Duro colpo alla cosca Morabito.
Gli affari di “Tiradrittu” si fermano per la seconda volta.
41 arresti e scoperto un ingente traffico di cocaina. In Emilia Romagna
arrestao il killer del boss Dragone.
21/10-(servizio
a cura di Giampaolo Cataldo)-La Locride in queste ore si sente meno
asfissiata dalla ‘ndrangheta. I Ros di Reggio Calabria, coordinati
dalla Dda del capoluogo calabrese,oggi, hanno stato sferrato un duro
colpo alla cosca Morabito di Africo, il cui capo e' Giuseppe Morabito
detto 'U Tiradrittu'. Le forze dell'ordine hanno arrestato 41 persone,
scoprendo un ingente traffico di cocaina dal Sudamerica. Un'operazione
di vasta portata, che ha coinvolto anche uomini della polizia di Olanda,
Francia, Belgio, Spagna e Serbia Montenegro, dove sono state catturate
otto persone. L'organizzazione colpita dai Carabinieri gestiva anche
locali notturni a Roma e Milano, dove veniva sfruttata la prostituzione
di donne fatte venire illegalmente dall'Est europeo. Dalle indagini,
gli inquirenti hanno anche accertato casi di condizionamento elettorale
che la cosca avrebbe esercitato nel comune di Bruzzano Zeffirio (Reggio
Calabria). In particolare, in occasione della consultazione elettorale
del maggio 2002, erano state rivolte pesanti minacce ai cittadini
affinche' votassero la lista denominata ''Uniti per Bruzzano'', all'interno
della quale erano presenti soggetti vicini proprio al bosss Giuseppe
Morabito. Azioni intimidatorie, queste, che sono continuate anche
in seguito: secondo gli investigatori, emblematica ''in tal senso
l'esplosione di alcuni colpi d'arma da fuoco all'indirizzo dell'autovettura
di un locale consigliere comunale, avvenuta nella notte del 19aprile
scorso, o le anonime minacce di morte pervenute il successivo 27 aprile
al Sindaco, invitato a dimettersi dall'incarico''. Le indagini dei
Carabinieri hanno riguardato anche persone ritenute vicine agli ambienti
della 'ndrangheta calabrese. Nell' esecuzione dei provvedimenti e
nel corso di alcune perquisizioni compiute nei loro confronti, sono
state trovate numerose armi con matricola cancellata ed in perfetto
stato di conservazione. Le armi saranno sottoposte ad accertamenti
balistici per verificare se sono state utilizzate per compiere reati
in Calabria e nel resto dell'Italia. Le indagini che hanno consentito
ai carabinieri del Ros di sgominare l'organizzazione criminale sono
il frutto di una attivita' investigativa avviata nel 2003 e centrata
proprio sulla federazione di cosche Palamara-Bruzzaniti-Morabito.
Il sodalizio, al cui interno Salvatore Morabito e Giovanni Pratico'
rivestivano un ruolo di vertice, gestiva dalla Calabria un vasto traffico
di cocaina destinato ai mercati di Roma e Milano. Tre i canali del
narcotraffico: il primo aveva la sua base logistica ad Alicante in
Spagna, ed era coordinato dal montenegrino Rade Cukic, il quale, seppur
sottoposto a programma di protezione nella sua qualita' di collaboratore
di giustizia, riusciva a mantenere i contatti con gli esponenti della
'ndrangheta di Africo residenti a Milano.Seguendo questa pista gia'
due anni fa a Jesolo erano stati sequestrati 10 chili di cocaina.
Il secondo canale, sempre con base logistica nella penisola Iberica,
aveva come gestore uno degli arrestati, Francesco Pizzinga. La mente
del terzo canale del narcotraffico era la peruviana Yaneth Chavez
Rojas, incaricata di approvvigionarsi di cocaina dai paesi produttori
per trasferirla in Italia attraverso la Spagna, l'Olanda e il Belgio.
