preghiera.
Anzitutto il dialogo, elemento costitutivo dell’essere umano e della sua dignità10. Un dialogo che, “prima di diventare colloquio, deve rivolgere la propria attenzione verso l’altro, cioè verso colui col quale vogliamo parlare”11.
Dobbiamo riscoprire la pazienza e la potenza della parola umana e farla nascere dal silenzioso sguardo rivolto al fratello, dall’ascolto dei suoi veri bisogni. Dobbiamo alimentarla di verità, questa parola, e non svuotarla riempiendola solo di rivendicazioni o emozioni.
Credo che, oggi, il vero dialogo sia non solo mezzo di unità ma preziosissimo strumento pastorale di evangelizzazione. Ma il vero dialogo esige consapevolezza della propria identità, senza la quale creerebbe pericolo di confusione e non crescita nel confronto. E la nostra identità – di creature umane e di Chiesa - è, precisamente, la comunione.
Per questo, l’altro elemento dell’unità è la preghiera. In fondo, riscopriamo in noi il senso, il valore e il desiderio della comunione, che travalica tutte le nostre inadeguatezze, proprio attraverso la preghiera di Gesù: “Padre, che siano una cosa sola…!” (cf Gv 17, 11.20). Più siamo “in” Cristo, più preghiamo per l’unità; e invochiamo, per noi stessi anzitutto, quella conversione del cuore che ci permette di accogliere la comunione come dono del Signore, trasformandola in accoglienza, perdono, amore fraterno.
Nello Spirito di Comunione
Carissimi, anch’io voglio concludere questa Lettera con la preghiera, con l’invocazione allo Spirito Santo.
Riproponendovi le parole del mio motto episcopale, ho voluto qui rileggere la consolazione come comunione: “sia la comunione la nostra consolazione”. E quante volte sperimentiamo il valore consolante della comunione fraterna, dell’amicizia, dell’amore umano! Ciascuno di noi è stato certamente visitato da Dio con il dolore e nella difficoltà: e sa per certo che nulla, se non l’amore, può sostenere laddove il buio della sofferenza renderebbe insopportabile persino la vita.
In questo momento, il mio pensiero va a tutti coloro che, nella nostra Chiesa Diocesana, sono chiamati a portare al mondo l’amore di Cristo vivendo il ministero della sofferenza fisica, psichica, spirituale. Mi sento fortemente vicino a ciascuno di costoro, che già da tempo porto nel cuore della mia preghiera e alla cui offerta e preghiera mi affido con umile fiducia.
Il dono dello Spirito Santo passa per il cuore di Cristo trafitto sulla Croce. E lo Spirito Santo è, assieme, consolazione e comunione.
Egli è il Paraclito. Egli è l’”Amore unificante” tra l’”Amore Amante” del Padre e l’”Amore Amato” del Figlio. Egli è “in persona il dono dell’Amore”12.
Lo Spirito Santo “è”, dunque, comunione. Quella comunione che invoco, attendo, spero: della quale, nello Spirito che mi ha consacrato, desidero essere testimone e collaboratore. E chiedo anche a voi di esserlo: a voi, consacrati nel Battesimo, nel ministero sacerdotale, nella professione religiosa, nella vita verginale; a voi consacrati ad un’esistenza contem¬plativa o per il sacramento del matrimonio…
A tutti, chiedo di ravvivare continuamente il dono dello Spirito che la Grazia ci elargisce nei Sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia.
A tutti, chiedo di pregare: sin dall’inizio del mio ministero tra voi. Nella preghiera si ravviva continuamente il dono dello Spirito, che ci aiuta a fare della nostra preghiera una preghiera di comunione e della nostra comunione una comunione di preghiera; ad operare una conversione alla comunione per imparare ad accoglierla come dono: perduto ma cercato; disatteso ma atteso.
Come dono!
Sta qui, come credo esprima bene Von Balthasar, il cuore della conversione alla comunione, da chiedere ed affidare allo Spirito Santo. “A Lui, che è quanto vi è in Dio di più sottile, di più prezioso e meraviglioso, noi dobbiamo aprirci senza remore, senza saccenteria, senza irrigidimenti, onde essere da Lui iniziati al mistero che Dio è amore. Non mettiamoci in mente di saperlo da soli! «In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (1Gv 4,10). Solo lo Spirito ci insegna così a cambiare la nostra prospettiva, ma per suo mezzo noi possiamo apprendere veramente che cos’è l’Amore nella prospettiva dello Spirito”13.
Che lo Spirito, “il dono dell’Amore in persona”, ci abiti e ci inabiti; guidi su sentieri di consolante comunione la nostra Chiesa di Cosenza-Bisignano e la comunità civile; raggiunga attraverso di noi ogni cuore piagato o aperto, dubbioso o indurito, gioioso o solo.
Con il conforto della carità, con l’unione dei nostri spiriti, con umiltà e senza vanagloria, senza cercare il nostro interesse ma quello degli altri… possiamo davvero essere, gli uni per gli altri, segno e strumento della consolazione che è in Cristo. E questo renderà piena la mia gioia! (cf Fil 2, 1-4).
Affido questa invocazione e questa gioia a Maria: a Lei, che da bambino e da prete ho venerato come Madre della Consolazione e che oggi accolgo come Madonna del Pilerio, perché mi introduca in questa terra e in questa Chiesa. Affido tutto a Lei: nella certezza che Lei, la Madre, intercede potentemente per l’unità dei suoi figli, per la comunione dei figli di Dio.
Per Cristo, nello Spirito, con gioia vi affido al Padre. E, con tutto il cuore, tutti vi benedico

