Colloquio Fini-Rice, ancora tensione
03/05 Dispiacere per essere arrivati a soluzioni non condivise, senza
pero' mettere in discussione l'amicizia tra Italia e Stati Uniti.
Il giorno dopo la diffusione del rapporto italiano relativo all'inchiesta
sull'uccisione del funzionario del Sismi Nicola Calipari, una telefonata
tra il ministro degli Esteri Gianfranco Fini e il segretario di Stato
americano Condoleezza Rice cerca di stoppare sul nascere imcomprensioni
e dissidi tra i due Paesi. La tensione tuttavia resta alta e dall'opposizione
si continuano ad invocare verita' e chiarezza sulle circostanze che
hanno portato alla morte del funzionario del Sismi e la sinistra piu'
estrema torna a chiedere il ritiro delle truppe italiane dall'Iraq.
La telefonata tra Fini e Rice arriva nel pomeriggio e viene definita
''lunga e cordiale'' dalla Farnesina, aggiungendo che il segretario
di Stato si e' detta ''dispiaciuta'' che i lavori della commissione
congiunta sul tragico incidente che ha portato all'uccisione di Nicola
Calipari non sia giunta a conclusioni condivise. In ogni caso, sottolinea
ancora la Farnesina, da entrambe le parti viene ribadito il convincimento
che questo episodio non ha messo e non mettera' in discussione un
rapporto bilaterale storico che si fonda su di una radicata comunanza
di valori, impegni ed obiettivi. Nello spirito della loro salda alleanza,
Italia e Stati Uniti continueranno nello sforzo comune per contribuire
alla costruzione di un Iraq libero, democratico ed indipendente. Ciascuno
resta comunque sulle proprie posizioni, tanto che il colonnello Donald
Alston, portavoce del Mnfi, la forza multinazionale in Iraq, ribadisce
che ''si e' trattato solo di un tragico incidente. Posso assicurare
che i nostri soldati sono perfettamente addestrati per questo genere
di missioni. Quella unita' era in una zone di combattimento da tempo,
conosceva bene il posto''. E di fronte a divergenze discordanti e
versioni diverse, l'opposizione sottolinea la necessita' di chiarezza
e verita'. ''Presto al Copaco il sottosegretario Gianni Letta e il
direttore del Sismi'', chiede Massimo Brutti, responsabile Giustizia
dei Ds e componente dello stesso comitato, secondo il quale ''sulla
morte di Calipari, la verita' deve essere accertata in ogni modo.
Ho letto il rapporto dei componenti italiani della commissione congiunta
Italia-Usa e l'ho trovato equilibrato. Adesso occorre creare le condizioni
che rendano possibile un ulteriore accertamento da parte della magistratura
italiana''. ''Su questa vicenda non devono rimanere ombre, la verita',
del resto, e' necessaria anche per i rapporti con gli Stati Uniti
–insiste Brutti- Ora e' prioritario, che il sottosegretario
Letta e il direttore del Sismi riferiscano al Comitato parlamentare
sui servizi su ogni elemento di conoscenza in loro possesso''. Giovedi'
intanto in Parlamento e' atteso il presidente del Consiglio, che riferira'
sulla vicenda prima alla Camera e poi al Senato. ''Mi aspetto -dice
sempre Brutti riferendosi al premier- che lui sottoscriva le conclusioni
dei componenti italiani della commissione italo-statunitense''. ''Ma,
soprattutto, e' importante che non si ripeta lo stillicidio di notizie
e di anticipazioni, alle volte anche del tutto inverosimili, delle
ultime settimane. Penso alla notizia, del tutto irrealistica, di immagini
satellitari che dimostravano che la Toyota andava a 100 km l'ora.
Sono falsi scoop che non aiutano a ricostruire la verita', chi mette
in giro queste voci?'' Chiarezza chiede anche Massimo D'Alema, preoccupato
anche di ribadire che le questioni relative alla morte del funzionario
del Sismi non devono rappresentare un banco di prova dei rapporti
tra Italia e Stati Uniti. ''Sapere la verita', sapere come e' caduto
Nicola Calipari, e' un modo -sottolinea il presidente dei Ds- per
rendere giustizia a lui e alla sua famiglia. Per ora, vedo solo una
grande confusione e due verita' contrapposte. Non si riesce a capire
dove sia la verita' e questo dovrebbe preoccupare, perche' l'opinione
pubblica vuole sapere come sono andate davvero le cose''. In ogni
caso, puntualizza l'esponente della Quercia, ''non voglio parlare
della vicenda Calipari come il banco di prova dei rapporti tra Italia
e Usa, perche' questo diventa un modo per parlare sempre di politica.
