Rogo Primavalle, Secondo il PM
si può procedere per strage.
14/02 Dopo un fine settimana passato a leggere le sentenze dei vari
processi sul rogo di Primavalle, i magistrati della procura di Roma
hanno trovato lo spunto per superare lo scoglio giuridico rappresentato
dal giudicato della Cassazione che si era pronunciata in via definitiva
su Achille Lollo, Marino Clavo e Manlio Grillo qualificando il fatto
come omicidio preterintenzionale ed incendio doloso. Strage, come
anticipato nei giorni scorsi, reato non prescrivibile, che consentira'
alla procura di dare un senso processuale alle rivelazioni di Lollo.
Oggi, dopo una riunione nell' ufficio del procuratore Giovanni Ferrara,
alla presenza dei pm Franco Ionta e Salvatore Vitello, la decisione
di iscrivere il fascicolo per strage. Nel contempo i nominativi di
Paolo Gaeta, Diana Perrone ed Elisabetta Lecco, i tre ex appartenenti
di Potere Operaio chiamati in causa da Lollo per l' attentato che,
nella notte tra il 15 ed 16 aprile 1973, costo' la vita ai fratelli
Stefano e Virgilio Mattei. Agli indagati non puo' essere contestata
l' aggravante delle finalita' di terrorismo perche' questa norma,
all' epoca dei fatti, non era prevista dal nostro ordinamento (fu
introdotta nell' '80 dopo il caso Moro). La mancata esclusione da
parte della Corte di Cassazione, nel 1987, dell' ipotesi di strage
e' alla base della decisione dei magistrati di piazzale Clodio. Superate
le implicazioni procedurali, l' inchiesta entra ora nel vivo, ma non
tocchera' i tre esponenti di Potere Operaio che ultimamente hanno
ottenuto la dichiarazione di prescrizione della condanna a 18 anni
inflitta loro nel 1987. Agli atti c' e' gia' un primo verbale: e'
quello di Rocco Cotroneo, l' inviato del Corriere della Sera che,
in Brasile, ha confermato di aver riportato fedelmente le parole di
Lollo. Ed a breve sara' acquisito anche l' intero fascicolo processuale
della prima inchiesta per cercare elementi utili per le nuove indagini.
Parallelamente al fascicolo per strage ci sono quelli sulla fuga dei
tre storici latitanti e quello sui presunti mandanti dell' attentato
identificati dalla famiglia Mattei in Lanfranco Pace, Valerio Morucci
e Franco Piperno. ''Achille Lollo ci ha distrutto la vita - ha commentato
Giampaolo Mattei, uno dei figli dell' allora segretario della sezione
Msi scampato alle fiamme - ma ora sono costretto a ringraziarlo perche'
con le sue dichiarazioni ci sta spianando la strada verso la verita'''.
''Sono soddisfatto della decisione della procura - ha aggiunto - la
mia famiglia ha accolto questa notizia con grande gioia. Finalmente
un po' di giustizia possiamo averla anche noi. C' e' la possibilita'
di analizzare quei fatti in modo diverso, ma dobbiamo proseguire passo
dopo passo, come abbiamo fatto in questi 32 anni''. Determinante,
per Giampaolo Mattei, rimane comunque il contributo di Achille Lollo:
''Se non era per lui - ha sostenuto - nonostante la tenacia del nostro
legale (Luciano Randazzo ndr), ci saremmo dovuti limitare alla ricerca
di cavilli giuridici. Ora siamo in presenza di travi su cui lavorare
per la ricerca della verita''' Per l' avvocato Luciano Randazzo, legale
della famiglia Mattei ''la giustizia degli anni settanta era sicuramente
diversa da quella di oggi. Ora possiamo contare su magistrati piu'
liberi e piu' portati ad un vero accertamento della verita'''. ''La
procura - ha sottolineato - dimostra serieta' e noi abbiamo molta
fiducia. Primavalle fu programmato come attentato e se non fosse accaduto
nulla ci sarebbero stati altri roghi''.