+ Salvatore Nunnari
Arcivescovo

Cosenza, 26 febbraio 2005

1 Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Redemptor Hominis, 10
2 Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Mane Nobiscum Domine, 21
3 Ibidem
4 Ibidem
5 Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Ecclesia de Eucaristia, 40
6 Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte, 43
7 Ibidem
8 Dietrich Bonoeffer, Vita Comune - Queriniana 1994, p. 18-20
9 Concilio Vaticano II, Costituzione Dogmatica Lumen Gentium, 1
10 Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Ut Unum sint, 28
11 Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Redemptor Hominis, 11
12 Bruno Forte, Trinità come storia – Edizioni Paoline 1988, p. 136
13 Hans Urs Von Balhasar, Il Credo – Jaka Book 1991, p. 58

 

Il Discorso del Presidente Oliverio

Sono profondamente onorato, Padre Arcivescovo, ed altrettanto profondamente emozionato nel compito di darLe il benvenuto a nome della comunità rappresentata dai 66 tra paesi e città che compongono la Diocesi che guiderà nei prossimi anni. Città e paesi che conservano tracce nobili; di arti, lettere, filosofia. Siamo nella città di Bernardino Telesio ; nella quale lo ”Stupor Mundi”, Federico di Svevia, consacrò lo splendido Duomo che la attende; ci dividono pochi chilometri dal luogo in cui nacque Francesco di Paola; delle visioni dell’Abate Gioacchino ancora ha tracce San Giovanni in Fiore.
Una realtà quasi del tutto coincidente, la Diocesi, con la provincia stessa di Cosenza, della quale Lei avrà presto esperienza e che oggi, posso affermarlo con certezza, ha grande motivo di gioia nel riceverLa, riconoscendoLa guida futura sicura ed autorevole, come già lo è stata Monsignor Agostino.
Ci sentiamo confortati, Eccellenza, dalla fama che la precede e che parla di Lei come uomo di profonda fede e passione nella promozione umana. Sappiamo della sua vicinanza ai poveri, agli emarginati, agli ultimi; abbiamo appreso della esperienza di radicamento popolare nella città di Reggio Calabria e del suo impegno significativo e costruttivo nell’Irpinia del dopo terremoto; conosciamo la forte sensibilità sociale e la sua capacità di collaborazione e di dialogo istituzionale.
Nel messaggio che Lei ha inviato in occasione della elezione a Metropolita , c’è un passo di straordinario spessore emotivo, seppure nella sua apparente semplicità.
Lei, Arcivescovo, scrive “mi presento come fratello”.
Ed è come fratello, nel senso più forte e profondo che alla parola può esser dato, che ci sentiamo di accoglierLa, pronti ad intraprendere un cammino comune che rafforzerà l’ormai consolidata vicinanza che ha caratterizzato e legato le istituzioni cosentine, quali la Provincia, alla Chiesa locale. In questo, proseguendo nel solco che Monsignor Agostino ha tracciato con il suo aratro potente di intellettuale lucido, oltre che di Pastore di radicata ed illuminata Fede, che ha raggiunto in questi anni le coscienze di molti, duraturamente.
I passi comuni che potremo compiere, Monsignor Nunnari, ci porteranno di certo verso il disagio che la nostra società- pure matura, consapevole, attaccata ai valori tradizionali- nasconde o subisce.
Ci indicheranno di volgerci verso chi soffre la mancanza di lavoro; ci spingeranno a stabilire contatto e vicinanza sempre più stretti e di qualità speciale con chi sperimenta la sofferenza fisica e morale; ci avvicineranno alla nostra gioventù alla quale ci sforzeremo di evitare angoscia.
Daranno un senso alla solidarietà intesa come condivisione.
Saranno passi, Eccellenza, che sicuramente imporranno scelte coraggiose, che saranno vittoriose, se sostenute assieme, ancora contro la criminalità, contro l’usura.
Diremo no a chi tenta di imporre la logica della violenza contro quella del dialogo fecondo.
Non lasceremo solo chi subisce.
Saremo insieme, se Lei ci chiamerà.
Perché per nostro conto, Monsignor Nunnari, come Padre Agostino sa, abbiamo avviato una azione di governo che si contraddistingue proprio aver imboccato queste direzioni, come avremo modo di informarLa nel prossimo futuro.
Un futuro, Padre Arcivescovo, che immaginiamo soprattutto di pace, parola che racchiude tutto il bene possibile, per la nostra gente che da oggi, giorno felice, sarà la Sua gente.
“Ama la Pace, tieni la Pace, porta quanti vuoi al possesso della Pace. I suoi confini si allargano quanto più cresce il numero di coloro che la posseggono”, indica Sant’Agostino.
Noi lo crediamo fermamente, caricati dalla grande responsabilità di rappresentare chi ci ha consegnato speranze, istanze, progetti.
Ed è con questo impegno che La lascio al Suo popolo che in festa la aspetta così numeroso: di adoperarci sempre, anche con il suo illuminato aiuto, affinché proprio i confini della Pace, partendo da questo nostro territorio, da questa nostra comunità, possano oltrepassare l’orizzonte segnato dai profili delle montagne che conoscerà, della linea del mare che così generosamente ci circonda.
Benvenuto fra noi!

