Monsignor Salvatore Nunnari insediato nell’Episcopio di Cosenza-Bisignano
26/02
E' stato un abbraccio colmo di affetto e di partecipazione sincera
quello con cui migliaia di cosentini hanno accolto il loro nuovo vescovo,
mons. Salvatore Nunnari, insediatosi oggi pomeriggio. Nunnari, proveniente
dalla Diocesi di Sant' Angelo dei Lombardi (Avellino), ha fatto il
suo ingresso in citta' alle 17 e come atto di saluto ed omaggio alla
citta' si e' chinato ed ha baciato la terra. Quindi ha raggiunto il
teatro Rendano, dove ha partecipato alla cerimonia organizzata per
l' accoglienza al nuovo presule, presenti il sindaco, Eva Catizone,
il presidente della Provincia, Mario Oliverio, ed il presidente della
Giunta regionale, Giuseppe Chiaravalloti e e autorita' politiche,
civili e militari della citta'. La cerimonia era prevista inizialmente
in piazza, ma, a causa della pioggia, si e' reso necessario spostarla
all' interno del teatro. Nunnari si e' rivolto a tutti con parole
che hanno espresso la sua emozione e la sua gioia per il mandato che
e' stato chiamato ad assolvere Mons. Nunnari ha rivolto il suo indirizzo
di saluto ai fedeli dell' arcidiocesi cosentina nel corso di una cerimonia
svoltasi in Piazza Prefettura e successivamente ha celebrato la messa
in Cattedrale insieme all' arcivescovo uscente, mons. Giuseppe Agostino,
con il quale c' e' stato poi lo scambio delle consegne preceduto dalla
lettura della bolla pontificia della nomina. ''Vengo in mezzo a voi
- ha detto mons. Nunnari - consapevole dell' immenso patrimonio storico,
culturale e religioso di questa terra, terra di San Francesco di Paola,
di Sant' Umile da Bisignano, del Venerabile Gioacchino da Fiore e
di Telesio, uomini retti e sapienti, che con la loro opera hanno reso
piu' illustre la nostra storia. Vogliate da oggi accogliere umilmente
anche me nei vostri cuori e nei vostri progetti come Padre, fratello
e compagno di viaggio; come voi discepolo della Parola e per voi Vescovo
e Pastore''. Nunnari, tra l' altro, e' giornalista pubblicista e per
molti anni ha fatto parte del Consiglio regionale dell' Ordine dei
giornalisti della Calabria.
Il saluto del nuovo Vescovo alle
autorità”
Saluto
di Padre Salvatore Nunnari, Arcivescovo di Cosenza-Bisignano,alle
autorità e al popolo di Cosenza in Piazza Prefettura, nel giorno
dell’ingresso in Cattedrale (26 febbraio 2005)
“Signora Sindaco, Signor Vice Ministro, Signor Presidente della
Giunta regionale, Assessori, Consiglieri tutti, Signor Presidente
della Provincia, Signor Prefetto, onorevoli deputati, autorità
civili e militari, cari diocesani, accolgo con gioia il benvenuto
nella splendida e nobile Città di Cosenza e volentieri ricambio
i voti augurali. Vengo in mezzo a voi, consapevole dell’immenso
patrimonio storico, culturale e religioso di questa nostra, da oggi
profondamente mia, Arcidiocesi e trepidante di amore per ciascuno,
miei carissimi fratelli cosentini. Dopo la mia missione in Alta Irpinia,
il Santo Padre e il disegno di Dio mi chiamano a donare nuovamente
la vita per voi tutti e a continuare nel segno della fede e della
successione apostolica, la preziosa tradizione spirituale della Chiesa
che è in Cosenza-Bisignano. Questa è la terra di S.
Francesco da Paola, di S. Umile da Bisignano, del Venerabile Gioacchino
da Fiore e di Telesio, uomini retti e sapienti, che con la loro opera
hanno reso più illustre la nostra storia. Vogliate, da oggi,
accogliere umilmente anche me nei vostri cuori e nei vostri progetti
come Padre, fratello e compagno di viaggio; come voi discepolo della
Parola e per voi Vescovo e Pastore.
L’amore per il suo gregge identifica il buon pastore, lontano
da questa verità ogni sforzo umano sarebbe inutile. So bene,
che per darsi tutto a tutti si deve essere pronti anche a soffrire,
( se il chicco di grano non muore, infatti, non porta frutto); giacché
non vi è dono senza rinuncia. Il compito, a cui questo Vescovo
viene chiamato e che avverte, oggi, con grande responsabilità,
è quello di adoperarsi per la crescita e l’unità
del popolo santo Dio. Ut unum sint, “affinché siano una
cosa sola” e di creare quel tessuto umano che renda vivibile
questa nostra terra. “Una cosa sola”, come uno, nella
sua essenzialità, è il compito alto della politica e
della vita delle istituzioni, che voi, autorità convenute,
rappresentate e cioè la promozione dell’uomo. L’uomo
è la creatura, a cui Dio ha affidato questo mondo e per la
quale Egli stesso, datore di vita, ha conosciuto il dolore e la sconfitta
della croce. A quest’uomo, agli uomini e alle donne di questa
terra, Cristo dice oggi di non lasciarsi precipitare nel dirupo della
disperazione nichilista, tanto frequente in questo secolo, perché
l’esistenza umana è già stata redenta. ‘E
stata sottratta, cioè, alla caducità e al male, al nulla
e al vuoto e le è stato donato senso e scopo dal Signore stesso
che è amante della vita. Tra i tanti servizi di amore e di
impegno sociale, che si possono dare all’uomo, grande importanza
riveste quello della politica. Il Concilio Vaticano II nella Gaudium
et Spes dice che, la Chiesa nutre profonda stima e rispetto per coloro
che sono chiamati a servire l’uomo con la responsabilità
politica. “Servizio all’uomo”, sia questa la peculiarità,
che contraddistingue gli uomini delle istituzioni. Il rispetto e la
cura per la persona, infatti, sono il fondamento stesso della sua
azione politica. Se la comunità sociale e politica devono,
allora, avere l’uomo come unico fondamento e fine, esse non
possono prescindere da una precisa visione antropologica. L’esperienza
della storia dimostra che quando i sistemi politici ed economici non
rispettano la natura, la dignità e i diritti della persona,
e non li assumono come criterio, questi non sono più al servizio
della sua promozione, ma la oscurano e la degradano a strumento di
consenso e di potere. La persona umana, invece, come creatura possiede
una consistenza e un valore, che vanno oltre i condizionamenti sociali
ed ideologici; essa realizza pienamente se stessa soltanto in relazione
con l’altro, col quale entra in contatto, si confronta e si
dona reciprocamente. Compito delle istituzioni è riconoscerne
i diritti, promuoverli e vegliare su di un loro esercizio non lesivo
della libertà e dell’integrità altrui. Per questi
motivi, quando l’azione politica, definita da Paolo VI –
la forma più alta di carità- non diviene strada attraverso
cui si fa il bene comune, tradisce la sua vocazione più intima.
Personalmente, nutro una grande speranza negli uomini di buona volontà.
Come abbiamo scritto noi vescovi nella lettera “Il Vangelo della
Speranza per la nostra terra di Calabria, oggi”, la speranza
è il migliore antidoto contro l’infiacchimento e le delusioni
dell’esistenza, “La Calabria, infatti, che pure è
terra di cultura, di forza morale, ci pare stia attraversando un periodo
di stanchezza e senta l’esigenza di guide vere, di segnali e
motivazioni per un chiaro, pur se faticoso, cammino storico”.
