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Cronaca
Sgrena libera/Ucciso Calipari

 

Indagini in corso. Nella prossima settimana i risultati delle indagini sul caso Calipari

31/03 Ci vorra' ancora qualche giorno per sapere cosa e' accaduto il 4 marzo scorso sulla strada che porta all'aeroporto di Baghdad, quando una pattuglia americana apri' il fuoco sull'auto sulla quale viaggiavano il funzionario del Sismi Nicola Calipari, rimasto ucciso, l'inviata del Manifesto Giuliana Sgrena e un altro 007, rimasti entrambi feriti. Il comando americano ha fatto sapere oggi che l'inchiesta supplementare avviata subito dopo l'incidente ''non e' ancora conclusa'' e che servira' tutto il tempo necessario per ''andare a fondo'' con gli accertamenti. A poco meno di un mese di distanza da quel tragico venerdi', quando la gioia per la liberazione della giornalista fu cancellata dalla morte di Calipari, l' inchiesta dovrebbe essere giunta alle fasi finali. Quando l' 8 marzo scorso fu annunciato il supplemento d'indagine infatti (un'indagine preliminare era stata gia' svolta dal generale William Webster, il comandante della Terza divisione di fanteria, che ha il controllo delle operazioni militari a Baghdad), il comando Usa a Baghdad sottolineo' che ''approssimativamente'' ci sarebbero volute ''tre, quattro settimane'' per arrivare alla conclusione degli accertamenti. La prossima dovrebbe quindi essere la settimana decisiva per i risultati dell' inchiesta. La commissione e' guidata dal generale Peter Vangjel, l'uomo che comanda il 18/esimo corpo aviotrasportato nella base delle forze d'elite americane a Fort Bragg. Agli accertamenti sono stati chiamati a partecipare anche rappresentanti italiani: il diplomatico Cesare Ragaglini ed un generale del Sismi affiancano i loro colleghi americani nella ricostruzione di quanto accaduto. Ricostruzione che, inizialmente, sembra divergere su alcuni punti tra americani ed italiani, come riferito anche in Parlamento dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi e dal vicepremier, Gianfranco Fini. Innanzitutto, la velocita' dell'auto: le prime testimonianze fornite dalla pattuglia Usa che ha intercettato l' auto con i tre italiani a bordo indicano che il mezzo viaggiava a ''velocita' sostenuta''. Sia la Sgrena che lo 007 rimasto ferito hanno invece ripetuto piu' volte che la Toyota non superava i 40 km orari. Altro punto discordante e' la successione di avvertimenti che gli americani avrebbero attuato prima di aprire il fuoco contro l' auto. Il comando Usa, in una nota ufficiale, ha detto che la pattuglia, prima di sparare, ha intimato l'alt con dei segnali luminosi e successivamente con gli stessi militari che hanno agitato le braccia. Ai magistrati italiani, invece, Giuliana Sgrena e il funzionario del Sismi hanno detto che tra il segnale luminoso e gli spari sono trascorsi solo pochi istanti. Da chiarire anche il tipo di informazione passata da Calipari alla catena di comando americano e le modalita' con cui questo ha segnalato la presenza dell' auto alle pattuglie presenti a Baghdad. La conclusione dell' inchiesta supplementare americana potrebbe anche servire a sbloccare quella avviata dalla procura di Roma, che si e' trovata di fronte ad alcune difficolta'. In particolare, i pm romani non sono ancora riusciti ad ottenere l' auto colpita dai soldati Usa. Il mezzo e' stato acquistato dall' Italia ma gli americani non lo hanno ancora messo a disposizione degli inquirenti italiani, che lo ritengono fondamentale per capire la dinamica della sparatoria.

La Sgrena racconta sul Manifesto “i miei trenta giorni di prigionia”

''Aveva piovuto molto, cosa rara per Baghdad, quella mattina del 4 febbraio, il giorno del mio rapimento. Ricordo il fango che circondava la moschea di al-Mustafa, all'interno dell'universita' di An-Nahrein. Ci ero andata per raccogliere le testimonianze dei rifugiati di Falluja''. Cosi' la giornalista Giuliana Sgrena comincia il racconto per il quotidiano il Manifesto - che oggi ne pubblica la prima parte - dei suoi 30 giorni di prigionia. L'inviata racconta della sua telefonata dalla macchina alla collega Schiavulli per avvertirla del suo ritardo: ''e mentre il suo telefono stava squillando, esattamente in quel momento, ho sentito la sparatoria e ho capito che mi stavano sequestrando''. Seguono le fasi concitate in cui viene presa dai suoi rapitori e portata via: ''Cosa volete? Dove mi portate? E quello che era seduto alla mia destra mi ha detto: 'Stai tranquilla, vogliamo solo fare un video per chiedere il ritiro delle truppe a Berlusconi e poi ti rimandiamo a casa'''. L'inviata del Manifesto racconta il suo arrivo alla casa dove fu tenuta, ''volevano farmi mangiare, ma il mio stomaco era bloccato...Era una giornata bruttissima, faceva un freddo cane. A pensarci adesso, lo stesso clima freddo e piovoso del giorno in cui mi hanno liberata''. I notiziari televisivi cominciano a dare la notizia del suo rapimento, e ''meno di un'ora dopo il sequestro, i rapitori gia' sapevano che era e per chi lavorava quella che avevano sequestrata. Io ero terrorizzata''. A questo punto comincia il diario dei suoi giorni in mano ai rapitori, di come all'inizio non volesse mangiare (''avevo lo stomaco legato'') e poi aggiunge: ''volevo spiegarli chi ero, ma volevo anche capire con chi avevo a che fare''. Nel racconto dell'inviata il ricordo di quando vide in tv il Campidoglio con la sua foto e le fiaccole, ma anche l'angoscia dopo la notizia della rivendicazione del Jihad e dell'ultimatum: ''Mi si e' gelato il sangue, ma anche loro erano sconcertati...Mi hanno detto 'non credere, non credere, non siamo noi', ripetevano. 'Voi mi volete uccidere', urlavo''. E alla domanda ''perche' avete rapito proprio me?...io sono venuta in Iraq per testimoniare quanto soffre questo paese'', la risposta e' che ''voi potete essere tutte spie. Tu sei stata a Nassiriya con gli italiani. Noi non facciamo piu' differenza tra militari, giornalisti, contractor...Dovete andarvene tutti''. La giornalista racconta quei giorni, quando ''ogni tanto, ogni tre o quattro giorni, riuscivo anche a fare una doccia''. ''Stavo quasi sempre al buio...Passavo intere giornate al buio''. E poi ''era terribile non sapere nemmeno che ora fosse. Di giorno cercavo di regolarmi attraverso il richiamo delle preghiere. Doveva esserci una moschea vicino'', e ''a volte per distrarmi facevo degli esercizi di memoria, cercavo di ricordarmi i nomi, le date. Altre volte avevo dei momenti di depressione e pensavo ai miei genitori, a mia madre che mi aveva detto di non partire...Poi quando sono tornata ho saputo che mamma e papa' sono stati bravissimi''. Giuliana Sgrena racconta che i suoi due guardiani ''si mostravano molto religiosi, a volte persino in modo eccessivo'' e di quando parlava con loro di Islam: ''mi dicevano 'tu sei sporca'. Perche'? 'Perche' non sei musulmana''', e di come essi insistessero sulla sua conversione all'Islam: ''Ma io rispondevo: No, con la religione non si scherza''.

