Due i frammenti di proiettili diversi
trovati nell’auto di Calipari
26/05 Sono almeno due i frammenti di proiettile trovati sulla Toyota
su cui viaggiava la sera del 4 marzo Nicola Calipari, le cui rigature
non coincidono con quelle rilevate sul proiettile che provoco' la
morte dell'agente del Sismi. Secondo quanto si e' appreso sarebbero
questi i primi, parziali, risultati dell'analisi in corso sull'auto
su cui si trovavano Calipari , Giuliana Sgrena e un altro 007. La
vettura si trova nei laboratori sotterranei della scientifica della
polizia nella sede della Direzione anticrimine centrale, diretta dal
prefetto Nicola Cavaliere. Oggi il 'Manifesto' ha scritto, citando
l'avvocato della Sgrena Alessandro Gamberini, che le rigature di un
frammento di proiettile, comparate al microscopio con quelle del colpo
estratto durante l'autopsia di Nicola Calipari, non coincidono. Oltre
a quello indicato dall'avvocato Gamberini, pero', c'e' almeno un altro
frammento 'leggibile', che ha le rigature diverse da quelle del proiettile
che ha colpito lo 007. E non e' per nulla escluso che dagli altri
frammenti recuperati nell'auto possano emergere ulteriori novita'.
Al momento, infatti, dall'auto sarebbero stati estratti piu' di una
ventina di frammenti, alcuni di dimensioni minime e quindi non utilizzabili
ai fini della comparazione, altri di piombo e quindi senza rigature,
altri, invece, sufficientemente grandi da far vedere la 'camiciatura'.
E quindi appunto 'leggibili'. La ricerca dei frammenti, cosi' come
gli altri esami sulla Toyota, e' comunque tutt'altro che conclusa.
Tanto che, sempre secondo quanto si apprende, sarebbero gia' emerse
anche altre divergenze rispetto al rapporto americano, Prima di avere
la certezza bisognera' attendere pero' le risultanze scientifiche.
Il 9 giugno i primi risultati certi
26/05 L'appuntamento è per il 9 giugno. Sarà quella
la data in cui i diversi consulenti nominati dalla Procura e dalle
parti civili si riuniranno per fare il punto su quanto accertato in
merito ai rilievi balistici sulla Toyota Corolla sulla quale viaggiava
Nicola Calipari. Il lavoro svolto sinora - spiegano fonti investigative
- è arrivato a circa il 30% del totale. Per i primi di giugno
però si passerà alla fase di ricostruzione delle traiettorie
dei proiettili che hanno colpito l'auto sulla strada per l'aeroporto
di Baghdad. In base ai primi rilievi, ma sono osservazioni da confermare,
i percorsi delle pallottole non sono soltanto dall'alto verso il basso
ma anche dal basso verso l'alto, in particolare proveniente da altezza
d'uomo. Se confermata, questo elemento avvalorerebbe l'ipotesi che
i colpi che hanno colpito la vettura del Sismi siano partite da due
diverse armi. In ogni caso, comunque, vanno considerati molti altri
fattori per l'accertamento della dinamica di quanto avvenuto quella
tragica sera. L'angolo di incidenza dalla fonte di sparo al mezzo
attinto varia di molti gradi - si continua - anche con spostamenti
di pochi metri. Considerando che il posto di blocco, secondo i rapporti
ufficiali, era ad almeno 50 metri si evince la difficoltà che
affrontano i periti.
La Procura preferisce aspettare
la conclusine delle perizie
26/05 La procura di Roma prende tempo. Non smentisce la notizia del
Manifesto, secondo cui a far fuoco contro la Toyota Corolla sarebbero
stati due soldati americani, ma prudenzialmente preferisce attendere
la conclusione dell'attivita' peritale: "Quelli balistici - spiegano
a piazzale Clodio - sono soltanto una parte degli accertamenti, complessi
e delicati, che abbiamo disposto sull'auto su cui, la sera del 4 marzo,
viaggiavano Nicola Calipari, l'autista e la giornalista italiana.
I nostri consulenti hanno chiesto 60 giorni di tempo e dovrebbero
depositare la relazione finale il 9 luglio salvo proroghe. Hanno detto
che ci vuole pazienza. Soltanto alla fine si potranno tirare le somme".