Credo fortemente, cioè, in quanto affermato da La Pira, coraggioso
testimone di profezia politica, la storia del mondo va verso il bene
ed è “irresistibilmente avviata verso un ‘epoca
di pace, di unità, di civiltà e di grazia ”. Per
queste ragioni, cari cosentini, non stancatevi di cercare il bene
anche quando questo è difficile da scorgere. L’uomo di
oggi , infatti, si trova spesso schiavo di mille problematiche. Cari
giovani, mi rivolgo a voi tutti. Questo vescovo conosce bene le vostre
ansie e i vostri timori: la disoccupazione, le difficoltà nel
progettare il futuro, la devianza, la tossicodipendenza. Ma sa anche,
che in voi c’è una grande energia, una forza madre, una
inesauribile fonte di speranza. Su questa certezza, dunque, costruiamo
insieme una civiltà e un futuro d’amore. Per l’avvenire
delle giovani generazioni, la Chiesa e le Istituzioni, nel rispetto
dei ruoli, debbono insieme puntare a mete alte attraverso strade percorribili.
Ogni responsabilità, infatti, non è per il bene di chi
ne è rivestito, ma per il progresso, la crescita e lo sviluppo
morale e civile di coloro che si devono servire. La politica, perciò,
come qualsiasi altra attività umana, deve cercare sopra ogni
cosa, al di là delle appartenenze e degli schieramenti, la
realizzazione della comunità. Gli anziani da sempre nel cuore
di Dio, devono sapere che la loro esperienza e la loro ricchezza di
vita sono necessarie al futuro. Nessuno si senta inutile nella vigna
del Signore. I sofferenti e i diversamente abili, che portano nel
corpo la croce di Cristo, sappiano che occupano un posto prezioso
nel cuore del Vescovo. Carissimi figli, al Signore e alla sua dolcissima
Madre, che veneriamo col titolo di Madonna del Pilerio, vadano sempre
i nostri pensieri e le nostre preghiere.
Vi abbraccio e vi benedico di cuore.
La “bolla” pontificia
di elezione di Mons. Salvatore Nunnari ad Arcivescovo di Cosenza-Bisignano
GIOVANNI PAOLO VESCOVO, SERVO DEI SERVI
DI DIO
saluta e impartisce la benedizione apostolica a
SALVATORE NUNNARI,
ARCIVESCOVO FINORA DI S. ANGELO DEI LOMBARDI-CONZA-NUSCO-BISACCIA,
SCELTO COME ARCIVESCOVO DELLA SEDE METROPOLITANA DI COSENZA-BISIGNANO
Diffondono eterna lode della Calabria non solo le nobili arti del
suo popolo, ma ancor di più la sollecitudine apostolica e lo
zelo con cui sin dall’antichità esso si è convertito
a Cristo. Fra le sue Chiese in questo momento non possiamo assolutamente
dimenticare l’illustrissima sede metropolitana di Cosenza-Bisignano,
e ci affrettiamo a proporre per essa un nuovo Pastore, dopo che il
venerabile fratello Giuseppe Agostino ha abdicato all’incarico
di governarla.
Riponiamo dunque il Nostro pensiero in Te, venerabile fratello, che,
dopo avere svolto il difficilissimo ministero episcopale tra i fedeli
di S. Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia, certamente appari
degno e sembri adatto ad affrontare questo compito. Per la qual cosa,
preso in debita considerazione il consiglio della Congregazione per
i Vescovi, con la pienezza dell’autorità apostolica a
Noi conferita, Ti sciogliamo dal vincolo della precedente comunità
ecclesiale e Ti proclamiamo Arcivescovo Metropolita di Cosenza-Bisignano,
concedendotene i debiti diritti e imponendoTi i congrui doveri. Farai
in modo che il Clero e i Fedeli di quella sede siano informati del
Nostro decreto e della Nostra volontà; Noi esortiamo gli uni
e gli altri a che, sotto la Tua guida, consapevoli della loro cristiana
dignità, vivano e agiscano con spirito di carità. Ti
raccomandiamo infine, o venerabile fratello, alla protezione della
Beata Maria Vergine del Pilerio e al patrocinio dell’umile santo
di Bisignano, affinché, supportato dagli aiuti superni, Ti
adoperi con ogni mezzo per spiegare rettamente i precetti evangelici
al gregge affidato alla Tua cura, onde esso ne riceva più abbondanti
e salutari frutti.
Roma, San Pietro, 18 dicembre 2004.
In Duomo presenti le confessioni
religiose Ortodossa, Valdese, Avventista ed Ebraica
Dopo la cerimonia civile, ha avuto inizio in Duomo la vera e propria
cerimonia religiosa a chi hanno partecipato tutte le autorità
e i rappresentanti ed appartenenti alle altre confessioni religiose:
i Pastori della Chiesa Valdese Rosario Confessore e della Comunità
Avventista Giuseppe Butera, il Vicario della Chiesa Ortodossa per
le Calabrie Archimandrita Nilo Vatopedino e l'ebreo sefardita Carlos
Canizo.
La presentazione di Mons. Agostino
del suo successore
Questo
momento è intensamente ed espressivamente ecclesiale. All’interno
della liturgia eucaristica nella quale è, per noi, presente
ed operante il Signore Gesù, crocifisso e risorto, questa sera
accogliamo un altro volto sacramentale di Gesù, il nostro nuovo
pastore che è segno storico e personale della stesso Signore,
che in fondo è il vero Pastore e Vescovo dei credenti in Lui
e segno per tutti, anche per i non credenti.
Come già sapete, per una legge ecclesiastica, io per grazia
di Dio, ho raggiunto i limiti di età entro i quali ogni Vescovo
in tutto il mondo è invitato a rinunziare alla cura del governo
pastorale di una Chiesa particolare.
Questo io ho fatto, nella obbedienza della fede. Entro così
in una fase nuova della mia vita che è l’ultima. È
una nuova nascita. Ricordate, a riguardo, la domanda che si faceva
Nicodemo: «Può un vecchio nascere da capo?». Certo.
Sì che lo può, anzi lo deve. Bisogna ogni giorno nascere
ed ogni giorno morire. La nascita dell’anziano è intensificare
l’attesa del volto di Dio.
Vivrò il silenzio che ha il sapore dell’essenziale ed
è anticipo di quello eterno dove ci sarà il trionfo
della Parola assoluta e l’abbraccio dell’Amore che mi
avvolgerà come pace ed estasi e che «occhio non vide
mai né orecchio intese».
Pastoralmente, non cessando mai l’indelebile consacrazione episcopale,
per mia scelta incoraggiata anche dal mio successore resterò
nel Seminario Maggiore per una presenza testimoniale e di servizio,
per i futuri preti di questa Chiesa. Mi presterò, ovunque richiesto,
nei limiti delle mie forze, ad annunziare la Parola, nel ministero
della riconciliazione, direzione spirituale e della consolazione.
La grazia dell’episcopato non può essere mai spenta.
Pregate per me. Vi sono vicino, condividente, orante e vostro servo
per Gesù.
È presente in mezzo a noi l’Eccellentissimo Nunzio, Mons.
Paolo Romeo, che ossequio rispettosamente, come saluto, pure, gli
Eccellentissimi vescovi presenti, i presbiteri, diaconi, religiose,
religiosi, le autorità tutte ed il popolo di Dio, con particolare
attenzione ai fratelli che vengono dall’Arcidiocesi di S. Angelo
dei Lombardi, quelli di Reggio Calabria, specie della parrocchia del
Soccorso, dove il confratello Mons. Nunnari è stato per tanti
anni parroco, e dove, lo dico con commozione, io sono stato battezzato.
Ci sono non pochi sacerdoti da lui guidati nella loro scelta vocazionale.
L’Eccellentissimo Nunzio è venuto per donare ora, nel
contesto liturgico che stiamo celebrando, conferma sacramentale all’elezione
del nuovo Vescovo, scelto dal Santo Padre a governare la Santa Chiesa
di Dio che è in Cosenza-Bisignano.
Il Signore non ci lascia mai orfani, soli. Fra poco gli consegnerò
il “mio” pastorale per indicare quella viva realtà
nella Chiesa che è la successione apostolica.
Voi sapete che il Vescovo è un successore degli Apostoli. Mons.
Salvatore Nunnari e, ora, il nuovo anello che ci lega, a ritroso,
al “tralcio apostolico” ed, in avanti, all’attuazione
vitale in questa Santa Chiesa cosentino-bisignanese, dell’unione
in Cristo, con tutte le Chiese del mondo, con il Santo Padre, che
è, perché successore di Pietro, il pastore dei pastori.
