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Cronaca
Sgrena libera/Ucciso Calipari

 

Al Vittoriano continua l’omaggio della gente a Calipari. La Sgrena “Mi sono sentita come in un agguato”

06/03 Continua, senza soste l’omaggio dei cittadini alla salma di cClipari esposta da questa mattina nella camera ardente allestita al Vittoriano. Tante, tantissime le persone, oltre ventimila, che pazientemente, sotto la pioggia, si sono messe in fila per dare il proprio saluto all’agente del Sismi ucciso dagli americani. E continua anche nella notte questa forma di solidarietà ad un uomo che ha donato la sua vita per la giornalista appena liberata. Una missione culminata con la morte che ha toccato fortemente i sentimenti a tante persone venute al Vittoriano per portare ognuno il suo piccolo segno d’affetto. In un primo momento sembrava che il Vittoriano dovesse esser chiuso ma poi è arrivata la decisione di tenerlo aperto fino ai funerali che avverranno lunedì mattina nella chiesa di Santa Maria degli Angeli. Attorno al feretro i parenti di Calipari e tanti suoi colleghi che si sono avvicendati sin da quando la salma è stata trasferita nel Vittoriano. Prima che aprissero le porte molti agenti dei servizi, i tanti che non possono mostrarsi in pubblico hanno fatto visita al loro collega. Una processione continua. La moglie di Calipari, signora Villecco, non ha mai lasciato suo marito. Anche questa mattina dai medici legali, dove è stata eseguita l’autopsia la vedova Calipari ha voluto rimanere da sola con il suo Nicola. In sua compagnia il sottosegretario Letta che l’ha anche accompagnata al Vittoriano. Nel pomeriggio anche i figli hanno voluto rimanere con il padre. Lunga la sequela di autorità che si è recata di persona alla camera ardente. Il Cardinal Sodano, il Presidente del Senato Pera, ai politici e le autorità tutte. Dietro la salma una corona del Presidente Ciampi. Commovente l’abbraccio del direttore del Manifesto, Poli, con la vedova di Calipari. nessuna distinzione politica o di appartenenza. Fuori esposte bandiere tricolori affiacnoa bandiere della pace, unite in un unico sentimento di commozione che accomuna tutti. Ma la gente continua ad arrivare. Una lunga fila si snoda tuttora prima dell' uscita dal complesso monumentale: nessuno tra coloro i quali visitano la camera ardente evita infatti di lasciare la propria firma e un breve messaggio di cordoglio - quasi mai di maniera e molti quelli in cui ci si rivolge a Calipari con il suo nome di battesimo, Nicola - sui registri sistemati per raccogliere le adesioni al lutto

Alla camera ardente presente il rabbino Di Segni con il Cardinal Sodano

Il segretario di Stato Vaticano, card. Angelo Sodano, e' giunto nel pomeriggio al Vittoriano per rendere omaggio alla salma di Nicola Calipari. Sodano e' giunto accompagnato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Prima di lui era arrivato il presidente del Senato Marcello Pera, che si e' avvicinato con discrezione alla vedova, l'ha abbracciata e poi ha stretto con affetto la mano ai due figli del funzionario del Sismi. Ha preferito mescolarsi tra la folla, invece, il ministro dell'Economia, Domenico Siniscalco; il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni e' venuto a portare l'omaggio della comunita' ebraica della capitale.

Sgrena “Non tornerò più in Iraq”

L' inviata del Manifesto Giuliana Sgrena non tornera' in Iraq. Lo ha detto lei stessa a Skytg24, sostenendo che attualmente ''non ci sono condizioni per fare informazione''. ''Ho capito che loro - ha detti riferendosi ai suoi sequestratori - che non vogliono testimoni e che siamo tutti percepiti come possibili spie''. ''Credo che non ci siano le condizioni per tornare in Iraq e quindi non ci tornero''', ha affermato l'inviata del Manifesto. ''Ho capito dai rapitori che loro, che si definiscono resistenza irachena - ha aggiunto - non vogliono testimoni in questo momento in Iraq''. ''Non ci tornero' - ha spiegato Giuliana Sgrena - perche' non e' possibile fare informazione come la intendo io, andando sul terreno e parlando con la gente, in quanto tutti siamo ritenuti possibili spie. Ed io non voglio subire questi ricatti, ne' da parte delle forze occupanti ne' da parte di chi lotta contro l'occupazione''. Proprio parlando della sua attivita' di giornalista, Sgrena ha detto di non sapere se i suoi sequestratori, al momento del rapimento, sapessero del mestiere che faceva e del suo impegno contro l'occupazione. ''Quando mi hanno preso - ha detto - ho cercato di spiegarglielo, ma loro mi hanno risposto che questo non poteva escludere che fosse una copertura alla mia attivita' di spia. Poi si sono resi conto, visto che avevo tutti gli appunti nella borsa, che io non ero una spia. Poi hanno scoperto da quello che stava avvenendo in Italia, perche' loro vedevano quello che stava succedendo in Italia, che io ero effettivamente la persona che si era battuta contro la guerra e contro l'occupazione''. ''Ho cercato di spiegare loro - ha aggiunto - che se vogliono la cessazione dell'occupazione devono basarsi non sulla richiesta secca al governo, la cui risposta positiva non puo' certo avvenire in quelle condizioni, ma basarsi sui sentimenti del popolo''. ''Non torneo' piu' in Iraq - ha ribadito Sgrena al Tg1 - perche' non c'e' possibilita' di fare informazione. I giornalisti o stanno chiusi in albergo o se vanno fuori succede quello che e' successo a me''. ''I miei rapitori - ha proseguito - me l' hanno detto: 'siete tutti nemici, non importa chi siete, se siete militari, giornalisti, italiani o francesi'. Capisco che alla gente interesserebbe far sapere cosa succede li'. Ma mi sono resa conto che non e' possibile farlo. E quindi perche' dovrei tornare in Iraq? Per illudermi di poter informare senza poterlo fare? Oppure per rischiare la vita per niente? Questa esperienza mi e' servita molto''.

