Loiero: Si all’esercito in
Calabria ma non ad uno stato d’assedio
27/10-(servizio a cura di Giampaolo Cataldo)- Agazio Loiero e' contrario
a proclamare lo stato d'assedio in Calabria, ma e' d'accordo se la
presenza dell'esercito si configura come per l'operazione Vespri siciliani
di qualche anno fa: e' la risposta data dal governatore della Calabria
nel corso di un'intervista anticipata dal settimanale L'Espresso che
la pubblica nel prossimo fascicolo. ''L'esercito - spiega Loiero -
impiegato per presidiare postazioni sensibili sul territorio consente
di liberare forze di polizia e carabinieri per svolgere i loro compiti
di indagine e repressione''. Il dramma, secondo Loiero, e' che in
zone dove il crimine e' in crescita (Locri, Gioia Tauro, Rosarno)
''al cittadino, se non ha una grande coscienza civile e una certa
tendenza all'eroismo, e' difficile scegliere fra Stato e anti-Stato:
nell'ultimo anno e qualche mese sono stati consumati a Locri 24 omicidi
e nessun esecutore e' mai stato arrestato''. Dopo aver ammesso di
fatto una battuta ''ingenerosa'' con Romano Prodi, Loiero ha lamentato
la cortina di ''reticenza'' con cui parla della Calabria chi calabrese
non e' ''e continua a scambiare per promiscuita' con le cosche quella
che e' invece una drammatica contiguita', in cui sono condannati a
vivere buona parte degli onesti pagando prezzi altissimi''. Neppure
si puo' nascondere, e' la risposta di Loiero a un'altra domanda, che
attorno al centro-sinistra ''dopo dieci anni di governo, pessimo,
del centro-destra, si sia addensato un personale politico voglioso
di partecipare alla vittoria. E che qualcuno mirasse cosi' a ritagliarsi
utilita' personali''. Loiero ha poi difeso l'operato della sua giunta
che ha compiuto in appena 5 mesi ''atti neanche immaginati negli ultimi
10 anni''. E ha ricordato la costituzione di parte civile in tutti
i processi di 'ndrangheta o il cambiamento dello Statuto regionale
con l'inserimento di un rifiuto netto della mafia. All'obiezione se
non si tratti di atti soltanto simbolici, Loiero ha invitato a non
sottovalutarne la dimensione ''perche' la 'ndrangheta gioca in modo
esasperato sul valore simbolico dei gesti''. Quanto allo ''spoil system'',
al centro di una dura polemica estiva, Loiero ne ha difeso la ratio
contro le circa 70 nomine fatte dalla precedente giunta di centro-destra
negli ultimi mesi del suo governo. Chiarito che nessuno di quei dirigenti
era in alcun modo riferimento della 'ndrangheta, Loiero ha pero' osservato
che averli mandati a casa ha ''scombussolato'' gli equilibri consolidati
rendendo piu' difficile il lavoro delle cosche. Sulla via della trasparenza
amministrativa, ha poi citato un altro provvedimento ''cardine'',
vale a dire il trasferimento di meta' del personale dalla Regione
alle province, comuni e comunita' montane. ''La Regione e' un pachiderma,
un carrozzone. Qua trovi tutto centralizzato, anche i referenti. Smuovere
tutto cio' che appare incrostato e inamovibile - e' la conclusione
- significa arrecare un danno grave alle cosche''.
Mancini: Affidare il controllo del
territorio alle forze di Polizia
27/10 ''Il controllo del territorio puo' essere svolto tranquillamente
dalle forze dell'ordine e quindi dai carabinieri, dalla polizia e
dalla Guardia di Finanza, i cui reparti dovrebbero essere adeguati
numericamente alle esigenze e alle emergenze del territorio''. Lo
ha detto all’ADNKRONOS; Giacomo Mancini junior, deputato del
centrosinistra, commentando la proposta del governatore della Calabria,
Agazio Loiero, sulla possibilita' dell'impiego dell'Esercito nella
regione sul modello dei 'Vespri siciliani'. ''In Calabria -ha spiegato
Mancini- esiste una grave emergenza che riguarda l'ordine pubblico
che si deve affrontare non soltanto richiedendo una maggiore presenza
delle forze dell'ordine, ma anche lavorando per fare dei calabresi
dei cittadini piu' liberi''. Quindi, per l'esponente del centrosinistra,
''e' necessario investire in opportunita' e creare maggiori diritti
di quelli attuali. Il controllo del territorio e la repressione -ha
aggiunto- rappresenta soltato una parte dell'interesse che il governo
nazionale deve avere nei confronti della regione''. Mancini, poi,
ha spiegato che ''in questi anni sono mancati investimenti che aiutassero
ad emergere le forze migliori e piu' dinamiche della societa' calabrese''.