La
Cdl invita Piperno a dimettersi
La Casa delle Liberta' chiede le dimissioni di Franco Piperno dalla
carica di assessore del Comune di Cosenza dopo gli ultimi sviluppi
della vicenda del rogo di Primavalle. Ad invitare l'ex leader di "Potere
Operaio" a farsi da parte e' il portavoce del centro-destra in
Consiglio comunale, Umberto De Rose. "Il nostro garantismo -
afferma De Rose - e' puro e noi ci auguriamo che ella possa risultare
estraneo a tutto, anche perche' Primavalle non fu un errore, ma una
schifosa e criminale strage in cui mori', fra l'altro, unbambino di
otto anni: nel frattempo riteniamo che ella debba dimettersi da un
incarico istituzionale che rischia di trascinare Cosenza in responsabilita'
che non le appartengono. Non formuliamo giudizi - osserva de Rose
- e siamo personalmente favorevoli ad un'amnistica collettiva per
i reati piu' comuni e, soprattutto, per le persone che hanno trascorso
tanti anni in carcere: Primavalle, pero', non e' amnistiabile, ne'
prescrivibile , poiche' fu un'orrenda e premeditata strage, con il
catrame messo dietro la porta dei Mattei per evitare che i fratelli
potessero uscire. Lei e' attualmente incompatibile con l'istituzione
- osserva De Rose - perche' la famiglia Mattei l'accusa di essere
uno dei mandanti. E' chiaro che se l'inchiesta provera' la sua innocenza
lei avra' il diritto di ritornare nel posto che oggi occupa. Rimanere
assessore sarebbe gravissimo in questo momento - conclude Umberto
De Rose – e toglierebbe credibilita' ad un comune che ne ha
gia' persa tanta, grazie soprattutto ad un Sindaco che non ha perso
occasione per dimostrare un estremismo dialettico, parolaio ed incomprensibile,
come e' stato dimostrato di recente nella vicenda delle foibe".
Giampaolo
Mattei (fratello delle vittime) “Ottimisti ma diffidenti”
"E' una novita' importantissima, che abbiamo appreso con gioia
ma anche con tutte le piccole diffidenze che, dopo tanti anni e tante
delusioni, non possiamo non avere nei confronti di questa storia".
Giampaolo Mattei, uno dei figli di Mario sfuggito alla morte nel rogo
che nell'aprile del '73 costo' la vita ai fratelli Stefano e Virgilio,
mescola soddisfazione e cautela nel commentare la decisione della
procura di Roma di indagare per strage Elisabetta Lecco, Diana Perrone
e Paolo Gaeta, gli ex militanti di Potere operaio chiamati in causa
da Achille Lollo in una intervista al "Corriere della Sera".
"Siamo ottimisti, ma fino a un certo punto – ammette Giampaolo
-, anche perche' non sappiamo a che cosa portera' l'inchiesta, quali
saranno i suoi sviluppi futuri. Il nostro legale (Luciano Randazzo,
ndr) ci da' conforto dal punto di vista tecnico ma noi non abbiamo
altri elementi per sbilanciarci in un senso o nell'altro: certo, hanno
il loro peso 32 anni di ingiustizie, 32 anni in cui non abbiamo avuto
niente dallo Stato italiano". "Dopo 32 anni di falsita'
- aggiunge Giampaolo Mattei - stiamo vedendo che le nostre verita'
sono confutate dalle dichiarazioni di Lollo; eppure, paradossalmente,
oggi ci troviamo nelle condizioni di dover 'ringraziare' proprio l'esecutore
materiale della strage per aver detto una parte di verita'. Perche'
ha chiamato in causa dopo tanto tempo Lecco,Perrone e Gaeta? Davvero
non lo capiamo, ce lo stiamo chiedendo e con noi, credo, se lo stanno
chiedendo anche i suoi ex compagni.."