Sgrena: “Mi sono sentita bersaglio di un agguato” e promette la verità alla moglie di Calipari

06/03 Quando e' stata colpita, Giuliana Sgrena si e' sentita ''bersaglio di un agguato''. ''Che poi fosse contro di me, contro qualcun altro o contro l'operazione in se' - dice - questo non lo so, ma non poteva essere una cosa casuale. Questo e' sicuro''. Dal suo letto all'ospedale del Celio, via telefono, l'inviata del Manifesto concede interviste. Alcuni colleghi salgono a trovarla. ''Sto meglio, ho riposato un pochino, ho ancora un po' di problemi da risolvere alla spalla. Il dolore c'e', ma e' soprattutto un altro dolore - dice, facendo riferimento alla tragica fine di Nicola Calipari, il funzionario del Sismi morto per salvarle la vita - quello che fa male. Quello e' molto forte''. Il motivo, questo, che le impedisce di assaporare a pieno la liberta', dopo un mese di prigionia. ''Purtroppo e' una liberazione che non mi posso godere - afferma - perche' e' stata ottenuta al prezzo di un'altra vita''. L'inviata del Manifesto, nei suoi racconti, ripercorre le ultime fasi del sequestro. Dice di non sapere se e' stato pagato un riscatto, che i suoi rapitori le hanno chiesto scusa prima di liberarla (''ma c'e' molta ipocrisia in questo'') e che l'hanno ''sempre trattata bene e con gentilezza''. ''Calipari - racconta la giornalista - l'ho conosciuto quando mi ha liberato, quando si e' avvicinato alla mia macchina e mi ha detto: 'Giuliana stai tranquilla, sono Nicola, sono venuto a liberarti. Allora siamo saliti su un' altra auto, eravamo in tre. E lui ha voluto mettersi vicino a me e non davanti, con l' altro agente che guidava. Subito si e' stabilito un grande rapporto di comunicazione e di affettivita', di successo comune. Lui era riuscito a salvarmi. Io ero riuscita a salvarmi''. Poi, ''improvvisamente, quando tutto sembrava finito, questa pioggia di fuoco, di proiettili. E' stata una cosa devastante senza alcun preavviso. Ci trovavamo in una zona che ormai ritenevamo sicura, perche' era vicina all' aeroporto, sotto pieno controllo americano. Pensavamo di averla scampata. Non andavamo forte, come si e' detto, ma ad una velocita' normale. Non abbiamo superato alcun check point, ma all'improvviso siamo stati bersagliati da una raffica di fuoco. Questi ci hanno sparato addosso senza volerci fermare, senza darci nessuna indicazione che erano li' e che volevano che noi ci fermassimo''. Per Giuliana Sgrena ci sono ''molti dubbi su quello che e' successo'', ma ''una cosa e' certa: non si e' trattato di un fatto casuale''. L'inviata del Manifesto parla di un agguato e non esclude di essere proprio lei l'obiettivo. ''Che gli americani non vogliono trattative per ottenere la liberazione degli ostaggi e' una cosa risaputa; che facciano di tutto per contrastare questa pratica lo sanno tutti. Quindi non vedo perche' dovrei escludere che potessi essere io l'obiettivo''. ''Gli americani - ripete la giornalista - non accettano queste operazioni di salvataggio degli ostaggi e quindi bisogna fare in fretta ad andarsene via da li' appena avvenuta la liberazione. Anche nel caso delle due Simone la partenza non e' stata cosi' facile, cosi' scontata. Nemmeno io mi sentivo del tutto tranquilla, anche perche' i miei carcerieri mi avevano avvertito: 'Attenta, perche' gli americani non vogliono che torni viva in Italia'. Quando mi sono ritrovata sotto quella pioggia di fuoco ho ripensato a queste parole''. Giuliana Sgrena - che per il momento non tornera' in Iraq, perche' oggi ''non ci sono le condizioni per fare informazione come la intendo io, andando sul terreno e parlando con la gente, in quanto tutti siamo ritenuti possibili spie'' - oggi ha incontrato Rosa, la moglie di Nicola Calipari. ''Le ho detto che l'avevo appena conosciuto e l'avevo trovato una persona straordinaria. Poi il gesto che ha fatto nei miei confronti e' stato assolutamente incalcolabile, perche' mi aveva liberato ed e' morto per assicurarmi la vita una seconda volta. L'unica cosa che le ho promesso e che voglio garantirle e' che bisogna sapere la verita', perche' le persone cosi' eccezionali non possono morire senza un motivo. Se ci sono delle responsabilita' bisogna saperle''. Sgrena parla di una ''impunita''' assicurata ai soldati americani, come dimostrerebbero ''altre esperienze, ad esempio il Cermis''. ''Spero che questa volta, e l'ho promesso alla moglie di Nicola, la verita' possa essere accertata, ma non sono sicura che sara' cosi'''.

