L’Auto di Calipari seguita e le telefonate
intercettate dagli americani
''Le intercettazioni delle comunicazioni telefoniche e la possibilita'
di localizzare i conversanti rappresentano uno degli strumenti operativi
principali dell'intelligence americana in Iraq, oltre al fatto che
americana e' l'impresa che gestisce tutto il sistema telefonico e
informatico dopo l'occupazione militare''. Lo ricorda Gigi Malabarba,
senatore del Prc e componente del Copaco che aggiunge: ''E' per questa
ragione che il dottor Calipari il 4 marzo spense il proprio satellitare
quando lascio' l'aeroporto di Baghdad e lo riaccese attorno alle 20,
dopo aver raccolto Giuliana Sgrena''. E Malabarba sottolinea che l'auto
di Calipari fu seguita per oltre un'ora dagli americani e le sue telefonate
intercettate. ''Le telefonate di Calipari - aggiunge- sono state sicuramente
intercettate e la sua auto seguita per quasi un'ora fino all'impatto
con il check-point. La conferma che viene da ambienti interni alla
CIA non e' che una ulteriore prova di cio' che e' in atto, nonostante
l'illegalita' formale soprattutto nei confronti degli alleati. Che,
a dire il vero, non si sognano di denunciare cio' che ogni servizio
fa (o farebbe, se ne avesse i mezzi) soprattutto in un teatro di guerra.
Quindi, sostenere che gli americani 'non sapevano' e' una spudorata
menzogna''.''Quanto alle audizioni decise dal COPACO oggi, ci sara'
quella del capo del SISMI, generale Pollari, subito dopo la conclusione
formale dell'inchiesta congiunta''.
Secondo gli inquirenti l’intercettazione è
come un autogol
L'ipotesi di un 'grande orecchio' americano pronto a captare in Iraq
tutte le conversazioni, persino quelle degli alleati, se vera e riscontrata,
costituirebbe un autogol per gli Stati Uniti nella vicenda Calipari.
E' la valutazione fatta da chi indaga sull'uccisione del funzionario
del Sismi secondo cui la circostanza potrebbe provare la conoscenza
da parte dell'America del passaggio della Toyota e della presenza
a bordo dell'ostaggio italiano e di due componenti del servizio segreto
alleato. Se fossero fondate le indiscrezioni apparse sulla stampa,
si insinuerebbe il sospetto che gli Usa non avrebbero fatto alcunche'
per impedire l'apertura del fuoco contro l'auto segnalandone tempestivamente
l'arrivo o che addirittura avrebbero dato ai soldati un ordine ben
preciso.
Sull’auto di Calipari fori evidenti nella
parte anteriore
Dovrebbero essere almeno sei o sette i fori relativi a colpi d'arma
da fuoco trovati dal Ris dei carabinieri e dalla scientifica della
Polizia di Stato sulla Toyota Corolla arrivata da Baghdad ieri sera
a Roma. I fori, molto evidenti, soprattutto sulla carrozzeria anteriore
dell'auto a bordo della quale viaggiavano Nicola Calipari , un altro
funzionario del Sismi e Giuliana Sgrena, sono stati fotografati e
filmati la scorsa notte in una prima ispezione preliminare chiesta
dalla Procura di Roma. Il Ris e la polizia scientifica, insieme agli
investigatori del Ros e della Digos della capitale, hanno in sostanza
''fissato lo stato di arrivo dell'auto in Italia''. Questo filmato
e le fotografie serviranno, ha spiegato un investigatore, come base
di partenza per gli accertamenti balistici e per gli altri rilievi
tecnici che potrebbero stabilire, nei prossimi giorni, sia la dinamica
sia la traiettoria dei proiettili che hanno colpito l'auto ed ucciso
Nicola Calipari. Nei prossimi giorni, infatti, si passera' alla fase
piu' viva degli accertamenti che, sulla base di studi dei metalli,
potranno calcolare la traiettoria, l'impatto dei proiettili e soprattutto
capire quante armi hanno sparato quella sera del 4 marzo scorso. Gli
esami balistici serviranno anche a capire se i colpi sparati verso
la Toyota Corolla e quelli che hanno ucciso Nicola Calipari siano
stati sparati solo verso la parte anteriore della macchina o anche
verso l'abitacolo. Accertamento che chiarira' anche la velocita' con
la quale procedeva la vettura prima di essere bloccata al check point
a pochi passi dall'aeroporto di Baghdad. La Toyota Corolla si trova
adesso in un hangar dell'aeroporto militare di Pratica di Mare, pronta
per essere trasferita nei laboratori della scientifica della polizia
di Stato nella nuova sede del Dipartimento anticrimine centrale.