Cento
(Verdi) chiede una soluzione politica con un amnistia
''Per chiudere gli anni del terrorismo non serve giustizia tardiva
ma verita' e soluzione politica'': lo afferma il vicepresidente della
commissione Giustizia, il Verde Paolo Cento, il quale ribadisce: ''Sul
rogo di Primavalle, come sull'assassinio di Valerio Verbano, non e'
utile oggi la polemica politica tesa a riaccendere gli odii del passato:
occorre piuttosto la ricerca di una verita' storica nella quale collocare
le responsabilita' individuali e collettive''. ''Per fare questo -
prosegue Cento - e' indispensabile uscire dal ricatto giudiziario
e avere il coraggio di una soluzione politica attraverso un provvedimento
di amnistia-indulto che fino ad oggi e' stato bloccato in Parlamento
dai partiti eredi dalla DC e dal PCI ma anche da Alleanza Nazionale.
Lo stesso ministro Alemanno sa bene, infatti, che la riconciliazione
che dice di volere non si puo' fare nei tribunali ma solo con un grande
confronto politico e culturale che coinvolga tutti i soggetti interessi''.
Achille
Lollo sarà sentito come testimone
Le dichiarazioni di Achille Lollo, al Corriere della Sera, una volta
che verranno confermate dallo stesso agli investigatori saranno pari
a quelle di un testimone. Così figurerà Lollo sempre
nell'eventuale processo che verrà. Questa è una delle
prime indicazioni che vengono da piazzale Clodio dopo l'iscrizione
sul registro degli indagati di Diana Perrone, Paolo Gaeta ed Elisabetta
Lecco, per il reato di strage, nell'ambito del nuovo fascicolo d'inchiesta
sulla strage di Primavalle. Gli accertamenti - si spiega - adesso
non vertono sul fatto, sulla dinamica e sulle perizie, bensì
su come si arrivò all'identificazione del gruppo autore dell'attentato
all'abitazione della famiglia Mattei. Al momento i pm Franco Ionta
e Salvatore Vitello hanno presenti nel fascicolo le sentenze della
Cassazione, della Corte d'Assise d'appello ed il ricorso alla Suprema
Corte. Gli interrogatori, per ora, non sono stati messi in calendario.
Nulla osta, comunque, agli indagati, a rendere dichiarazioni spontanee.
Così come non è previsto a breve l'incontro con lo stesso
Lollo. Gli inquirenti considerano questa fase ancora di studio. Confermato
poi il fatto che l'aggravante di terrorismo, prevista dal 270 bis,
non è contestabile visto che la legge, del 1980, è successiva
al fatto. Non deve essere tralasciato comunque il dato che nel capo
di imputazione si fa espresso riferimento alla circostanza che non
vi erano altre uscite nell'appartamento e che l'aver appiccato il
fuoco alla porta con circa 7-8 litri di benzina e cherosene era di
per sé una circostanza che avrebbe potuto sicuramente portare
all'omicidio.
Alemanno
“Non strumentalizzazione ma una questione di giustizia”
Tornare sui tragici fatti di sangue degli anni Settanta non e' fare
strumentalizzazione politica ma e' una questione di giustizia. A sottolinearlo
e' il ministro per le Politiche Agricole Gianni Alemanno, nel corso
della puntata di 'Planet 430' che andra' in onda domani sul canale
Planet del circuito Sky. ''Il pericolo della strumentalizzazione politica
c'e' sempre -averte Alemanno- ma il problema principale da affrontare
riguarda una questione di giustizia, certo non di macabra contabilita'.
Pero' -aggiunge l'esponente di An- troppi ragazzi di destra furono
in quegli anni uccisi e mai sono stati trovati i colpevoli. Occorre
riflettere su questo fatto e il dibattito nato sul rogo di Primavalle
e' un'occasione da non perdere''. Quanto alle accuse di strumentalizzazione
politica, il ministro Alemanno osserva che ''oggi non si vota in base
a quanto successe negli anni Settanta ma in base a cosa succede oggi,
negli anni 2000''.
Dopo trentadue
anni si ricomincia. Riaperta l’inchiesta. La scheda
''Non siamo stati in tre ad organizzare l'attentato. Eravamo in sei.