Il saluto del Sindaco di Rende Principe

“A nome mio personale, dell’Amministrazione Comunale e dell’intera città di Rende, porgo a Sua Eccellenza, Monsignor Salvatore Nunnari, nuovo Arcivescovo di Cosenza-Bisignano, un saluto sincero.
All’illustre presule, che ha sempre rivolto il Suo sguardo misericordioso agli ammalati, nel corpo e nello spirito, predicando la parola di Dio con fede, passione e tenacia, ribadisco in questo momento solenne, la mia più profonda stima ed incondizionata vicinanza. Sono sicuro che la Sua azione, improntata da sempre alla solidarietà ed alla giustizia sociale, ci porterà ben presto ad avviare un lavoro comune, incentrato su una collaborazione forte e sincera, a favore, in particolare, dei più bisognosi, degli ammalati, dei meno abbienti; “degli ultimi tra gli ultimi”.
Sono sempre stato convinto che la Chiesa, soprattutto nel nostro Mezzogiorno, debba svolgere, oltre ai suoi già gravosi compiti istituzionali, anche un difficile lavoro di “Agenzia Sociale”. Proprio per questo motivo nella mia città, utilizzando fondi esclusivamente comunali, abbiamo non solo riportato agli antichi splendori tutte le chiese presenti nel nostro Centro Storico, ma ne abbiamo costruite tante altre che, nel corso degli anni, hanno accolto i fedeli e contribuito, grazie all’opera meritoria dei nostri parroci, alla creazione di una comunità coesa, solidale e tollerante.
Insieme ai tanti sacerdoti che si sono succeduti nelle parrocchie di Rende, inoltre, abbiamo avviato attività importanti, mirate a dare conforto ed assistenza ai sofferenti ed ai portatori di particolari disagi sociali.
A costoro, che hanno ancora tante domande e tanti bisogni da soddisfare, rimane costantemente rivolto il nostro sguardo e la nostra attenzione.
Ho affidato al vicesindaco, Emilio Chiappetta, l’onore di riceverLa.
Egli indosserà la fascia tricolore e avrà accanto il nostro Gonfalone, che le porgeranno il nostro benvenuto ufficiale e quello di tutti i rendesi
Con l’augurio e la speranza di poterLa incontrare personalmente al più presto, Le rinnovo i miei saluti più cari e Le auguro che possa realizzare quanto più desidera nel profondo del Suo cuore, in questa nuova ed esaltante missione pastorale che oggi si appresta a vivere”.

