Inchiesta Why Not, interrogato per
sei ore Saladino che contrattacca “Verificate il patrimonio
della Merante”
03 dic 08 E’ terminato dopo sei ore l'interrogatorio
dell'imprenditore Antonio Saladino, il principale indagato nell'inchiesta
Why Not, che si e' difeso dalle accuse contestategli, e passando al
contrattacco invitando i magistrati della Procura Generale di Catanzaro
a verificare il suo patrimonio ma anche quello della principale teste
d'accusa, ed ex sua collaboratrice, Caterina Merante. Prima che iniziasse
l'interrogatorio, il primo cui Saladino e' stato sottoposto, il legale
dell'imprenditore, l'avvocato Francesco Gambardella, ha depositato
una serie di documenti e registrazione di conversazioni raccolte nell'ambito
delle indagini difensive. Al termine dell'interrogatorio Saladino
ha spiegato che ''sono stato consulente della Why Not di cui era,
insieme ad altri due soci, ed e' proprietaria e amministratore Caterina
Merante. La Why Not e' una societa' di appalti di servizio e non di
affitto di manodopera (interinale). Sono stato, da febbraio 2003 a
maggio 2004, presidente del consorzio Brutium che agiva per nome e
per conto dei consorziati tra i quali la Why Not. Quest'ultima, per
le commesse acquisite, svolgeva tutta l'attivita' per il 97% del valore
della commessa. Il Brutium, per le sue attivita', tratteneva solo
il 3%''. ''Personalmente - ha proseguito - ho, invece, solo percepito
la retribuzione per il lavoro da me svolto e pertanto ho chiesto ai
magistrati di constatare rigorosamente la mia situazione patrimoniale
ed anche quella della Merante e dei suoi soci. Nel corso dell'interrogatorio
ho spiegato tutto ampiamente rispondendo a tutte le domande. Ho fiducia
nella magistratura, sin da quando c'era il dottor Luigi De Magistris''.
A Saladino i magistrati contestano di essere al centro di un comitato
d'affari, con esponenti politici del centrodestra e del centrosinistra,
che avrebbe gestito in modo illecito fondi pubblici statali e comunitari.
E nel corso dell'interrogatorio l'ex presidente della Compagnia delle
Opere della Calabria ha spiegato anche che ''le autorita' cercavano
me per sviluppare rapporti di collaborazione ed io cercavo loro per
sviluppare progetti di politiche attive del lavoro. La mia piu' grande
remunerazione e gratificazione derivava dalla possibilita' di offrire
lavoro a chi non ne ha. Questo mi ha stimolato ad avere un'apertura
nei rapporti con le istituzioni che andava al di la' degli steccati
ideologici''. Quella di oggi e' stata solo una prima parte dell'interrogatorio
dell'imprenditore, che proseguira', secondo quanto e' stato gia' stabilito,
il 26 gennaio. ''Abbiamo avuto - ha detto il difensore di Saladino
- la possibilita' di articolare e contrastare le accuse. Abbiamo intenzione
di chiedere l'archiviazione perche' i fatti ci lasciano tranquilli''.
La dichiarazione integrale
di Saladino dopo l’interrogatorio:
“Ho specificato ai magistrati il mio ruolo nell’ambito
della due società Obiettivo Lavoro (OL) e Piazza del Lavoro
(PdL).
La prima (OL) si occupa di lavoro interinale, cioè non dà
posti ma offre ma opportunità di lavoro a tempo determinato,
e mette in pratica la terzializzazione del rapporto di lavoro prevista
dal Pacchetto Treu dalla legge Biagi e applicata anche nel “new
labour” in Gran Bretagna. Per terzializzazione si intende la
fornitura di lavoro utilizzando un terzo soggetto, che è l’agenzia
di lavoro, che fa da cerniera tra lavoratore e azienda.
La seconda (PdL) si occupa di intermediazione di lavoro, praticamente
di collocamento privato, cioè seleziona le persone e propone
i loro curricula ad aziende private e pubbliche, che decidono poi
autonomamente se procedere o meno all’assunzione.
