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Corbelli: Drammatia situazione nelle carceri calabresi
Corbelli: Drammatia situazione nelle carceri calabresi 02 set 24 Il leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli, da 30 anni impegnato sul dramma delle carceri e per questo suo eccezionale impegno civile intervistato, nel lontano febbraio 1995, finanche dal più grande giornale del mondo, The New York Times, interviene su questa tragica emergenza delle prigioni che continua purtroppo a far registrare ogni anno un numero impressionante di suicidi e situazioni di grave disagio, in tanti casi particolarmente gravi, disumane e inaccettabili. Basta far parlare i numeri per avere un’idea del quadro allarmante che si registra in tutto il Paese, compresa la Calabria. In Italia a fine luglio 2024 risultano 14.500 detenuti oltre i posti disponibili, 18mila unità mancanti alla Polizia penitenziaria, 66 suicidi fra i detenuti e 7 fra gli agenti. Questo ripeto solo nel 2024 . Anche in Calabria la situazione negli istituti di pena è preoccupante, accanto al vecchio, irrisolto, problema del sovraffollamento e della carenza di personale di polizia penitenziaria, anche nella nostra regione si verifica la tragedia dei sucidi in cella. Anche in questo caso basta guardare le cifre ufficiali calabresi a fine luglio 2024. Istituti di pena sovraffollati dove, nei primi sei mesi di quest’anno si sono registrati oltre 5.300 "eventi critici", tra cui 3 suicidi, 80 tentati suicidi, 225 atti di autolesionismo e 75 aggressioni ad agenti penitenziari. Accanto a queste situazioni emergenziali c’è poi la disumanità dei bambini in cella con le loro giovani mamme detenute, per la cui cancellazione ho iniziato a lottare, con il Movimento Diritti Civili, 30 anni fa, con le prime manifestazioni a Napoli, insieme agli amici e compagni radicali, davanti al vecchio Tribunale di Castelcapuano e a Poggioreale, riuscendo dopo anni di lotte, a Roma e in giro per l’Italia, a far approvare, nel 2006, una prima legge che escludeva la detenzione per le giovani donne con bambini piccoli da assistere, prevedendo forme alternative al carcere. Legge, poi , in seguito, ripresa, ripresentata, ma ad oggi ancora purtroppo disattesa. Sono stati tanti i bambini che ho tolto dal carcere insieme alle loro giovani mamme, il caso sicuramente più noto è quello del piccolo Cocò Campolongo, il bambino di 3 di cassano, ucciso e bruciato nel gennaio 2014 insieme al nonno e ad una donna marocchina che un anno prima, alla vigilia di Natale del 2012, ero riuscito, insieme al suo avvocato, a far uscire, insieme alla sua giovane mamma reclusa, dalla casa circondariale di Castrovillari. Ma sono tanti altri i bambini così come i detenuti, uomini, ragazzi e giovani donne, che ho fatto scarcerare: sono decine di persone di ben tre diversi Continenti(Europa, Africa e Asia) le cui storie vengono tutte raccontate e documentate sul nostro sito www.diritticivili.it. e che hanno visto anche questo popolare giornale on line, Nuova Cosenza, sempre al nostro fianco. Ad iniziare da quella che ha avuto una grande attenzione mediatica nazionale (e anche all’estero), della giovane, innocente nigeriana Kate Omoregbe, detenuta in Calabria, che, nel settembre 2011, facendola scarcerare e rimanere in Italia, grazie alla nostra mobilitazione straordinaria che, sul web, raccolse oltre 12.500 firme-adesioni da tutto il mondo, che vennero poi da noi recapitate al presidente della Repubblica (Napolitano), abbiamo evitato che venisse estradata e condannata alla lapidazione nel suo Paese, da dove era fuggita per sottrarsi ad un matrimonio combinato con una persona anziana e per non essersi convertita all’Islam, lei cattolica. Guardando la situazione di oggi devo dire, con amarezza e delusione, che non è purtroppo cambiato nulla, rispetto a 30 anni fa quando iniziavo le prime battaglie sul dramma delle carceri in Italia. Al di là dei decreti del governo, e delle polemiche strumentali, su cui non voglio entrare, per affrontare l’emergenza delle prigioni ci vuole innanzitutto più umanità, considerando caso per caso tutti i drammi che ogni detenuto vive in una cella, in condizioni, ripeto, spesso disumane. Va quindi sempre rispettata la dignità della persona umana, di tutti i reclusi, nessuno escluso. Bisogna ancora che si liberino tutti quei detenuti, socialmente non pericolosi, che hanno un residuo pena di qualche anno da scontare. Bisogna naturalmente partire dai bambini che vanno subito tutti fatti uscire dalla cella insieme alle loro mamme, cancellando così definitivamente questa vergogna e crudeltà. Non serve costruire più carceri ma utilizzare quelli che ci sono solo per casi particolarmente gravi e inevitabili. Non arrestare invece persone e riempire le celle, ammassandovi i detenuti, anche per condanne che si potrebbero far scontare, nel rispetto della legge e sotto controllo, fuori dagli istituti di pena. Insieme a questo vanno naturalmente considerate tutte le esigenze del personale di polizia penitenziaria. Questo, che è un elementare fatto di civiltà, è quello che serve al Paese, per superare l’emergenza carceri”.
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