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Dir.resp. Pippo Gatto |
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SpecialiLa ricerca dell'Eurispes sulle donne presentata in Regione E' stata presentata a ''Palazzo Tommaso
Campanella'', sede del Consiglio regionale, la ricerca sulla condizione
femminile in Calabria condotta dall'Eurispes e dalla Commissione regionale
Pari Opportunita'. Qui pubblichamo una sintesi molto ampia della ricerca
divisa in sezioni. Donne
tra famiglia e servizi, Donne in politica,
Donne lavoro e disoccupazione, Donne
e violenze, Donne tra studio e cultura
Le donne tra famiglia e servizi Per comprendere quali siano le opinioni dei calabresi
in merito alle motivazioni che possono scoraggiare la maternita', sono
state poste ad un campione rappresentativo della popolazione alcune
domande dalle quali emerge un quadro piuttosto preciso: molto spesso
le donne calabresi non si trovano di fronte ad una reale scelta fra
il lavoro e la nascita di un figlio, poiche' i problemi economici della
famiglia non consentono vere alternative. In particolare, alla domanda
sul principale fattore in grado di scoraggiare la maternita', al primo
posto i calabresi pongono proprio i problemi economici legati alla nascita
di un figlio (41,4%), seguiti, con un'incidenza percentuale piu' bassa
di circa la meta' dei punti (21,3%), dall'ambizione professionale, mostrando
come ancora si ritengano inconciliabili il desiderio di realizzare successi
lavorativi con quello di creare una propria famiglia. Ancora, con quote
meno rilevanti, i calabresi credono che a scoraggiare la maternita'
siano le difficolta' relative al mantenimento del proprio posto di lavoro
ed al reinserimento (15%), e ad una organizzazione del lavoro poco flessibile
(9,9%). Un calabrese su dieci (10,6%), infine, pensa che a scoraggiare
la maternita' sia la carenza di adeguati servizi per la famiglia e l'assenza
di una rete parentale di sostegno, e, in rarissimi casi, chiama in causa
le disparita' con le quali viene distribuito il carico delle responsabilita'
della casa fra i partners (0,9%). Le separazioni in Calabria, pur con
andamento altalenante, hanno subito in un ventennio un notevole aumento.
Gli ultimi dati a nostra disposizione risalgono al 2001, anno in cui
si sono riscontrati piu' scioglimenti matrimoniali (1.057): di cui 829
con procedimento consensuale e 228 con procedimento giudiziale. Una
particolarita': nel 1985 le coppie calabresi hanno dimostrato, in sede
di scioglimento del matrimonio, un alto grado di litigiosita': le separazioni
giudiziali, infatti, ottengono il loro massimo storico (72,6%). Ma,
colpe a parte, su chi grava maggiormente, all'interno dell'ex coppia,
la fine del matrimonio? Chi, tra il maschio e la donna, ne esce meno
danneggiato? Quasi il 60% del campione intervistato in merito a delle
asserzioni inerenti lo scioglimento dell'unione coniugale, conviene
nell'affermare che la separazione, quale epilogo di un insuccesso matrimoniale,
e' difficile da sopportare in modo uguale per entrambi i coniugi. Ad
esserne maggiormente convinti, tra i calabresi, i giovani (67%) e gli
adulti (60%), i single (67,1%) e gli accoppiati (57,6%); con una notevole
differenza percentuale, gli anziani, gli ex accoppiati e i pensionati
sono d'accordo con questa affermazione rispettivamente nel 47,2%, nel
49% e nel 45,3% dei casi. La fine del rapporto di coppia, sancito dal
divorzio, ha un notevole valore nella dinamica demografica sia per la
