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      Cosenza ricorda Sergio Cosmai, servitore dello Stato trucidato dalle mafie

       

       

      Cosenza ricorda Sergio Cosmai, servitore dello Stato trucidato dalle mafie

      12 mar 25 Ricordato questa mattina nel Salone degli Specchi della Provincia di Cosenza il sacrificio di Sergio Cosmai trucidato quaranta anni fa dalle mafie. Con la presidente Rosaria Succurro, presenti le massime autorità civili e militari, hanno commemorato la figura di Cosmai l'attuale direttore del carcere di Cosenza Maria Luisa Mendicino, il Procuratore della Repubblica Vincenzo Capomolla e il prof. Ercole Giap Parini, Direttore del Dipartimento di scienze politiche e sociali dell’Unical. A coordinare il giornalista, e scrittore, della Gazzetta del Sud, Arcangelo Badolati.

      Cosmai è una figura indimenticata della nostra storia, nota per il suo ruolo come direttore del carcere di Cosenza negli anni Ottanta. La sua carriera è stata segnata da un impegno profondo nel campo della giustizia e della riabilitazione dei detenuti, ma è stata anche tragicamente spezzata da un delitto che ha scosso l'opinione pubblica. Il 20 marzo 1985, a soli 36 anni, Sergio Cosmai fu assassinato in un agguato mentre andava a prendere la figlioletta a scuola a bordo della sua 500 gialla. Pagò con la vita la sua dedizione allo Stato, punito per aver voluto contrastare il potere dei clan cosentini all’interno della casa circondariale di Cosenza.

      Il dolore della moglie di Sergio Cosmai, Tiziana Palazzo, affidato a un messaggio di ringraziamento, è entrato ancora oggi più che mai vivo e bruciante nella Sala della Provincia, sintetizzato dalle parole di Corrado Alvaro: “ La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile”.

      "Un uomo che ha dedicato la sua vita al dovere, che non ha indietreggiato di fronte a nessuna difficoltà, a nessun rischio, nessun pericolo, anche quello per la propria vita", ha detto il magistrato Vincenzo Capomolla, in procinto di assumere le funzioni di procuratore della Repubblica di Cosenza. "È una dedizione alla missione in cui credeva - ha aggiunto - all'affermazione delle regole all'interno di una struttura così delicata qual è quella carceraria e che lo ha esposto ovviamente a dei rischi gravissimi. Purtroppo bisogna anche fare i conti con una debolezza dell'epoca a creare quelle condizioni di sicurezza per chi operava nelle strutture carcerarie. Era un'epoca particolarmente difficile. Quindi è una testimonianza della quale dobbiamo fare tutti quanti tesoro in ogni momento dell'esercizio della nostra attività professionale".

      La Presidente della Provincia Rosaria Succurro, in apertura della giornata commemorativa, ha parlato di « un’importante occasione per riflettere sull’eredità morale e il coraggio di un uomo che ha sacrificato la sua vita nella lotta contro la criminalità organizzata». Per la Presidente Succurro, Sergio Cosmai rappresenta per la comunità cosentina un faro di coraggio e determinazione: «la sua vita e il suo sacrificio ci ricordano che la lotta contro la criminalità organizzata è un dovere civico di ogni cittadino. Oggi, a 40 anni dalla sua tragica scomparsa, dobbiamo rinnovare il nostro impegno a favore della legalità e della giustizia, non solo per onorare la sua memoria, ma per garantire un futuro migliore alle nuove generazioni». La Presidente ha poi aggiunto: “Sergio Cosmai ci ha lasciato un’eredità morale preziosa. La sua passione per il servizio pubblico e la sua volontà di combattere l’ingiustizia devono essere una guida per tutti noi. È fondamentale che i giovani comprendano l’importanza di questa lotta, affinché possano crescere in un ambiente libero dalla paura e dall’illegalità. Ed è per questo che considero particolarmente importante la presenza qui, oggi, di tanti giovani studenti dei nostri licei cittadini, ai quali è nostro dovere trasmettere con forza l’impegno per la legalità». Nelle conclusioni della Presidente, infine, l’esigenza di un’azione comune nella lotta alla criminalità che deve necessariamente coinvolgere non solo forze dell’ordine e magistratura, ma la politica, l’informazione, la scuola e l’università.

      Badolati ha lasciato senza fiato l’intera platea con il racconto vivido e appassionato del delitto, del contesto storico e territoriale, dei mandanti; ma soprattutto della normalità spezzata di una famiglia perbene e di un processo ai sicari colpevolmente “aggiustato”. Parole forti, affermazioni crude. E sullo sfondo una giustizia a metà, arrivata troppi anni dopo. Emozionante la testimonianza di Domenico Mammolenti, stretto collaboratore di Sergio Cosmai in quegli anni difficili, che ne ha ricordato soprattutto la dirittura morale e il senso del dovere di un servitore dello Stato. "Ciò che è accaduto - ha chiosato Mammolenti - non se lo aspettava nessuno, lui per primo. Eravamo soli a combattere contro una criminalità organizzata formata da due bande, in un istituto fatiscente dove i detenuti erano ingestibili. Cosmai cercò di modificare quello stato di cose e pagò con la vita".

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