Ho rispettato un silenzio di oltre trent'anni, oggi non ha più
senso. Voglio dire tutta la verità sul rogo e sulla morte dei
fratelli Mattei''. Con queste parole Achille Lollo ha riaperto il
caso Primavalle, riportando sul tavolo degli inquirenti di Roma il
fascicolo sulla strage dei fratelli Mattei. Era la notte tra il 15
e il 16 aprile del 1973, quando due figli del segretario della locale
sezione dell'Msi, Mario Mattei, Stefano e Virgilio, 22 e 8 anni, morirono
nell'incendio della loro abitazione. Un caso risolto con la condanna
per Achille Lollo, Marino Clavo e Manlio Grillo, latitanti da sempre
e dichiarati colpevoli con una condanna non eseguibile a 18 anni di
reclusione. Una condanna che si e' prescritta il 28 gennaio scorso.
Lollo scontò all'epoca due anni di carcere preventivo, mentre
gli altri due, che si diedero quasi subito alla latitanza grazie anche
all'aiuto dei compagni di allora, non trascorsero una sola notte in
carcere, ma furono condannati a una vita in esilio. Ed e' proprio
dal suo esilio in Brasile che Lollo ha deciso, a 32 anni dalla strage,
di raccontare finalmente la 'sua verita''. Aveva annunciato un memoriale,
ha scelto invece un'intervista al 'Corriere della Sera' per svelare
i nomi degli altri tre presunti esecutori della strage, due donne
e un uomo coperti per trent'anni da quello che lui stesso definisce
un ''silenzio ideologico'': Elisabetta Lecco, Diana Perrone e Paolo
Gaeta. E oggi la procura di Roma, dopo aver valutato per alcuni giorni
le dichiarazioni fatte da Lollo e aver ascoltato in Brasile il giornalista
che lo ha intervistato, ha deciso di indagare per strage i tre ex
di Potere Operaio. In realta' i nomi di Lecco, Perrone e Gaeta erano
gia' venuti fuori pochi giorni dopo la strage in cui morirono i fratelli
Virgilio e Stefano Mattei. A chiamarli in causa la prima volta fu
Marino Clavo che, a un paio di settimane dall'attentato, in un'intervista
a 'L'Espresso', disse che la notte della strage, compiuta tra il 15
e il 16 aprile del 1973, era tornato a casa intorno alla mezzanotte,
insieme a Paolo Gaeta e a Diana Perrone, con cui condivideva l'appartamento
di via Segneri a Roma. Gaeta e Perrone vennero indagati, ma divennero
quasi subito testimoni. Secondo quanto ha raccontato Achille Lollo
nell'intervista al 'Corriere della Sera', Lecco, Perrone e Gaeta ''facevano
parte di un collettivo che avevamo creato qualche mese prima, vicino
a Potere operaio'' e organizzarono l'attentato insieme a lui, Clavo
e Grillo. ''Attorno a mezzanotte -ha detto Lollo ricordando la dinamica
dei fatti- ci incontrammo tutti vicino a piazza Farnese. Avevamo due
Cinquecento, io e Grillo con una e gli altri quattro sull'altra. Ci
mettiamo d'accordo sull'azione e ci separiamo. Verso l'una e mezzo,
io e Grillo ripassiamo a prendere Clavo ed Elisabetta Lecco, i due
erano fidanzati. Loro avevano la tanica per l'attentato. Ci fermiamo
da un benzinaio, un distributore automatico, e dividiamo a metà
mille lire tra la tanica e il serbatoio della macchina''. ''Arrivammo
in quattro sotto casa Mattei, verso le due e un quarto di notte -prosegue-
ma le luci nell'appartamento erano ancora accese. Decidiamo di fare
un altro giro. Verso le tre meno un quarto, infine, io e Clavo saliamo
le scale della palazzina, arriviamo dietro la porta dei Mattei con
tanica, innesco e cartello di rivendicazione. E lì avviene
il disastro''. ''Se tutto avesse funzionato -ricorda-, avremmo provocato
un botto e annerito la porta dell'appartamento. Invece io sbaglio,
l'acido mi cola tra le mani e scappiamo, lasciando la tanica inesplosa.
Da quel giorno ho il dubbio su cosa sia davvero successo dopo''.