Sgrena “Farò di tutto perché venga accertata la verità. L’ho promesso alla moglie di Nicola”

Giuliana Sgrena fara' di tutto perche' venga accertata la verita' su quello che e' successo a Baghdad. Lo ha promesso alla moglie di Nicola Calipari, il funzionario del Sismi ucciso, per salvarle la vita. ''Ho parlato con la moglie di Nicola'', ha detto Giuliana Sgrena al Tg5. ''Le ho detto che l'avevo appena conosciuto e l'avevo trovato una persona straordinaria. Poi il gesto che ha fatto nei miei confronti e' assolutamente incalcolabile, perche' mi aveva liberato ed e' morto per assicurarmi la vita una seconda volta. Io l'unica cosa che le ho promesso e che voglio garantirle - ha proseguito - e' che bisogna sapere la verita', perche' le persone cosi' eccezionali non possono morire senza un motivo. Se ci sono delle responsabilita' bisogna saperle''. Sgrena parla di una ''impunita''' assicurata ai soldati americani, come dimostrerebbero ''altre esperienze, ad esempio il Cermis''. ''Spero che questa volta, e l'ho promesso alla moglie di Nicola, la verita' possa essere accertata, ma non sono sicura che avverra' cosi'''. Secondo l'inviata del Manifesto ''ci sono molti dubbi su quello che e' successo. E' vero, nessuno e' stato fatto avvicinare alla zona dove ci trovavamo. Una zona completamente disabitata, sotto controllo americano, dove non entra nessuno. Noi non abbiamo passato alcun check point, siamo stati bersagliati da una raffica di fuoco, non abbiamo visto niente. Questi ci hanno sparato addosso senza volerci fermare, senza darci nessuna indicazione che erano li' e che volevano che noi ci fermassimo''. Si e' sentita bersaglio di un agguato? ''Si', quando mi hanno colpita - ha risposto Sgrena - ho capito che non poteva essere una cosa casuale. Che poi fosse contro di me, contro qualcun altro o contro l'operazione in se' non lo so, ma non poteva essere una cosa casuale. Questo e' sicuro''. A proposito delle parole del carceriere - ''gli americani non vogliono che esci di qui viva'' - la giornalista dice di aver pensato all'inizio che quello ''fosse l'unico slogan anti-americano che mi diceva prima della partenza. Poi ho pensato che fosse perfino una banalita' che noi non eravamo sicuri di uscire da quella situazione anche dopo la liberazione. Anche nel caso delle Simone la partenza non e' stata cosi' facile, cosi' scontata. Quindi penso che la contrapposizione tra due logiche per risolvere il problema degli ostaggi faccia nascere molti dubbi che dovrebbero essere chiariti''.

Sgrena: “Non escludo che sia stata proprio io l’obiettivo”

Giuliana Sgrena non esclude di essere stata proprio lei l' obiettivo della sparatoria avvenuta dopo la sua liberazione e che e' costata la vita al funzionario del Sismi Nicola Calipari. Lo ha detto la stessa giornalista a Skytg24. ''E' noto a tutti - ha spiegato - che gli americani non vogliono trattative per la liberazione degli ostaggi'', ''per cui - ha aggiunto - non vedo perche' dovrei escludere di essere stata io il loro obiettivo''. ''Non escludo che fossi io l'obiettivo'', ha spiegato Giuliana Sgrena. ''Che gli americani non vogliono trattative per ottenere la liberazione degli ostaggi e' una cosa risaputa; che facciano di tutto per impedire che si adotti questa pratica per salvare la vita delle persone in ostaggio lo sanno tutti. Quindi non vedo perche' dovrei escludere che potessi essere io l'obiettivo''. ''Gli americani - ha ripetuto la giornalista - non accettano queste operazioni di salvataggio degli ostaggi e quindi bisogna fare in fretta ad andarsene via da li' appena avvenuta la liberazione. Gli americani non approvano questa politica e quindi cercano di contrastarla in ogni modo. Dopodiche', fino a che livello si arriva per contrastarla questo e' da verificare e da accertare''. ''In uno scenario di guerra - ha sottolineato Giuliana Sgrena - tutte queste cose passano spesso inosservate, o passano come incidenti. Se si fa parte di una guerra si accettano tutti questi sistemi fino in fondo, oppure non si partecipa a questa guerra sporca e si torna indietro''. ''I sequestratori hanno detto 'abbiamo raggiunto questo accordo, abbiamo deciso di liberarti, abbiamo promesso alla tua famiglia di rimandarti libera in Italia. Questo noi lo garantiamo', come fosse un loro codice d' onore'', ha detto Giuliana Sgrena al Tg5. ''Poi - ha detto ancora - hanno aggiunto: 'Per noi se non c'e' nessun problema durante il cammino tu tornerai libera. Pero' stai attenta che invece gli americani non vogliono che tu torni viva in Italia'. Quando mi sono vista li', sotto questa pioggia di fuoco, ho ripensato a queste parole''. Sgrena insiste sulla diversa politica di Italia e Usa a proposito degli ostaggi: ''Io ho molto apprezzato - ha detto - il fatto che l' Italia voglia innanzitutto salvare la vita degli italiani''. Ma si sentiva un obiettivo? ''Non mi sentivo del tutto tranquilla (dopo la liberazione - ndr) - ha risposto al Tg1 - anche se speravo che l' incubo fosse finito''.