La procura sa bene, pero', che se anche i suoi consulenti dovessero
trovare riscontro all'ipotesi rilevata da Domenico Compagnini, l'esperto
tecnico scelto dalla difesa della Sgrena, tutto il lavoro compiuto
dalla commissione d'inchiesta statunitense - da cui hanno preso le
distanze i due rappresentanti italiani - verrebbe messo in discussione.
Per gli Usa l'unico a sparare sarebbe stato il soldato fuciliere Mario
Lozano perche' la vettura di Calipari viaggiava verso l'aeroporto
di Baghdad a velocita' cosi' elevata da rappresentare un serio pericolo
per gli addetti al check point mobile i quali agirono nel rispetto
delle regole d'ingaggio. "Al di la' di quella che puo' essere
la responsabilita' penale di uno o piu' persone - si riflette in procura
– le autorita' Usa non farebbero certo una bella figura, soprattutto
a livello istituzionale. Se si scopre che a sparare sono stati almeno
due militari, con due armi diverse e forse di tipo diverso, come si
puo' ritenere attendibile l'intera ricostruzione dei fatti operata
dagli americani e ribadita con tanta insistenza in sede politica?".
Dal canto loro, A.C., il maggiore del Sismi che era alla guida, e
la stessa Giuliana Sgrena hanno piu' volte smentito con forza la versione
Usa: la velocita' della Toyota era ridotta e gli spari che raggiunsero
il veicolo furono praticamente contemporanei all'illuminazione prodotta
dal faro di segnalazione.
I PM: “Non abbiano ricevuto
nessuna comunicazione”
''Non abbiamo avuto ancora alcuna comunicazione dai consulenti balistici
che stanno esaminando i reperti del caso Calipari. Sappiamo che attualmente
gli esperti sono impegnati nell' analisi dei dati acquisiti e che
la conclusione del loro lavoro e' prevista per il 9 luglio prossimo''.
E' quanto affermano i magistrati romani che indagano sulla morte del
funzionario del Sismi e sul rapimento di Giuliana Sgrena dopo la pubblicazione
della notizia, da parte del ''Manifesto'', che a sparare contro la
Toyota sulla quale si trovavano i due italiani sarebbero state almeno
due armi e non una come evidenziato dai commissari americani che hanno
fatto parte dell' organo misto di indagine. Secondo Domenico Compagnini,
consulente di parte nominato dalla Sgrena nell' ambito degli accertamenti
balistici sulla Toyota presa di mira la sera del 4 marzo scorso, sull'
auto e' stato trovato - riferisce il ''Manifesto'' che riporta una
dichiarazione dell' avvocato Alessandro Gamberini, legale della giornalista
- un frammento di proiettile le cui rigature non coincidono con quelle
rilevate sul proiettile che provoco' la morte di Calipari. La deduzione
del consulente, quindi, e' che a sparare non fu solo la mitraglietta
del soldato Mario Lozano, ma anche un' altra arma. Anche il calibro
del frammento, ma questo, dichiara Gamberini al quotidiano, e' un
aspetto ancora da approfondire, potrebbe essere diverso, ossia piu'
piccolo, di quelli partiti dall' arma di Lozano.
Per il senatore Malabarba (Rifondazione)
“Una assassinio premeditato”
26/05 "Ma quale fatalità. Qui siamo all'assassinio premeditato".
E' la tesi che il senatore di Rifondazione Comunista, Gigi Malabarba,
componente del Comitato parlamentare di controllo sui servizi di infromazione
e sicurezza, rilancia in un articolo che sarà pubblicato domani
su Liberazione a proposito della dinamica che lo scorso 4 marzo ha
causato la morte del funzionario del Sismi, Nicola Calipari. "Quella
modalità operativa da parte di Nicola Calipari e degli altri
agenti del Sismi in Iraq, ossia il noleggio di un'auto comune all'aeroporto
di Baghdad con relativo rilascio di pass da parte del comando USA,
- scrive Malabarba - era sempre stata usata, era la normalità.