Tutti i tentacoli della banda di
Africo. Milano la capitale e “filiali” in Spagna Croazia
e Sud America
21/10 - Era Milano la base operativa della cosca ''Morabito'' di
Africo Nuovo, la citta' in cui arrivavano gli ordini impartiti dalla
Locride agli affiliati alla cosca per acquistare la cocaina dai narcos
sudamericani. Nel capoluogo della Lombardia, in particolare, operavano
uomini di assoluta fiducia ed esponenti della cosca, come Salvatore
Morabito, Giovanni Pratico', Francesco Bruzzaniti e Francesco Pizzinga,
che assicuravano le periodiche forniture di cocaina provenienti da
Cile, Peru', Paraguay, Uruguay, attraverso la Spagna e l'Olanda. Le
indagini, condotte dal Ros in collaborazione con L'Udyco central della
polizia nazionale di Madrid, hanno consentito inoltre, di localizzare
ad Alicante uno dei ''contatti'' della cosca in terra spagnola, il
croato Marjian Horvat, quest'ultimo complice di di Rade Cukic, un
montenegrino che si era sottratto al regime di protezione dopo un
falso pentimento. In Peru', gli ''africoti'' potevano contare sulla
narcotrafficante Yaneth Chavez Rojas, i cui corrieri si incaricavano
di introdurre in Europa, e quindi in Italia, la cocaina attraverso
la Spagna. In collaborazione con la polizia cilena e quella di Spagna,
i carabinieri del Ros documentavano le responsabilita' della Chavez
Rojas mentre si interessava di far giungere dal porto di Santiago
del Cile, 150 chilogrammi di cocaina, destinazione il Belgio. Nel
milanese, la cosca ''africota'' aveva anche avviato una serie di attivita'
inerenti lo sfruttamento della prostituzione di donne provenienti
dall'Est europeo, che giungevano a Milano grazie a falsi contratti
di lavoro stipulati da societa' commerciali di comodo. Un capitolo
dell'indagine, riguarda anche la vicenda amministrativa del comune
di Bruzzano Zeffirio, distante pochi chilometri da Africo Nuovo. Secondo
quanto emerso dall'inchiesta, in occasione della consultazione elettorale
del maggio 2002, pesanti minacce erano state rivolte ai cittadini
affinche' votassero la lista ''Uniti per Bruzzano'', che vinse le
elezioni, all'interno della quale erano presenti soggetti vicini a
Giuseppe Morabito ''u tiradrittu'', nonno per parte materna, del calciatore
Giuseppe Sculli. Secondo quanto reso noto, si sono riscontrate nell'ultimo
anno a Bruzzano Zeffirio alcuni attentati contro un consigliere comunale,
ed una serie di minacce indirizzate al sindaco, Rosa Marrapodi, invitata
a dimettersi dall'incarico.
Indignazione di Catanese e Gratteri
per la fuga di notizie sul calciatore Sculli
21/10 - Antonio Catanese, procuratore della Repubblica, incontrando
i giornalisti per chiarire i particolari dell' operazione portata
a termine la scorsa notte dal Ros dei carabinieri contro una organizzazione
internazionale che aveva il suo epicentro ad Africo Nuovo, e diretta
dal clan Morabito, ha cosi' dichiarato: ''Sono turbato, e indignato.
E' inaccettabile questa fuga di notizie, i processi si fanno in tribunale
e non sulla carta stampata''. Catanese, pur non mai nominando il Corriere
della Sera, che nella sua odierna edizione ha reso noto che tra gli
indagati nell' odierna operazione e' ricompreso anche Giuseppe Sculli,
centravanti della squadra di calcio del Messina e nipote diretto del
boss Giuseppe Morabito, detto 'u tiradrittu', la cui posizione insieme
ad altri amministratori in carica del comune di Bruzzano Zeffirio,
riguarda soltanto un tentativo messo in atto dagli uomini delle cosche
per condizionare il voto e favorire l' elezione dell' attuale sindaco
in carica, Rosa Marrapodi. ''Questa persona - ha proseguito il procuratore
Catanese - e' stata giudicata e condannata prima di un processo. Apriremo
un' inchiesta formale per scoprire l' infedele che ha diffuso la notizia
perche' gli indagati li giudica il tribunale e non la carta stampata.