Sgrena: “La morte di Nicola più difficile da superare che il sequestro”

Giuliana Sgrena fara' piu' fatica a superare la morte di Nicola Calipari, rispetto all'esperienza del sequestro. Lo ha detto la stessa giornalista del Manifesto al Tg5. ''E' stata una prova molto dura - ha detto - perche' pensavo di essere ormai uscita dalla fase del sequestro, quando invece e' successo quello che e' successo. E Nicola e' morto proteggendomi. Questa e' la cosa che mi rimane piu' impressa in questo momento. Sono in una situazione di grande dolore per quello che mi e' capitato e che faro' fatica a superare, piu' ancora rispetto al sequestro stesso, un vicenda che mi sembra gia' sfuocata, lontana. Anche se mi ha cambiato la vita''. Parlando del funzionario del Sismi ucciso, Giuliana Sgrena ha detto: ''Nicola non lo avevo mai conosciuto. Lo ho conosciuto quando mi ha liberato, quando si e' avvicinato alla mia macchina e mi ha detto: 'Giuliana stai tranquilla, sono Nicola, sono venuto a liberarti. Sono un amico del direttore del tuo giornale e del tuo compagno, di Gabriele e di Pier. Non aver piu' paura, e' tutto finito'. Siamo saliti in un' altra auto e lui ha voluto mettersi vicino a me e non davanti, con l' altro agente che guidava. E si e' subito stabilito un grande rapporto di comunicazione e di affettivita', di successo comune. Lui era riuscito a salvarmi. Io ero riuscita a salvarmi. E poi improvvisamente, quando tutto sembrava finito, questa pioggia di fuoco, di proiettili''. ''E' stata una cosa veramente devastante - ha ribadito la giornalista - senza alcun preavviso. E non andavamo assolutamente forte, come si e' detto, ma ad una velocita' normale. Ci trovavamo in una zona che ormai ritenevamo sicura, perche' era vicina all' aeroporto. Pensavamo di averla scampata''.

Sgrena: “Non so di nessun riscatto. I rapitori mi hanno chiesto scusa”

''Non so se e' stato pagato un riscatto'': Giuliana Sgrena lo afferma in una intervista trasmessa da Skytg24 nella quale sostiene anche che i suoi sequestratori le hanno chiesto scusa prima di liberarla. ''Non so se sia stato pagato un riscatto. Non lo so, non ho proprio idea di questo'', ha detto Giuliana Sgrena. Ha aggiunto di non aver particolari sentimenti nei confronti dei rapitori, dai quali e' stata comunque ''sempre trattata bene e con gentilezza. Questo puo' apparire una contraddizione''. ''Quando mi hanno liberata - ha proseguito - mi hanno ripetuto 'scusaci, perdonaci, quello che abbiamo fatto lo facciamo per il nostro Paese. Abbiamo promesso alla tua famiglia che saresti tornata viva'. Naturalmente - ha aggiunto la giornalista - c'e' molta ipocrisia in tutto questo, pero' sta di fatto che non sono mai stata trattata male''.

Sgrena: “Non c’è nessun quarto ferito. In auto eravamo in tre”

Giuliana Sgrena ha detto che nell'automobile diretta all'aeroporto, centrata dai proiettili Usa, viaggiavano solo tre persone. E di non aver mai saputo di un quarto ferito, oltre a lei stessa, ad un agente del Sismi e alla vittima, il funzionario del Servizio segreto militare Nicola Calipari. ''Non ho mai avuto notizie di un quarto ferito'', ha detto la giornalista del Manifesto a Skytg24. ''In auto eravamo tre. Nicola, che purtroppo e' morto; io sono qui e l'altro agente che e' rientrato insieme a noi, l'autista della macchina, che e' stato dimesso dall'ospedale''. Parlando invece delle fasi successive alla sparatoria, Sgrena ha detto tra l'altro di essere ''rimasta stesa per terra per mezzora, con il sangue da tutte le parti, con le ferite che mi facevano male''.

Dopo la sparatoria sono stati isolati per un quarto d’ora dagli americani

''Dopo la sparatoria nella quale e' rimasto ucciso Nicola Calipari e Giuliana e' stata ferita la macchina su cui si trovavano e' stata circondata dagli americani che gli hanno interrotto le comunicazioni con Palazzo Chigi e di fatto li hanno isolati completamente per almeno un quarto d'ora''. E' quanto ha riferito il vignettista del Manifesto Vauro ai giornalisti subito dopo aver visitato Giuliana Sgrena nell'ospedale militare del Celio. ''Dopo - ha aggiunto - sappiamo che e' stata portata in ospedale dove ha ricevuto le prime cure e poi il viaggio di ritorno in Italia. Quel che nessuno puo' negare di certo e' che la macchina e' stata mitragliata da un carro armato americano''. ''Giuliana - ha concluso Vauro - sta bene, per quanto possa stare bene una persona che ha passato quello che ha passato lei, ma e' la Giuliana che conosciamo da vent'anni, gracile ma forte e forse ancor piu' combattiva''.