Secondo Lollo, dunque, in via Bibbiena c'erano lui, Grillo, Clavo
e la sua ragazza, Elisabetta Lecco, mentre Gaeta e Diana Perrone ''erano
rimasti a casa''. Anche se, ha tenuto a sottolineare l'ex di Potere
operaio, ''anche loro parteciparono a tutta l'operazione: furono loro
a preparare il cartello di rivendicazione''. Poi, il 17 aprile 1973
ci fu la riunione di Potere operaio in via del Boschetto, con l'intero
vertice romano dell'organizzazione. ''Io e gli altri -ha raccontato
Lollo- eravamo tra i sospettati, ci sommersero di domande. Negammo
tutto. Poi noi sei ci ritirammo in una stanza appartata e facemmo
un giuramento, lo chiamammo silenzio ideologico''. Il giorno dopo,
prosegue, ''venni arrestato''. ''Nessuno degli altri cinque scappò
-ha ricordato- erano strasicuri che non avrei parlato. Clavo e Grillo
fuggirono all'estero qualche tempo dopo. Gli altri tre non ne ebbero
mai bisogno, qualcuno o qualcosa li salvò dall'accusa''. Lollo,
dunque, fu il primo a finire in carcere, mentre Manlio Grillo e Marino
Clavo si diedero alla latitanza. E fu proprio dal suo rifugio segreto
che Clavo diede l'intervista a 'L'Espresso' chiamando in causa Perrone,
Gaeta e Lecco. La Perrone, che in un primo momento, nell'interrogatorio
del 3 maggio, aveva confermato l'alibi di Clavo, solo tre giorni dopo,
con una dichiarazione spontanea al giudice istruttore, fece dietrofront
e disse che la notte del 15, a tornare a casa intorno alla mezzanotte,
furono solo lei e Gaeta, mentre lo stesso Gaeta riferi' ai magistrato
che Marino Clavo gli aveva detto che ''sarebbe venuto a casa piu'
tardi''. In soccorso di Clavo arrivo' la sua fidanzata dell'epoca,
Elisabetta Lecco, che viveva con gli altri tre nell'appartamento di
via Segneri e l'8 maggio disse ai magistrati che Marino era rientrato
a casa poco dopo Gaeta e Perrone e che fu lo stesso Gaeta ad aprirgli
il portone. Una versione smentita pero' con decisione dagli altri
due.In particolare, la Perrone, messa a confronto con la Lecco, non
solo resto' ferma sulla sua posizione, ma disse al giudice che Clavo
l'aveva invitata a fornirgli un alibi falso 24 ore dopo il rogo a
ancora prima che la testimonianza di un netturbino del quartiere,
Aldo Speranza, indirizzasse le indagini verso lui e Lollo, una testimonianza
che poi inchiodo' i tre e che, insieme alla vicenda dei falsi alibi,
condusse i giudici a emettere la sentenza di condanna nel 1986. Secondo
Lollo, Gaeta e Perrone avrebbero 'svenduto' lui e i suoi compagni
ai giudici in cambio dell'impunita', forti del 'silenzio ideologico',
ossia del giuramento che i sei avrebbero due giorni dopo la strage
di mantenere il silenzio per 30 anni ''sui fatti e sui compagni coinvolti''.
Dietro la manovra, per l'ex di Potop, c'era anmche una divisione di
classe: ''Gaeta, la Perrone e la Lecco -spiega- venivano da un certo
ambiente sociale, figli di professionisti e intellettuali. Io, Grillo
e Clavo eravamo della piccola borghesia''. La reazione di Potere operaio
alla ritrattazione di Gaeta e Perrone fu pesante. I due furono etichettati
come 'traditori' e la versione che passo' fu che a far loro cambiare
idea fossero state le pressioni esercitate dalla potente famiglia
di lei. Per i due scatto' l'espulsione dell'organizzazione dopo un
assemblea che si tenne presso la sede di Centocelle del gruppo. D'altra
parte, a sostegno della sua versione dei fatti, ossia del 'tradimento'
di Gaeta e Perrone e dell'accordo con il procuratore, Lollo ha ricordato
che uno dei membri del collegio difensivo, l'avvocato Adolfo Gatti,
improvvisamente si ritirò per diventare il legale di Gaeta
e della Perrone, chiamati come testimoni. Ma anche che il pm dell'epoca,
il procuratore Sica, ''venne a trovarmi in carcere, proponendomi di
denunciare l'intero vertice di Potop, i vari Morucci, Piperno e Pace,
come mandanti della strage di Primavalle, in cambio della libertà
provvisoria''. A trentadue anni di distanza, effettivamente, Valerio
Morucci, Franco Piperno e Lanfranco Pace sono stati denunciati. A
farlo, pero', e' stata la famiglia Mattei, che, a mezzo del suo legale,
l'avvocato Luciano Randazzo, ha chiesto che si proceda contro i tre
come mandanti della strage. E anche in questo caso a occuparsi della
vicenda sara' il pubblico ministero Franco Ionta. Nella denuncia il
legale ha fatto riferimento anche a ''tutti coloro che ebbero a concorrere
nell'esecuzione della strage'', Gaeta, Perrone e Lecco compresi, anche
se i tre nomi indicati da Achille Lollo non sono stati esplicitati.
