Calipari probabilmente ucciso da
un arma italiana
16/03 L'arma che ha ucciso Nicola Calipari molto probabilmente e'
made in Italy: tutti i marines americani di stanza in Iraq, infatti,
hanno in dotazione una pistola Beretta 92. Lo ha detto Tonio Dell'Olio,
coordinatore di Pax Christi Italia, intervenendo a un incontro sul
commercio delle armi a Palazzo Valentini, sede della Provincia di
Roma. L'Italia, ha spiegato Dell'Olio, oggi non e' piu' ai primi posti
nel mondo per la produzione e il commercio di armi in generale, ma
e' il quarto produttore e il secondo esportatore mondiale di armi
leggere. ''Non e' un caso - ha aggiunto - che il premier Berlusconi
abbia proposto l'ingegner Beretta come ambasciatore italiano negli
Stati Uniti''. Oggi nel mondo, ha detto, c'e' un volume di spese militari
che non si registrava neanche durante la Guerra fredda, e l'industria
bellica italiana non ha intenzione di perdere un mercato cosi' fiorente.
Ma la nostra legislazione e' vecchia di 30 anni e ad oggi non disponiamo
di nessuna forma di controllo sugli intermediatori internazionali
di armi.
L’Espresso cita il direttore
del Manifesto: “il quarto umo era là”
"Tu come stai?" - "Sono ferito". "E Nicola?"
- "E' morto". "Giuliana?" - "E' ferita, sdraiata
per terra". "E l'altro?" - "Ferito anche lui".
La conversazione è quella che avviene, pochi istanti dopo la
morte di Calipari, tra l'ufficio di Gianni Letta a Palazzo Chigi e
l'area prossima all'aeroporto di Bagdad dove è avvenuta la
tragica sparatoria. Una conversazione che - riportata da L'Espresso
- confermerebbe la presenza del "quarto uomo" o, come titola
il settimanale, "dell'agente sparito". In un articolo che
verrà pubblicato sul prossimo numero, vengono così smentite
le versioni fornite in Parlamento prima dal vicepremier, Gianfranco
Fini, e poi dallo stesso presidente del Consiglio che, ricorda il
settimanale, aveva in un primo momento ammesso la presenza di una
quarta persona. L'Espresso, nella ricostruzione della telefonata,
si affida alla testimonianza del direttore del Manifesto, Gabriele
Polo, presente a Palazzo Chigi nel momento in cui, dal check point
americano, arrivavano le prime informazioni sull'attaco americano
all'auto su cui viaggiava Giuliana Sgrena. A sostegno della testimonianza
di Polo - che divideva l'ufficio di Letta anche con il compagno di
Giuliana, Pier Scolari, e il capo del Sismi, Niccolò Pollari
(ed era quest'ultimo a tenere la conversazione telefonica) - il settimanale
aggiunge l'ingrandimento di una fotografia nella quale si vedono alcuni
appunti in mano a Silvio Berlusconi che parlano di tre uomini della
nostra intelligence.
Il Direttore Polo invece replica
“Mai parlato di quarto uomo”
"Non ho mai parlato di un quarto uomo presente sull'automobile
che portava Giuliana Sgrena all'aeroporto. La stessa Giuliana conferma
che su quell'auto erano in tre e non c'è ragione di dubitare
della sua testimonianza". Gabriele Polo, direttore del Manifesto,
precisa le anticipazioni sulla ricostruzione fatta dall'Espresso di
quella sera del 4 marzo sulla strada verso l'aeroporto di
Baghdad. Polo conferma di aver udito - durante la conversazione telefonica
tra Palazzo Chigi (al telefono da Roma vi era il capo del Sismi, Niccolò
Pollari) e l'agente del Sismi che guidava la vettura colpita dal fuoco
dei soldati americani - dei riferimenti a un'altra persona, oltre
all'agente al volante, a Giuliana Sgrena e a Nicola Calipari. E ricorda
che tutto ciò coincide con quanto detto in conferenza stampa,
nella tarda serata del 4 marzo, dallo stesso Presidente del Consiglio.
Quella "circostanza", scrive Polo, era stata "prima
confermata dal ministro Giovanardi e poi smentita della stessa presidenza
del Consiglio spiegando che quella sera a palazzo Chigi, nelle comunicazioni
telefoniche con Baghdad, c'era comprensibilmente molta confusione".
Pertanto, conclude il direttore del Manifesto, la confusione e l'agitazione
di quella sera, "possono aver generato equivoci di ogni tipo".
In sostanza, Polo conferma di aver sentito parlare di una quarta persona,
ma non può certo confermarne l'effettiva esistenza, tanto meno
sulla macchina in cui viaggiava Giuliana Sgrena: sia perché
non era lì, ma era lì Giuliana Sgrena che esclude la
presenza in macchina di una quarta persona sia, in secondo luogo,
perché lui ha riferito quanto detto da altri durante una concitata
conversazione telefonica.
