La Procura di Roma rivela: "Il Governo ci chiese
di soprassedere sull’inchiesta"
18/04 La Procura di Roma è ancora in attesa delle risposte
alle rogatorie presentate con riferimento alla morte di Nicola Calipari:
non vi è dunque nessuno stop nelle indagini in attesa delle
conclusioni della commissione mista italo-americano che i magistrati
continuano a sottolineare agire ed intervenire in ambito diverso da
quello della magistratura italiana. Subito dopo la morte di Nicola
Calipari, viene ricordato negli ambienti della Procura di Roma, sono
iniziate le richieste della Procura di Roma al governo italiano e
da questo agli Stati Uniti, "per avere la disponibilità"
sia dei nomi dei soldati che spararono il pomeriggio del 4 marzo sulla
strada che porta all'aeroporto di Baghdad, che della Toyota sulla
quale viaggiava Calipari, la giornalista del manifesto Giuliana Sgrena
ed un altro agente del Sismi. Dopo "uno o due giorni" si
chiarì il diritto di "procedibilità" dei nostri
inquirenti con lo stesso ministero della giustizia, ma passate 24
ore, arrivò la richiesta di "soprassedere", di aspettare
che la Commissione d'inchiesta mista italo-americana concludesse il
suo lavoro. Di qui la lettera inviata il 9 marzo dal Procuratore capo
Giovanni Ferrara al sottosegretario alla presidenza del Consiglio
Gianni Letta, in cui si ribadivano i passi ufficiali compiuti e la
"impossibilità giuridica di tornare indietro". Ormai
infatti erano state avviate le rogatorie internazionali, era stato
dato incarico agli investigatori del Ros e della Digos di raccogliere
informazioni, sia in Italia che in Iraq. Inoltre era ormai stata anche
acquistata l'auto su cui viaggiava Calipari e che era stata noleggiata
dai nostri agenti. In un successivo contatto con Letta ai pm, coordinati
dal capo del pool antiterrorismo Franco Ionta, fu assicurato che il
governo avrebbe fatto di tutto per assolvere le richieste dei magistrati.
L'ulteriore nota inviata dal ministro della giustizia Roberto Castelli
agli Usa fu una conferma in tal senso."Da quel momento - si puntualizza
a piazzale Clodio - si è in attesa. E non si vogliono prendere
in esame le anticipazioni date dai giornali sulle conclusioni della
Commissione d'inchiesta italo-americana".
I senatori della GAD: “Sono Gravi le accuse
della Procura di Roma”
18/04 "Cosa intende fare il governo italiano, se ancora siede
qualcuno in grado di decidere a Palazzo Chigi, nei confronti dell'amministrazione
Usa che ha negato collaborazione per l'accertamento della verita'
sulla morte di Nicola Calipari sin dal primo istante, al punto da
costringere la Procura di Roma a mettere nero su bianco scrivendo
al sottosegretario alla presidenza del Consiglio". E' quanto
chiedono di sapere i senatori della Gad Alessandro Battisti(DL), Gianfranco
Pagliarulo (Pdci), Tommaso Sodano (Prc), Antonello Falomi (Il Cantiere),
in un'interrogazione parlamentare presentata al ministro degli Esteri
Gianfranco Fini, al ministro della Difesa Antonio Martino e alla presidenza
del Consiglio. "Il governo - proseguono i senatori - e' consapevole
che su questo caso si rischia un ennesimo scontro istituzionale' Ed
e' consapevole del fatto che l'uccisione dell'alto funzionario del
Sismi rischia di restare senza colpevoli e senza risposte. Chiediamo
di sapere, secondo quanto riportato oggi da un autorevole quotidiano,
che fine abbia fatto la lettera che un mese fa i magistrati romani
scrissero al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, elencando
tutti gli ostacoli e i rifiuti opposti dagli americani tali da configurare
'una situazione contrastante con l'autonomia dell'attivita' giudiziaria
e di esercizio dell'azione penale. La magistratura italiana sarebbe
dunque stata tagliata fuori da ogni possibilita' di accertare la verita',
come documenta un carteggio allegato alla lettera: al vaglio di chi
e' oggi questo materiale. Gia' cinque giorni dopo l'uccisione del
nostro funzionario gli americani iniziarono a porre ostacoli non autorizzando
lo spostamento della Toyota Corolla su cui viaggiavano Calipari e
Giuliana Sgrena e, subito dopo, due nostri investigatori pronti a
partire per Baghdad sarebbero stati bloccati dagli Usa. Di fronte
a questi fatti cosa intende fare il governo italiano perche' la commissione
possa effettivamente produrre qualcosa e non si arrivi invece ad un
ennesimo nulla di fatto. E allora la domanda finale e' una sola. Dica
il governo: 'c'e' qualcuno' -concludono i senatori - che ha interesse
a boicottare l'accertamento della verita' sulla morte di Nicola Calipari".
