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Economia
Pil Calabria fragile

 

Loiero: “Il Pil della Calabria cresce ma non troppo”. Per Svimez si allarga il divario Nord-Sud. Artioli: "Dalle parole ai fatti". Miccichè: "0.6% del pil al sud"

15/07 ''Cresce del 2,4 per cento il Pil della Calabria nel 2004, in un Sud che cresce ma non troppo, ma si tratta di una crescita fragile, che poggia sull'argilla, perche' non e' legata a fatti strutturali, bensi' a fenomeni ciclici e stagionali (raccolta delle ulive e degli agrumi, turismo) e anticiclici (settore delle costruzioni), alcuni dei quali - come il turismo balneare - bruciano ricchezza piuttosto che produrne''. E' quanto ha detto il presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, intervenendo alla tavola rotonda sulla presentazione del trentesimo Rapporto Svimez sull'Economia del Mezzogiorno. Loiero ha ringraziato ''di questa puntualita' annuale che, specie in questi anni di grandissima distrazione nei confronti del Sud, ha rappresentato una boccata d'ossigeno quasi una prova dell'esistenza in vita delle regioni meridionali e di un problema Mezzogiorno. Le politiche del governo sono state unidirezionali, hanno guardato sempre al Nord. Il Sud ha un destino crudele. C'e' una sua riscoperta non attraverso proclami di forze politiche ma con una sedizione silenziosa avvenuta nel chiuso delle urne che ha interessato il centrodestra e ha rinnovato i compiti del centrosinistra. E' avvenuto il ''miracolo'' di un Ministero per il Mezzogiorno ma non lo si e' potuto chiamare cosi' perche' la Lega non accetta qualsiasi riferimento di governo rivolto al Sud''. Loiero quindi ha affrontato alcuni punti del rapporto con riferimento alla Calabria, al tema del lavoro, alla condizione dei giovani e alle crescenti difficolta' di mercato per assicurare loro un lavoro, e ha ricordato che nel Mezzogiorno ci sono ben 9 milioni di persone sotto i 34 anni che rappresentano il 45 per cento della popolazione complessiva, mentre nel nord tale percentuale scende al 35 per cento: ''Cio' conferma - ha concluso Loiero - che il Sud dispone di una risorsa in piu', di un bacino di forza lavoro su cui le politiche nazionali
dovrebbero sapere investire''.

Secondo il rapporto Svimez, si allarga il divario tra Nord e Sud.