frequenza crescente del fenomeno sia per le conseguenze che essa ha
sui figli, qualora siano presenti, sia perche' spesso essa precede una
nuova unione. In merito alle conseguenze sui figli, il problema piu'
rilevante, legato alle separazioni ed ai divorzi, e' quello dell'affidamento
dei minori. La tipologia di affidamento piu' praticata nel nostro Paese
e' quella monogenitoriale. l'affidamento alla madre si verifica nell'86,7%
dei casi. L'affido esclusivo al padre, invece, viene utilizzato soprattutto
quando i figli sono piu' grandi; infatti, all'aumentare dell'eta' del
bimbo conteso aumenta il numero di figli affidati al padre, per quanto
la percentuale complessiva di questa tipologia di affido sia piuttosto
bassa (4,6%). Si fa invece ricorso all'affidamento congiunto o alternato
solo nell'8% dei casi. A sapere bene cosa sia l'affidamento congiunto
e' il 27,9% del campione intervistato; ne ha sentito parlare il 40,6%,
mentre il 31,6% dei calabresi non sa proprio cosa sia. Giovani e adulti
conoscono di piu' e meglio l'istituzione dell'affido condiviso rispetto
agli anziani intervistati, che nel 48,2% dei casi non sanno cosa sia.Per
quanto riguarda gli effetti che l'affido congiunto potrebbe produrre
nella sua applicazione, il 71,5% degli intervistati e' convinto che
questi sarebbero positivi poiche' la responsabilita' dei figli sarebbe
di entrambi i genitori. Ad esprimere, invece, maggiore perplessita',
dettata dal timore che i genitori del minore finirebbero per litigare,
il 21,8% del campione; incerti il 6,7%. Le donne e l'aborto: in Calabria
nel 2002 sono stati certificati 3.352 casi di IVG, con una riduzione,
rispetto all'anno precedente, di appena 20 interventi. Anche il tasso
di abortivita' (-0,5%) conferma la, seppur lieve, riduzione verificatasi
nell'ultimo anno preso in esame. In generale, prevale in Calabria la
disponibilita' a comprendere le ragioni di un atto cosi' drammatico:
l'aborto e' ritenuto legittimo dalla maggioranza degli intervistati
(63,1%), seppure con dei distinguo da evidenziare.I risultati dell'indagine
evidenziano come la disponibilita' a giustificare l'interruzione volontaria
di gravidanza sia legata alla difesa dei valori della vita, della salute
fisica e psicologica. , infatti, possibile notare come la salvaguardia
della vita materna (22%) e la presenza di gravi malformazioni del feto
(21,3%) siano ritenute due valide ragioni per ricorrere all'interruzione
della gravidanza. A seguire quanti ritengono di essere favorevoli in
tutti i casi (17,6%). Proseguendo nella lettura dei dati e' possibile
notare come le ragioni del pro-aborto diminuiscono vertiginosamente
davanti a problematiche di natura economica o ''matrimoniale'' (1,1%
per entrambe).L'aborto e' ritenuto immorale, invece, dal 36% degli intervistati;
di questi, il 27,3% esprime la propria disapprovazione indipendentemente
dalle situazioni che potrebbero, in qualche modo, giustificarlo. Torna
in cima Per quanto riguarda la rappresentanza femminile ai vertici del governo si rileva una situazione ancora meno incoraggiante: alla fine del mese di settembre 2003 sono presenti solo 2 donne su un totale di 23 ministri, che occupano i ministeri della Pubblica Istruzione e per le Pari Opportunita', e 6 sottosegretarie su un totale di 56. Non molto difforme la situazione relativa agli organi di governo provinciali: su un totale di 102 presidenti solo 4 sono donne, vale a dire il 3,9%, presenti in Lombardia, Piemonte, Toscana e Veneto. Piu' elevata e' invece la quota di donne che riveste