Noi non siamo una sottoprocura e questo ufficio non e' in gramaglie
e siamo in grado di fare fino in fondo il nostro dovere. Tra l' altro
- ha proseguito Catanese - sotto la mia guida abbiamo fatto piu' operazioni
che in tutti gli anni precedenti. Forse qualcuno vuole impedirci di
lavorare serenamente''. Nel corso dell' incontro con i giornalisti,
erano presenti anche il pubblico ministero titolare dell' inchiesta,
Nicola Gratteri, il comandante provinciale dei carabinieri, col. Antonio
Fiano, il vicecomandante nazionale del Ros, col. Mario Parente, ed
il sostituto procuratore distrettuale Santi Cutroneo. Nicola Gratteri,
nel suo intervento ha detto: ''esprimo disagio per l' articolo apparso
su un quotidiano nazionale di oggi che non ho nemmeno letto. Questa
indagine era in corso da due anni e coinvolge quasi tutti i Paesi
del Sudamerica, Belgio, Olanda, Germania, Montenegro, Spagna e varie
regioni d' Italia. Nel corso di questi mesi - ha evidenziato Gratteri
- abbiamo sequestrato per corroborare il lavoro probatorio, circa
cento chilogrammi di cocaina. Devo sottolineare - ha continuato -
che tutta l' organizzazione ruotava sotto le direttive della cosca
Morabito di Africo Nuovo capeggiata fino a poco tempo fa dal superlatitante
Giuseppe Morabito u tiradrittu e si serviva di alcuni affiliati residenti
a Milano i quali per conto della cosca madre contattavano i narcos
sudamericani''. Il procuratore Antonino Catanese non ha confermato
ne' smentito se siano in corso eventuali azioni amministrative per
l' accesso agli atti del Comune di Bruzzano Zeffirio, ne', tantomeno,
ha voluto precisare i capi di imputazione per cui e' sottoposto ad
indagine Giuseppe Sculli.
Sculli non parla. “Ci pensano
gli avvocati”
21/10- ''Non so che dire, non posso parlare'': reagisce cosi' il
centravanti del Messina Giuseppe Sculli, nato a Locri, alle indiscrezioni
apparse oggi sul Corriere della Sera che lo danno indagato in un'
inchiesta di 'ndrangheta. Sculli e' nipote del presunto boss di Melito
Porto Salvo Giuseppe Morabito, detto 'u tiradrittu'. Raggiunto telefonicamente
all' hotel Royal di Messina, dove Sculli e' in ritiro assieme alla
squadra peloritana in vista dell' incontro di domani pomeriggio contro
l' Ascoli, Sculli afferma cosi': ''Se vuole possiamo parlare della
partita, ma di quello apparso oggi sul giornale non parlo''. E poi
una notizia: ''ci sara' un comunicato ufficiale dei miei avvocati.
Si tratta di due legali della Gea''.
Detto fatto arriva il comunicato degli avvocati dell’ attaccante
messinese. “Intendo precisare - si legge in una dichiarazione
di Giuseppe Sculli - che mi dichiaro totalmente estraneo ai fatti
riportati''. ''Nella piena fiducia - prosegue il comunicato di Sculli
- che al piu' presto le indagini facciano chiarezza, comunico di aver
dato mandato ai miei legali per adottare misure idonee a tutelare
la mia immagine e la mia rispettabilita'''.