Mons. Nunnari, sessantacinquenne, Vescovo da sei anni, nell’Irpinia,
è originario della mia e sua comune Madre Chiesa reggina. Siamo
stati ambedue plasmati da un grande pastore, Mons. Giovanni Ferro,
uomo di eccezionale trasparenza e di straordinaria carità.
Cito – per farvene cogliere la statura – un’espressione
che mi disse in una circostanza: «Perdi, pure, tutte le battaglie,
ma vinci sempre quella della carità».
Mons. Nunnari ha una lunga ed intensa esperienza pastorale. È
stato parroco, è licenziato in Teologia pastorale ed è
stato Vicario per la pastorale nell’Arcidiocesi reggina.
È uomo di grande sensibilità per i poveri, gli ultimi;
è amico vero di tanti giovani; uomo pratico ed incisivo. Sono
certo che saprà guardare quanto è necessario per la
nostra Chiesa e sarà sulle frontiere dell’oggi per una
positiva azione pastorale.
Carissimo fratello Salvatore, dentro la nostra lunga amicizia, ora,
ti abbraccio come mio successore in questa amata e gloriosa Chiesa
cosentino-bisignanese.
Ti dico: sii forte ed amabile, verace ed attento a tutte le sofferenze
ed alle molteplici attese dell’uomo di oggi, sii orante ed operante,
capace di amare soffrendo e di soffrire amando.
A voi, miei fratelli e sorelle in Cristo, che siete tali e per sempre,
dico: Accoglietelo. Viene nella Sua Croce perché, come dice
il libro degli Atti gli Apostoli, sia «testimone della risurrezione
di Gesù che è il solo Signore della Chiesa e della storia
di ogni uomo e di tutti».
Egli solo, Gesù, «è Colui che è, che era
e che viene». Egli è l’atteso degli uomini. Egli
è la sola «speranza che non delude». Amen!
+ Giuseppe Agostino
Arcivescovo
La dedica sul pastorale donato da
Mons. Agostino a Mons. Nunnari:
«A Mons. Salvatore
Nunnari
già mio fratello presbitero nella Santa Chiesa Reggina
ed ora mio successore nella Chiesa Cosentino-Bisignanese
nel giorno del suo possesso canonico
con l’augurio di una guida pastorale
aperta a feconda novità»
L’ omelia di Mons. Salvatore
Nunnari
Eccellenza
Rev.ma Mons. Paolo Romeo, Nunzio Apostolico,
a Lei il mio caro saluto e il mio grazie per aver voluto, oggi, rendere
presente qui il Santo Padre, che si è degnato di inviarmi a
questa vetusta Sede di Cosenza-Bisignano come Arcivescovo Metropolita,
a Lei, veneratissimo Padre mio predecessore, Monsignor Giuseppe Agostino,
a cui mi legano vincoli di fraterno affetto, il ringraziamento del
cuore. Lei, ha tanto segnato nella mia vita fin dagli anni della giovinezza.
A voi, carissimi Presbiteri, il mio primo abbraccio e la mia profonda
considerazione per quel che siete e per quel che operate in comunione
d’intenti e di sentimenti per la nostra Chiesa.
La presenza tra noi del venerato confratello Mons. Augusto Lauro,
Vescovo emerito della sorella Chiesa di S.Marco-Scalea è l’espressione
più fulgida di questo presbiterio per santità e sapienza
di dottrina e di cuore. Insieme a Lui, mi piace ricordare in benedizione
Mons. Vairo che dall’alto continua ad accompagnare la nostra
Chiesa pellegrina nel tempo verso l’assoluto di Dio.
A voi, diaconi, espressione visibile della ministerialità dentro
il popolo di Dio, il saluto e la consegna di essere accanto al Vescovo,
sinfonia di amore che raggiunga i fratelli che vivono particolari
situazioni di bisogno e di disagio.
Care Religiose e cari Religiosi, il Vescovo, custode della vostra
vita consacrata, conosce il bene che qui operate con la testimonianza
e l’esercizio dei particolari carismi e per questo vi ringrazia.
A voi, cari seminaristi, mia gioia e mia corona, l’abbraccio
del Padre che seguirà personalmente il cammino formativo di
ciascuno.
Saluto con commossa riconoscenza le rappresentanze così numerose
della Chiesa di Reggio- Bova e di Sant’Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia,
guidate dai loro parroci, dai sacerdoti e dai numerosi Sindaci della
zona. Li stringo in un unico abbraccio assieme ai seminaristi di Sant’Angelo
e Reggio.
Porto con me l’immensa ricchezza seminata nel mio cuore di prete
e di Vescovo nei lunghi anni del mio ministero sacerdotale e nei pochi,
ma assai significativi, del mio ministero episcopale.
Come potrò mai dimenticarvi ? E come potrò ripagarvi
?
Chiedo al Signore di colmarvi dei Suoi doni e della Sua consolazione.
Alle Autorità qui presenti rinnovo il mio saluto e la mia sincera
gratitudine per l’impegno di servizio alla nostra gente.
Fedeli Laici, amici e fratelli tutti, da oggi sono vostro Padre, fratello
e amico per camminare con voi, con voi pregare, amare e servire.
La Parola di Dio, che abbiamo, ora, ascoltato ci offre subito delle
suggestioni, provocandoci ad una seria e coinvolgente riflessione.
Una donna al pozzo di Giacobbe, un uomo che la raggiunge, uno sguardo
che la sorprende.
Quella donna era intenta alle faccende della vita quotidiana; i pensieri
di ogni giorno seguivano i sentieri di sempre; il fluire conosciuto
del tempo che passava e della vita che non cambiava, le avevano insinuato
nell’animo una vena di sottile e incoffessata tristezza. Di
fronte alla quale, ella reagiva con la forza delle braccia, la caparbietà
di chi sa che deve andare avanti ad ogni costo lungo strade troppo
note. Strade, attraversate da esperienze fugaci oscillanti tra piaceri
e noie: la casa da accudire, i mariti da rimpiazzare, un corpo nel
quale rifugiarsi ed uno spirito da nascondere il più a fondo
possibile. Ma il suo era un orizzonte o semplicemente un’illusione
?
La donna era là, la brocca fra le mani - Nulla di nuovo sotto
il sole -. Tirava su la corda dal pozzo. Poi – Dammi da bere
!- le disse quell’uomo, ma non era il solo ad avere sete.
Fratelli e figli direttissimi, chiamato senza mio merito a servire
la vetusta Chiesa di Cosenza-Bisignano, mentre avverto acutamente
tutta la mia fallibilità umana, in questo nostro primo incontro
non potendo, ovviamente, tracciare le linee di un programma pastorale,
che può essere frutto di una comunione e di un insieme di contributi
più ampi, mi piace con semplicità evangelica soffermarmi
a leggere nell’icona della donna al pozzo, il momento storico,
umano, liturgico e pastorale che stiamo vivendo in queste ore per
capire quale tipo di sete esso racchiuda e a quali acque possiamo
dissetarci.
- Un momento storico, dicevo, umano, liturgico e pastorale nel quale
s’intersecano comunità ecclesiali diverse, Pastori diversi,
uomini e donne, ragazzi e ragazze, preti e religiosi, credenti e non
credenti, dentro i quali forse si rincorrono, si elidono e rinascono
sentimenti di rimpianto e di attesa, di speranza e di gioia, di nostalgie
e solitudini nascoste che squarcia i muri del cielo.
Desideri di essere amati e di amare, di continuare le battaglie della
verità contro le menzogne, senza tradire il bisogno di tenerezza
che alberga anche nell’animo più incallito e il diritto
alla misericordia di Dio, che supera sempre le capacità e le
misure dei nostri giudizi umani.