la carica di assessore provinciale: il 13,6% del totale. I valori piu' elevati si riscontrano in Toscana con 23 assessori su totale di 64, vale a dire il 27,3%, nelle Marche con una quota del 25,8%, l'Umbria e l'Emilia Romagna, rispettivamente, con il 25% ed il 24,6%. La Calabria con il 15,9%, si colloca al 6 posto della graduatoria con 7 donne su un totale di 44 assessori provinciali. Ultime, la Campania (3,3%), la Sardegna (3,1%), la Valle d'Aosta e l'Abruzzo (in queste due ultime regioni la presenza risulta nulla).Resta da esaminare la presenza delle donne nelle istituzioni comunali. Complessivamente, su 103 sindaci in carica nei comuni capoluogo delle diverse regioni, solo 7 sono donne (il 6,8%). La Calabria e' una delle 7 regioni in cui e' presente un donna al governo di una citta' capoluogo, insieme a Campania, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto; in Puglia, invece, sono 2 le donne al vertice delle istituzioni comunali piu' importanti della regione. La ripartizione per genere degli organi di giunta vede una quota di donne pari al 14,4%, e cioe', su un totale di 1.023 assessori comunali 148 sono donne. In questo caso, in testa alla graduatoria del maggior numero di donne che ricoprono questa carica, la Toscana (24%), il Trentino Alto Adige (22,2%) e l'Emilia Romagna (21,4%). La Calabria occupa il 4 posto, con il 19,6%, insieme a Umbria e Lazio anch'esse con un valore pari al 19,6%. Inferiore risulta essere la quota di donne presenti nei consigli comunali: a fronte di un totale di 4.028 consiglieri, appena 457 sono donne, vale a dire l'11,3%. Le istituzioni comunali piu' ''permeabili'' alla partecipazione femminile sono principalmente le regioni del Nord: l'Emilia Romagna con una presenza di quasi due donne ''consigliere'' ogni dieci maschi (18,5%), Valle d'Aosta e Trentino Alto Adige, rispettivamente con il 17,1% ed il 17,2%, e Veneto (14,1%); in ultima posizione troviamo la Calabria (6,5%), la Basilicata (6,5%), il Molise (6,4%), la Sicilia (5,8%), la Puglia (5,4%) e l'Abruzzo (4,3%). Da una analisi complessiva e comparata dei risultati rilevati nei diversi contesti territori italiani, emerge, in tutta la sua evidenza, il divario esistente tra le realta' regionali del nord e quelle delle altre aree del Paese, del Sud in particolare. In coda alla classifica, infatti, eccetto la Liguria (132,4 punti), si collocano quasi tutte le regioni del Mezzogiorno, penalizzate, oltre che da un basso grado di partecipazione dei propri residenti alla ''res pubblica'', da un comprovato atteggiamento di chiusura riguardo l'universo femminile. La maglia nera spetta decisamente alla Calabria (106,9 punti), le cui migliori performances non vanno oltre il penultimo posto raggiunto nella classifica relativa al grado di partecipazione politico-elettorale. L'unica nota non dolente per le regioni meridionali arriva dalla Sicilia che, benche' riservi poche ''poltrone'' alle donne, si rivela l'amministrazione regionale piu' giovane d'Italia. L'Emilia Romagna, invece, e' la regione che ottiene il migliore piazzamento nella graduatoria che tiene conto del livello di adesione manifestato dalla popolazione regionale nei confronti degli strumenti e/o meccanismi di verifica della politica, ovvero le competizioni elettorali. Piu' donne in politica. questo l'appello dei calabresi chiamati ad esprimere la loro opinione sul tema relativo alla presenza delle donne in politica. Sarebbe auspicabile una maggiore presenza femminile nelle posizioni di