Un documentario presentato in anteprima a Macerata racconta il mese più lungo della Sgrena

Le immagini della grande manifestazione popolare per la liberazione di Giuliana Sgrena del 19 febbraio a Roma, quelle dei solenni funerali di Nicola Calipari, con gli scroscianti applausi della folla, ma soprattutto la testimonianza della stessa Sgrena, che a volte con lucidita' da cronista, altre volte con grandissimo calore,descrive gli episodi salienti della sua prigionia e della liberazione in Iraq. Sono i momenti forti del documentario ''Il mese piu' lungo'' sul sequestro della giornalista, realizzato Loris Campetti, capo redattore del Manifesto e presentato in un'affollatissima anteprima questa sera a Macerata. Nel filmato, Sgrena si sofferma anche su particolari minori - la pioggia del giorno del sequestro rapimento e di quello della liberazione, la ripetizione continua di una frase dei rapitori 'presto tornerai Roma', il dono di una collanina - ma anche l'annuncio che qualche ora dopo sarebbe stata liberata. Il racconto si vela di mestizia, nella descrizione della figura di Nicola Calipari e del suo eroico sacrificio. ''Io ero seduta dietro l'autista, che poi era un agente, ma che io ho visto sempre di spalle e con cui non ho mai parlato, mentre Nicola era seduto alla mia destra. E i colpi furono sparati proprio da destra e si chino' su di me per proteggermi. Poi udii un rantolo e subito mi sono resa conto che era morto''. Agli americani - dice - ''chiedo soltanto la verita'. Ci sono tanti interrogativi ai quali bisogna dare una risposta. Pretendo la verita' non soltanto per me, ma soprattutto per i figli e per la vedova di Nicola Calipari, perche' debbono sapere come e' morto e perche' e' morto''. Al termine della proiezione, sono intervenuti Vitantonio Gioia, preside della Facolta' di Scienze Politiche dell'Universita' di Macerata, il presidente dell'Ucoii Mohamed Nour Dachan e Campetti. ''Il documentario - ha spiegato - racconta in modo piu' approfondito il mese di prigionia di Giuliana a Bagdad e soprattutto le sue sensazioni. In particolare fa pulizia di quelle chiacchiere che sono girate dopo la tragica liberazione di Giuliana, e del suo rapporto non chiaro con i sequestratori. Spiega anche la rabbia di chi, come lei, e' andata li' a fare il suo lavoro con la convinzione di poter aiutare quella popolazione, raccontandone le condizioni di vita. E invece si e' trovata in qualche modo a essere considerata come un nemico in quanto occidentale. E lei - ha aggiunto Campetti - ripete molto spesso questo concetto che era come un martellamento da parte dei rapitori: 'Di te non ci fidiamo, puoi essere una spia! Gli occidentali sono tutti nemici''. Ma il video racconta anche il mese del Manifesto, ''di come abbiamo vissuto e di come abbiamo lavorato per aiutare la sua liberazione e poi racconta la gente, i cortei, le manifestazioni, le prese di posizione. In qualche modo cerca di restituire questo mese vissuto con il fiato sospeso, non soltanto da Giuliana e da noi del Manifesto''.

La Sgrena su Sky Tg24

Su Sky Tg24 a 'Controcorrente', in onda venerdì alle 22.35, sara' ospite Giuliana Sgrena. Per la prima volta in uno studio televisivo, la giornalista de 'Il Manifesto' raccontera' la sua prigionia ricordando i momenti piu' sconfortanti del mese di detenzione, il giorno della liberazione e la morte dell'ufficiale del Sismi che l'ha salvata, Nicola Calipari. E ancora si cerchera' di dare risposta agli interrogativi piu' scottanti del caso, fra i quali ad esempio la sorte della commissione d'inchiesta italo-americana annunciata. In studio anche il compagno di vita della Sgrena, Pier Scolari e Carlo Bonini di 'La Repubblica'.

 

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