Polo: “Non è stato un incidente. E’ stato un omicidio”

''Non e' stato un incidente, e' stato un omicidio''. Lo ha ribadito oggi il direttore del Manifesto, Gabriele Polo, parlando con i giornalisti davanti all'ospedale militare del Celio. ''Giuliana - ha detto Polo - ha raccontato quello che ha visto. Va tenuto conto che e' una persona che dopo 30 giorni di prigionia e' stata caricata sull'auto, al buio, ha fatto alcuni chilometri e le hanno sparato addosso. Con il tempo sicuramente riflettera' con la memoria, fara' il punto della situazione e potrebbero emergere altri particolari. Quel che e' certo e' che non c'e' stata una gestione della comunicazione adeguata e che c'e' stato un omicidio, non un incidente''. ''Si parla di tanti errori - ha proseguito Polo - e si comincia gia' ad addossare la colpa di questi errori agli agenti che hanno operato sul campo: credo che loro abbiano invece operato benissimo e hanno fatto quello che dovevano fare. Semmai, le responsabilita' sono altre e allora non si puo' dire come scrive oggi Eugenio Scalfari sulla Repubblica che Giuliana ha commesso un errore professionale stando troppe ore in quella moschea. Certo, questo e' stato un problema, pero' e' l'unico modo per fare giornalismo in Iraq''. ''O si fa cosi' - ha concluso Polo - o non si fa. Non si puo' mettere sullo stesso piano presunti errori di comunicazione con un omicidio, con lo sparare addosso ad un'automobile''. ''Sicuramente faremo un'iniziativa pubblica per ricordare Nicola Calipari''. Ha aggiunto dopo il direttore del Manifesto, Gabriele Polo, dopo aver fatto visita a Giuliana Sgrena all'ospedale del Celio. ''Naturalmente - ha aggiunto - la decisione spetta alla famiglia e quindi ci sentiremo con loro. Comunque sicuramente la faremo''

Scolari: “Abbandoniamo le polemiche. L’agguato solo un ipotesi”

''Abbandoniamo le polemiche ed evitiamo di dire che siccome c'e' una certa situazione politica le cose siano per forza andate in un certo modo'': lo ha detto il compagno di Giuliana Sgrena, Pier Scolari,stamani, uscendo dal Celio.''Certo - ha aggiunto Scolari - e' assurdo pensare che sia mancato un avviso o dire che si spara su qualsiasi macchina. Giuliana ha detto piu' volte - ha proseguito - che c'era questo timore di intervento degli americani, lo pensava anche l'intelligence, e in piu' c'erano state le raccomandazioni dei rapitori. Quella dell'agguato e' pero' solo un'ipotesi - ha concluso il compagno di Giuliana Sgrena - a volte una persona parla e diventa un caso. E' difficile sapere,i fatti vanno interpretati''.

Cento: “Calipari garantiva gli equilibri nei servizi”

Nicola Calipari ''era una delle figure dei servizi che garantiva equilibrio e democrazia''. E' l'apprezzamento all' uomo e all'agente del Sismi, espresso dal deputato verde Paolo Cento, giunto al Vittoriano dove sara' esposta la salma di Calipari. Cento ribadisce la posizione dei Verdi rispetto all'epilogo del sequestro di Giuliana Sgrena. ''Siamo di fronte - ha affermato il deputato Verde - ad una aggressione armata. Martedi' in Parlamento pretenderemo da Fini atti per salvaguardare la dignita' nazionale del nostro paese, messa a rischio dall' amministrazione Bush che sta cercando di coprire l'azione come un incidente''. Sempre per martedi' Cento ha annunciato che i Verdi ''valuteranno la possibilita' di una mozione per il ritiro dei soldati dall' Iraq''. Dura anche la posizione del coordinatore nazionale dei Verdi Angelo Bonelli: ''l'Italia deve richiamare il suo ambasciatore a Washington perche' quanto e' successo e' un incidente diplomatico. Non vogliamo che questa vicenda sia dimenticata, abbiamo gia' visto col Cermis che fu tutto insabbiato''.

Il Comando USA a Baghdad: “Le indagini sono in corso”

''Le indagini sull'incidente sono in corso''. Lo afferma il comando Usa a Baghdad, rispondendo a domande sullo stato dell'inchiesta finalizzata a far luce sulla sparatoria che ha portato all'uccisione di Nicola Calipari, al ferimento di Giuliana Sgrena e di un altro uomo del Sismi. ''Il comando delle Forze multinazionali in Iraq - viene sottolineato da Baghdad - sta compiendo indagini sull'incidente in cui sono rimasti feriti la signora Sgrena, un altro occupante del veicolo, e in cui un uomo e' stato ucciso. Particolari sull'indagine saranno forniti non appena disponibili''.

Rumsfiled telefona al Ministro Martino che si dice certo che le indagini faranno chiarezza

Rammarico del ministro della Difesa Usa, Ronald Rumsfeld, per la morte di Nicola Calipari. Rumsfeld - rende noto il ministero della Difesa italiano - ha telefonato al ministro Antonio Martino per ''esprimergli il rammarico dell'Amministrazione americana e suo personale per la morte di Nicola Calipari''. Il ministro della Difesa, Antonio Martino, al termine della telefonata ricevuta dal collega Usa Donald Rumsfeld, si e' detto ''sicuro che le indagini avviate potranno fare piena chiarezza sulle circostanze che hanno portato al tragico epilogo della vicenda''. Lo rende noto lo stesso ministero della Difesa italiano.