Mancini ritiene che ''le forze del centrosinistra, oltre a protestare
con ragione per i limiti dell'azione del governo centrale, devono
allo stesso tempo lavorare per offrire ai cittadini istituzioni piu'
serie, piu' capaci e piu' limpide''. Mancini e' infine convinto che
se ''in Calabria tutti gli amministratori facessero il loro dovere
la criminalita' sarebbe messa in grave difficolta'''. ''E' necessario
-ha concluso- che gli amministratori, le forze dell'ordine, la magistratura,
i partiti e i sindacati facciano tutti il loro dovere. Fino ad oggi
non sempre e' stato cosi'''.
Mussi (DS) “Un ipotesi da
prendere in considerazione”
''Sull'operazione 'Vespri siciliani', fummo d'accordo. A certe condizioni
e nei limiti dei poteri molto chiari, perche' l'esercito non ha funzioni
di polizia, e' una ipotesi che puo' essere presa in considerazione''.
Cosi' Fabio Mussi, vicepresidente della Camera, commenta con l'ADNKRONOS
le affermazioni del presidente della regione Calabria, Agazio Loiero,
che chiede per la sua regione un'operazione simile ai 'Vespri siciliani'.
''Sono stato -ricorda l'esponente dei Ds- segretario del Pci in Calabria
per tre anni e gia' allora ero convinto e fosse la situazione piu'
drammatica da affrontare''.
Il Sindaco di Locri: “esercito
o no, bisogna aumentare il controllo del territorio”
''Bisogna aumentare il controllo del territorio nei fatti. Da sindaco
non ho la soluzione''. Lo ribadisce il primo cittadino di Locri Carmine
Barbaro, commentando le parole del presidente della Regione Calabria,
Agazio Loiero. ''Non sono ne' a favore ne' contrario all'Esercito,
ma da amministratore -ha aggiunto- dico che il territorio va controllato
di piu' rispetto a prima, sia in termini qualitativi che quantitativi.
Va bene un'operazione sull'esempio dei 'Vespri'. La potremmo chiamare
'Primavera reggina', perche' e' proprio nella provincia di Reggio
Calabria che la criminalita' e' piu' forte e serve un'azione decisa
dello Stato'' . ''Ma non possiamo -ha concluso- alla fine arrivare
alla conclusione paradossale che questo territorio non si puo' controllare''.
Corbelli: “Un plauso a Loiero”
''Un plauso va al presidente della Regione Loiero che si e' detto
favorevole alla presenza dell' esercito in Calabria, con una operazione
simile a quella dei Vespri Siciliani''. E' quanto sostiene in una
nota il leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli. ''Se
lo Stato - ha aggiunto - in Calabria c'e', come dice il ministro Pisanu,
che si faccia vedere e sentire facendo luce su questo omicidio, assicurando
i colpevoli alla giustizia e spiegando perche' e' stato scelto e ucciso
proprio il vice presidente del Consiglio regionale calabrese. Per
contrastare il fenomeno mafioso non bastano le sole forza dell' ordine.
Occorre anche, come vado sostenendo da anni, la presenza dei militari
che potrebbero essere destinati ad un'opera di bonifica, per presidiare
gli obiettivi e le zone a rischio in modo da liberare forze dell'
ordine e impegnarle cosi' direttamente sul territorio in operazioni
di prevenzione e repressione del crimine''. ''Perche' in Sicilia -
ha concluso Corbelli - e' stato possibile l' intervento dell' esercito
e in Calabria no? La 'ndrangheta e' la mafia piu' potente. Come si
pensa di combattere questa pericolosa criminalita'? Con i dibattiti,
i cortei, le parate, i proclami? La presenza dei soldati servirebbe
a dare piu' sicurezza e tranquillita' ai cittadini, ai politici, agli
amministratori, agli imprenditori sia in Calabria che al di fuori
della regione''.