- Un momento umano e storico è quello, me lo permetta padre
veneratissimo, che vive in questi giorni l’arcivescovo Agostino,
che conclude ufficialmente il suo lungo ministero episcopale. Un ministero
che per le mansioni stesse che Egli ha rivestito, per la Chiesa che
ha profondamente servito, per le opere che lo hanno contraddistinto
e gli scritti che ne sono scaturiti, per lo stesso stile col quale
è stato vissuto, è valso ad illuminare uno squarcio
della millenaria storia calabrese e a incidere profondamente nel costume,
nel modo di essere e di pensare della gente. Quest’uomo, questo
Pastore straordinario inizia oggi un’altra tappa del suo cammino.
Vorrei leggere ciò che Egli adesso vive come sete di contemplazione
e di pace, di sguardo paterno e sacro su stagioni ed eventi; sete
di silenzio, per entrare dentro una verità ancora più
piena ed una preghiera più prolungata; sete di parole non ancora
pronunciate alle quali l’uomo pellegrino di assoluto attinga
sillabe di verità più credibili, perché più
sofferte.
- Momento storico ed umano per la mia terra d’Irpinia. Venuto
dal mare e dal sole di Reggio sopra i suoi splendidi monti e sulle
sue verdi valli per me sconosciuti e tanto amati, ho mosso i miei
passi , come scrissi nel mio primo messaggio, cadenzandoli su quelli
di quella gente che porta ancora sulle spalle i pesi dell’incuria
degli uomini e della violenza degli eventi della natura. Gente, quella
irpina, che si è aperta al mio ministero pastorale con straordinaria
speranza, consentendomi di vivere una forte e bella stagione di semina.
Ho seminato amore.
Ho messo con semplicità il mio cuore accanto al cuore di ognuno,
accanto a quello dei preti e dei laici, dei vecchi e dei bambini,
dei ragazzi, i miei ragazzi, e delle ragazze, dei soffrenti e dei
disoccupati. Ho cercato di farmi nel mio piccolo “tutto a tutti”
per non perdere nessuno; ho usato qualche volte l’atteggiamento
severo del padre che mette in guardia e più spesso, quello
del padre che accoglie e perdona. Ho asciugato lacrime e consolato
percorsi di vita. Chissà quanti errori avrò commesso,
ne chiedo ancora perdono. Ma su tutto ha prevalso la forza del mio
affetto: dall’orizzonte del mio cuore mai scompariranno la terra
e le montagne dell’Irpinia, gli ultimi casolari dei pastori
che ho raggiunto, i volti, gli occhi e le mani di quella nobile gente.
- Ha sete l’Irpinia: sete di lavoro e di strutture, di una politica
che sia servizio e di una Chiesa che sia accogliente come il grembo
di una madre. Ha sete di un Pastore nuovo che corregga magari i miei
errori, ma continui la strada della mia affettuosa presenza.
- Momento liturgico e pastorale. ‘E quello del nuovo vescovo
dinanzi alla sua Sposa, la Chiesa di Cosenza-Bisignano. Ma anche di
un Vescovo dinanzi ai suoi confratelli vescovi in Calabria.
A loro, stimati ed amati Pastori, voglio manifestare la mia sete di
comunione e di fraternità. Ultimo fra loro, sarò al
loro fianco per sostenere con rinnovato vigore pastorale, la vita
delle Chiese calabresi e affrontare i problemi comuni come abbiamo
fatto con la recentissima nota pastorale; con l’ occhio vigile
delle sentinelle che scrutano, la cordialità dei fratelli che
si amano, la passione degli apostoli, arsi dalla verità., il
perdono di coloro che, se occorre, sanno compatirsi. Ultimo fra di
loro, cercherò di esserci con questo impegno e con questo stile.
Chiedo soltanto di essere accolto con affetto, sostenuto con la preghiera,
giustificato con la larghezza del loro cuore. - E la sete di Cosenza-Bisignano.
Con il trascorrere del tempo conoscerò meglio le vostre seti,
fratelli e figli amatissimi, Tuttavia, fin da ora, avverto nella nostra
Chiesa una sete profonda di comunione e di verità, di confronto
e di dialogo sincero. Non serve a nessuno, infatti, chiudersi nel
guscio delle proprie sicurezze e delle incomprensioni avute.
-Avverto anche la sete dei laici e dei preti, ai quali sarò
vicino come fratello ed amico, con la casa sempre aperta per chiunque
di loro senta il bisogno di una parola o di uno sguardo del padre.
Sete di guardarsi negli occhi e di aiutarsi a guardare verso la stessa
direzione, quella del volto sofferente e glorioso dell’eterno
Signore.
- Avverto in questa Chiesa anche una generale sete di silenzio e di
preghiera, di anime che contemplino e si immergano nella luce silenziosa
di Dio.
- Avverto la sete di ministeri vissuti come servizio vero, ma che
non si allontanino mai dalla fonte da cui sono emanati. Avverto la
sete di una parresìa, la più franca, che non leda la
carità e di un afflato nuovo di carità che non spenga
la necessità della trasparenza. Avverto la sete di un modo
nuovo di vivere la vita di Chiesa, che non trascuri mai l’umanità
di nessuno, mai ingessata nel ruolo, ma aperta alle novità
impensate e alle sorprese dello Spirito Santo.
- Avverto la sete di questa terra, che conosco per esserci nato e
radicato, per avervi vissuto la mia vita e gettato nei solchi di ogni
giorno la mia passione umana. So le seti dell’intera Calabria:
sete di lavoro e di sicurezza per il futuro, di sostegno alla famiglia
e di una nuova politica per gli anziani. Sete di orizzonti per i giovani
e i ricercatori, perché i migliori cervelli non emigrino e
i giovani che restano abbiano spazi di crescita in un ambiente sereno
e sano e non cadano nell’oscuro tunnel delle droga e della disperazione.
- Sete di un’imprenditoria locale che possa impegnarsi, libera
dalle paure, dai lacci della triste piovra della mafia, dei poteri
occulti, dell’indegno strozzinaggio degli usurai; sete di amministrazioni
trasparenti e di vere dialettiche politiche incentrate sui problemi
della gente e non sui nominalismi e sulla corsa alle poltrone.
- Sete di una giustizia giusta, che si collochi all’altezza
del suo ruolo, dello spirito delle leggi e della inviolabilità
della persona umana, libera da analisi frettolose o orientate.
- Sete di mezzi di comunicazione non schiavi dei potenti di turno,
ma rispettosi della verità e della sfera personale ed intima
di ogni vicenda umana.
- Sete di libertà e di futuro. Sete di una Chiesa che faccia
emergere i bisogni del territorio, che non spenga le speranze, ma
che sappia offrire elementi e strade per dissetare.
Sento, infine, con particolare insistenza una sete propria della terra
cosentina, che affonda le radici nella storia alta e feconda delle
grandi stagioni culturali, ancora vive e pulsanti. Sete, cioè,
di una cultura che da una parte si apra sempre di più alla
ricerca scientifica e dall’altra si affacci ad una mondo umano
sempre più plurale ed accogliente. Una sete
di cultura che non rinneghi, però, la propria identità,
ma la offra come ricchezza e patrimonio ineludibilmente da condividere.
Anche su questa frontiera, credo che la nostra Chiesa, le cui figure
e la cui tradizione hanno sempre conosciuto uno stretto legame col
mondo della cultura, per quella naturale sintesi feconda tra ragione
e fede dove le esigenze del pensiero e il mistero dell’invisibile
Dio divenuto carne, abbia una parola da offrire, umili piste da indicare,
per intrecciare i passi dei credenti con quelli degli uomini di scienza
che non si stancano di continuare ad interrogarsi sul senso del mistero.
Fratelli e figli amatissimi, una brocca ed una donna al pozzo di Giacobbe.
E lo sguardo di quell’uomo, anche lui con la sua sete –
dammi da bere-; sete che porterà sino al calvario – sitio-,
- ho sete-.
- Chi ha sete venga a me e beva….L’acqua che io gli darò
diventerà sorgente che zampilla per la vita eterna-. Dalla
ricchezza della sua Parola che lo Spirito Santo renderà viva
in noi, attingeremo con gioia per dissetarci, dando senso e scopo
alla nostra vita.