In settimana gli esami balistici sull’auto
Cominceranno non prima di due-tre giorni gli accertamenti balistici
sulla Toyota Corolla colpita dai proiettili dei soldati Usa la sera
del 4 marzo scorso durante il trasporto di Giuliana Sgrena all' aeroporto
di Baghdad per rientro in Italia. I magistrati romani che indagano
su quell' episodio stanno valutando la possibilita' di allargare il
collegio di esperti, costituito per il momento da uomini del Ris e
della polizia scientifica, anche a dei consulenti esterni. Una volta
risolto questo aspetto, e definiti gli eventuali esami irripetibili
da svolgere in sede di incidente probatorio, partiranno le notifiche
alle parti lese (i familiari di Nicola Calipari, Sgrena e l'altro
agente del Sismi), affinche' nominino dei periti che li rappresentino
negli accertamenti tecnici.
L’auto custodita nell’hangar del DC9
di Ustica
La Toyota Corolla arrivata ieri sera da Baghdad, e sulla quale viaggiavano
Nicola Calipari, il suo collega del Sismi e Giuliana Sgrena la sera
del 4 marzo, e' custodita nello stesso hangar dell'aeroporto militare
di Pratica di Mare dove ci sono i resti del Dc9 dell'Itavia precipitato
ad Ustica nel giugno del 1980. Nell'hangar dell'aeroporto militare
hanno preso il via, ieri sera, gli accertamenti dei carabinieri del
Ris e della scientifica della polizia di stato che hanno filmato e
fotografato l'auto finita sotto i colpi d'arma da fuoco sparati da
una pattuglia americana a circa 700 metri dall'aeroporto di Baghdad.
Calipari ucciso dai contractors privati?
Nicola Calipari, il funzionario del Sismi morto a Bagdhad il 4 marzo
scorso nelle fasi successive alla liberazione della giornalista Giuliana
Sgrena, potrebbe essere stato ucciso da un gruppo di "contractors"
di un'unita' privata ingaggiata per la sicurezza del capo dei Servizi
di intelligence americani, Dimitri Negroponte. L'ipotesi viene avanzata
in un articolo pubblicato dalla rivista "Polizia e Democrazia"
(www.poliziaedemocrazia.it), che ha dedicato il numero di maggio a
Calipari. "La notizia e' stata ripresa direttamente da fonti
americane - spiegano i responsabili della rivista - e finora non e'
stata smentita dal Pentagono, anche se in questi giorni di attesa
della fine dell'inchiesta dei militari statunitensi sono emerse nuove
rivelazioni sulla presenza di militari in difesa di Negroponte, giunto
a Bagdhad proprio la sera del 4 marzo". Nello stesso numero della
rivista, un'intervista al direttore de "Il manifesto", Gabriele
Polo, che racconta la sua esperienza durante il tragico mese del sequestro,
altre notizie e dettagli sulla "strada della morte", il
percorso che da Bagdhad porta all'aeroporto, e un ricordo personale
di Alberto Intini, il dirigente della Squadra Mobile di Roma che ha
condiviso con Calipari quasi vent'anni di attivita'
Sgrena: “Andavamo piano e ci hanno sparato
da dietro”
"Andavamo piano", "non hanno fatto segnali con la
luce ne' colpi di avvertimento" e "ci hanno sparato da dietro
e non frontalmente". Sono alcune delle affermazioni di Giuliana
Sgrena intervistata sulle drammatiche vicende della sua liberazione
dal network televisivo "Democracy Now" alla vigilia delle
conclusioni ufficiali della commissione di indagine sulla sparatoria
che ha portato alla morte Nicola Calipari. "Andavamo piano sia
perche' dovevamo imboccare la curva, sia perche' c'era dell'acqua
sulla strada che non ci permetteva di andare velocemente" afferma
Giuliana negando che ci siano stati segnali da parte dei militari
americani. "Non hanno fatto segnali con la luce, con dei colpi
di avvertimento, niente di tutto questo", afferma infatti spiegando
che "i soldati stavano su un lato e non al centro della strada,
erano a circa dieci metri da noi quando hanno iniziato a sparare prima