Buemi (SDI) “Il vero problema
è potenziare la magistratura”
''L'utilizzo delle Forze armate in azioni di polizia e presidio
e' sempre al limite della Costituzione. Possiamo accettarlo solo in
situazioni particolari e con garanzie certe''. Lo dice il responsabile
giustizia dello Sdi, Enrico Buemi, commentando le affermazioni del
presidente della regione Calabria, Agazio Loiero, che chiede l'invio
dell'esercito per un'operazione sull'esempio dei 'Vespri siciliani'.
Per Buemi, per la Calbria si potrebbe ripetere lo schema del decreto
Pisanu antiterrorismo, con la raccomandazione ''che non siano date
ai soldati funzioni di polizia giudiziaria''. ''Il vero problema della
Calabria pero' -spiega l'esponente dello Sdi- e' che occorre potenziare
l'azione inquirente, perche' c'e' una situazione che denota una certa
discontinuita' territoriale negli interventi della magistratura''.
Per Buemi, i problemi sono innanzitutto ''la carenza di organico'',
poi la ''giovane eta' dei magistrati'' che vengono assegnati nei distretti
a rischio, perche' ''la Calabria e' un luogo di confine, dove nessuno
vuole andare''. Chi ci vuole andare sono i calabresi stessi, sottolinea,
ma qui si apre una questione di ''forte condizionamento ambientale''.
Insomma, continua, ''tutto il sistema pubblico deve riconquistare
credibilita', dal poliziotto ai magistrati, dagli ammistratori ai
dirigenti delle Asl e cosi' via''. Infine, c'e' la necessita' di ''rafforzare
l'intelligence'', in una situazione oggettivamente ''omertosa'', non
per connivenza ma per timore, che rende difficile raccogliere informazioni.
Stillitani (Udc) “Solo per
presidiare i punti strategici”
''Io sono contro la militarizzazione della Calabria, ma se l'impiego
dell'Esercito significa presidiare i punti strategici sono d'accordo''-afferma
il consigliere regionale della Calabria Francesco Antonio Stillitani
(Udc) commentando la proposta del governatore della Calabria , Agazio
Loiero, sulla possibilita' dell'impiego dell'Esercito in Calabria
sul modello 'Vespri Siciliani'. Per il consigliere regionale dell'Udc
in Calabria, comunque ''c'e' bisogno di una migliore utilizzazione
delle forze di polizia nel suo complesso per una maggiore azione di
contrasto al fenomeno della criminalita' organizzata nella sua complessita'.
Fenomeno -aggiunge- che frena lo sviluppo economico della Regione''.
Stillitani, invoca, quindi ''piu' forze di polizia in modo che la
presenza dell'esercito non venga interpretata come una forma eccessiva
di repressione, di cui la Calabria sana non ha bisogno''.
Napoli (AN) “No all’esercito, si a più
intelligence”
Il vicepresidente della commissione parlamentare Antimafia, Angela
Napoli, ''non e' favorevole alla presenza dell'esercito in Calabria''
cosi' come propone il governatore della Calabria Agazio Loiero in
un'intervista che apparira' domani su 'L'Espresso' perche', ''ci troveremmo
nelle stesse condizioni in cui si trovo' la Sicilia in quel periodo''.
Rispetto alla situazione esistente in Calabria, sostiene la Napoli,
''le necessita' sono ben altre. Occorre una maggiore efficienza dell'intelligence
e una maggiore efficacia della Magistratura. Sono le uniche cose che,
a mio avviso - conclude - potrebbero incoraggiare i cittadini calabresi
a unirsi nel contrasto alla 'ndrangheta''.
Gentile (FI): Anacronistico parlare di esercito”
27/10 ''Mi meraviglia che l'on. Loiero abbia cambiato, in soli due
giorni, la sua posizione sulla presenza dell'esercito in Calabria:
l'altro ieri in Commisisone ha detto che non serviva, oggi ne invoca
la presenza. Veramente non capisco'' commenta duramente di Forza Italia
Antonio Gentile, componente della commissione parlamentare antimafia
commentando la proposta del governatore della Calabria sulla possibilita'
dell'impiego dell'Esercito in Calabria sul modello 'Vespri siciliani'.