Essendo responsabile del Sud Italia per Obiettivo Lavoro ed essendo
la mia attività partita dalla Calabria, lavoravo, come tutti
ben sanno, in un contesto in cui la disoccupazione è una delle
più alte in Europa.
Ero un operatore che la Comunità Economica Europea definisce
“sviluppatore di politiche attive del lavoro”, il che
vuol dire che quando si incontra un disoccupato gli si fa svolgere
un iter formativo e professionale (on the job) sino a quando lo si
occupa a tempo determinato o indeterminato. Quindi questo è
un lavoro di pubblica utilità, svolto alla luce del sole e
sviluppato in Italia da circa 70 società italiane e multinazionali.
Il lavoro che io svolgevo è svolto nel nostro Paese da circa
300 persone al mio livello.
Questo lavoro, che è complesso e nuovo da noi, richiede una
grande creatività e progettualità, conoscenza di leggi,
regolamenti e procedure ed occorrono inoltre relazioni istituzionali
qualificate per cui le autorità cercavano me per sviluppare
rapporti di collaborazione ed io cercavo loro per sviluppare progetti
di politiche attive del lavoro.
Nello svolgere questo lavoro sono stato consulente della Whynot di
cui era (insieme ad altri due soci) ed è proprietaria e amministratore
la Merante; la Whynot è una società di outsourcing (appalti
di servizio) e non interinale (affitto di mano d’opera).
Sono stato, da febbraio 2003 a maggio 2004, presidente del consorzio
Brutium che agiva per nome e per conto dei consorziati tra i quali
la WhyNot (di proprietà della Merante e soci). Quest’ultima,
per le commesse acquisite, svolgeva tutta l’attività
per il 97% del valore della commessa. Il Brutium per le sue attività
consortili, tratteneva solo il 3%. Personalmente ho, invece, solo
percepito la retribuzione per il lavoro da me svolto e pertanto ho
chiesto ai magistrati di constatare rigorosamente la mia situazione
patrimoniale ed anche quella della Merante e dei suoi soci.
Tengo a precisare che la mia più grande remunerazione e gratificazione
derivava dal contenuto sociale dell’attività da me svolta
e, soprattutto, dalla possibilità di offrire lavoro a chi non
ne ha. Questo mi ha stimolato ad avere un’apertura nei rapporti
con le istituzioni che andava al di là degli steccati ideologici.
Sono meravigliato dalla risonanza che questa vicenda ha avuto.
Essendo intervenuti formalmente ed a vario titolo numerosi soggetti,
ho ritenuto opportuno rappresentare all’Autorità Giudiziaria
fatti e circostanze, documentalmente provati, che reputavo, per loro,
di grande interesse”.
Le 5 inchieste che fanno tremare la politica.
Da alcuni è paragonata alla Tangentopoli della seconda Repubblica,
da altri viene indicata come una fase transitoria che ha aperto sì
la questione morale all'interno del Pd, ma che allo stesso tempo ha
marcato una distanza tra sinistra e magistratura. E' la stagione delle
inchieste giudiziarie che da Firenze a Napoli, da Pescara a Catanzaro,
passando per Potenza, sta coinvolgendo amministratori locali e politici
nazionali. Gli sviluppi delle indagini, nel corso del 2009, avranno
senz'altro ripercussioni sulla piega che prenderà l'annunciata
riforma della giustizia se è vero - come è accaduto
in queste ultimi giorni - che la revoca di alcune misure di custodia
cautelare (del sindaco di Pescara Luciano D'Alfonso, prima, e del
deputato del Pd Salvatore Margiotta, poi) hanno indotto il partito
di Veltroni a proporre meccanismi di garanzia più stringenti,
con decisioni prese da tre giudici anziché uno quando si tratta
di carcere.