A sostegno della sua tesi relativa al ''coinvolgimento dei dirigenti
di allora di Potere Operaio'', Randazzo ha ricordato ''l'immediata
redazione di un opuscolo denominato 'Controinchiesta', ed edito dalla
casa editrice 'Savelli editore', in cui -scrive l'avvocato- il grave
attentato veniva fatto riferire alla cosiddetta 'faida interna tra
fascisti'''. ''Elemento fondamentale, questo -si legge ancora nella
denuncia- che induce a ritenere come il fatto di sangue era già
preventivamente a conoscenza dei vertici politici''. Secondo il legale
dei Mattei, dietro la strage ci fu un piano scientifico. ''Il fatto
di sangue avvenuto a Primavalle -ha spiegato- rappresenta sicuramente
l'inizio di un piano scientifico ed organizzato per introdurre mezzi
e sistemi che caratterizzarono l'Italia negli scorsi anni, sistemi
e metodi impostati essenzialmente sulla violenza politica quale strumento
di imposizione di ideologie''. ''Appaiono pertanto banali -ha aggiunto
Randazzo- le giustificazioni che oggi Pace, Piperno e Morucci, identificabili
al momento quali responsabili di allora di questa struttura politico-militare,
adducono a sostegno della loro estraneità. Ridurre il gravissimo
fatto avvenuto a Primavalle, che non ha precedenti, ad una iniziativa
di un gruppo scriteriato e banditesco come oggi gli stessi suindicati
vorrebbero far credere, non può trovare giustificazione alla
luce di una valutazione probatoria nonché dalle stesse ammissioni
degli interessati''.
Gli ex leader di Potere operaio contro i quali Randazzo ha puntato
il dito si sono difesi con energia. Lanfranco Pace, per primo,ha negato
la tesi del piano preordinato: ''Non ci sono mandanti. E' stata un'iniziativa
autonoma di un gruppo di dissidenti e frondisti interni a una sezione
di Potere operaio. Noi siamo stati obbligati dalle circostanze a difenderli,
pur scoprendo man mano la loro colpevolezza''. Mentre Franco Piperno,
ex leader di Potere operaio, vede ''un modo irresponsabile da parte
della destra di alimentare un clima di guerra civile, che non ci vuole
niente in Italia perché torni. Un comportamento di totale irresponsabilità
al quale io non mi presto''. E in questi giorni si sono susseguite
polemiche e rivelazioni sulle vicende connesse al rogo di Primavalle.
Cosi', l'ex leader di Potere Operaio Oreste Scalzone ha confessato
di essere stato il primo organizzatore della fuga di Marino Clavo
e di Manlio Grillo. ''Sono io -ha detto- che ho materialmente partecipato
ad alcuni segmenti di questa fuga, personalmente. Lo avevo già
affermato incidentalmente, lo ribadisco. Non mi metterei a stabilire
preliminarmente la colpevolenza o l'innocenza neppure di un nemico,
e mi par di ricordare che quello fosse il costume dell'epoca''. ''Fu
mio padre, regista della Rai, a garantire per lui in Angola'', ha
raccontato invece Antonella de Stefani, spiegando molti retroscena
della fuga, prima in giro per il mondo e infine in Brasile, di Achille
Lollo. Sono stati molti infatti i passaggi dell'ex di Potere operaio
prima dell'approdo brasiliano: il primo anno, dal '75 al '76, Lollo
lo passò in Svezia. Da qui si trasferì in Francia, dopo
pochi mesi in Portogallo e da lì poi in Angola, dove rimase
fino al 1987, prima di stabilirsi definitivamente a Rio de Janeiro.