15/07 Se si eccettua l’anno 2000, l'anno scorso per la prima volta dal 1996 il Sud cresce meno del resto del Paese. Lo dice il rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno presentato stamattina a Roma. Il Pil del Mezzogiorno, nel 2004, e' cresciuto dello 0,8%, piu' dell'anno precedente ma meno del resto del Paese (+1,2%) e del centro nord (+1,4%). Insieme alla diminuzione della ricchezza prodotta, quindi aumenta anche il divario tra le varie zone del Paese: "Nel 2004 il Pil per abitante del Mezzogiorno- si legge nel rapporto Svimez- si e' commisurato in 15.950 euro, un valore pari al 59,6% di quello rilevabile nel centro nord (26,750)". Era dalla meta' degli anni '90 che non si verificava un incremento del divario del Pil per abitante a favore del centro nord. Il Sud nel 2004 e' tornato a crescere meno del resto del Paese, dopo una parentesi di sette anni (escluso il 2000, anch'esso assai negativo per il Mezzogiorno d'Italia). Segno del carattere strutturale dei malanni del meridione perche' questa disparita' nella crescita e' "un andamento ricorrente nelle fasi di ripresa ciclica del commercio mondiale"; in parole povere, la ripresa globale non ha quasi impatto sull'economia del Sud, proprio in un momento in cui diminuiscono i consumi interni. Lo sottolinea il rapporto 2005 dello Svimez sull'economia del Mezzogiorno, presentato oggi a Roma, che rileva come "la quota di esportazioni del Sud sul totale nazionale e' risultata pari al 10,7%, stabile sui livelli dello scorso triennio, e ancora decisamente inferiore al contributo produttivo dell'area, che conferma la sua minore apertura al commercio internazionale". Male il dato che riguarda "il prodotto dell'industria in senso stretto", che nel Mezzogiorno, spiega il rapporto Svimez, lo scorso anno e' calato dell'1,7%, "dopo la flessione dello 0,8% segnata l'anno precedente", e specialmente nel maniffatturiero (-2,5%), il cui dato sarebbe stato ben peggiore senza l'apporto del settore delle costruzioni (+3,5%), che ha beneficiato "di un intervento pubblico significativo". E proprio l'azione dello Stato ha riequilibrato la ripresa degli investimenti nelle due parti del Paese: 2,1% al Sud, 2% al Centro Nord, ma mentre il primo dato registra soprattutto l'aumento di quelli in costruzioni, il secondo contiene in misura assai maggiore il capitolo "attrezzature e macchinari". Il rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno
rileva in sostanza la persistenza nel nostro Paese "di un'economia dualistica, in cui le differenze in termini di reddito non vengono compensate dall'agire dei meccanismi del mercato". Se si esclude l'Umbria, spiega Svimez, le regioni del Centro Nord "si collocano tutte su livelli di prodotto per abitante superiori alla media nazionale, con il valore piu' elevato, appartenente al Trentino Alto Adige, pari a oltre il 132% del prodotto del Paese. Al contrario- sottolinea il rapporto- il prodotto pro capite e' inferiore alla media nazionale in tutte le regioni del Mezzogiorno, con un massimo dell'82,5% in Abruzzo e un minimo del 64,5% in Calabria". Oltre all'Abruzzo, solo la Sardegna si avvicina all'80% del Pil nazionale (79,2%), mentre quattro regioni- Calabria, Puglia, Campania e Sicilia- "non arrivano al 70%". In soldi, aggiunge chiaramente lo studio di Svimez, significa che "il valore aggiunto della regione italiana piu' ricca, il Trentino Alto Adige, e' circa il doppio di quella piu' povera, la Calabria", ovvero "un divario tra queste due regioni pari a 15 mila euro pro capite". Anche l'occupazione risente della dinamica negativa che coinvolge l'economia del Mezzogiorno: infatti, seppur in maniera contenuta, i posti di lavoro nel 2004 sono cresciuti nel Centro-Nord e diminuiti al Sud. Il rapporto 2005 dello Svimez e' abbastanza chiaro: "Pur in un contesto di rallentamento dell'economia, il numero delle persone occupate e' aumentato, nel Centro-Nord, di 187mila unita', pari all'1,2%, mentre si e' ridotto di circa 23mila unita' nel Mezzogiorno (-0,4%)". Il meridione, nel triennio 2000-2002, aveva creato 350mila posti di lavoro aggiuntivi, mentre nell'ultimo biennio- di crisi piu' accentuata- mostra una certa "incapacita' a mantenere lo stock di occupazione creato nella fase precedente". Il rapporto, pero', spiega che questa flessione e' in sostanza "il risultato di processi di razionalizzazione in atto nel settore industriale e in quello commerciale, collegati alla riduzione di inefficienze e all'espulsione di operatori marginali dal mercato". Peraltro, rileva ancora il rapporto Svimez, questi processi "hanno avuto come conseguenza un effetto positivo sulla dinamica del prodotto per unita' di lavoro, che nel Mezzogiorno e' cresciuto dello 0,9%, piu' di quanto registrato nel 2003 (+0,7%) e anche in misura maggiore che nel Centro-Nord (+0,3%)". La parte piu' inquietante del rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno e' probabilmente quella che riguarda l'occupazione giovanile, in special modo quella di laureati e diplomati. Da un'indagine della Svimez su circa 50mila tra ragazzi e ragazze che hanno terminato l'Universita' tre anni fa risulta che: 20mila sono ancora disoccupati, dei trentamila che invece un posto ce l'hanno, un terzo s'e' spostato al Nord. "Su un investimento formativo- traduce Svimez- che ha riguardato 50mila giovani solo 20mila dopo tre anni ha trovato lavoro al Sud, di questi circa il 20% giudica la laurea eccessiva rispetto al lavoro che svolge". La situazione e' simile anche fra i diplomati: a tre anni dal diploma solo il 38,9% degli intervistati dichiara di essere occupato, a fronte del 56% del Nord e del 49,1% del Centro. Per di piu', spiega ancora l'indagine Svimez, "i diplomati delle regioni meridionali presentano la percentuale piu' elevata tra chi non ha un'occupazione ed e' in cerca di lavoro (23%)". Un altro modo di contribuire a quel processo per cui "l'investimento formativo" del Mezzogiorno per creare "personale qualificato" o "si disperde" o "va a favore delle regioni ricche del Nord, con l'effetto di depauperare il Sud proprio delle risorse che potrebbero contribuire magggiormente al recupero del divario verso le regioni del Nord".