Sculli il nipote prediletto di “Tiradrittu”
Morabito
21/10-Da sempre Giuseppe Sculli, l' attaccante del Messina, e' il
nipote prediletto di Giuseppe Morabito, detto 'u tiradrittu, boss
della 'ndrangheta arrestato l'anno scorso dopo un lungo periodo di
latitanza. Giuseppe Sculli e' figlio di Francesco, direttore dell'ufficio
tecnico del comune reggino di Bruzzano Zeffirio e di Caterina Morabito,
figlia di Giuseppe, che e' casalinga. Per alcuni anni, prima dell'arresto
di Morabito, i carabinieri del Ros hanno osservato gli spostamenti
del calciatore nella speranza di poter rintracciare il nonno che era
latitante. Sculli, secondo le indagini dei carabinieri, non avrebbe
mai troncato i suoi rapporti con Bruzzano Zeffirio, al punto tale
- secondo i carabinieri - da cercare di indirizzare l'orientamento
del voto in occasione di competizioni elettorali. I primi calci al
pallone Giuseppe Sculli li ha tirati nel settore giovanile del Brancaleone,
societa' dilettantistica della provincia di Reggio Calabria che milita
nel campionato di prima categoria. A notare per primo le straordinarie
doti calcistiche di Sculli, alla fine degli anni '80, e' stato Francesco
Ceravolo, delegato di Luciano Moggi e osservatore, in Calabria, della
Juventus. Col consenso del padre, Giuseppe Sculli a 13 anni e' andato
a Torino a sostenere un provino con la Juve. Approdato negli allievi
della Juventus, Sculli ha fatto la trafila attraversando tutti i gradi
del settore giovanile bianconero e, contemporaneamente, ha ottenuto
il diploma di ragioniere. Prima d' essere ceduto in prestito al Modena,
nella stagione 2000-2001, Marcello Lippi ha portato Sculli in ritiro
in Val d' Aosta. Il giovane attaccante calabrese, gia' entrato nel
giro della nazionale Under 20 di Francesco Rocca e in seguito nell'
under 21 di Claudio Gentile, ha giocato alcune amichevoli a fianco
di Del Piero, Conte, Montero e Ferrara, segnando anche due reti. Poi
la Juve lo ha dato in prestito al Modena e in seguito al Crotone,
al Chievo, al Brescia e quest'anno al Messina.
Durante le perquisizioni sequestrate
numerose armi
21/10- Numerose armi sono state trovate e sequestrate dai carabinieri
nel corso di alcune perquisizioni compiute nei confronti di persone
residenti nel nord dell'Italia e ritenute vicine agli ambienti della
'ndrangheta calabrese. Nel corso delle perquisizioni, secondo quanto
si e' appreso, sono state trovate numerose pistole con matricola cancellata
ed in perfetto stato di conservazione. Le armi saranno sottoposte
ad accertamenti balistici per verificare se sono state utilizzate
per compiere reati in Calabria e nel resto dell'Italia.
Gen. Ganzer: “La ndrangheta
ha il controllo totale del traffico della cocaina”
21/10- ''Ancora una volta abbiamo riverificato che la 'ndrangheta
ha la capacita' di mantenere la pressione asfissiante sul territorio
nei confronti della popolazione, nei confronti anche delle amministrazioni
locali con i piu' tipici metodi di intimidazione''. E' quanto dichiara
il comandante del Raggruppamento operativo speciale (Ros) dei Carabinieri,
generale Giampaolo Ganzer, commentando l'operazione compiuta stamane
nel reggino. ''La 'ndrangheta - ha aggiunto - inoltre riesce a sviluppare
al di fuori della regione dei traffici meno appariscenti, ma certamente
lucrosi, a cominciare dal narcotraffico della cocaina, agli investimenti
commerciali ed imprenditoriali. Noi abbiamo ulteriormente sviluppato
i collegamenti con gruppi criminali stranieri e ricostruito le rotte
della cocaina che alimentava l' organizzazione, quindi la distribuzione
praticamente in tutta l' Italia''. Sulla leadership della 'ndrangheta
nel controllo del traffico di cocaina Ganzer ha poi detto che ''e'
uno degli aspetti sicuramente piu' rilevanti e oramai ampiamente riprovati.