Così come normale è stata l'informativa sulla ragione
della missione del 4 marzo. E i passaggi protetti ai posti di blocco,
come l'autista del Sismi Andrea Carpani sapeva benissimo, erano garantiti
da comunicazioni dei comandi alle pattuglie, anche qualche minuto
prima del transito. Tutto ciò è noto e non solo ai membri
del Cocaco", aggiunge Malabarba. "Quel giorno questo semplice
meccanismo - prosegue Malabarba – è stato bloccato da
un susseguirsi straordinario di disfunzioni e mancate comunicazioni
che hanno 'causato' l'incidente. Il Trafic control point (TCP) - si
legge nell'articolo - che viene considerato nelle sue regole, ossia
con le relative alert line, 'warning line e stop line' a cui corrispondono
comportamenti conseguenti da parte della pattuglia, nulla hanno a
che vedere con la 'blocking in position' che prevede non il filtraggio
del traffico, ma la sua chiusura ed è per questo che non può
durare più di 10-15 minuti soprattutto su un'arteria trafficata
come la Route Irish. Il blocco per un'ora e mezza ha messo a rischio
grave la pattuglia americana, ha provocato persino tamponamenti tra
alcune auto civili respinte (e a cui non si è sparato addosso)
e, nonostante le proteste del capopattuglia ancora alle 20,30 perché
distolto tra l'altro dalla normale vigilanza mobile lungo l'autostrada,
è stato ulteriormente protratto "per altri 20 minuti"
da quel momento per ordine preciso del comando". Quello stesso
comando, continua Malabarba, che "aveva già accolto alle
20,10 John Negroponte (passato per altra strada o per la stessa Route
Irish?) per il cui transito la blocking position 541 era stata istituita".
"Gli Stati Uniti sapevano, come noi del resto, - prosegue il
componente del Copaco - che ad Abu Dhabi Nicola Calipari aveva pagato
il riscatto agli emissari dei rapitori e da lì si era diretto
all'aeroporto di Baghdad per ottenere il rilascio di Giuliana Sgrena.
E' a quel punto che il meccanismo di contrasto previsto dalle linee
guida del Centro Ostaggi della coalizione è entrato in funzione.
L'auto dell'agente del Sismi è stata controllata in tutti i
suoi movimenti da apparati elettronici, che sono stati illustrati
più volte dalla stessa intelligence americana (e che nulla
c'entrano con i satelliti) e, se fosse apparsa più credibile,
l'azione di contrasto avrebbe anche potuto intervenire al momento
della consegna dell'ostaggio". "Ma l'incidente da check
point è stato ritenuto più attendibile, tanto più
che, non di TCP si trattava (che prevede regole d'ingaggio scritte),
ma di blocco volante che non ha alcuna regola d'ingaggio: le modalità
di funzionamento sono lasciate di fatto alla discrezione della pattuglia
e si tramandano 'per prassi' da una pattuglia all'altra che la sostituisce
nella stessa zona". Secondo Malabarba, "la decisione di
intervenire tramite 'fuoco amico' contro un Paese alleato come l'Italia
richiedeva il coinvolgimento politico della massima autorità
USA in Iraq e la decisione presa passo passo sul campo, nell'evolversi
della situazione ed è pensabile che fossero previste, come
ho accennato, anche altre varianti. La presenza di John Negroponte
in loco (ricordo che l'ex ambasciatore si tratterrà a Camp
Victory, ossia a poche centinaia di metri dall'incidente in cui una
pattuglia americana ha ucciso un'agente italiano alleato, fino alle
22,05 senza degnarsi di spostarsi neanche per 5 minuti sul luogo del
delitto) era funzionale alla regia dell'operazione da 'guerra sporca',
che doveva imporre a un alleato recalcitrante una linea della fermezza
non discutibile".
Bulgarelli (Vredi) chiede una commissione
d’inchiesta dopo le perizie
''L'esito degli accertamenti tecnico-balistici in corso a Roma nell'ambito
dell'indagine giudiziaria sull'uccisione di Nicola Calipari rende
necessaria e urgente la costituzione di una commissione di inchiesta
che faccia luce sulla reale dinamica dei fatti. Il fatto che a sparare
siano state almeno due persone, probabilmente con armi di calibro
diverso, rafforza l'ipotesi dell'agguato e sconfessa su un ennesimo
punto la fantasiosa ricostruzione fornita dagli americani''. Ad affermarlo
e' il deputato dei Verdi Mauro Bulgarelli. ''Perche' -prosegue Bulgarelli-
e' stato celato che non fu solo Lozano a sparare e chi dette l'ordine?
Perche' quel 'blocco volante' non e' stato smobilitato dopo il passaggio
di Negroponte? Sono domande- conclude Bulgarelli- sulle quali non
possiamo certo attenderci dagli Usa delle risposte plausibili e per
questo sta al nostro governo ricercare la verita' nel cumulo di menzogne
che fin qui hanno coperto l'assassinio di Calipari''.
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