che noi potessimo vederli, senza nessun avvertimento". Parlando
dei risultati della commissione, Sgrena afferma che "i due membri
italiani non accettano le conclusioni del report" e che per questo
"esiste un vero e proprio problema". Il permesso di percorrere
la strada per l'aeroporto, sottolinea Giuliana, c'era: "Ero li'
- afferma- quando hanno telefonato all'ufficiale italiano di collegamento
con gli americani il quale a sua volta ha parlato con il capitano
Greene per informarlo del fatto che stavamo percorrendo la strada
per l'aeroporto. La telefonata e' stata fatta circa venti, venticinque
minuti prima dell'incidente". Poi parlando ancora di quei drammatici
secondi di fuoco che hanno provocato la morte di Calipari e il suo
ferimento, Giuliana Sgrena ricorda ancora come poco dopo la sparatoria
la seconda persona che stava nella macchina con loro e' scesa "gridando
che eravamo dell'Ambasciata italiana, in quel momento stava parlando
al telefono con il Governo italiano, mio marito era li e stava ascoltando
la telefonata (...)l'hanno fermato (i soldati Usa, ndr) mentre stava
parlando al telefono con Berlusconi e Letta...". Per quanto riguarda
la linea adottata sul suo caso dal Premier Berlusconi, l'inviata del
Manifesto afferma: "in questo momento io non so cosa stia facendo,
ma prima si', perche' il risultato e' stata la mia liberazione. Sono
contenta di essere libera".
Per i PM Calipari non sbagliò, però
rimane da capire perché gli americani spararono
I contatti telefonici di Nicola Calipari e gli incontri avuti dal
funzionario del Sismi prima e dopo la liberazione di Giuliana Sgrena
costituiscono "un falso problema". Per i magistrati della
procura di Roma, che indagano sull'omicidio dello 007 e sul duplice
tentato omicidio dell'autista della Toyota Corolla e della giornalista
del Manifesto, presi d'assalto dai soldati americani la sera del 4
marzo sulla strada per l'aeroporto di Baghdad, non rappresenta un
particolare fondamentale il fatto che "le autorita' Usa sapessero
o meno della missione in Iraq di Calipari. Quello che conta e' capire
se chi ha fatto fuoco quella sera abbia rispettato o no le regole
di ingaggio". "Calipari - si sottolinea a piazzale Clodio
– sapeva perfettamente che la liberazione della Sgrena era una
operazione a rischio". La consegna dell'ostaggio da parte dei
sequestratori o dei loro intermediari sarebbe potuta saltare per un
qualunque motivo o avrebbe potuto celare molti pericoli. Ma una volta
'recuperata' la giornalista, Calipari avrebbe dovuto risolvere soltanto
la questione legata alla documentazione necessaria per lasciare la
capitale irachena perche' il passaporto che l'ostaggio aveva con se'
non era sufficiente. Dalle testimonianze acquisite agli atti dell'inchiesta
(ci sono le versioni dell'autista della vettura, del generale Mario
Marioli e della stessa giornalista) non emerge alcuna smagliatura
o alcuna leggerezza nel comportamento tenuto dallo 007 in quelle concitate
ore. L'accordo tra il funzionario dei servizi e Marioli, il vicecomandante
delle forze di coalizione che aveva al suo fianco il 25enne capitano
Green, prevedeva un punto di incontro all'altezza di una piazzola
lungo la strada che portava all'aeroporto, una volta andata a buon
fine la missione. Eppure il fuoco amico raggiunse la Toyota ben prima
di arrivare al luogo concordato e ben prima del principale check point.
"Vogliamo capire chi diede l'ordine di sparare e perche'"
spiegano gli inquirenti cui A.C., l'autista della Toyota presa di
mira dal fuoco Usa, ha spiegato: "Ho un figlio piccolo, ci tengo
a salvare la pelle e a tornare a casa. Mai avrei fatto manovre azzardate.
Le strade irachene le conosco molto bene. So come ci si muove".