Non dimentichiamoci che nel '94 abbiamo effettuato il sequestro di
5.400 chili di cocaina in Italia, con l' operazione Cartagine, che
erano frutto di un cartello delle famiglie della 'ndrangheta reggina
che avrebbero ricevuto e distribuito la droga in tutto il Paese. Nel
tempo, negli anni, le attivita' in questa direzione lo hanno ripetutamente
dimostrato. Da alcune operazioni e' emerso che le famiglie sia del
vibonese sia del reggino consorziate erano impegnate nell' acquisizioni
di tonnellate di cocaina con degli esponenti che stabilmente trapiantati
all' estero, in Sudamerica, in Spagna, assicurano una funzione di
brokeraggio per l' organizzazione''. ''Dall'indagine - ha concluso
il generale Ganzer - e' emerso, cosi' come riportato anche nel provvedimento,
il condizionamento e pressioni su cittadini del comune di Bruzzano
Zeffirio in relazione alle elezioni comunali. Quindi e' un qualcosa
che sembra limitato ma indubbiamente e' indicativo per quanto concerne
i metodi con cui la 'ndrangheta cerca di mantenere il suo condizionamento
nella societa' civile e nel territorio''.
Sottosegretario Mantovano: “La
presenza dello Stato in Calabri anon è in dubbio”
21/10- Il primo a congratularsi per la brillante operazione è
Alfredo Mantovano. Il Sottosegretario all’ Interno con delega
alla sicurezza dichiara:''Le operazioni condotte dai Carabinieri del
Ros e dalla polizia di Stato nei confronti di diverse cosche della
'ndrangheta, confermano una presenza dello Stato che certamente puo'
essere rafforzata e sostenuta qualitativamente, ma che non puo' mettersi
in dubbio''. ''Il lavoro del Ros e della Polizia - conclude il Sottosegretario
- testimonia l'efficacia del contrasto assicurato dalle forze di polizia
contro i sodalizi criminali calabresi, anche adesso che la loro ferocia
criminale si e' manifestata in maniera cosi' eclatante''.
Caselli: “Non si può
parlare solo durante l’emergenza”
21/10- Per ''guarire'' dal problema della 'ndrangheta ''ricette miracolistiche
non ne esistono''.Il procuratore generale di Torino, Giancarlo Caselli,
intervistato oggi da Maurizio Costanzo per ''il diario'', ha una soluzione
“personale” che prevede: ''preliminare, pero', ad ogni
altro intervento e' superare un limite culturale che caratterizza
da sempre il nostro modo di affrontare questo tipo di problemi. Cioe'
- ha spiegato il magistrato - parlarne solo quando non se ne puo'
fare a meno, perché c'e' una questione di ordine pubblico,
un fatto gravissimo, un omicidio, una strage, e poi, quando tutto
tace, ma la mafia in quel momento sta sicuramente sott' acqua movendosi
per riorganizzarsi, per controllare questo o quello, dimenticarsene''.
Per Caselli occorre ''superare questo limite per cui la mafia e' soltanto
un problema di ordine pubblico. La mafia e' un problema economico,
sociale, un problema di convivenza regolare''. Il Censis, ha spiegato
Caselli, ha calcolato gli effetti della mafia sull' economia del Mezzogiorno
''e ha concluso che la mafia zavorra, impedisce lo sviluppo dell'economia
del Mezzogiorno e ha tradotto questo zavorramento in cifre che fanno
spavento: 180.000 posti di lavoro persi ogni anno nel Mezzogiorno
perché ce' la mafia. Ogni anno nel Mezzogiorno, perché
c' e' la mafia, si produce ricchezza in meno: 7.5 miliardi di euro
in meno''. ''Non e' quindi solo un problema di guardie e ladri, di
ordine pubblico, e' un problema - ha concluso il magistrato - con
ricadute terribili di cui ci si dovrebbe occupare continuativamente.
E probabilmente ha ragione chi dice che la 'ndrangheta e' la formazione
criminale piu' pericolosa oggi nel nostro Paese. Perche' della Sicilia
nel bene o nel male si parla, mentre della Calabria meno e quindi
questo cono d'ombra ha politicamente favorito che la malapianta crescesse
terribilmente rigogliosa e robusta''.