Stefano de Stefani, il padre di Antonella, aiutò Lollo proprio
nel periodo più lungo, quello in Africa, dove Lollo lavorò
come giornalista e collaborò col ministero della Difesa: ''Papà
era legato al dittatore angolano Neto e aveva molte relazioni con
i movimenti guerriglieri africani -spiega Antonella de Stefani- Appena
Achille fu scarcerato lo portai da lui''. Il magistrato in pensione
Antonio Liistro, che rappresento' la pubblica accusa al processo,
ha sottolineato: ''avevo chiesto l'ergastolo per strage o, in subordine,
la condanna dei tre per duplice omicidio volontario'', la condanna
per omicidio colposo fu impropria. E a rompere il silenzio e' stato
nei giorni scorsi anche il giudice istruttore del rogo di Primavalle
Francesco Amato, che il 28 dicembre 1973 firmò l'ordinanza
di rinvio a giudizio per i militanti di Potere Operaio Achille Lollo,
Marino Clavo e Manlio Grillo.
Amato, che oggi e' il presidente della prima sezione della Corte d'Assise
di Roma, ha rievocato il clima drammatico del periodo che seguì
alla tragedia e ha affermato: ''Ora mi aspetto le scuse da parte di
chi mi ha denigrato per anni indicandomi come giudice fascista e come
strumento dello Stato repressivo''. - E, proprio ricordando il clima
di quegli anni, il giornalista Ruggero Guarini, all'epoca responsabile
della cultura al 'Messaggero' e innocentista 'sfegatato', ha invece
raccontato della festa che si tenne in occasione dell'assoluzione
di Lollo e compagni, a cui parteciparono tra gli altri lo scrittore
Alberto Moravia, il pittore Mario Schifano, i poeti Elio Pecora e
Dario Bellezza. ''Mi telefonarono Lanfranco Pace e Stefania Rossini
-ha detto Guarini- e mi dissero: 'scusa tu che conosci tanti intellettuali
importanti, perché non ci aiuti a farla un pò più
allegra questa serata?' Io mi trascinai dietro Moravia che aveva gia
settant'anni ed era il monumento vivente dell'intelighenzia di sinistra.
Mi pare che venne pure Enzo Suciliano. E ci divertimmo, lo devo dire.
Salvo che Moravia, quando si capì che quelli erano colpevoli,
me lo rimproverò sempre''.
Chiesta l’acquisizione
dei verbali dei congressi di Potere Operaio
''Sicuramente la giustizia degli anni settanta era diversa da quella
di oggi. Ora possiamo contare su magistrati piu' liberi e piu' portati
ad un vero accertamento della verita'''. Lo ha dichiarato l' avvocato
Luciano Randazzo, legale della famiglia Mattei e promotore della battaglia
per la riapertura delle indagini sul rogo di Primavalle. ''La procura
- ha detto - ha dimostrato serieta'. Abbiamo molta fiducia. Primavalle
fu programmato come attentato e se non fosse accaduto nulla ci sarebbero
stati altri roghi''. Randazzo, che nei giorni scorsi ha depositato
una denuncia contro Lanfranco Pace, Valerio Morucci e Franco Piperno
per chiedere che si indaghi nei loro confronti quali mandanti della
strage di Primavalle, ha detto di essere soddisfatto anche per i possibili
sviluppi legati a quest' ultima fattispecie. La denuncia non e' stata
riunita al procedimento sulla strage, ma ha determinato l' apertura
di un fascicolo autonomo. In particolare, il penalista ha chiesto
al pm di acquisire, presso la digos, tutti i verbali dei congressi
di Potere Operaio dal 1970 in poi.