vertice soprattutto nel sistema politico e di rappresentanza; questo il pensiero della stragrande maggioranza dei calabresi intervistati. Nello specifico, il 25,6% del campione ha indicato quale sede istituzionale in cui aumentare il peso delle donne il massimo organo esecutivo, ossia il Governo; nel 16,8% dei casi la richiesta ha riguardato il Parlamento, nel 10,5% i partiti politici e nel 4,6% i sindacati. Complessivamente, dunque, quasi sei calabresi su dieci (57,5), con una netta prevalenza dell'universo femminile su quello maschile (63,6% vs 50,9%), ravvisano la necessita' di dare maggiore spazio e voce alle donne in materia di politica. Sono ben sette su dieci i calabresi che denunciano la scarsa rappresentanza femminile in seno agli organi politici e di rappresentanza che operano a livello regionale (71,3%). Colpisce, inoltre, il fatto che a giudicare ''per nulla o poco'' adeguata la presenza femminile nelle istituzioni politiche calabresi siano soprattutto i maschi (75,6% vs 67,3%): piu' e' alto il grado di istruzione degli intervistati maggiore e', infatti, il numero di soggetti che ritengono sottorappresentato l'universo femminile nella politica locale, probabilmente perche' seguono con piu' assiduita' le vicende politiche regionali e locali. Torna in cima Donne, lavoro e disoccupazione Nelle regioni meridionali il tasso di disoccupazione rimane su livelli piuttosto elevati per ragioni attribuibili sia al ritardo strutturale dell'economia del Sud-Italia, sia alla distorsione nel corretto funzionamento del mercato del lavoro di queste regioni (tale da far pensare ad una quota di occupazione irregolare e informale assai consistente e difficile da contrastare). In tale contesto la Calabria registra il piu' alto tasso di disoccupazione giovanile femminile dopo la Campania (67,7%) rispetto alle altre aree territoriali italiane con un valore pari al 64,3%.La ricerca di un lavoro oggi per una donna, rimane uno dei grandi ostacoli da superare per il raggiungimento di una propria autonomia. Disoccupate o alla ricerca della prima occupazione, soprattutto giovani ma anche meno giovani, in cassa integrazione o in mobilita', qualunque sia la situazione e' importante entrare in contatto con i giusti canali di ricerca del lavoro. Tra le altre cose, spesso le donne non riconoscono il giusto valore alle proprie competenze e attitudini, realizzando una ricerca del lavoro in modo generico: si risponde ad ogni genere di inserzione, si inviano decine di curriculum, si attivano contatti in ogni direzione con il risultato di disperdere tempo ed energie. Analizzando le modalita' di ricerca del lavoro da parte delle donne calabresi, anche se il discorso vale anche e soprattutto per gli uomini, ne emerge il carattere sostanzialmente ''informale'', con una prevalenza di due canali: la segnalazione/raccomandazione politica (36,4% vs il 37% riscontrato fra gli uomini) e la presentazione da parte di parenti, amici e conoscenti (27,8% vs il 28,3% rilevato fra gli uomini). Il terzo canale utilizzato tanto dagli uomini che dalle donne calabresi, e' il concorso, con una quota rispettivamente pari al 13,3% ed al 14%. Percentuali piu' contenute si registrano riguardo le altre tipologie di canali utilizzati per la ricerca di un lavoro, tra cui assume un piu' consistente valore la presentazione diretta al datore di lavoro (7,6% per donne ed uomini). Tra i canali formali emergono, anche se con quote piuttosto contenute: l'invio del proprio curriculum vitae (3,9% delle donne