In Emilia Romagna recisi alcuni
tentacoli della ndrangheta crotonese. Arrestato il killer del boss
Dragone
21/10-I tentacoli della 'ndrangheta del crotonese si allungano fino
all' Emilia Romagna. A certificarlo, sono i risultati dell' operazione
''Grande Drago'' scattata alle prime ore dell' alba di oggi ed eseguita
da personale della squadra mobile di Crotone, Bologna, Catanzaro e
Reggio Emilia, con la collaborazione del servizio centrale operativo
della polizia di stato e dei carabinieri del reparto operativo di
Crotone. L' inchiesta è stata coordinata dalla Direzione distrettuale
antimafia di Catanzaro, ed ha portato all' arresto di Giovanni Abramo
indicato come uno dei killer di Antonio Dragone, 62 anni, boss di
Cutro, ucciso nel maggio del 2004. IL lavoro investigativo ha consentito,
inoltre, di fare luce anche su un sistema estorsivo che aveva come
palcoscenico Reggio Emilia e come obiettivo diverse imprese operanti
nel settore edile. Sei le persone fermate: Antonio Dragone (19 anni),
Antonio Ciampa' (18), Giuseppe Arabia (39), Alfonso Paolini (52),
Pietro Ciampa' (34) e Salvatore Ciampa' (59). “Gia' dall' ottobre
del 2003 - ha dichiarato il sostituto procuratore della Dda Sandro
Dolce - la preoccupazione era quella di sapere cosa sarebbe successo
con l' uscita di Dragone dal carcere. Lui stesso, come confermano
alcune registrazioni, aveva tranquillizzato i suoi adepti perche'
una volta uscito le cose si sarebbero rimesse a posto''. Una volta
in liberta' il boss Dragone, che gia' dietro le sbarre manifestava
inquietudine per il fatto di avere perso terreno nei confronti della
cosca Grande Aracri, si era impegnato a ridare vitalita' alle estorsioni
in Emilia attraverso l' azione diretta, ma anche con l' ottenimento
di subappalti mediante l' impresa ''ArtEdile'' di Reggio Emilia, gestita
da Salvatore Arabia che sara' ucciso nel 2003. In seguito, con l'
omicidio di Salvatore Blasco, il 22 marzo 2004, invece, la cosca aveva
reso palese il tentativo di riassumere il controllo del territorio
anche nella zona del crotonese. E' cosi', secondo gli investigatori,
che si forma lo scenario che ha portato la cosca ‘Grande Aracri’
a progettare e realizzare l' esecuzione di Dragone. ''Gia' dall' ottobre
del 2003 - ha detto il sostituto procuratore della Dda Sandro Dolce
incontrando i giornalisti a Catanzaro - la preoccupazione era quella
di sapere cosa sarebbe successo con l' uscita di Dragone dal carcere.
Lui stesso, come confermano alcune registrazioni, aveva tranquillizzato
i suoi adepti perche' una volta uscito le cose si sarebbero rimesse
a posto''. All' incontro con i giornalisti, oltre a Dolce, hanno partecipato
il procuratore della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro
Mariano Lombardi, l' aggiunto Mario Spagnuolo, i questori di Catanzaro
Romolo Panico e di Crotone Raffaele Salerno, il comandante provinciale
dei Carabinieri Angelo Cuneo.
Alla vista dei bazooka Dragone lasciò
l’auto blindata
21/10 - Fu la vista del bazooka ad indurre Antonio Dragone, boss
della 'ndrangheta, ucciso il 10 maggio dello scorso anno a Cutro,
ad abbandonare l' auto blindata, una Lancia Kappa sulla quale viaggiava,
ed a tentare la fuga nelle campagne limitrofe, diventando, pero',
facile bersaglio dei mitra e delle pistole dei killer. E' questo uno
degli elementi emersi dalle indagini condotte dalla squadra mobile
di Crotone che stamani hanno portato all' operazione ''Grande drago''
nel corso della quale e' stata eseguita un' ordinanza di custodia
cautelare in carcere ed alcuni fermi. L' auto sulla quale Dragone
viaggiava insieme ad altre due persone fu speronata da una Lancia
Thema che la fece finire fuori strada. Fu allora, secondo la ricostruzione
degli investigatori, che comparve il bazooka, alla cui vista l' anziano
boss usci' da quello che avrebbe dovuto essere un rifugio sicuro,
tentando di fuggire a piedi. I killer, pero', lo raggiunsero dopo
pochi metri uccidendolo a colpi di mitra e pistola. Gli assassini
abbandonarono la Thema sul luogo dell' agguato dopo averla incendiata
e fuggirono su altre due vetture, una Golf ed una Passat, ritrovate
successivamente incendiate dagli investigatori. A bordo di una delle
due auto fu trovato un mitra.