Penso ci debba essere un cambiamento dei rapporti tra i due Paesi,
ma questa e' un'altra cosa e non la confonderei con la vicenda in
se'''. A D'alema prema poi precisare che e' sbagliato tracciare un
parallelo tra la vicenda di questi giorni e quella del Cermis, che
accadde quando lui si trovava a palazzo Chigi. ''In quella circostanza
-spiega l'ex premier- gli Stati Uniti fecero valere il Trattato di
Londra in base al quale essi avevano giurisdizione sui militari implicati
nella vicenda, che furono giudicati e assolti negli Stati Uniti. Ma
e' anche vero che il governo degli Stati Uniti come tale si assunse
la responsabilita' civile dell'incidente tant'e' che i parenti delle
vittime furono risarciti, cosa che non aveva precedenti''. 'Il governo
italiano fece valere il suo ruolo -sottolinea D'Alema- e ottenne quello
che poteva: non la condanna del pilota, visto che i tribunali sono
autonomi ma l'assunzione di responsabilita' da parte del governo Usa.
Questo oggi non sta accadendo sulla morte di Nicola Calipari perche'
la ricostruzione dei fatti farebbe presupporre che dovrebbe esserci
un'assunzione di responsabilita' da parte degli americani''. E D'alema
boccia senza appello l'atteggiamento dell'attuale governo: ''L'errore
-dice- e' stato l'idea che si sarebbe potuto trovare una soluzione
sulla base di un rapporto speciale con l'amministrazione degli Stati
Uniti'' ''Trovo sconcertante l'esito dell'indagine -afferma ancora
il presidente dei Ds- perche' l'opinione pubblica e' stata messa di
fronte a due verita' completamente divergenti''. A parere di D'Alema,
la vicenda che ha portato alla costituzione di una commissione d'indagine
mista e ai due rapporti distinti sulle cause che hanno condotto alla
morte del funzionario del Sismi, ''e' stata gestita in modo molto
discutibile e ci mette in una condizione in cui difficilmente riusciremo
a conoscere la verita' sull'accaduto''. ''Ora ci aspettiamo che il
presidente del Consiglio ci dica le cose come stanno. Questo e' il
punto essenziale, non credo sia giusto collegare l'eventuale ritiro
delle truppe italiane alla vicenda Calipari. Sembrerebbe ua ritorsione
e invece la questione merita di essere affrontata sotto un'altra ottica''.
E su quest'ultimo punto l'opposizione si divide, visto che nel centrosinistra
tornano a levarsi le voci di chiede il ritiro dei nostri soldati dall'Iraq.
''Giovedi' -chiede il presidente dei Verdi Alfonso pecoraro Scanio-
Berlusconi si presenti in Aula ad esporre il piano di ritiro delle
nostre truppe dall'Iraq. La drammatica situazione in Iraq rende sempre
piu' d'attualita' il rientro dei militari italiani. Dal rapporto presentato
ieri arriva la conferma che l'Iraq e' un Paese sempre piu' nel caos.
Se addirittura nel rapporto si parla di militari statunitensi stressati,
davvero siamo di fronte ad uno scenario di drammatica superficialita'''.
''Non si puo' accettare che soldati stressati, impreparati, inesperti
come quelli che hanno ucciso il valoroso Calipari, sparino sui passanti.
Basta chiacchiere, e' il momento di avviare la fase del ritiro''.