vs il 3,7% degli uomini), la risposta ad un annuncio su giornali o riviste (3,1% vs 2,9%) e la richiesta di lavoro presso le agenzie interinali ed i Centri per l'impiego, con quote che rivelano una maggiore sensibilita' nei confronti di questi due canali di ricerca del lavoro da parte delle donne (rispettivamente 2,5% e 2,3% delle donne contro lo 0,8% ed l'1,6% degli uomini). Un'ultima particolarita': gli uomini (3,9%) usano rispondere ad annunci di lavoro su Internet piu' di quanto non facciano le donne (1,2%). L'analisi per area geografica su donne e impresa evidenzia andamenti molto interessanti se si considera il confronto di genere.In valore assoluto e' la Lombardia che registra il maggior numero di presenze femminili, con oltre 463mila donne che ricoprono cariche dirigenziali, seguita dall'Emilia-Romagna e dal Piemonte (rispettivamente con circa 240mila e 238mila cariche). Ultime in graduatoria, invece, la Valle d'Aosta (10.173), il Molise (16.509) e Basilicata (25.850). La Calabria si colloca poco oltre la meta' della classifica, precisamente al 13 posto con 64.096 presenze. In termini percentuali, ossia rapportando le presenze al numero di imprese attive nelle diverse regioni (ottenendo cosi' un indicatore ''standardizzato'' che completa il quadro sul fenomeno), si osserva che e' la Valle d'Aosta che si pone in cima alla graduatoria delle regioni piu' ''rosa'', con 8 presenze per ogni 10 imprese attive (80%); segue la Liguria (64,1%), il Lazio (63,6%) e la Lombardia (63,6%). In fondo alla classifica Sicilia (47,8%), Basilicata (47,8%), Calabria (42,8%) e Puglia (40,5%). Management aziendale: Reggio Calabria la provincia piu' rosa Concentrando l'analisi sul solo territorio calabrese e disarticolando il dato complessivo di sintesi che misura il livello di presenza femminile per provincia, scopriamo che Reggio Calabria e' in testa alla graduatoria regionale, con 13 presenze per ogni 10 dieci aziende attive presenti (130%); a seguire, ma con notevole distacco, Catanzaro (42,8%), Cosenza (42,8%), Vibo Valentia (38,4%), e, per finire, Crotone con un valore ancora piu' contenuto. Da rivelare, inoltre, che, in termini assoluti, il maggior numero di donne che ricopre cariche dirigenziali si concentra nelle province di Cosenza e Reggio Calabria: rispettivamente 23.408 e 18.477 (pari al 28,8% e al 36,5% del totale regionale). Indipendenza economica: 9 donne su 10 la giudicano importante Quasi il 50% delle intervistate ritiene ''molto'' importante il lavoro per la conquista di un'autonomia economica, che sommato a quante hanno dichiarato di esserne abbastanza convinte (41,6%), equivale a dire che ben 9 donne su dieci giudicano importante l'indipendenza economica (91%). Rispetto al genere femminile, gli uomini calabresi sono meno propensi a considerare fondamentale il fatto che una donna raggiunga la piena autonomia dal punto di vista economico: il 26,3% risponde si' che e' ''molto importante'', ma c'e' un consistente 23,2% convinto della poca o nulla importanza. Torna in cima In tema di omicidi familiari e di relazione, sebbene
il primato rimanga alle regioni settentrionali del nostro Paese, e'
da evidenziare una diminuzione rispetto al primo quadrimestre 2003 del
numero dei casi di omicidio (da 31 a 26) al Nord e, contemporaneamente,
si registra un sensibile aumento di quelli commessi al Centro (da 8
a 16) e al Sud (da 10 a 13). Nelle regioni centrali, sono stati commessi
nel secondo quadrimestre piu' omicidi nel Lazio, con 9 casi rilevati.