“E' anacronistico -continua Gentile- parlare dell'Esercito in
Calabria, quando ad una mia precisa domanda sulla possibilita' di
costituire un alto commissariato per l'emergenza criminale della Calabria
sul modello di quello che fu affidato a Carlo Alberto Dalla Chiesa
in Sicilia, Agazio Loiero in commissione antimafia, l'altro ieri,
ha detto no alla sua costituzione''. ''Io ritengo -ha aggiunto Gentile-
che a questo punto non ci siano le condizioni di una militarizzazione
della Calabria. Difendiamo la nostra terra con le armi della democrazia''.
. Gentile ha, inoltre, ribadito di essere ''assolutamente contrario
alle magliette con la scritta 'e adesso ammazzateci tutti', sponsorizzate
dalla Giunta: mi sembra un messaggio veramente difficile da assorbire
e da utilizzare in contesti di provocazione culturale. La strategia
di comunicaizone e', in questo caso, del tutto sbagliata''. ''Gli
ho chiesto io, personalmente, se pensava che si potesse ripetere l'operazione
Dalla Chiesa ed i Vespri siciliani, ma Loiero mi ha risposto che questo
non serviva. Perche' abbia cambiato idea e' difficile capirlo''-conclude
il senatore di Forza Italia.
Le precedenti esperienze
PRIMO ESPERIMENTO CON 'FORZA PARIS' IN SARDEGNA
L'operazione ''Forza Paris'' fu il primo esperimento che ebbe largo
eco nelle sedi politiche e sulla stampa nazionale per le polemiche
sulla possibile e temuta ''militarizzazione'' dell'Isola. Una serie
di tragici eventi in Sicilia avrebbe di li' a poco spazzato via questi
timori, riproponendo come essenziale la presenza dell'Esercito anche
nelle operazioni di appoggio al mantenimento dell'ordine pubblico,
peculiare compito delle Forze di Polizia. Il fatto decisivo avvenne
il 19 luglio 1992, con l'assassinio del giudice Paolo Borsellino e
della sua scorta. Un fatto gravissimo, tanto piu' che due mesi prima,
il 23 maggio 1992, un altro magistrato, il giudice Giovanni Falcone,
era stato ucciso, anche lui insieme alla scorta, nella deflagrazione
causata da un quintale di esplosivo sistemato in un sottopasso dell'autostrada
che collega l'aeroporto di Punta Raisi alla citta' di Palermo.
NEL '92 AMATO DECISE L'IMPIEGO DELLE TRUPPE IN SICILIA
Il governo “Amato”prendeva cosi' la decisione di utilizzare
in modo massiccio l'Esercito, assegnandogli il compito di ''concorrere,
con azioni sostitutive ed integrative, all'attivita' di controllo
del territorio e alla vigilanza di 'obiettivi' di particolare interesse
normalmente devoluti alle Forze dell'Ordine, secondo direttive impartite
dai Prefetti ai comandanti militari''. Ed ecco che nelle ore successive
alla strage di via D'Amelio a Roma venivano rapidamente superati gli
ostacoli per l'ingresso in campo di una variabile che senz'altro non
era stata presa in considerazione dall'organizzazione criminale: l'Esercito.
Migliaia di militari avrebbero pacificamente 'invaso' di li' a poco
l'Isola, presidiando posizioni preziose e riaffermando visivamente
la presenza e l'autorita' dello Stato. L'invio dell'Esercito venne
deciso il 24 luglio 1992 in una riunione convocata a Palazzo Chigi
dal Presidente del Consiglio Giuliano Amato. Nell'incontro vennero
superate alcune perplessita' sull'impiego dell'Esercito in operazioni
di ordine pubblico: in particolare venne risolta la questione preliminare
posta dal Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale Goffredo
Canino, circa la veste ufficiale da attribuire ai militari impiegati.