Per A.C. l'auto andava a bassa velocita', tanto e' vero "che
fui io a frenare e a fermarmi una volta sentiti i colpi. Non furono
certo gli spari a bloccare il motore". Gli stessi spari, a detta
del testimone, furono simultanei al faro luminoso che i soldati puntarono
sull'auto. Le perizie sulla Toyota, che prenderanno il via nei prossimi
giorni dopo l'invio degli avvisi alle parti con la facolta' di nominare
propri consulenti e difensori, dovrebbero consentire di verificare
questa ricostruzione e chiarire tanti enigmi (il numero dei colpi,
il tipo di armi, la velocita' del mezzo). La procura, con tutta probabilita',
oltre ad affidarsi a un poliziotto della scientifica e a un carabiniere
del Ris, cooptera' anche un esperto balistico.
Il Copaco sentirà il capo del SISMI Pollari,
solo a inchiesta conclusa
Niccolo' Pollari, direttore del Sismi, verra' ascoltato dal Comitato
parlamentare di controllo sui servizi di informazione e sicurezza
non appena la Commissione congiunta Italia-Usa, incaricata di indagare
sulle circostanze della morte a Baghdad di Nicola Calipari, "avra'
finito il suo lavoro e ne avra' resi noti gli esiti definitivi".
E' la decisione presa dallo stesso Comitato, presieduto da Enzo Bianco,
nel corso di una breve "riunione interna" svoltasi nel primo
pomeriggio. La riunione era stata convocata da Bianco per fare il
punto sulle prime anticipazioni sulle risultanze dell'indagine, ma
la conferma - sia da parte italiana sia da parte statunitense - che
il rapporto della Commissione non puo' ancora ritenersi concluso ha
convinto i commissari del Copaco dell'opportunita' di sentire nuovamente
Pollari solo "a indagine chiusa".
Dagli Usa: “Nessuna tensione con l’Italia”
Non ci sono tensioni tra Usa e Italia sul caso Calipari e occorre
attendere l'esito delle indagini per non trarre ''conclusioni premature'':
lo ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato, Adam Ereli, commentando
gli sviluppi dell'inchiesta sull'uccisione del funzionario del Sismi.
''Data l'importanza e la delicatezza che entrambi i paesi riconoscono
a questa vicenda - ha detto Ereli, rispondendo a domande in un briefing
- dobbiamo essere piu' accurati e prudenti possibile nel condurre
l'indagine e quanto piu' possibile sicuri sulle sue conclusioni, prima
di annunciarle completamente''. Ereli ha ribadito che da parte americana
''non ci sara' una corsa a dare giudizi, ne' a raggiungere conclusioni''.
Il portavoce del Dipartimento di Stato ha ribadito la volonta' americana
di ''scoprire cosa e' accaduto, come e' accaduto e perche'''. ''Siamo
impegnati - ha aggiunto – a lavorare con gli italiani in questa
indagine. L'inchiesta prosegue e ci sono buone comunicazioni tra noi.
La stiamo affrontando in uno spirito di collaborazione, con lo spirito
degli alleati e degli amici''.
Il Cpj (Associazione di giornalisti americani) chiede
un inchiesa credibile
Un'associazione di giornalisti statunitense, il "Committee to
Protect Journalists" ha espresso in un comunicato "profonda
preoccupazione" per l'andamento dell'inchiesta congiunta americana
e italiana sul caso di fuoco amico del 4 marzo scorso a Baghdad. L'incidente
- costato la vita al funzionario del Sismi Nicola Calipari, il ferimento
della giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena - ha provocato forti
tensioni diplomatiche tra Roma e Washington. Secondo alcune indiscrezioni
sul rapporto finale dell'inchiesta, trapelate nella serata di lunedì,
il Pentagono avrebbe negato qualsiasi responsabilità da parte
dei militari americani che il 4 marzo aprirono il fuoco sulla macchina
di Calipari, subito dopo la liberazione di Giuliana Sgrena. I rappresentanti
italiani nella commissione d'inchiesta avrebbero rifiutato di sottoscrivere
il contenuto del rapporto. La presidente del CPJ Ann Cooper ha commentato
duramente il risultato - tuttavia non ufficiale né definitivo
- dell'inchiesta: "Siamo profondamente preoccupati dal disaccordo
emerso tra le autorità statunitensi e italiane nell'ambito
dell'indagine su questa tragica sparatoria. Il mancato raggiungimento
di un accordo costituisce una opportunità persa di affrontare
la seria questione della sicurezza dei civili - compresi i membri
della stampa - nei posti di blocco americani. Ribadiamo la nostra
richiesta per una indagine completa e credibile per determinare che
cosa sia avvenuto, chi sia responsabile dell'incidente e quali passi
possano essere fatti per prevenire che simili incidenti si ripetano
in futuro". Il CPJ nota come il fuoco amico delle forze americane
sia costato fino a questo momento la morte di nove giornalisti e due
dipendenti di organi di stampa dal marzo del 2003 in Iraq. Inoltre
moltissimi civili sono stati uccisi in incidenti avvenuti a posti
di blocco nel Paese, tra questi quattro rappresentanti dei media.