Eccomi in mezzo a voi, fratelli e sorelle, con voi cristiano, per
voi Vescovo. La Madre di Dio e nostra, Madre del Pilerio, pilastro
insostituibile della costruzione della nostra vita cristiana, che
ci avvolge e con materna tenerezza ci consola e l’intercessione
dei nostri S. Francesco da Paola e Sant’Umile da Bisignano,
ci aiutino a camminare sui sentieri della Luce verso questa Pasqua
nel tempo e verso la Pasqua eterna del Signore.
Amen. Amen.
La lettera di Mons. Nunnari a religiosi
e laici
«SIA LA COMUNIONE LA NOSTRA CONSOLAZIONE»
Ai presbiteri, ai diaconi
ai religiosi e religiose, consacrati e consacrate, ai seminaristi
a tutti i fedeli laici della Diocesi di Cosenza-Bisignano
«Se c’è
pertanto qualche consolazione in Cristo, se c’è conforto
derivante dalla carità,
se c’è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti
di amore e di compassione,
rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti,
con la stessa carità, con i medesimi sentimenti.
Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria,
ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori
a se stesso,
senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri”
(San Paolo di Filippesi 2,1-4)
Mi rivolgo a voi, figli carissimi, con le parole di San Paolo: sono
convinto, infatti, che abbiamo anzitutto bisogno di lasciarci guidare
dalla Parola di Dio per fare nostri i desideri di Gesù, il
cuore della Sua preghiera.
Mi rivolgo a voi e, giungendo tra voi, vi porto e vi consegno quel
ministero episcopale che, da oggi, è a vostro frutto. E’
un dono: per me, certamente, ma per voi tutti.
Consegno questo dono consegnandovi assieme la mia vita: è un
dono che mi identifica, mi definisce. E’ un dono, il ministero
episcopale – come il ministero sacerdotale, come ogni altro
ministero e vocazione specifica nella Chiesa –, che non può
essere disgiunto dal dono della propria vita. E consegnare la vita,
consegnarsi, significa amare.
Per questo, ogni vocazione è via di comunione: una comunione
profonda, autentica, che dice l’autenticità e porta a
compimento la vocazione stessa, realizzando la natura e la felicità
dell’uomo il quale “non può vivere senza amore”1.
Venendo tra voi, e consegnandovi il mio ministero e la mia vita, vi
consegno, dunque, il dono della comunione. Un dono di Dio, un dono
che il vostro vescovo da Dio riceve e a Dio non cessa e non cesserà
di chiedere. Un dono che il vostro vescovo si attende da voi.
Nell’ «Anno dell’Eucaristia»
Inizio il mio ministero in questa Diocesi di Cosenza-Bisignano proprio
nell’ “Anno dell’Eucaristia”: ecco, ancora,
il motivo della mia richiesta e del mio impegno di comunione.
Il Mistero Eucaristico, in questo anno, deve essere ritrovato, adorato,
celebrato: nella preghiera, nella rinnovata cura liturgica, nella
riscoperta del Giorno del Signore… Ma deve essere ritrovato,
adorato, celebrato nel mistero “esigente” di quella “comunione”
che la Lettera Apostolica Mane Nobiscum Domine ci ricorda dover essere
“gerarchica” e “fraterna”2.
E’ a Gesù presente sotto le Specie Eucaristiche che guardano
i miei occhi ed il mio cuore mentre vi parlo. Ed è da Lui che
vi chiedo di ripartire. Insieme. Potrei affermare che l’Eucaristia-Comunione
è quasi la sintesi del mio Programma Pastorale, l’Icona
di ciò che il Signore mi chiede di fare, ma soprattutto di
essere, per voi e con voi.
Sì, carissimi; ripartiamo dall’Eucaristia!
Sono lieto che la Chiesa, in questo anno, chieda a me, che sono il
vostro pastore, di ricordarvi e di aiutarvi a fare di Cristo nell’Eucaristia
l’origine e il fine di ogni scelta o sforzo, iniziativa o progetto.
Ecco perché la mia prima parola tra voi è a Lui che
la voglio far pronunciare, perché sia Lui a rispondere alla
supplica che con la Chiesa eleviamo: “Mane nobiscum, Domine;
resta con noi, Signore” (Lc 24,29)… “Ecco, io sono
con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 20,28).
“Io sono con voi”!
Celebrazione dell’Eucaristia e adorazione dell’Eucaristia
– Mistero in cui Cristo rimarrà fino alla fine del mondo
– sono i primi gesti, i primi impegni concreti che il vostro
vescovo vi affida, consapevole che sono questi gli impegni “fontali”,
i gesti da cui deriva la comunione che ci definisce e ci manifesta,
come creature umane e come Chiesa.
L’Eucaristia è “sorgente dell’unità
ecclesiale” e “ne è anche la massima manifestazione”3.
L’Eucaristia è, infatti, “epifania di comunione”4
e, allo stesso tempo, “crea comunione, educa alla comunione”5.
Perché è dalla comunione con Dio che ogni comunione
prende vita.
Nel Padre, figli
Non facciamo certamente fatica a ritrovare il cuore di questo Mistero
nella Santissima Trinità. Dio è amore, è comunione
(cf 1Gv 4,8).
Per questo, non solo ogni vocazione tende alla comunione ma la stessa
comunione è una vocazione dell’uomo, fatto ad immagine
e somiglianza di Dio.
Dio Padre è la sorgente dell’amore (cf 1Gv 4,7). E i
primi passi della vita di comunione muovono dall’esperienza
della Sua Paternità.
E’ interessante notare quante volte gli esperti di scienze umane
fanno risalire ad una problematica relazione paterna o materna difficoltà
o conflitti relazionali dell’uomo. Consapevoli della complessa
e completa struttura della persona umana, possiamo dire che l’amore
di comunione, che comprende e supera le stesse dinamiche relazionali,
si impara anch’esso dal sentirsi veramente amati, dal lasciarsi
veramente amare. E Dio, il Padre, ci ha amati per primo! (1Gv 4,19).
Vogliamo, dunque, riscoprire il senso della Paternità. Anzitutto,
riscoprire la Paternità di Dio riper¬cor¬rendo assieme,
attraverso la conoscenza e la meditazione della Sua Parola, il Suo
operare nella storia della salvezza, il Suo rivelarsi al popolo di
Israele che, gradatamente, impara a considerare Dio come Padre in
tutte le vicende, liete e tristi, della propria vita. Anche a noi
è chiesta questa consapevolezza e questa conversione, questo
guardare la nostra esistenza alla luce di un Amore di Padre che la
guida.
Ma, unitamente alla Paternità di Dio, vorrei riscoprissimo
il senso della paternità umana. Non solo il Padre che è
nei cieli e ci ha dato la vita ma anche il padre e la madre che hanno
trasmesso a noi questa esistenza con un amore grande, più grande
di ogni possibile insufficienza. E’ bello ritrovare il valore
della famiglia, primo soggetto della pastorale, proprio a partire
da questo rinnovato senso di filialità, riscoprendo ad un tempo
il valore di un comandamento di Dio e l’esperienza più
originaria di comunione che la persona umana possa vivere.
Ed è in questo orizzonte di paternità, divina ed umana,
che anch’io vedo la mia paternità di vescovo, guardando
sempre al Padre e portando ancora nel cuore il volto del mio padre
e della mia madre terreni. Voglio essere padre per voi, vivendo -
e chiedendovi di vivere – in questo modo quella comunione gerarchica
che edifica la Chiesa sul rispetto dei ministeri e che edifica i ministeri
sul segreto servizio dell’amore.
Ecco il mio chiedere la comunione: come il padre la desidera e la
chiede, ai figli e per i figli. La chiedo con la parola, le scelte
concrete. La chiedo soprattutto con la preghiera, piegando le ginocchia
davanti a quel Padre dal quale ogni paternità, anche la mia,
prende nome (cf Ef 3,14-15).
La Chiesa ci esorta, per il nuovo millennio, a crescere nella preghiera;
a far crescere, in particolare, la “spiritualità della
comunione”: e questa parte dal riconoscere “il mistero
della Trinità che abita in noi”6.