TIMORI 'MILITARIZZAZIONE' ESCLUSI DA CATENA DI CONTROLLO
Il timore di una 'militarizzazione' della regione Sicilia venne prontamente
escluso da una catena di comando e controllo che trovava un momento
decisionale nelle sedute dei Comitati provinciali per l'ordine e la
sicurezza pubblica, tenuti sotto la guida dei prefetti e ai quali
avrebbe partecipato un ufficiale dell'Esercito. Questi avrebbero recepito
la necessita' di impiego delle truppe riportandole poi ai comandi
delle zone di intervento nelle quali per l'occasione sarebbe stata
suddivisa la Sicilia. I militari impegnati venivano posti sotto il
coordinamento del Comandante della Regione Militare Sicilia, che avrebbe
mantenuto uno stretto contatto con le superprefetture di Palermo e
Catania incaricate di coordinare le attivita' delle forze dell'ordine
rispettivamente nella Sicilia Occidentale e Orientale.
L'OPERAZIONE 'TESTUGGINE' AL CONFINE CON LA SLOVENIA
All'operazione 'Vespri Siciliani' segui' tra il 16 agosto 1993 ed
il 28 febbraio 1995 l'operazione "Testuggine". Il compito
assegnato a unita' dell'Esercito prevedeva la sorveglianza della frontiera
nord - orientale (confine italo - sloveno), allo scopo di prevenire
eventuali tentativi di ingresso irregolare in Italia di personale,
mezzi e materiali. Inizialmente il servizio si svolgeva secondo i
canoni classici del concorso a favore del ministero dell'Interno e
prevedeva la presenza di un componente delle forze dell'ordine in
ogni pattuglia/posto di osservazione in cui si articolava il dispositivo
della Forza Armata. Dalla fine del mese di gennaio 1994, con l'attribuzione
dello ''status'' di agente di pubblica sicurezza, i reparti dell'Esercito
hanno operato - in analogia a quanto attuato nell'ambito dei ''Vespri
Siciliani'' - autonomamente ancorche' in coordinamento con le Forze
di Polizia.
IL PATTUGLIAMENTO AI VALICHI
Sulla base delle direttive impartite dai prefetti delle province di
Udine, Gorizia e Trieste, e' stata dunque svolta una continua attivita'
di pattugliamento ed osservazione, nell'arco notturno, in corrispondenza
dei principali valichi ed itinerari di frontiera non sottoposti alla
vigilanza delle forze dell'ordine compresi tra le localita' di Monte
Forno a nord e Lazzaretto a sud. L'esigenza ha comportato un impegno
medio di circa 400 uomini, tratti dalla Brigata alpina ''Julia'' e,
a rotazione, dalle brigate del 5° Corpo d'Armata. Complessivamente
hanno preso parte all'attivita' circa 6.400 uomini sottoposti al comando
della Regione Militare Nord Est.
LE OPERAZIONI 'RIACE' E 'PARTENOPE'
Nel gennaio del 1994 hanno preso il via le operazioni ''Riace'' e
''Partenope'', quest'ultima ripresa il 14 luglio 1997. Missioni decise
sull'onda dei risultati conseguiti da ''Vespri Siciliani'', che hanno
convinto a ripetere l'esperienza in altre regioni a rischio del Mezzogiorno,
con compiti del tutto analoghi e volti al controllo del territorio
ed al recupero di personale delle Forze di Polizia da attivita' non
strettamente di natura investigativa e giudiziaria. Cosi' e' nata
l'operazione "Riace" in Calabria, nella quale sono impiegati
contemporaneamente 1.350 uomini, inquadrati in due reggimenti a loro
volta articolati in 5 settori di gruppo tattico per lo sviluppo delle
attivita' di controllo e la contemporanea "Partenope", che,
nel periodo di attivazione, era svolta da un reggimento di 500 uomini.
Nel complesso, hanno sinora preso parte alle missioni oltre 16.000
uomini provenienti da tutte le Regioni Militari d'Italia, alternantisi
nel presidio di una trentina di obiettivi a rischio affidati alle
responsabilita' della Forza Armata e nelle attivitita' dinamiche.