Per i PM nessun elemento per parlare di agguato

Per gli inquirenti romani che indagano sulla sparatoria in cui e' morto Nicola Calipari non ci sono elementi, allo stato delle indagini, per sospettare un agguato: una circostanza, questa, non esclusa invece dalla stessa giornalista del Manifesto. I Pm Franco Ionta e Pietro Saviotti, prima di delineare un quadro completo della situazione, hanno la necessita' di ricevere il maggior numero di reperti possibile e di acquisire altre informazioni, a cominciare dai rilievi effettuabili sull'auto, non ancora nella disponibilita' degli investigatori italiani di stanza a Baghdad, fino alla ricostruzione delle traiettorie dei proiettivi abbattutisi sulla vettura. Ma sara' importante, inoltre, esaminare anche il traffico telefonico dei due funzionari del Sismi intercorso subito dopo la liberazione di Giuliana Sgrena.

Cassese: “Sull’inchiesta ci sarà un conflitto con gli americani”

''Ha fatto benissimo la procura di Roma a iniziare immediatamente l'indagine sull'omicidio di Nicola Calipari. Ma temo che presto ci sara' un conflitto di giurisdizione, cioe' che gli americani rivendicheranno la loro competenza a giudicare i propri militari''. Non e' ottimista sulle sorti dell'inchiesta avviata dalla procura di Roma Antonio Cassese, gia' presidente del tribunale penale internazionale e attualmente responsabile della Commissione di inchiesta dell'Onu sul genocidio nel Darfur. E ricorda non a caso il precedente del Cermis: ''gli americani dissero 'la competenza e' nostra'; ma la loro inchiesta si e' conclusa con risultati risibili per la giustizia''. Un precedente che stavolta non si deve ripetere: ''spero che l'autorita' politica italiana convinca gli Usa ad agire diversamente''. Per Cassese non ci sono dubbi: la competenza penale sull'assassinio del nostro funzionario del Sismi, ucciso dopola liberazione di Giuliana Sgrena dal fuoco dei marines Usa, ''e' della procura di Roma perche' si tratta di un crimine commesso all'estero contro un italiano. E dunque hanno agito correttamente i magistrati ad avviare subito l'inchiesta e a richiedere prove e acquisizione di testimonianza agli americani. Ma credo che a breve scoppiera' il problema: gli Stati Uniti obietteranno che trattandosi di atti posti in essere da militari americani, la competenza a giudicare e' loro. E dunque solleveranno un conflitto di giurisdizione'' Il loro appiglio e' ''la Convenzione di Londra del 1951, ''che pero' - spiega l'esperto di diritto internazionale - riguarda solo i militari della Nato, ma i cui principi gli Usa cercano di applicare in tutti i casi in cui si tratta di giudicare soldati americani''. E lo faranno, quasi certamente, anche stavolta: ''e' indubbio che sono la parte piu' forte perche' hanno in mano i presunti colpevoli, che difficilmente ci consegneranno, e tante prove, a cominciare dalle testimonianze. Presumo percio' che l'Italia dovra' tirarsi indietro, a meno che non siano gli Usa a rinunciare''. Il precedente del Cermis non gioca a nostro favore: ''in quel caso pero' - fa notare Cassese- il contesto era diverso: si trattava di militari della Nato''. E un esito diverso da allora potrebbe maturare solo in un contesto di trattativa tra i rispettivi governi: ''spero che stavolta sia trovata una soluzione politica, che alla fine spinga la Casa Bianca a collaborare per rispetto nei confronti di un alleato come l'Italia''. Nessuno spazio c'e' invece per l' intervento del tribunale penale internazionale dell'Aja: ''e' competente solo per i crimini commessi nei Paesi contraenti o da loro cittadini; e l'accordo istitutivo - sottolinea l'ex presidente -non e' stato sottoscritto ne' dall'Iraq, ne' dagli Usa''.

Il PM ha disposto una consulenza per stabilire se il proiettile che ha colpito la Sgrena fosse lo steso
che ha ucciso Caliapari

Il proiettile che ucciso Nicola Calipari e' lo stesso che ha ferito Giuliana Sgrena? E' quanto intende accertare la Procura di Roma, che al riguardo si appresta ad affidare una consulenza non appena tutti i reperti, compresi i proiettili recuperati, saranno a disposizione. Poiche' il funzionario del Sismi ha fatto da scudo col proprio corpo alla giornalista del 'Manifesto', e' ragionevole supporre che entrambi siano stati raggiunti dallo stesso proiettile, ma solo un accertamento tecnico potra' dare risposta al quesito. Oggi il Pm Franco Ionta, titolare dell' inchiesta insieme al collega Pietro Saviotti, ha firmato il nulla osta per la sepoltura di Calipari. E' stata intanto inoltrata al Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti la rogatoria preparata ieri dalla Procura di Roma per conoscere i nominativi dei componenti la pattuglia che ha fatto fuoco sull' auto dei tre italiani e la relazione di servizio stilata dagli stessi militari americani.