Creature di Dio Creatore, figli di Dio Padre, nel nostro volto ritroviamo
quel volto d’amore che ci fa simili a Lui. E’ questa immagine
che ci definisce e permane in noi nonostante ogni debolezza: l’incapacità,
l’indigenza, la malattia, il peccato, la morte.
Dio ha scelto l’umana debolezza (cf 1Cor,26–30) per confondere
l’umana forza; per confondere chi vuol cercare la propria immagine
al di fuori di Lui; per confondere chi vorrebbe autocomprendersi senza
un Padre. L’essere e il sentirsi figli manifesta, nella visibile
debolezza dell’umanità, la Forza Invisibile di un Amore
Misericordioso e Sorgivo, operante in noi stessi e in ogni persona.
Nel Cristo, fratelli
La “spiritualità della comunione” ci chiede, pertanto,
di allargare lo sguardo, vedendo la luce della Trinità “anche
sul volto dei fratelli che ci stanno accanto”7. Per ritrovare
il dono della comunione è essenziale saper vivere il dono della
fraternità. E come, per sentirsi figli, occorre guardare al
Padre, così, per sentirsi fratelli, occorre guardare al Figlio.
Come spiega Bonhoeffer, il cristiano ha bisogno del fratello prima
di tutto “a causa di Gesù Cristo”: ha bisogno di
un fratello che gli annunzi il Cristo-Parola, che gli porti il messaggio
di salvezza. Il cristiano, poi, può essere fratello solo “per
mezzo di Cristo”: perché, se è vero che tra gli
uomini c’è conflitto, è altresì vero che
“Egli è la nostra pace” (Ef 2,14). Il cristiano,
infine, vive la fraternità in virtù della propria appartenenza
a Cristo, sulla terra e nei cieli: “chi guarda suo fratello,
deve sapere che sarà unito a lui in eterno in Cristo Gesù”8.
Il paradosso di una fraternità che rimane e si accresce, nonostante
quanto di conflittuale sembri albergare nei nostri cuori, trova in
Cristo, fatto Uomo e divenuto Fratello, la sua forza nascosta e trascendente.
Egli, Redentore dell’uomo, può restaurare nell’uomo
quella capacità di amare il fratello sfigurata dall’odio
e dalla vendetta, dall’autoaffermazione e dalla prevaricazione,
dall’egoismo e dalla gelosia. Egli, presente in ogni fratello,
attende di ricevere il dono della comunione di chi, prendendosi cura
del fratello, si “prende cura” di Lui.
Da padre, desidero custodire ed alimentare in questa Chiesa di Cosenza-Bisignano
la bellezza della fraternità. Per questo motivo, vorrei che
il Volto del Signore - contemplato nell’Eucaristia, in noi stessi,
nell’altro - ci aiutasse a guardare nel quotidiano alle bellezze
nascoste di chi ci sta accanto e ad affrontare con l’amore le
difficoltà che talora si esasperano fino a diventare lotte,
fino a toglierci la pace.
Penso alle nostre famiglie, alle singole parrocchie, agli istituti
religiosi. Penso al dono preziosissimo della fraternità presbiterale
che arricchisce il nostro ministero e rende efficace e feconda ogni
iniziativa ed ogni programma pastorale: ho imparato questo nella comunione
con i confratelli vissuta in tanti anni di esperienza come vice-parroco
e parroco, che ha fatto crescere il mio sacerdozio e, ancora oggi,
è per me forza ed insegnamento.
Sì, figli carissimi: Cristo, nostro Fratello, è la nostra
pace. Egli è la Pace. Un impegno che la Chiesa ancora ci affida,
all’alba del nuovo millennio, è senza dubbio il cammino
della pace, della serena convivenza tra popoli di diverse culture
e religioni, dell’unità tra i cristiani. Vorrei che fosse
questo il sentiero che percorriamo in Diocesi, camminando così
in un reale percorso ecumenico e mantenendo il cuore aperto all’accoglienza
di ogni “straniero”, di ogni “estraneo”, di
ogni “diverso”. Tutto questo sarà autentico e costruttivo
solo se fatto come Chiesa: e come Chiesa impegnata a vivere in sé
la comunione.
So bene quanto sia più facile, a volte, costruire ponti al
di fuori: ma essi rimangono pericolanti e pericolosi se uno dei pilastri
d’appoggio non è quello della comunità ecclesiale.
Madre che genera ed accoglie, la Chiesa, che noi siamo, è veramente
“strumento di unità di tutto il genere umano”9.
Ecco, dunque, che la nostra fraternità in Cristo - familiare,
comunitaria, diocesana – diventa fraternità universale.
Due strumenti possono aiutarci a crescere in questa fraternità.
E sono gli strumenti che il Papa suggerisce proprio per un adeguato
cammino ecumenico: il dialogo e la preghiera.
Anzitutto il dialogo, elemento costitutivo dell’essere umano
e della sua dignità10. Un dialogo che, “prima di diventare
colloquio, deve rivolgere la propria attenzione verso l’altro,
cioè verso colui col quale vogliamo parlare”11.
Dobbiamo riscoprire la pazienza e la potenza della parola umana e
farla nascere dal silenzioso sguardo rivolto al fratello, dall’ascolto
dei suoi veri bisogni. Dobbiamo alimentarla di verità, questa
parola, e non svuotarla riempiendola solo di rivendicazioni o emozioni.
Credo che, oggi, il vero dialogo sia non solo mezzo di unità
ma preziosissimo strumento pastorale di evangelizzazione. Ma il vero
dialogo esige consapevolezza della propria identità, senza
la quale creerebbe pericolo di confusione e non crescita nel confronto.
E la nostra identità – di creature umane e di Chiesa
- è, precisamente, la comunione.
Per questo, l’altro elemento dell’unità è
la preghiera. In fondo, riscopriamo in noi il senso, il valore e il
desiderio della comunione, che travalica tutte le nostre inadeguatezze,
proprio attraverso la preghiera di Gesù: “Padre, che
siano una cosa sola…!” (cf Gv 17, 11.20). Più siamo
“in” Cristo, più preghiamo per l’unità;
e invochiamo, per noi stessi anzitutto, quella conversione del cuore
che ci permette di accogliere la comunione come dono del Signore,
trasformandola in accoglienza, perdono, amore fraterno.
Nello Spirito di Comunione
Carissimi, anch’io voglio concludere questa Lettera con la preghiera,
con l’invocazione allo Spirito Santo.
Riproponendovi le parole del mio motto episcopale, ho voluto qui rileggere
la consolazione come comunione: “sia la comunione la nostra
consolazione”. E quante volte sperimentiamo il valore consolante
della comunione fraterna, dell’amicizia, dell’amore umano!
Ciascuno di noi è stato certamente visitato da Dio con il dolore
e nella difficoltà: e sa per certo che nulla, se non l’amore,
può sostenere laddove il buio della sofferenza renderebbe insopportabile
persino la vita.
In questo momento, il mio pensiero va a tutti coloro che, nella nostra
Chiesa Diocesana, sono chiamati a portare al mondo l’amore di
Cristo vivendo il ministero della sofferenza fisica, psichica, spirituale.
Mi sento fortemente vicino a ciascuno di costoro, che già da
tempo porto nel cuore della mia preghiera e alla cui offerta e preghiera
mi affido con umile fiducia.
Il dono dello Spirito Santo passa per il cuore di Cristo trafitto
sulla Croce. E lo Spirito Santo è, assieme, consolazione e
comunione.
Egli è il Paraclito. Egli è l’”Amore unificante”
tra l’”Amore Amante” del Padre e l’”Amore
Amato” del Figlio. Egli è “in persona il dono dell’Amore”12.