Gasparri:
“No ad amnistie generalizzate”
No a ''colpi di spugna'' e ad ''amnistie generalizzate'': lo afferma
Maurizio Gasparri che giudica ''positiva la decisione della Procura
di Roma di aprire l'inchiesta per la strage di Primavalle a carico
di coloro che in base alle dichiarazioni di Lollo ma anche alle discussioni
che all'epoca furono tacitate da campagne di disinformazione avrebbero
partecipato alla strage''. ''Cio' dimostra - aggiunge il ministro
delle Comunicazioni - che su quegli anni di violenza e di terrore
ci sono ancora troppe verita' da scoprire. Rinnovo quindi un fermo
e convinto appello affinche' chiunque sappia parli. Piperno in questi
giorni nelle sue numerose interviste appare reticente. Dire che non
sapeva, che ha saputo un mese dopo la strage o fare affermazioni generiche
non dissolve l'inquietante quadro di corresponsabilita' e di protezioni
che hanno preceduto, accompagnato e seguito la strage di Primavalle.
''In questo contesto - puntualizza Gasparri - ipotizzare provvedimenti
generalizzati di amnistia e' impossibile. Si finirebbe per cancellare
con un colpo di spugna ogni responsabilita'. E' necessario l'accertamento
delle verita', di tutte le verita', anche per le vicende inquietanti
che hanno colpito ambienti ed esponenti della sinistra. Oggi - prosegue
l'esponente di An - bisogna dire con chiarezza dieci, cento, mille
volte no ad ogni provvedimento di amnistia o comunque di clemenza
che impedirebbe di fatto un rigoroso e sofferto accertamento delle
responsabilita' di quegli anni. E' una cosa che dobbiamo a chi e'
morto, - conclude - ma e' anche un dovere per chi e' sopravissuto
a quegli anni di follia''.
L’ex giornalista
del Secolo Baldoni a Cacciari “Troppo comodo mettere un coperchio”
''Troppo comodo oggi mettere un coperchio su tutto, come invita a
fare Massimo Cacciari. Ed è utopico pensare che un'amnistia
possa fare chiarezza. Achille Lollo oggi rivela che altri parteciparono
all'azione di Primavalle. Ma dalla lettura delle carte processuali
si deduce che qualcuno per quella vicenda se l'era cavata a buon mercato''.
Adalberto Baldoni, nel '73, anno del rogo in cui morirono i fratelli
Mattei, capo del servizio Interni de 'Il Secolo d'Italia' e autore
insieme a Sandro Provvisionato di un libro sugli anni di piombo, 'A
che punto è la notte?', non si trova d'accordo con quanti sostengono
che quella stagione è defintivamente chiusa. ''E' sbagliato,
a mio avviso, denunciare oggi Morucci, Piperno e Pace per quella vicenda'',
afferma Baldoni. ''Potere Operaio era già al capolinea, tanto
che quello stesso anno si sciolse a Rosolina. Ricordo che la campagna
martellante fu fatta in realtà da 'Lotta Continua'. C'è
molto da interrogarsi, piuttosto, sulle coperture politiche, che vennero
anche da vasti ambienti del partito socialista,e sulle responsabilità
morali di continuò a incitare alla violenza''.
Per l'avv. Randazzo
Piperno, Morucci e Pace sono i mandanti
Sulla posizione del prof. Franco Piperno (ex capo storico di Potere
Operaio), Valerio Morucci e Lanfranco Pace, la procura di Roma intende
svolgere ulteriori accertamenti prima di decidere se ipotizzare qualsiasi
reato a loro carico. I tre ex dirigenti di "Potop" erano
stati denunciati venerdi' scorso, per strage, dall'avvocato Luciano
Randazzo, legale della famiglia Mattei. I pm Franco Ionta e Salvatore
Vitello, coordinati dal Procuratore Capo Giovanni Ferrara, hanno,
pero', aperto soltanto un fascicolo preliminare "atti relativi
a...". Secondo Randazzo i tre sarebbero stati i mandanti del
rogo di Primavalle dove morirono i due fratelli Mattei.
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