Infine, per quanto riguarda il Sud, le regioni dove si sono verificati
piu' omicidi sono la Campania e la Sicilia (in entrambe sono stati compiuti
rispettivamente 3 omicidi). In Calabria, nel periodo preso in esame,
ammontano a due i casi di omicidi relazionali. Il primato della Lombardia
come regione in cui e' avvenuto il maggior numero di omicidi, permane
anche se si prende in considerazione il totale degli episodi registrati
per i primi due quadrimestri del 2003: 21 casi in tutto. Anche il Lazio
e l'Emilia-Romagna conservano rispettivamente il secondo (con 13 omicidi)
e il terzo posto (con 10 omicidi). Salgono a tre, invece, gli episodi
verificatisi in Calabria. La violenza sessuale: qual e' la situazione
in Calabria? Dal 1996 al 2001, le denunce per violenza sessuale aumentano
del 62%, passando da 50 a 81; in aumento anche le denunce sessuali contro
i minori di 14 anni, passate dal 33,3% del 1999 al 48,1% del 2001. Cio'
che colpisce maggiormente, e' che, mentre a livello nazionale nel 2001
le denunce sporte contro ignoti oscillano intorno al 19%, in Calabria
tale percentuale scende fino a sfiorare il 9%. Cio' vuol dire che in
questa regione, in oltre il 90% dei casi, la vittima conosceva il suo
aggressore. la provincia di Reggio Calabria che fa registrare il piu'
elevato incremento di denunce di violenza sessuale (56,3%), assorbendo
da sola il 31% delle denunce effettuate nel 2001 nell'intero territorio
regionale, mentre Crotone e Vibo Valentia, insieme arrivano soltanto
al 12,3% del totale delle denunce sporte. Nella provincia di Cosenza
si nota un andamento costante in termini assoluti del fenomeno, essendo
pari a 22 le denunce sia nel 2000 che nel 2001, ed un andamento decrescente
in termini percentuali sul totale delle denunce presentate in Calabria.
Infine, risulta negativo l'andamento delle denunce sia in termini assoluti
che percentuali nella provincia di Catanzaro; infatti, sempre nell'arco
di tempo considerato, la stessa vede diminuire il peso relativo delle
denunce, passando dal 37,9% del totale delle denunce sporte a livello
regionale del 1999 al 29,6% del 2001. Nella ricerca, l'Eurispes ha ritenuto
opportuno sondare quale sia secondo l'opinione dei cittadini calabresi
la forma di violenza sulla donna piu' diffusa in Calabria. Ebbene, circa
un quinto del campione intervistato, annovera al secondo posto , tra
le violenze piu' diffuse che subiscono le donne, proprio gli omicidi
familiari (17,8%). In testa alla classifica troviamo invece la violenza
domestica, indicata dal 43% del campione. A questa forma suole associarsi
la violenza fisica, sessuale o psicologica compiuta nei confronti di
una donna da parte del partner, anche detta ''maltrattamenti'' o ''percosse''
nei confronti della moglie o della compagna. In terza posizione, tra
le forme di violenza perpetrate ai danni delle donne, i calabresi pongono
il mobbing: 15,6% le indicazioni raccolte da questa modalita', a testimonianza
di una non rilevante consistenza del fenomeno. Poco diffuse risultano
anche le maternita' forzate e la prostituzione, segnalate, rispettivamente,
dal 9% e dall'8,5% degli intervistati. Torna
in cima Gli studenti immatricolati nelle universita' calabresi,
nell'anno accademico 2003-2004, sono quasi undicimila, dei quali il
57% ha scelto l'Universita' della Calabria di Rende, il 25,7% frequenta
l'Universita' degli studi ''Magna Grecia'' di Catanzaro, ed il restante
17,3% ha optato per l'Universita' degli studi Mediterranea. Gli studenti
iscritti nelle universita' calabresi sono risultati, nell'anno accademico
2002-2003, piu' di 48.500, di cui il 55,1% di sesso femminile, vale
a dire il 2,75% del totale nazionale delle studentesse universitarie.
Le matricole calabresi sono 10.567 (pari al 3,08% del totale nazionale);
14.564 gli studenti fuori corso, di cui il 57% composto da donne contro
una media nazionale che registra un 56,3%. Donne e media: nello specifico,
nel 2004 su un totale di 75.079 iscritti all'Ordine dei giornalisti
le donne pesano per il 30%, pari a 22.524 iscritte. Di queste, 6.028
sono professioniste, a fronte di ben 14.256 colleghi maschi di pari
livello; 1.342, quasi quanto gli uomini, le praticanti; 15.154, contro
i 36.778 dell'universo maschile, quelle che hanno la qualifica di pubblicista.Lo
scarto di genere nella categoria si riduce sensibilmente in Lombardia,
in assoluto la circoscrizione piu' ''aperta'' o ''intraprendente'' da
questo punto di vista: su un totale di 17.251 iscritti, 10.652 sono
uomini e 6.599 donne, le quali pesano nella categoria per il 38,3%,
vale a dire ben otto punti in piu' rispetto al dato medio nazionale.