Lo Spirito Santo “è”, dunque, comunione. Quella
comunione che invoco, attendo, spero: della quale, nello Spirito che
mi ha consacrato, desidero essere testimone e collaboratore. E chiedo
anche a voi di esserlo: a voi, consacrati nel Battesimo, nel ministero
sacerdotale, nella professione religiosa, nella vita verginale; a
voi consacrati ad un’esistenza contem¬plativa o per il sacramento
del matrimonio…
A tutti, chiedo di ravvivare continuamente il dono dello Spirito che
la Grazia ci elargisce nei Sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia.
A tutti, chiedo di pregare: sin dall’inizio del mio ministero
tra voi. Nella preghiera si ravviva continuamente il dono dello Spirito,
che ci aiuta a fare della nostra preghiera una preghiera di comunione
e della nostra comunione una comunione di preghiera; ad operare una
conversione alla comunione per imparare ad accoglierla come dono:
perduto ma cercato; disatteso ma atteso.
Come dono!
Sta qui, come credo esprima bene Von Balthasar, il cuore della conversione
alla comunione, da chiedere ed affidare allo Spirito Santo. “A
Lui, che è quanto vi è in Dio di più sottile,
di più prezioso e meraviglioso, noi dobbiamo aprirci senza
remore, senza saccenteria, senza irrigidimenti, onde essere da Lui
iniziati al mistero che Dio è amore. Non mettiamoci in mente
di saperlo da soli! «In questo sta l’amore: non siamo
stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ha amato noi e ha mandato
il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati»
(1Gv 4,10). Solo lo Spirito ci insegna così a cambiare la nostra
prospettiva, ma per suo mezzo noi possiamo apprendere veramente che
cos’è l’Amore nella prospettiva dello Spirito”13.
Che lo Spirito, “il dono dell’Amore in persona”,
ci abiti e ci inabiti; guidi su sentieri di consolante comunione la
nostra Chiesa di Cosenza-Bisignano e la comunità civile; raggiunga
attraverso di noi ogni cuore piagato o aperto, dubbioso o indurito,
gioioso o solo.
Con il conforto della carità, con l’unione dei nostri
spiriti, con umiltà e senza vanagloria, senza cercare il nostro
interesse ma quello degli altri… possiamo davvero essere, gli
uni per gli altri, segno e strumento della consolazione che è
in Cristo. E questo renderà piena la mia gioia! (cf Fil 2,
1-4).
Affido questa invocazione e questa gioia a Maria: a Lei, che da bambino
e da prete ho venerato come Madre della Consolazione e che oggi accolgo
come Madonna del Pilerio, perché mi introduca in questa terra
e in questa Chiesa. Affido tutto a Lei: nella certezza che Lei, la
Madre, intercede potentemente per l’unità dei suoi figli,
per la comunione dei figli di Dio.
Per Cristo, nello Spirito, con gioia vi affido al Padre. E, con tutto
il cuore, tutti vi benedico
+ Salvatore Nunnari
Arcivescovo
Cosenza, 26 febbraio 2005
1 Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Redemptor Hominis, 10
2 Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Mane Nobiscum Domine, 21
3 Ibidem
4 Ibidem
5 Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Ecclesia de Eucaristia, 40
6 Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte, 43
7 Ibidem
8 Dietrich Bonoeffer, Vita Comune - Queriniana 1994, p. 18-20
9 Concilio Vaticano II, Costituzione Dogmatica Lumen Gentium, 1
10 Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Ut Unum sint, 28
11 Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Redemptor Hominis, 11
12 Bruno Forte, Trinità come storia – Edizioni Paoline
1988, p. 136
13 Hans Urs Von Balhasar, Il Credo – Jaka Book 1991, p. 58
Il Discorso del Presidente Oliverio
Sono profondamente onorato, Padre Arcivescovo, ed altrettanto profondamente
emozionato nel compito di darLe il benvenuto a nome della comunità
rappresentata dai 66 tra paesi e città che compongono la Diocesi
che guiderà nei prossimi anni. Città e paesi che conservano
tracce nobili; di arti, lettere, filosofia. Siamo nella città
di Bernardino Telesio ; nella quale lo ”Stupor Mundi”,
Federico di Svevia, consacrò lo splendido Duomo che la attende;
ci dividono pochi chilometri dal luogo in cui nacque Francesco di
Paola; delle visioni dell’Abate Gioacchino ancora ha tracce
San Giovanni in Fiore.
Una realtà quasi del tutto coincidente, la Diocesi, con la
provincia stessa di Cosenza, della quale Lei avrà presto esperienza
e che oggi, posso affermarlo con certezza, ha grande motivo di gioia
nel riceverLa, riconoscendoLa guida futura sicura ed autorevole, come
già lo è stata Monsignor Agostino.
Ci sentiamo confortati, Eccellenza, dalla fama che la precede e che
parla di Lei come uomo di profonda fede e passione nella promozione
umana. Sappiamo della sua vicinanza ai poveri, agli emarginati, agli
ultimi; abbiamo appreso della esperienza di radicamento popolare nella
città di Reggio Calabria e del suo impegno significativo e
costruttivo nell’Irpinia del dopo terremoto; conosciamo la forte
sensibilità sociale e la sua capacità di collaborazione
e di dialogo istituzionale.
Nel messaggio che Lei ha inviato in occasione della elezione a Metropolita
, c’è un passo di straordinario spessore emotivo, seppure
nella sua apparente semplicità.
Lei, Arcivescovo, scrive “mi presento come fratello”.
Ed è come fratello, nel senso più forte e profondo che
alla parola può esser dato, che ci sentiamo di accoglierLa,
pronti ad intraprendere un cammino comune che rafforzerà l’ormai
consolidata vicinanza che ha caratterizzato e legato le istituzioni
cosentine, quali la Provincia, alla Chiesa locale. In questo, proseguendo
nel solco che Monsignor Agostino ha tracciato con il suo aratro potente
di intellettuale lucido, oltre che di Pastore di radicata ed illuminata
Fede, che ha raggiunto in questi anni le coscienze di molti, duraturamente.
I passi comuni che potremo compiere, Monsignor Nunnari, ci porteranno
di certo verso il disagio che la nostra società- pure matura,
consapevole, attaccata ai valori tradizionali- nasconde o subisce.
Ci indicheranno di volgerci verso chi soffre la mancanza di lavoro;
ci spingeranno a stabilire contatto e vicinanza sempre più
stretti e di qualità speciale con chi sperimenta la sofferenza
fisica e morale; ci avvicineranno alla nostra gioventù alla
quale ci sforzeremo di evitare angoscia.
Daranno un senso alla solidarietà intesa come condivisione.
Saranno passi, Eccellenza, che sicuramente imporranno scelte coraggiose,
che saranno vittoriose, se sostenute assieme, ancora contro la criminalità,
contro l’usura.
Diremo no a chi tenta di imporre la logica della violenza contro quella
del dialogo fecondo.
Non lasceremo solo chi subisce.
Saremo insieme, se Lei ci chiamerà.
Perché per nostro conto, Monsignor Nunnari, come Padre Agostino
sa, abbiamo avviato una azione di governo che si contraddistingue
proprio aver imboccato queste direzioni, come avremo modo di informarLa
nel prossimo futuro.
Un futuro, Padre Arcivescovo, che immaginiamo soprattutto di pace,
parola che racchiude tutto il bene possibile, per la nostra gente
che da oggi, giorno felice, sarà la Sua gente.
“Ama la Pace, tieni la Pace, porta quanti vuoi al possesso della
Pace. I suoi confini si allargano quanto più cresce il numero
di coloro che la posseggono”, indica Sant’Agostino.
Noi lo crediamo fermamente, caricati dalla grande responsabilità
di rappresentare chi ci ha consegnato speranze, istanze, progetti.
Ed è con questo impegno che La lascio al Suo popolo che in
festa la aspetta così numeroso: di adoperarci sempre, anche
con il suo illuminato aiuto, affinché proprio i confini della
Pace, partendo da questo nostro territorio, da questa nostra comunità,
possano oltrepassare l’orizzonte segnato dai profili delle montagne
che conoscerà, della linea del mare che così generosamente
ci circonda.
Benvenuto fra noi!