Il Cpj, un organizzazione non profit indipendente fondata nel 1981
si pone tra i propri obiettivi la protezione della libertà
di informazione in tutto il mondo e la difesa del ruolo dei giornalisti
nell'esercizio del loro lavoro. Ha tra i propri soci fondatori i principali
organi di informazione americnai tra i quali Bloomberg, Cnn, Dow Jones,
Forbes, Knight Ridder, Reuters.
Reporters sans frontieres (RSF) sorpresa dall’esito
dell’inchiesta
Reporters sans frontieres (RSF) si e' detta ''molto sorpresa'' all'annuncio
che i militari americani avrebbero discolpato i loro soldati responsabili
della morte dell'agente dei servizi segreti italiani Nicola Calipari
ucciso mentre accompagnava all'aeroporto di Baghdad la giornalista
Giuliana Sgrena appena liberata dai suoi sequestratori e rimasta anche
lei ferita. RSF ''non ha la convinzione che tutti i mezzi siano stati
utilizzati per trovare una spiegazione a questo dramma e per stabilire
chiaramente le responsabilita' di ciascuno''. L'organismo ribadisce
la sua richiesta di una ''inchiesta internazionale indipendente dalle
autorita' americane ed italiane''. Ricordiamo - afferma RSF - che
''i due membri italiani della commissione d'inchiesta non sono d'accordo
su due punti sui quali riferiranno prossimamente. Vedremo allora la
reazione ufficiale del governo italiano che ha il diritto di esigere
sanzioni''. Il presidente del consiglio Silvio Berlusconi ha ieri
detto in parlamento che l'inchiesta non e'ancora chiusa ed il segretario
alla difesa americana Donald Rumsfeld ha detto che secondo le sue
''ultime informazioni'' i membri della commissione di inchiesta non
sono ancora arrivati a un'intesa finale sul rapporto congiunto.
Secondo IFJ il rapporto Usa è un insabbiamento
Il rapporto americano sulla morte dell'agente Nicola Calipari durante
la liberazione della giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena è
un tentativo di insabbiamento che dimostra come "l'esercito,
anche in paesi democratici, attacchi ed uccida giornalisti e civili
impunemente". Lo ha affermato oggi il segretario generale dell'International
Federation of Journalists (Ifj), organizzazione che riunisce la stampa
internazionale con sede a Bruxelles. In un comunicato stampa diffuso
oggi a Bruxelles il segretario generale dell'Ifj, Aidan White, ha
criticato il comportamento dei militari Usa e di quelli israeliani,
quest'ultimi per l'uccisione del cameraman James Miller a Gaza, ucciso
mentre agitava una bandiera bianca. "I militari negli Stati Uniti
e in Israele hanno creato una cultura dell'insabbiamento e dell'autogiustificazione",
ha affermato White. "Ci sono stati 14 casi di morte di giornalisti
in Iraq, nei quali restano senza risposta le azioni dei soldati Usa,
e la giustizia è stata negata".
Versioni Italia e Usa rimangono distanti
Le posizioni all'interno della commissione mista Italia-Usa sulla
dinamica della sparatoria che il 4 marzo scorso ha investito la Toyota
del Sismi che stava riportando nel nostro Paese Giuliana Sgrena rimangono
distanti. La conclusione dell'inchiesta e' prevista tra una decina
di giorni e probabilmente si chiudera' con due 'verdetti' diversi.
Da un lato le conclusioni americane che di fatto assolveranno l'operato
dei militari al posto di blocco, dall'altro il giudizio dell'Italia
che invece sottolinera' come il dirigente del Sismi Antonio Calipari
non fece alcun errore o 'passo falso' rispettando tutte le regole
e le misure di sicurezza per il buon fine dell'operazione.
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