E il leader del Sole che ride non nasconde tutto il suo scetticismo
di fronte alla telefonata tra Fini e Rice: 'Non basta certo una telefonata
di Condoleeza Rice al ministro degli Esteri Fini per rinunciare alla
verita'.Siamo di fronte ad una farsa, una messinscena per nascondere
la subalternita' nei confronti dell'alleato americano''. La maggioranza
naturalmente si schiera a fianco del governo e ribadisce la necessita'
di evitare che la vicenda Calipari possa minare i rapporti tra Italia
e Stati Uniti o che possa essere messa in connessione con la presenza
dei contingenti italiani in Iraq ''Non sarebbe corretto collegare
la morte del povero Calipari, una vera tragedia, un incidente causato
da imperizia e superficialita', alla permanenza delle truppe italiane
in Iraq'', afferma Raffaele Costa, di Forza Italia. ''Sulla vicenda
Iraq si addensa in queste ore il solito coro distorto delle varie
voci del centrosinistra -dice Ciro Alfano, dell'Udc, componente della
commissione Difesa della Camera-. Strumentalizzare quanto di tragico
e' accaduto nella vicenda della liberazione della Sgrena non fa onore
a nessuno, ne' ai valorosi soldati deceduti a Nassirya ne' a Nicola
Calipari che e' stato un funzionaro di altissimo livello, morto in
un tragico incidente nell'esercizio di una missione difficilissima,
ne' a quanti sono ancora impegnati nel costruire la pace in un Paese
che stenta a trovare la sua stabilita'''. '''Il governo Berlusconi
-rivendica Isabella Bertolini, vicecapogruppo di Forza Italia alla
Camera- ha dimostrato grande autonomia e serenita' di giudizio, puntando
al solo e reale accertamento della verita', tenendo conto del contesto
difficile nel quale il tragico incidente si e' verificato e dell'assoluta
mancanza di volontarieta'''. ''Chi specula sulla vicenda, chiedendo
il ritiro delle truppe italiane, sappia -conclude l'esponente azzurra-
che comunque resta intatta, e non potra' mai essere messa in discussione,
la fedelta' e la vicinanza dell'Italia agli Stati Uniti e l'importanza
della nostra missione di pace, a sostegno della democrazia in Iraq''.
Concetti ribaditi anche dal Partito repubblicano, in una nota de ''La
Voce repubblicana''. ''La cosa per noi piu' importante, oltre allo
stabilire la verita' dei fatti, sono i rapporti Usa-Italia''. ''Se
si pone il problema relativo al ritiro delle nostre truppe -continua
il Pri- questa e' una istanza che concerne l'alleanza militare nel
suo complesso e che dipende interamente dalle esigenze del nuovo governo
iracheno. Quale che sia il confronto con gli Usa e le conseguenze
che il tragico incidente in cui ha perso la vita Calipari si possano
produrre, il nostro impegno resta a disposizione della stabilita'
dell'Iraq ed e' solo su richiesta dell'Iraq che puo' essere rinegoziato''.
Se D'Alema esclude paralleli con il Cermis, il segretario del Nuovo
Psi Gianni De Michelis richiama un'altra situazione che creo' tensioni
tra Italia e Stati Uniti, quella di Sigonella: ''Fa bene il governo
italiano, oggi come allora, a difendere la legittimita' del proprio
comportamento e del proprio punto di vista. Fara' bene il governo
italiano oggi, come seppe fare Craxi ieri, ad ottenere, attraverso
un franco chiarimento al massimo livello politico, da un lato il riconoscimento
della legittimita' del proprio punto di vista, dall'altro la salvaguardia
di un rapporto transatlantico la cui importanza e' di gran lunga superiore
ad ogni divergenza di vedute, sia pure su problemi importanti come
quello in questione''. ''Quanto all'opposizione -conclude l'esponente
socialista- farebbe bene ad evitare di strumentalizzare a fini domestici
l'intera vicenda, accollandosi, assieme alla maggioranza, la responsabilita'
didifendere il punto di vista che condivise al momento dei fatti e
soprattutto evitando di mescolare la discussione di queste ore con
il piu' generale problema della presenza dei militari italiani sul
suolo iracheno''. Una questione che tuttavia pone degli interrogativi,
che Francesco Cossiga mette nero su bianco in un'interpellanza al
presidente del Consiglio e ai ministri degli Esteri e della Difesa.