Inqirente iracheno denuncia "indagini
intralciate da trattative italiane"
Gli inquirenti iracheni che indagano sul rapimento di Giuliana Sgrena
denunciano che il loro lavoro e' stato intralciato dalla mancata cooperazione
da parte dei servizi di intelligence italiani. Secondo quanto dichiarato
in un'intervista al New York Times dal colonnello Jabbar Anwar, tra
i responsabili di una delle maggiori unita' della polizia attiva nel
settore di Baghdad che include Gazalea, il quartiere in cui si ritiene
che sia stata detenuta la giornalista del Manifesto, gli inquirenti
iracheni hanno condotto almeno ''mezza dozzina'' di raid nel quartiere
a nordovest di Baghdad. Ma i rapitori sono sempre riusciti a sfuggire
e la giornalista e' stata rilasciata dopo un negoziato con i funzionari
dell'intelligence italiana. I rapitori avrebbero fatto parte di un
gruppo criminale, che agisce per esclusive ragioni di denaro, e l'Italia
a detta di Jabbar Anwar, ''ha commesso un grande errore a lasciarli
andare, specialmente se hanno dato loro denaro''. Il colonnello e'
inoltre convinto che i rapitori con ogni probabilita' agiranno nuovamente.
'Informazioni dagli italiani avrebbero potuto fare la differenza nel
risolvere il caso e nel portare i criminali di fronte alla giustizia.
Invece, gli investigatori si sono visti chiudere le linee di comunicazione,
una volta che gli italiani hanno iniziato a negoziare con i rapitori'',
ha denunciato Jabbar Anwar. Jabbar spiega come dall'inchiesta sia
emerso che i rapitori avevano ricevuto l'informazione sugli spostamenti
della Sgrena il 4 febbraio, quando poi fu rapita vicino all'universita'
di Baghdad da un commando di otto persone con il volto coperto e armate
di pistole e kalashnikov. Il commando era arrivato a bordo di una
Opel e di una Kia di colore nero. Sempre secondo le ipotesi formulate
dagli inquirenti iracheni, Giuliana Sgrena sarebbe stata trasferita
''in una serie di case sicure nel quartiere di Gazalea''. A fornire
''informazioni altamente specifiche'' sui luoghi di detenzione alla
polizia irachena erano stati due informatori. Ma ogni volta che la
polizia arrivava nel luogo indicato, sottolinea Jabbar Anwar, i rapitori
''sfuggivano dalle loro mani, probabilmente perche' spostavano la
donna di casa in casa''. Fino ad ora l'unico arresto e' avvenuto quanto
un residente di una delle case, un maggiore della polizia irachena,
e' stato scoperto con una serie di documenti di identita' falsi, compreso
un lasciapassare per l'Ambasciata americana. ''Gli altri tre sospetti,
che si ritiene provengano da Falluja, sono ancora a piede libero liberta''',
si legge sul New York Times. ''Eravamo certi al cento per cento che
la Sgrena, era a Gazalea. Quando avevamo rivevuto l'informazione che
si trovava la', abbiamo raggiunto la casa, e loro se ne erano andati.
I vicini ci hanno detto, 'li abbiamo visti''', spiega un secondo ufficiale
di polizia, intervistato dal quotidiano americano.
I Vescovi calabresi: “Da sacrificio
di Calipari scaturiscano scelte coraggiose per la pace”
''Bisogna essere fieri di persone come Nicola, che fanno grande la
Calabria e manifestano la profondita' della formazione di molti laici,
tramite il cammino educativo dell' associazionismo cattolico''. E'
quanto sostiene la Conferenza episcopale della Calabria, che si e'
riunita a Rossano, ricordando il funzionario del Sismi Nicola Calipari
ucciso a Baghdad, definito ''vittima innocente e martire di un eroismo,
fatto oblazione della vita per salvare la vita dell' altro''. I vescovi
calabresi hanno anche auspicato che ''tale sacrificio produca scelte
coraggiose e determinate di pace, perche' si fermi quella logica di
guerra, che sta devastando tante parti del mondo''.
La Sgrena sarà dimessa venerdì
''Giuliana Sgrena molto probabilmente lascera' il policlinico militare
Celio nella mattinata di venerdi'''. La notizia e' stata resa nota
da Mario Masdea, addetto stampa del capo di stato maggiore dell'Esercito,
che ha inoltre precisato: ''Giuliana Sgrena effettuera' i dovuti controlli
nella giornata di domani, molto probabilmente le dimissioni avverranno
nellatarda mattinata di dopodomani''.
Il TG1 mostra le foto del lato destro
della vettura di Calipari
I vetri dei finestrini infranti e alcuni fori di proiettili: e' quello
che si vede nelle foto - messe in onda nell'edizione del Tg1 delle
20 - del lato destro della Toyota Corolla su cui viaggiavano Giuliana
Sgrena, Nicola Calipari e l'altro funzionario del Sismi, colpita dalla
pattuglia americana mentre si dirigeva all'aeroporto di Baghdad. Finora
erano state pubblicate fotografie relative al lato sinistro dell'auto,
ma non di quello destro, che sarebbe stato quello piu' esposto ai
proiettili. Dalle fotografie mostrate dal Tg1 si vede, in particolare,
che tutti i vetri dei finestrini sono in frantumi. Si nota, poi -
come sottolineato nel servizio - ''un foro di proiettile che ha colpito
la carrozzeria molto vicino al vano motore, mentre un altro foro,
sembra piu' piccolo, e' in basso sulla portiera anteriore destra''.
Anche il parafango a sinistra e' stato colpito e sempre a sinistra
si vede il parabrezza scheggiato. In frantumi e' anche il lunotto
posteriore. La Toyota Corolla (con targa irachena) su cui e' morto
Calipari e' tuttora sotto il controllo degli americani e dovra' essere
esaminata dai periti della commissione congiunta Italia-Usa incaricata
di far luce sulla vicenda.
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