L'OPERAZIONE 'SALENTO'
Nel corso della sola operazione "Riace", sono state svolte
attivita' mobili, quindi in aggiunta al presidio fisico dei punti
sensibili, complessivamente riassumibili: 2.147 posti di blocco e
controlli stradali/auto; 332 pattugliamenti; 57.935 controlli di automezzi;
75.461 identificazioni di persona; 2.408 controlli di edifici; 4.237
perquisizioni individuali; 197 rastrellamenti extraurbani; 178 cinturazioni;
3 appostamenti per controllo personale sospetto. E' stato poi il decreto
legge n. 152 del 2 maggio 1995 a disporre l'impiego delle Forze Armate
anche nelle province della regione Puglia con l'operazione ''Salento'',
per ''la tutela di specifici obiettivi di lotta alla criminalita'
organizzata'' ed ''anche per il controllo della frontiera marittima'',
al fine di "conseguire un piu' diffuso controllo dell'ordine
pubblico e di garantire la sicurezza dei cittadini". Anche in
questo caso, al personale e' stato attribuito lo status di agente
di pubblica sicurezza e, quindi, l'autorita' di procedere a identificazione,
fermo, perquisizione di individui sospetti e al sequestro di materiali.
L'operazione prevedeva l'impiego di un contingente a livello reggimento
di circa 500 militari, tratti dalla Brigata "Pinerolo",
per il controllo della fascia costiera ritenuta piu' insicura, nel
tratto fra Brindisi e Santa Maria di Leuca. Il comando dell'operazione
era affidato al Comandante della Regione Militare Meridionale, che
procedeva a definire le attivita' da svolgere sulla base delle direttive
generali impartite dal prefetto di Bari, avvalendosi del Comandante
della Brigata "Pinerolo" per l'esercizio del controllo operativo
delle forze impiegate.
L'OPERAZIONE 'DOMINO' DOPO L'11 SETTEMBRE 2001
L'Operazione "Domino", infine, viene lanciata su tutto il
territorio nazionale per fronteggiare la minaccia terroristica internazionale
all'indomani dell'attacco subito dagli Stati Uniti l'11 settembre
2001. Il Consiglio dei Ministri, sulla base del parere del Comitato
nazionale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica decreto' il 12 ottobre
2001 l'impiego dell'Esercito nella vigilanza dei punti sensibili di
interesse nazionale, a norma dell'art. 18 della legge 128/2001. Il
contingente militare venne posto a disposizione dei Prefetti per un
periodo iniziale di 6 mesi. Lo spiegamento delle unita' ha avuto inizio
il 13 novembre 2001, al termine di una breve fase organizzativa per
gli accordi locali con le Prefetture. I compiti di vigilanza assegnati
all'Esercito riguardano il controllo esterno e qualora necessario
anche interno, di basi, installazioni e caserme Nato e/o statunitensi,
centri di trasmissione e di comunicazione, impianti di erogazione
di servizi di pubblica utilita' e relativi snodi, aree esterna di
strutture aeroportuali e ferroviarie. Il concorso con le Autorita'
di P.S. e' diretto a consentire al Ministero dell'Interno di recuperare
personale delle Forze di Polizia da restituire ai compiti di vigilanza
nei centri urbani. La catena di Comando e Controllo pone a capo dell'attivita'
organizzativa ed esecutiva e responsabile verso i Capi di Stato Maggiore
dell'Esercito e della Difesa, il Comando delle Forze Operative Terrestri.
LA LEZIONE APPRESA DURANTE LA PRIMA GUERRA DEL GOLFO
Una precedente esperienza in tal senso era stata effettuata durante
la Guerra del Golfo per incrementare il servizio di vigilanza antiterroristico;
allora era stata messa in rilievo la farraginosita' del sistema di
affiancare ad ogni pattuglia di militari un carabiniere o un agente
di pubblica sicurezza, gli unici che nella loro veste di ufficiali
di polizia giudiziaria potevano effettuare controlli sui cittadini.
La questione venne risolta grazie anche all'incondizionato appoggio
del prefetto Parisi, attribuendo ai militari le funzioni di agenti
di pubblica sicurezza, anche se con determinate limitazioni: cosi'
sarebbe stato per loro possibile procedere all'identificazione e alla
perquisizione sul posto di persone e mezzi di trasporto, ma subito
dopo, nel caso di eventuali ulteriori accertamenti, l'attivita' sarebbe
passata agli uomini della Polizia di Stato e dell'Arma dei Carabinieri.