In particolare il presidente emerito della Repubblica vuole sapere
se ''l'area politico territoriale dell'Iraq nel cui ambito operano
le unita' militari italiane dell'Arma dei Carabinieri, dell'Esercito,
della Marina Militare e dell'Aeronautica sia un ambiente ostile quale
zona di combattimento (combat zone) nel quale e' necessario realizzare
il maggior coordinamento da coloro che operano nel campo di battaglia''.
Nell'interpellanza, il senatore a vita chiede inoltre di conoscere
se le nostre unita' militari siano impegnate ''in regolari operazioni
militari di guerra cui si applica il diritto internazionale di guerra
e le convenzioni internazionali relative''.
Questo il documento italiano
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Questo il documento americano
con gli omissis (in formato pdf)
Questo il documento americano
senza le censure (in formato word)
Sgrena “Creati tutti gli elementi
per favorire l’incidente”
03/05 ''Non voglio dire che e' un buon motivo per sparargli addosso,
ma voglio dire che sarebbero stati creati tutti gli elementi per favorire
o creare un incidente''. Cosi' Giuliana Sgrena, in un'intervista a
Ballaro', ha commentato alcuni aspetti della ricostruzione sulla morte
in Iraq di Nicola Calipari che, a suo dire, sono comuni ad entrambi
i rapporti, sia italiano che americano. ''Bisogna focalizzarsi sull'orario.
Alle 20:30 - ha detto la Sgrena leggendo il rapporto americano - il
capitano comandante della compagnia chiese nuovamente se fosse possibile
togliere i posti di blocco e fu risposto che la divisione C aveva
indicato di non spostarsi dai posti di blocco, che il convoglio di
Negroponte sarebbe passato entro circa 20 minuti''. ''Alle 20:30 -
ha osservato - il generale Marioli che e' l'ufficiale di collegamento
italiano all'aeroporto a Bagdad ha comunicato al comando americano
che noi stavamo dirigendoci verso l'aeroporto e saremmo arrivati all'aeroporto
piu' o meno all'ora indicata per l'arrivo del convoglio. Effettivamente
il convoglio di Negroponte era gia' passato da quel punto dove c'era
il posto di blocco e aveva gia' raggiunto la sua destinazione dieci
minuti prima. Quindi viene da chiedersi se il comando della divisione
che da' le indicazione al comandante di restare al posto di blocco
in attesa del convoglio non sapesse che il convoglio di Negroponte
era gia' passato. E gia' questo e' inquietante. O invece, se lo sapeva,
ha dato l'indicazione di restare e di aspettare il convoglio dopo
20 minuti, sapendo invece che entro 20 minuti saremmo stati noi ad
arrivare a quel posto di blocco''. ''Sono sicuramente questioni inquietanti.
Uno - ha commentato la Sgrena - dovrebbe interrogarsi su che cosa
e' successo, dove c'e' stato l'errore di informazione, che cosa non
e' successo, quale informazione non e' passata o quale informazione
e' stata deformata. Si e' posto questo posto di blocco che si trovava
gia' in una situazione un po' strana perche' era dietro una curva.
I componenti da tempo stavano sollecitando il suo smantellamento perche'
erano fermi da troppo tempo in quel punto. Questi invece vengono ulteriormente
allertati per l'arrivo di un convoglio di Negroponte all'ora in cui
si aspettano il convoglio arriva invece la nostra macchina. Non voglio
dire che e' un buon motivo per sparargli addosso, ma voglio dire che
sarebbero stati creati tutti gli elementi per favorire o creare un
incidente''. ''La verita' - ha aggiunto la Sgrena - non la troviamo
in questi rapporti. Neanche in quello italiano anche perche' la verita'
dovevano dircela gli americani. Sono stati loro a gestire la situazione
quella sera e a spararci. Toccava agli americani dirci la verita'''.
Al giornalista che le faceva notare che oggi Il Manifesto titola ''Come
un agguato'', la Sgrena ha risposto: ''Noi siamo stati messi molto
sotto accusa per aver parlato di agguato, ma la meccanica con cui
e' avvenuto l'attacco alla nostra macchina, come si puo' definire
se non agguato. Una pattuglia che si trova dietro una curva, che colpisce
improvvisamente una macchina che sta arrivando sulla strada. Come
si puo' definire se non agguato? Questo non vuol dire che sia stato
un agguato deliberato''.
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