Artioli (Confindustria): “Basta con le teorie, al sud passare dalla parole ai fatti”

15/07 ''Sul Mezzogiorno basta teoria, bisogna applicare azioni concrete''. Il vice presidente di Confindustria con delega al Mezzogiorno, Ettore Artioli torna a chiedere al Governo azioni concrete per il Mezzogiorno. Nel suo intervento alla presentazione del rapporto Svimez Artioli ha sottolineato che sul Sud ''dobbiamo passare dalle parole ai fatti, con soluzioni adeguate''. Per Confindustria - ha spiegato - ''una possibile soluzione per il Sud e' la fiscalita' di vantaggio per creare condizioni concrete per attrarre investimenti sul mezzogiorno''.

Miccichè “In 3 anni balzo degli investimenti dell’ANAS. Credito al sud blindato. Al sud investiremo lo 0.6% del pil”

15/07 "Dal 2001 al 2004, in tre anni, vi e' stato un 'balzo' degli investimenti dell'Anas e degli appalti pubblici da 200 milioni di euro a 4 miliardi di euro: sull'infrastrutturazione del Mezzogiorno i dati parlano chiaro, non ho nulla da pentirmi nelle politiche del Governo Berlusconi per il Sud". Lo ha detto il ministro dello Sviluppo, Gianfranco Micciche', nel suo intervento alla presentazione del rapporto sull'economia del Mezzogiorno, curato dalla Svimez. Poi il Ministro ha aggiunto che prima il rapporto tra i soldi investi nel Meridione era per il 48% per le infrastrutture ed il 52% per i trasferimenti alle imprese, ora quello stesso rapporto e' del 70% a favore delle infrastrutture e un 30% per il trasferimento alle imprese. "Se c'e' qualcosa di cui devo riconoscere - ha continuato - ha deluso le mie aspettative o vi sono stati effetti negativi, devo dire che e' sicuramente l'aver bloccato in modo troppo netto i trasferimenti alle imprese con il credito d'imposta o la 488, che non e' stata bloccata come dice la sinistra ma ha avuto uno stop troppo improvviso per cambiare in meglio le regole con effetti negativi". A questo proposito il Micciche' ha ricordato che il sistema di incentivazione previsto da Visco "prevedeva incentivazioni anche per il mio amico dentista o per le banche che si sono cosi' rifatti gli arredamenti, il che francamente e' inaccettabile per i conti pubblici. Dopo aver visto il risultato non lo avrei fatto in modo tanto radicale". Il ministro ha poi spiegato che "il fatto che il Mezzogiorno abbia delle difficolta', come rileva la Svimez, non puo' essere letto come un una semplice 'fotografia' dell'oggi: difatti era peggio il Sud dieci anni fa, era peggio 5 anni fa, ed era meglio sei mesi di oggi...".
Credito al sud blindato
La difficolta' di accesso al credito e' una caratteristica del Sud Italia. ''C'e' una rigidita' e una blindatura delle banche che non si sopporta''. Cosi' Gianfranco Micciche', ministro per lo sviluppo e la coesione territoriale, critica il sistema bancario che opera nel mezzogiorno e ribadisce a margine del convegno dello Svimez come ''in nessun posto,il costo del denaro e' cosi' elevato, la situazione e' micidiale''.
Nel Dpef lo 0.6% del pil al sud
''Nel paragrafo del mezzogiorno, all'interno del Dpef, c'e' scritto che verra' destinato lo 0,6% del Pil al Sud''.Cosi' Gianfranco Micciche', ministro per lo sviluppo e lacoesione territoriale, chiarisce la questione della allocazione delle risorse nel documento di programmazione, a margine della presentazione del rapporto 2005 condotto dallo Svimez sull'economia del Mezzogiorno.''Non ci saranno tagli ai comuni -ribadisce- solo limitazioni agli aumenti di spesa''.La polemica sulla mancanza di interventi per il sud era stata sollevata ieri dai sindacati. ''Chi cerca cifre nel Dpef non le trovera'. E' un documento di programmazione saranno poi inserite nel documento di bilancio''. A fronte di una realta' economica del sud che dal rapporto dello Svimez appare difficile, Micciche' ribatte sottolineando come la relazione sia una raccolta di dati che fotografa una situazione che appare negativa ma non coglie l'inversione di tendenza. Le aspettative per il futuro sono di un rapporto che analizzi la strategia sul lungo periodo, ad esempio che sia in grado di cogliere i miglioramenti avvenuti. ''Non si puo' cancellare-conclude il ministro- in uno o due anni il gap tra Nord e Sud''.

 

 

 

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