Il saluto del Sindaco Catizone

“La città di Cosenza, i cosentini e l’Amministrazione comunale tutta porgono il loro benvenuto più caloroso a Monsignor Nunnari.
Oggi è una giornata significativa per la nostra comunità, perché quando arriva una nuova guida spirituale si avverte un profondo senso di attesa e di rispetto per un evento così importante, così come si coglie nell’animo di tutti noi un afflato particolare che è intriso insieme di speranza, di letizia e di disponibilità.
Lei, Mons.Nunnari, è un Arcivescovo meridionale tra i meridionali che ha già suscitato ammirazione ed apprezzamento per l’intensità del suo episcopato nella Diocesi dalla quale proviene, ma soprattutto per come ha inteso presentarsi a noi sin dal giorno dell’annuncio ufficiale e cioè come vescovo tra la gente o vescovo della strada.
Lei, trova qui oggi radunata ad accoglierLa una città che si muove tra una importante tradizione laica ed una significativa militanza cattolica.
Una città nella quale esiste già una fitta rete di solidarietà e cooperazione istituzionale tra l’Amministrazione comunale e la Diocesi cosentino-bisignanese.
La vicinanza tra Chiesa locale e Comune di Cosenza trova origine in un rapporto di proficua ed intensa collaborazione che si è venuto via via consolidando sempre di più in questi anni con le parrocchie e le associazioni cattoliche disseminate sul territorio.
Spesso i parroci sono uomini di frontiera che svolgono un’opera preziosa, anche se non sempre visibile, alla quale abbiamo sempre guardato con grande rispetto e speranza, convinti come siamo che è soprattutto dai parroci che possono sgorgare quelle azioni concrete che aiutano a monitorare i bisogni della nostra comunità, ad affrontare le molteplici difficoltà del quotidiano, a porre rimedio agli stati di sofferenza e di emarginazione sociale.
Non sono pochi i disagi che affliggono la nostra città, a cominciare dalla diffusa mancanza di lavoro. Nel corso di questi anni molto è stato fatto, ma tanto ancora resta da fare.
Persistono - sarebbe miope ed ingiusto non ricordarlo - alcuni coni d’ombra nei quali allignano emarginazione, sofferenza e degrado ed altre piaghe estremamente preoccupanti, come l’usura, le tossicodipendenze ed anche la criminalità organizzata.
Soprattutto su questi terreni, l’Amministrazione comunale ha cercato e trovato sostegno nella Chiesa cosentina e nell’azione delle parrocchie, insostituibili presìdi di ascolto e di sollievo per le aree del disagio.
Ci ha molto impressionato e favorevolmente la scelta, emblematica e meritevole del più alto apprezzamento, da Lei operata oggi, appena varcata la soglia della città e prima ancora di arrivare in questa Piazza: quella, cioè, di voler visitare anzitutto un luogo di sofferenza come l’Oasi francescana, rispetto alla quale è necessario superare quei pregiudizi culturali che lo vogliono luogo dei poveri, convinti come siamo che è la scelta degli ultimi, come ha insegnato Francesco d’Assisi, quella che può ridare un senso nuovo al nostro impegno sociale, ma anche alla stessa politica.
Questo Suo gesto è tanto più apprezzabile quanto più si inserisce in un percorso che denota una profonda sensibilità per il sociale, per i soggetti più deboli della nostra comunità, per quegli ultimi che nelle nostre intenzioni – lo ribadisco - dovranno essere i primi ai quali riservare sempre più attenzione e tutela.
Lei, Mons.Nunnari, troverà in Cosenza una città aperta, tollerante, generosa, dalle solide radici culturali e pronta a tendere la mano a chi ha bisogno.
In questa città Chiesa ed Amministrazione comunale dovranno, come già è accaduto e sta accadendo, procedere insieme in un cammino irto sì di difficoltà, ma proteso verso l’individuazione di soluzioni non aleatorie, ma concrete, ai problemi che scandiscono il nostro vivere quotidiano ed alle istanze che provengono dagli strati più deboli.
Il mio auspicio è che il nostro futuro cammino comune ci veda ancora impegnati nel fortificare la nostra collaborazione.
Tanto è il lavoro che ci attende.
Come Amministrazione comunale ci proponiamo l’ambizioso progetto di realizzare una città più vivibile, più attenta ai bisogni e più sensibile alle vecchie e nuove povertà.
Questa città vogliamo consegnare ai cittadini di oggi e ancor più a quelli di domani, perché è ai giovani che un’istituzione deve guardare per veder crescere una classe dirigente che sappia cogliere i segni del cambiamento, ma che sappia anche far tesoro degli insegnamenti del passato con tutto il loro bagaglio di valori insopprimibili ed autentici.
Dunque, per i bisogni attuali e per la costruzione del domani, saremo felici di continuare a procedere in sintonia con la Chiesa che avrà in Lei quella guida spirituale che potrà condurre, insieme a noi, la nostra città verso quei traguardi che a buon diritto merita.
Abbiamo sin d’ora piena consapevolezza che le problematicità del nostro territorio potranno avere maggiori possibilità di soluzione se, rifiutando l’isolamento, si uniranno le forze di quanti, singoli, associazioni, istituzioni, hanno a cuore il miglioramento della vita di ciascuno e della collettività.
Nel rinnovarLe il nostro sincero benvenuto e quello di tutti i cosentini, voglia gradire, Padre Arcivescovo Salvatore Nunnari, i nostri auguri di buon lavoro.”

 

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