Il saluto del Sindaco di Rende Principe
“A nome mio personale, dell’Amministrazione Comunale
e dell’intera città di Rende, porgo a Sua Eccellenza,
Monsignor Salvatore Nunnari, nuovo Arcivescovo di Cosenza-Bisignano,
un saluto sincero.
All’illustre presule, che ha sempre rivolto il Suo sguardo misericordioso
agli ammalati, nel corpo e nello spirito, predicando la parola di
Dio con fede, passione e tenacia, ribadisco in questo momento solenne,
la mia più profonda stima ed incondizionata vicinanza. Sono
sicuro che la Sua azione, improntata da sempre alla solidarietà
ed alla giustizia sociale, ci porterà ben presto ad avviare
un lavoro comune, incentrato su una collaborazione forte e sincera,
a favore, in particolare, dei più bisognosi, degli ammalati,
dei meno abbienti; “degli ultimi tra gli ultimi”.
Sono sempre stato convinto che la Chiesa, soprattutto nel nostro Mezzogiorno,
debba svolgere, oltre ai suoi già gravosi compiti istituzionali,
anche un difficile lavoro di “Agenzia Sociale”. Proprio
per questo motivo nella mia città, utilizzando fondi esclusivamente
comunali, abbiamo non solo riportato agli antichi splendori tutte
le chiese presenti nel nostro Centro Storico, ma ne abbiamo costruite
tante altre che, nel corso degli anni, hanno accolto i fedeli e contribuito,
grazie all’opera meritoria dei nostri parroci, alla creazione
di una comunità coesa, solidale e tollerante.
Insieme ai tanti sacerdoti che si sono succeduti nelle parrocchie
di Rende, inoltre, abbiamo avviato attività importanti, mirate
a dare conforto ed assistenza ai sofferenti ed ai portatori di particolari
disagi sociali.
A costoro, che hanno ancora tante domande e tanti bisogni da soddisfare,
rimane costantemente rivolto il nostro sguardo e la nostra attenzione.
Ho affidato al vicesindaco, Emilio Chiappetta, l’onore di riceverLa.
Egli indosserà la fascia tricolore e avrà accanto il
nostro Gonfalone, che le porgeranno il nostro benvenuto ufficiale
e quello di tutti i rendesi
Con l’augurio e la speranza di poterLa incontrare personalmente
al più presto, Le rinnovo i miei saluti più cari e Le
auguro che possa realizzare quanto più desidera nel profondo
del Suo cuore, in questa nuova ed esaltante missione pastorale che
oggi si appresta a vivere”.
Il saluto del Sindaco Catizone
“La città di Cosenza, i cosentini e l’Amministrazione
comunale tutta porgono il loro benvenuto più caloroso a Monsignor
Nunnari.
Oggi è una giornata significativa per la nostra comunità,
perché quando arriva una nuova guida spirituale si avverte
un profondo senso di attesa e di rispetto per un evento così
importante, così come si coglie nell’animo di tutti noi
un afflato particolare che è intriso insieme di speranza, di
letizia e di disponibilità.
Lei, Mons.Nunnari, è un Arcivescovo meridionale tra i meridionali
che ha già suscitato ammirazione ed apprezzamento per l’intensità
del suo episcopato nella Diocesi dalla quale proviene, ma soprattutto
per come ha inteso presentarsi a noi sin dal giorno dell’annuncio
ufficiale e cioè come vescovo tra la gente o vescovo della
strada.
Lei, trova qui oggi radunata ad accoglierLa una città che si
muove tra una importante tradizione laica ed una significativa militanza
cattolica.
Una città nella quale esiste già una fitta rete di solidarietà
e cooperazione istituzionale tra l’Amministrazione comunale
e la Diocesi cosentino-bisignanese.
La vicinanza tra Chiesa locale e Comune di Cosenza trova origine in
un rapporto di proficua ed intensa collaborazione che si è
venuto via via consolidando sempre di più in questi anni con
le parrocchie e le associazioni cattoliche disseminate sul territorio.
Spesso i parroci sono uomini di frontiera che svolgono un’opera
preziosa, anche se non sempre visibile, alla quale abbiamo sempre
guardato con grande rispetto e speranza, convinti come siamo che è
soprattutto dai parroci che possono sgorgare quelle azioni concrete
che aiutano a monitorare i bisogni della nostra comunità, ad
affrontare le molteplici difficoltà del quotidiano, a porre
rimedio agli stati di sofferenza e di emarginazione sociale.
Non sono pochi i disagi che affliggono la nostra città, a cominciare
dalla diffusa mancanza di lavoro. Nel corso di questi anni molto è
stato fatto, ma tanto ancora resta da fare.
Persistono - sarebbe miope ed ingiusto non ricordarlo - alcuni coni
d’ombra nei quali allignano emarginazione, sofferenza e degrado
ed altre piaghe estremamente preoccupanti, come l’usura, le
tossicodipendenze ed anche la criminalità organizzata.
Soprattutto su questi terreni, l’Amministrazione comunale ha
cercato e trovato sostegno nella Chiesa cosentina e nell’azione
delle parrocchie, insostituibili presìdi di ascolto e di sollievo
per le aree del disagio.
Ci ha molto impressionato e favorevolmente la scelta, emblematica
e meritevole del più alto apprezzamento, da Lei operata oggi,
appena varcata la soglia della città e prima ancora di arrivare
in questa Piazza: quella, cioè, di voler visitare anzitutto
un luogo di sofferenza come l’Oasi francescana, rispetto alla
quale è necessario superare quei pregiudizi culturali che lo
vogliono luogo dei poveri, convinti come siamo che è la scelta
degli ultimi, come ha insegnato Francesco d’Assisi, quella che
può ridare un senso nuovo al nostro impegno sociale, ma anche
alla stessa politica.
Questo Suo gesto è tanto più apprezzabile quanto più
si inserisce in un percorso che denota una profonda sensibilità
per il sociale, per i soggetti più deboli della nostra comunità,
per quegli ultimi che nelle nostre intenzioni – lo ribadisco
- dovranno essere i primi ai quali riservare sempre più attenzione
e tutela.
Lei, Mons.Nunnari, troverà in Cosenza una città aperta,
tollerante, generosa, dalle solide radici culturali e pronta a tendere
la mano a chi ha bisogno.
In questa città Chiesa ed Amministrazione comunale dovranno,
come già è accaduto e sta accadendo, procedere insieme
in un cammino irto sì di difficoltà, ma proteso verso
l’individuazione di soluzioni non aleatorie, ma concrete, ai
problemi che scandiscono il nostro vivere quotidiano ed alle istanze
che provengono dagli strati più deboli.
Il mio auspicio è che il nostro futuro cammino comune ci veda
ancora impegnati nel fortificare la nostra collaborazione.
Tanto è il lavoro che ci attende.
Come Amministrazione comunale ci proponiamo l’ambizioso progetto
di realizzare una città più vivibile, più attenta
ai bisogni e più sensibile alle vecchie e nuove povertà.
Questa città vogliamo consegnare ai cittadini di oggi e ancor
più a quelli di domani, perché è ai giovani che
un’istituzione deve guardare per veder crescere una classe dirigente
che sappia cogliere i segni del cambiamento, ma che sappia anche far
tesoro degli insegnamenti del passato con tutto il loro bagaglio di
valori insopprimibili ed autentici.
Dunque, per i bisogni attuali e per la costruzione del domani, saremo
felici di continuare a procedere in sintonia con la Chiesa che avrà
in Lei quella guida spirituale che potrà condurre, insieme
a noi, la nostra città verso quei traguardi che a buon diritto
merita.
Abbiamo sin d’ora piena consapevolezza che le problematicità
del nostro territorio potranno avere maggiori possibilità di
soluzione se, rifiutando l’isolamento, si uniranno le forze
di quanti, singoli, associazioni, istituzioni, hanno a cuore il miglioramento
della vita di ciascuno e della collettività.
Nel rinnovarLe il nostro sincero benvenuto e quello di tutti i cosentini,
voglia gradire, Padre Arcivescovo Salvatore Nunnari, i nostri auguri
di buon lavoro.”
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