Berlusconi prepara il discorso per il Senato “Bisogna fare piena luce”

Silvio Berlusconi, che domani partecipera' ai funerali di Nicola Calipari, a Roma, e' gia' al lavoro sull'intervento che fara' mercoledi' al Senato per fare il punto sulla vicenda Sgrena. La posizione del governo italiano e' chiara, si rileva in ambienti dell'esecutivo: non bisogna lasciare nulla di intentato, come ha detto il premier venerdi' scorso, per fare piena luce su quanto accaduto e sulle eventuali responsabilita'. Dunque, viene confermata in tutto e per tutto la linea espressa a caldo dal presidente del Consiglio a palazzo Chigi, subito dopo aver appreso di quanto accaduto a Baghdad, della morte del funzionario del Sismi, ''una gravissima perdita''. Una richiesta rivolta direttamente agli Stati Uniti, ''nello spirito di particolare amicizia che contraddistingue le relazioni tra Italia ed Usa'', aveva detto Berlusconi venerdi' notte al termine di un lungo incontro con l'ambasciatore Mel Sembler il quale aveva immediatamente assicurato che a Washington sarebbe stato compiuto ''ogni sforzo'' per fare totale chiarezza. Una linea, quella annunciata dall'ambasciatore degli Stati Uniti che, si riflette in ambienti di governo, e' stata poi confermata dalle prese di posizione del dipartimento di Stato, dalle dichiarazioni del comando centrale militare Usa che ha avviato una inchiesta. E, ancora, dalle parole del presidente George Bush che, nel corso del colloquio telefonico con il presidente del Consiglio, sempre venerdi' notte, aveva espresso tutto il suo ''dolore'' promettendo una approfondita indagine. Il filo dei contatti tra Italia e Usa non si e' mai interrotto nel corso di questo fine settimana. Condolezza Rice ha sentito il ministro degli Esteri Gianfranco Fini, Donald Rumsfeld il suo omologo Antonio Martino e, proprio oggi, la Casa Bianca ha confermato la volonta' di Bush di far preparare un rapporto completo su quanto accaduto venerdi' scorso, tenendo costantemente informato Berlusconi. Tutti segnali chiari da parte dell'amministrazione americana, si rileva sempre in ambienti di governo, della volonta' forte di mantenere il dialogo con un comune obiettivo.

Sulla stessa strada altre persone sono scampate per un pelo dalla morte

E' un 'incidente' che i body guard di Baghdad ormai temono quasi al pari di un attacco di terroristi. Lo chiamano 'blue on blue', il fuoco amico. Quello che l'altro giorno e' costato la vita al funzionario del Sismi Nicola Calipari. Episodi analoghi, a quanto pare, si verificano con una frequenza allarmante. Lo racconta l'italiana Valeria Castellani, che in un passato recente, quando anche lei operava nel campo della sicurezza privata in Iraq, per ben due volte - proprio sullo stesso tratto di strada dove e' stato ucciso lo 007 italiano - e' stata fatta bersaglio di colpi di arma da fuoco da militari dell'esercito Usa. Che tuttavia non condanna. Anzi, comprende: ''in questa situazione di guerra in corso, in un Paese dove gli attacchi da parte dei kamikaze sono continui, nel dubbio spari''. ''Purtroppo - spiega Castellani, che ora si trova in Italia - tutti quelli che lavorano come body guard in Iraq devono fare i conti con il problema del 'blue on blue', il fuoco amico. Puo' capitare tra body guard di ditte diverse che non si riconoscono, tra body guard e soldati americani. Questo perche' la tensione e' alta e il pericolo di saltare in aria innervosisce un po' tutti''. ''A me e' successo 2 volte'', racconta la body guard. ''Eravamo sulla strada dell'aeroporto a velocita' sostenuta e da un'immissione laterale sono sbucati a tutta velocita' dei mezzi americani. I soldati Usa, evidentemente spaventati per la presenza di un'auto civile vicino a loro, ci hanno sparato. Per fortuna ci hanno solo bucherellato la macchina, ma posso garantire che la sensazione non e' stata piacevole, anche perche' non potevamo reagire. Comunque e' andata bene, ma un'altra volta un collega e' rimasto leggermente ferito a una spalla. Nulla di grave''. Secondo Valeria Castellani - il cui nome e' noto perche' coinvolta in un'inchiesta sul presunto reclutamento di body-guard, tra cui alcuni degli ex ostaggi italiani - gli episodi di 'fuoco amico' sono in un certo senso fisiologici nella situazione attuale che vive l'Iraq. ''Bisogna fare i conti con la realta' - spiega - e la realta' e' che in Iraq c'e' una guerra in corso. Occorre tenere gli occhi aperti e se un'auto sospetta si avvicina troppo velocemente alla tua, allora spari. Sara' crudo, disumano, allucinante, ma questa e' la guerra''. Castellani, che esprime le sue condoglianze alla famiglia del funzionario del Sismi ucciso sulla ''strada della morte'' a Baghdad, sottolinea che il problema dei chek point e delle pattuglie 'volanti' Usa ''e' da un anno a questa parte uno dei piu' difficili con i quali ci confrontiamo ogni giorno''. Tuttavia c'e' poco da fare: ''Non condivido - afferma infatti la body guard - il grilletto facile degli americani, ma dobbiamo anche pensare che sono molti, troppi, gli attentati kamikaze che ogni giorno prendono di mira questi check point. E non e' facile, spesso non e' proprio possibile, distinguere i buoni dai cattivi. Trovo che sia comprensibile che la strategia di fondo sia diventata: nel dubbio, spara''. E' comunque evidente che il rischio maggiore, per gli operatori della sicurezza stranieri che lavorano a Baghdad, resta quello degli attacchi della guerriglia. Ne ha fatto le spese il genovese Paolo Simeone, da tempo in Iraq e anch'egli al centro della stessa inchiesta sul 'reclutamento' di body guard, che e' rimasto ferito alcune settimane fa proprio in uno scontro a fuoco con dei terroristi mentre percorreva la solita strada dell'aeroporto. L'episodio, che e' rimasto finora inedito, lo conferma la stessa Castellani, amica di Simeone. ''Il fatto e' avvenuto il 12 febbraio scorso, alle 14:20, quando un gruppo di tre auto con a bordo dei terroristi - ricostruisce Castellani - ha attaccato un convoglio di body guard. Questi hanno risposto al fuoco, uccidendo due ribelli e ferendone altri che si sono dati alla fuga. Lo stesso Paolo Simeone, che era nell'auto di coda, e' riuscito a colpire alcuni terroristi e a mettere fuori uso un loro veicolo, ma una raffica partita da un'auto vicina lo ha centrato alla spalla: il proiettile calibro 7:62 e' entrato e uscito, spaccandosi poi in molti frammenti, uno dei quali gli e' penetrato nel fegato. Anche un collega inglese di Simeone e' rimasto ferito, mentre sono rimasti illesi i clienti che dovevano proteggere''. Per il bodyguard genovese nessun grave problema. ''Dopo una breve degenza in ospedale e un brevissimo periodo di convalescenza - racconta sempre la Castellani - Simeone e' rientrato in Iraq dove continua a lavorare tuttora''.