Il Ministro Castelli: “Se hanno problemi i
Magistrati mi scrivano”
A proposito della vicenda giudiziaria riguardante l'uccisione dell'agente
del Sismi Nicola Calipari, morto durante le operazioni di liberazione
in Iraq della giornalista Giuliana Sgrena, ai cronisti che gli chiedevano
delle difficolta' lamentate dai magistrati nell'inchiesta, il ministro
della Giustizia Roberto Castelli ha risposto: ''se ci sono problemi
mi scrivano e io ho gli strumenti della rogatoria e della cooperazione
giudiziaria. Questi sono gli strumenti che io ho in quanto Guardasigilli
e intendo usarli fino a in fondo''. A chi gli chiedeva, a margine
di un incontro con i dottori commercialisti a Milano, che idea si
era fatto sulla vicenda Castelli ha risposto: ''il ministro della
Giustizia non si deve fare idee. Perche' deve semplicemente adoperarsi
affinche' tutte le azioni che la magistratura italiana sta portando
avanti, rogatorie e quant'altro, abbiano compimento nel modo piu'
rapido possibile''.
I PM a rischio “mani legate” da trattati
e risoluzioni internazionali
Non si prospettano in discesa le difficolta' incontrate dai magistrati
romani che indagano sulla morte di Nicola Calipari. Seppure il ministro
della Giustizia, Roberto Castelli, mostri disponibilita' ad intervenire
in loro favore attraverso le rogatorie e la cooperazione giudiziaria,
questi strumenti nelle mani del Guardasigilli rischiano di essere
armi spuntate. Alcuni articoli del trattato del 1982 che regola i
rapporti giudiziari tra Italia e Usa, nonche' la risoluzione Onu 1546
dell'8 giugno 2004 che ha ridisegnato il futuro dell'Iraq - fanno
notare i tecnici del ministero della Giustizia - potrebbero seriamente
impedire agli inquirenti romani di andare avanti nei loro accertamenti,
anche quando sara' terminata l'inchiesta della commissione congiunta
italo-americana. Il ministro ha gia' firmato e inoltrato il mese scorso
le due rogatorie e la richiesta di cooperazione giudiziaria per far
si' che la procura della Capitale possa ottenere l'elenco dei nomi
dei marines americani che spararono contro l'auto a bordo della quale
viaggiavano Calipari, la giornalista Giuliana Sgrena e un altro agente
del Sismi. Al Dipartimento di Giustizia Usa, inoltre, sono state chieste
le relazioni di servizio dei marines e l'auto Toyota Corolla (noleggiata
e ora acquistata dai servizi segreti italiani) a bordo della quale
mori' Calipari e fu ferita la Sgrena. Nessuna risposta alle rogatorie
e' arrivata dagli Usa. Le autorita' di Washington hanno pero' fatto
sapere che al momento le rogatorie sono bloccate in attesa che sia
terminato il lavoro della Commissione d'inchiesta Italia-Usa. Circostanza,
questa, che al ministero della Giustizia spiegano facendo riferimento
all'art.5 comma 3 del trattato del 1982, la' dove e' previsto il ritardo
all'esecuzione di assistenza giudiziaria nel caso in cui la richiesta
''interferisca con una istruttoria o un procedimento in corso nello
Stato richiesto''. Tuttavia, una volta conclusi i lavori della commissione
bilaterale, non e' detto - fanno notare i tecnici del ministero, ragionando
per ipotesi - che gli Usa automaticamente diano il via libera alle
rogatorie. Potrebbero anche rifiutarle sulla base dell'art.5, comma
1 (lettere a e b) del trattato del 1982, in base al quale l'esecuzione
di assistenza puo' essere rigettata in caso venga pregiudicata ''la
sicurezza o altro interesse essenziale'' degli Usa, oppure se si tratta
di una richiesta che ''si riferisce a un reato solo militare''. E
ancora: la decisione Usa di far partecipare due italiani alla commissione
d'inchiesta guidata da Vangjel - fanno notare negli ambienti di Via
Arenula - e' un atto di ''cortesia internazionale''. Gli Stati Uniti
avrebbero infatti potuto immediatamente invocare (cosa che non hanno
fatto, ma non e' escluso che faranno in futuro) un punto preciso della
risoluzione dell'Onu 1546 che potrebbe vanificare qualsiasi tentativo
da parte della magistratura italiana di giudicare per omicidio e tentato
omicidio i marines che uccisero Calipari e ferirono la giornalista
Giuliana Sgrena. Si tratta del punto sette della risoluzione, in cui
si fa riferimento a lettere dell'ex primo ministro iracheno Allawi
e dell'ex segretario di Stato Usa Powell: sono ''parte integrante
della risoluzione'', spiegano al ministero della Giustizia. Ebbene
- e' scritto in quei documenti - gli Stati che contribuiscono alla
coalizione hanno la responsabilita' di esercitare la giurisdizione
sul proprio personale. In altre parole, se i soldati Usa commettono
un crimine in Iraq, devono essere processati dalla giustizia americana.
Certo, la procura di Roma potrebbe sempre chiedere assistenza giudiziaria
al governo iracheno che, in base alla risoluzione 1511 ha ottenuto
il riconoscimento internazionale. Una strada, questa, formalmente
possibile, ma che a molti appare non realistica. Pare infatti difficile
ipotizzare che il governo iracheno sia in possesso dei nomi dei marines
Usa che fecero fuoco sull'auto italiana. E ottenere i nomi e' un elemento
non di poco conto se si considera che la procura di Roma non ha escluso
alcuna ipotesi pur di andare avanti nell'inchiesta, anche quella di
procedere in contumacia.
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