Procuratore Lombardi: “Nel
crotonese è difficile lavorare”
21/10- ''Nel crotonese e' difficilissimo lavorare e i collaboratori
quando ci sono ammettono anche gravi delitti, ma quasi mai danno indicazioni
sugli organigrammi. Ogni paese ha la sua 'ndrina che procede separatamente
e con enormi difficolta' si riesce a fare luce sugli episodi pregressi''.
Lo ha dichiarato Mariano Lombardi procuratore della Repubblica di
Catanzaro nella conferenza stampa sui risultati dell' operazione ''Grande
Drago''. A conclusione delle indagini che hanno portato all' individuazione
di uno dei killer di Antonio Dragone, boss di Cutro ucciso nel maggio
del 2004. ''L' operazione di oggi - ha proseguito Lombardi - prende
le mosse una serie di omicidi eccellenti come e' stato quello di Dragone.
Il risultato ottenuto e' il frutto di attivita' investigativa tra
Polizia, carabinieri e magistratura''. ''In questa operazione - ha
sostenuto Mario Spagnuolo, coordinatore della Dda catanzarese - non
abbiamo avuto collaboratori di giustizia, ma ci siamo mossi sulla
base di lavoro investigativo puro''. Per Spagnolo, inoltre, ''la criminalita'
del crotonese e' stata interessata da una mutazione genetica: dalla
fase di lotta sanguinaria si e' giunti ad una dimensione di tipo imprenditoriale.
Una criminalita' che non opera solo sul territorio ma vive e agisce
su tutto il Paese''. La stretta sinergia attuata tra forze dell' ordine
e' stata sottolineata dai questori di Catanzaro Romolo Panico (''attivita'
che e' quotidiana'') e di Crotone Raffaele Salerno, secondo il quale
''le cosche del crotonese hanno una forte radicamento sul territorio,
ma mettono in mostra anche grande capacita' di globalizzarsi''. Il
comandante provinciale dei Carabinieri di Crotone, Angelo Cuneo, infine,
ha sostenuto che le ''cosche hanno modificato il loro profilo, acquisendo
connotati piu' manageriali''.
Minniti: “Servono interventi
straordinari”
21/10 - Il responsabile sicurezza e difesa dei Ds Marco Minniti commenta
i risultati delle operazioni in corso contro la 'ndrangheta e sottolinea
''la necessita' di affrontare la malavita organizzata calabrese con
un piano di interventi straordinari''. ''Le operazioni di polizia
internazionale - aggiunge Minniti - contro il traffico di stupefacenti,
che vedono al centro delle indagini le cosche della 'ndrangheta di
Africo, che si stanno svolgendo a Crotone e Catanzaro ad opera delle
rispettive squadre mobili, e quelle a Bologna e Reggio Emilia per
atti di criminalita' organizzata perpetrati ad Isola Capo Rizzuto
e Cutro, rappresentano due importanti risultati operativi di indagini
avviate da tempo''. ''Da tutto cio' - prosegue l'esponente dei Ds
- emerge anche l'ennesima conferma dell'estensione e della pericolosita'
del potenziale criminale della 'ndrangheta calabrese e della necessita'
di affrontarla con un piano di interventi straordinari che abbiano
il segno di un impegno forte e continuativo all'altezza della sfida
in atto''.