Con valori superiori alla media italiana, seguono il Lazio, la cui quota
di giornaliste sul totale degli iscritti e' pari al 33,5%, l'Umbria
(32,6%), e il Piemonte (30,7%).Quote piuttosto basse si registrano,
invece, in Toscana, Sardegna, Basilicata, Calabria e Trentino Alto Adige,
dove, nella categoria dei giornalisti, si conta mediamente meno una
donna ogni quattro uomini. Anche per la Calabria, dunque, i numeri segnalano
una forte presenza maschile nel mondo del giornalismo, e il dato e'
confermato dal valore in negativo, rispetto alla media nazionale, che
la circoscrizione calabrese fa registrare relativamente alla qualifica
piu' alta: su dieci professionisti iscritti ben otto sono uomini (79,6%).
In Italia, tale rapporto e' di sette uomini ogni dieci iscritti (70,3%).
Per comprendere i motivi per cui le donne del Sud, e dunque anche le
calabresi, sono meno interessate alla fruizione di eventi culturali
rispetto a quelle del Nord, e' utile rifarsi ai risultati della nostra
indagine qualitativa. All'interno del questionario somministrato ad
un campione rappresentativo della popolazione calabrese e' stata, infatti,
inserita anche una speciale sezione tematica composta da una batteria
di domande volte a rilevare atteggiamenti e comportamenti prevalenti
degli intervistati in materia di ''consumi culturali''. Il quadro che
emerge dall'analisi dei dati riguardo la Calabria, soprattutto se si
tiene conto della variabile che descrive il genere del campione, appare
chiaro: la maggioranza delle donne intervistate (52%) dispone di poco
tempo libero, ossia di un massimo di due ore, a fronte del 46,2% degli
uomini. La scarsa quantita' di tempo libero dichiarata delle donne e'
confermata dal fatto che solo il 15,2% di esse dichiara di poter beneficiare
di oltre 4 ore giornaliere lontano da impegni lavorativi o familiari,
contro il 22,2% del sesso opposto. Ma quali sono gli ambiti della vita
privata che per mancanza di tempo vengono maggiormente trascurati? A
conferma di quanto appena osservato, vale a dire il basso numero di
ore di tempo libero disponibile, oltre un calabrese su tre (il 35%)
dichiara di dovere sacrificare alcuni degli elementi che migliorano
la ''qualita' della vita'' (rinunciando, ad esempio, alla fruizione
di eventi culturali e sportivi o ad una vacanza); seguono le relazioni
con gli amici (17%), le relazioni con i familiari (16,2%) e la cura
personale (15,5%). Difficilmente, invece, i calabresi risentono della
mancanza di tempo da dedicare al lavoro retribuito (4,3%), alla relazione
con il partner (3,7%) ed alla cura della casa (3,2%). Infine, solo il
5,4% del campione dichiara di avere sufficiente tempo da dedicare a
tutto cio' che desidera: ad essere cosi' fortunati sono soprattutto
gli uomini (il 6,2% contro il 4,7% delle donne). Significative differenze
di genere si riscontrano relativamente alle ''cure personali'', evidenziando
come le donne risentono maggiormente della limitata disponibilita' di
tempo da dedicare a se stesse (22,4%) rispetto agli uomini (7,8%), con
un divario di 14,6 punti percentuali. Gli uomini, invece, vorrebbero
avere piu' tempo per le attivita' del tempo libero (con una differenza
rispetto al genere femminile del 7,1%) e per curare le relazioni con
gli amici (con un divario rispetto alle donne di 4,9 punti percentuali).
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