NAPOLI - Il caso 'Global service' ha portato in carcere l'imprenditore
Alfredo Romeo travolgendo la giunta della città guidata da
Rosa Russo Iervolino per una rete di contatti che avrebbe dovuto favorire
Romeo nell'assegnazione di appalti pubblici, come la gara per la manutenzione
delle strade napoletane che però non fu mai bandita. Coinvolti
i parlamentari Italo Bocchino (Pdl) e Renzo Lusetti (Pd). Il Tribunale
del Riesame deve pronunciarsi entro la mezzanotte di oggi sulla richiesta
di revoca degli arresti di Romeo e degli altri personaggi coinvolti,
in particolare i due assessori e i due ex assessori comunali - Enrico
Cardillo, Felice Laudadio, Ferdinando Di Mezza e Giuseppe Gambale
- ora agli arresti domiciliari. Misura, quest'ultima, disposta anche
nei confronti dell'ex provveditore delle Opere pubbliche della Campania
e del Molise, Mario Mautone, le cui intercettazioni telefoniche con
il figlio di Antonio Di Pitero hanno gettato nello scompiglio anche
il partito dell'Idv.
PESCARA - Accusato di aver intascato tangenti in cambio di favori
amministrativi, il sindaco e segretario regionale del Pd, Luciano
D'Alfonso, finisce ai domiciliari lo stesso giorno della vittoria
del centrodestra alle elezioni in Abruzzo che hanno fatto seguito
all'arresto dell'ex presidente della Regione Ottaviano Del Turco.
A D'Alfonso, al suo braccio destro Guido Dezio, e all'imprenditore
Massimo de Cesaris vengono contestati l'associazione a delinquere
finalizzata alla corruzione e alla concussione, truffa, falso e peculato.
Ma prima di Natale il gip ha rimesso in libertà il sindaco,
che ha tempo sino al 5 di gennaio per ritirare le dimissioni così
da evitare le elezioni.
POTENZA - Richiesta di arresti domiciliari revocata anche per il parlamentare
del Pd Margiotta, indagato, assieme ad altre 15 persone, dal pm Woodcock
per presunte tangenti legate alle estrazioni petrolifere in Basilicata.
Il tribunale del Riesame non ha ritenuto fondata l'ipotesi di reato
più grave, quella di associazione a delinquere, per cui ha
sostituito la custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari
nei confronti, tra gli altri, dell'amministratore delegato di Total
Italia, Lionel Levha, dei dirigenti della compagnia, Roberto Francini
e Roberto Pasi, dell'imprenditore Francesco Rocco Ferrara e del sindaco
di Gorgoglione (Matera) Ignazio Tornetta. Il 7 gennaio il pm Woodcock
chiederà al gip di sospendere ogni attività della Total
Italia per due mesi.
CATANZARO - Al centro di una 'guerra' tra procure senza precedenti
tanto da rendere necessario l'intervento del Capo dello Stato, l'inchiesta
'Why not' su presunti illeciti nella gestione dei fondi statali, regionali
e comunitari è arrivata alle battute finali, con l'avviso di
chiusura delle indagini per 106 indagati, tra cui il presidente della
Regione Calabria Agazio Loiero, l'ex presidente Giuseppe Chiaravalloti,
il deputato Pdl Giovanni Dima, e l'ex presidente della Compagnia delle
opere in Calabria Antonio Saladino. Loiero è stato interrogato
l'altro giorno e ha chiesto l'archiviazione della sua posizione. Domani
dovrebbe toccare a Saladino. Dall'inchiesta, avviata dall'ex pm Luigi
De Magistris, è invece uscito l'ex premier Romano Prodi.
FIRENZE - L'inchiesta sull'area di Castello di proprietà della
Sai-Fondiaria ha preso il via da alcune intercettazioni telefoniche.
Sette gli avvisi di garanzia per corruzione che scuotono la giunta
comunale e il Pd fiorentino. Indagati, tra gli altri, gli assessori
Gianni Biagi e Graziano Cioni, quest'ultimo candidato (ma poi ritirato)
alle primarie nel Pd per le prossime elezioni comunali. E per protestare
contro una cattiva informazione che, a suo dire, lo vedeva coinvolto,
falsamente, nell' indagine, il sindaco di Firenze, Domenici, si é
incatenato il mese scorso ad un palo davanti la sede romana di Repubblica.