Marcianò “Doveroso intitolare una strada o una piazza di Reggio a Calipari”

''Ritengo doveroso esprimere alla famiglia ed ai parenti di Nicola Calipari la mia persona vicinanza in questo momento delicato. Credo sia opportuno intitolare a Calipari una strada o una piazza in modo tale che il suo eroico gesto sia da esempio alle generazioni future''. E' quanto sostiene in una nota il vicepresidente del consiglio comunale di Reggio Calabria, Michele Marciano', circa la morte del funzionario del Sismi, Nicola Calipari. ''Sono particolarmente addolorato - ha aggiunto - per la morte di un reggino tanto stimato ed apprezzato non solo nella sua citta' ma ovunque aveva operato. Un eroe d'altri tempi che preferiva la concretezza delle sue operazioni alla visibilita' mediatica. Reggio Calabria piange un uomo che non aveva mai rotto il cordone ombelicale con i suoi concittadini, anzi orgogliosamente evidenaiva piu' volte il fatto di essere reggino''. ''Un sacrificio - ha concluso Marciano' - pagato a duro prezzo che sta a dimostrare il coraggio di un servitore dello Stato, di un uomo che dovra' essere ricordato per sempre''.

Il gonfalone della Regione Calabria ai funerali di Calipari

Ai funerali di stato di Nicola Calipari, il funzionario del Sismi rimasto vittima durante l'operazione che ha portato alla liberazione della giornalista Giuliana Sgrena, sara' presente anche il Gonfalone della Regione Calabria che sara' listato a lutto. La decisione, resa nota dal presidente della giunta regionale, Giuseppe Chiaravalloti, e' ''un atto dovuto e fortemente sentito in Calabria, dove il dottor Calipari era nato ed ha lasciato un ricordo imperituro''. Gli uffici della Regione Calabria - e' scritto in una nota del portavoce della presidenza regionale - si fermeranno per un minuto di raccoglimento in coincidenza con i funerali di Stato che si svolgeranno presso la Chiesa di Santa Maria degli Angeli a Roma.

Ai funerali di Calipari la squadra del figlio con l’allenatore Di Marzio

Ai funerali di Nicola Calipari domani ci sara' anche una squadra della scuola calcio della Figc dell'Acqua Acetosa. Si tratta di una ventina di ragazzi compagni di squadra di Filippo, il figlio del dirigente del Sismi ucciso in Iraq che, appunto, frequenta la scuola della federcalcio. Con loro l'allenatore Di Marzio e il segretario del settore giovanile Figc Barbara Benedetti. I ragazzi porteranno anche la bandiera della federcalcio.

Loiero: “Una borsa di studio ‘Calipari’ ai figli dei caduti calabresi”

''Una borsa di studio per le famiglie calabresi degli appartenenti a tutte le forze dell' ordine, che hanno perso la vita nell' adempimento del proprio dovere. Un premio che portera' il nome di Nicola Calipari''. Lo propone il candidato dell' Unione alla presidenza della Regione Calabria, Agazio Loiero. ''Sara' una delle prime iniziative - spiega Loiero - che adottero' come presidente se saro' eletto. Mi piacerebbe ricordare Calipari con un gesto semplice, lontano dalla retorica ma concreto. Cosi', d'altra parte era l'uomo che ha perso la vita per salvare la giornalista rapita in Iraq''.

Fiorentina e Reggina in campo con il lutto al braccio

I giocatori della Fiorentina e della Reggina sono scesi in campo al 'Franchi' di Firenze con il lutto al braccio in memoria di Nicola Calipari. La fascia nera al braccio destra era stata annunciata ieri dal presidente della Reggina Lillo Foti per ricordare la morte del concittadino Calipari ed oggi anche la Fiorentina ha voluto unirsi al dolore della squadra calabrese. Dal settore dello stadio riservato ai tifosi della Reggina, dopo il minuto di silenzio, e' partito anche un ultimo grande saluto al funzionaro del Sismi ucciso a Bagdad ''Nicola, Nicola''.

 

 

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