Numerose le operazioni di polizia
nel 2005 contro la ndrangheta
21/10- Nel 2005, le operazioni della Polizia contro la 'ndrangheta
hanno colpito numerosi esponenti, sia tra i ranghi piu' bassi, che
fra le 'autorita'' . Gli arresti e le ordinanze di custodia cautelare
sono state 73; i reati contestati vanno dalla rapina, al traffico
internazionale di droga, dall'omicidio e al tentato rapimento. Il
primo grande 'nome' del 2005 e' Domenico Vincenzo Nasso, pluripregiudicato
calabrese di 34 anni, catturato in Francia il 2 febbraio scorso, nei
pressi di Cannes: doveva espiare 6 anni di reclusione per rapine a
mano armata. Nasso - ricercato da oltre due anni e vicino alla cosca
mafiosa Bellocco di Rosarno (Rc) - e' considerato dalle forze dell'ordine
''un personaggio estremamente pericoloso''. Ecco, in ordine cronologico,
le operazioni piu' importanti della polizia:
4 FEBBRAIO - A Bruxelles, in Belgio, e' arrestato Bruno Giorgi, detto
'il lungo', della cosca dei Romeo di San Luca (Rc). Latitante dal
1999, deve scontare una condanna a 16 anni di reclusione per associazione
mafiosa.
8 MARZO - Eseguiti 4 provvedimenti restrittivi per usura ed estorsione.
Gli interessati erano tutti pregiudicati. 5 APRILE - Per aver favorito
la latitanza di un ricercato, vengono eseguite 4 ordinanze di custodia
cautelare ai danni di Umberto, Domenico e Michele Bellocco, nonche'
di Francesco Nocera.
3 MAGGIO - A Reggio Calabria, viene arrestato Rocco Morabito, della
famiglia mafiosa Morabito-Scriva, per detenzione e trasporto illegale
di sostanze stupefacenti.
25 MAGGIO - Per associazione mafiosa finalizzata all' estorsione,
la polizia ha eseguito 13 ordinanze di custodia cautelare in carcere
ordinate dal tribunale di Reggio Calabria. Quest'operazione e' stata
l'epilogo di tre anni di indagini sulla faida interna alla cosca Audino,
il cui boss era stato ucciso nel 2003.
27 GIUGNO - A Toronto, in Canada, e' arrestato Antonio Commisso, 49
anni, capo indiscusso del clan omonimo di Siderno (Rc). I Commisso,
grazie a un ampio giro di parentele, controllavano un fiorente traffico
internazionale di droga, con basi in Canada, Australia e Usa.
8 LUGLIO - Per estorsione, sono arrestati Fortunato e Antonio Foriglio,
pluripregiudicati appartenenti alla cosca Foriglio-Petulla.
12 LUGLIO - I latitanti Damiano Leotta e Denis Alfarano, vicini al
clan Ruga di Monasterace (Rc), vengono arrestati per tentato omicidio
e associazione mafiosa.
18 LUGLIO - Viene arrestato Carmine Alvaro, 52 anni, oltre ad essere
il capo indiscusso della cosca Alvaro di Sinopoli (Rc), e' considerato
uno dei capi strategici della 'ndrangheta: il suo ruolo e' stato determinante
nel processo di 'pacificazione' seguito alla seconda guerra di mafia.
Alvaro deve scontare 8 anni di reclusione per associazione mafiosa.
29 LUGLIO - Dopo oltre un anno di indagini, la Polizia esegue 18 provvedimenti
restrittivi della liberta' personale per associazione nel traffico
di sostanze stupefacenti. La banda smerciava eroina e cocaina a Taurianova,
a Palmi e nella piana di Gioia Tauro.
1 SETTEMBRE - Salvatore Canario e' arrestato in flagranza di reato
per essere stato trovato in possesso di oltre 45 chili di hashish.
5 SETTEMBRE - A Palmi, Francesco Violi, pregiudicato di 25 anni, e'
stato arrestato, in fragranza di reato, per tentato omicidio e sequestro
di persona.
15 SETTEMBRE - A Torino viene arrestato Demetrio Logiudice, 44 anni,
capo dell'omonima cosca mafiosa attiva a Reggio Calabria.
23 SETTEMBRE - Nella provincia di Reggio Calabria, la Polizia esegue
5 ordinanze di custodia cautelare per associazione a delinquere finalizzata
al traffico e allo spaccio di droga.