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    Appelo per Kate libera, raccolte 12.556 firme

     

     

    Appelo per Kate libera, raccolte 12.556 firme. Verranno consegnate al Capo dello Stato

    07 set 11 Il leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli, promotore della campagna umanitaria per salvare Kate Omoregbe, informa che dopo la scarcerazione della giovane nigeriana, avvenuta lunedì pomeriggio, la petizione internazionale on line, wvv.thepetitionsite.com /appeal to save Kate (appello per salvare Kate), indirizzata al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, promossa, con straordinario successo da una delle maggiori associazioni mondiali americane per i diritti umani, Care 2, è stata sospesa e le 12.556 firme raccolte saranno consegnate al Capo dello Stato. La campagna va avanti ininterrottamente da oltre 40 giorni (da quando Corbelli ha ricevuto, il 21 luglio, dal carcere di Castrovillari, dove era detenuta, la lettera con l'accorata richiesta di aiuto della ragazza nigeriana). "Voglio ringraziare - dice Corbelli - le 12.556 persone che da ogni parte del mondo hanno aderito a questa petizione internazionale curata in Italia da Marco Galli che, raccogliendo l'appello di Diritti Civili, ha promosso questa straordinaria gara di solidarietà sul web. E' un risultato eccezionale, in due settimane sono arrivate 12.556 adesioni. Si era partiti con l'obiettivo di raggiungere 500 firme. Poi 1500. Siamo arrivati alla incredibile cifra di 12.556. Le firme sono ancora consultabili sul web. Hanno aderito cittadini di 60 Nazioni di tutti i cinque Continenti: dall'Europa, all'Africa, dall'America all'Asia, all'Australia. Adesioni alla campagna di Diritti Civili "per salvare Kate" sono arrivate dall'Italia, da tutta l'Europa e dai Paesi più lontani del Pianeta: dal Brasile, dal Canada, dalla Cina, dalla Cina, dal Giappone, da Costarica, dal Bangladesh, dalla Malesia, dall'India, dal Sudafrica, dal Pakistan, dalla Russia, dalla Svezia, dalla Finlandia, dall'Irlanda, dal Messico, dalla Colombia, da Singapore, dall'Argentina, dal Marocco, dalla Repubblica Dominicana, dalla Giamaica, dal Camerum, dall'Australia. Tutti chiedono al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, di impedire che si consumi questo crimine orrendo. Kate non deve essere espulsa. Deve restare in Italia per evitare la lapidazione". 'Kate e' stata scarcerata dopo la lunga battaglia del Movimento Diritti Civili. Resterà in Italia, non sarà espulsa. Anche se ci sarà ancora da combattere. Continuerò a stare accanto a Kate, come ho fatto per 40 giorni. Da lunedì sera la giovane nigeriana si trova al Cie di Roma. Il 19 ottobre ci carà l'udienza preliminare al Tribunale di Roma per discutere la sua richiesta di asilo politico. "Abbiamo evitato, con la nostra campagna umanitaria, che Kate venisse rimandata in Nigeria, sfregiata - dice Corbelli - con l'acido e lapidata, per essersi rifiutata di sposare una persona molto più grande di lei e per non essersi convertita alla religione musulmana, lei che è cattolica. Abbiamo vinto una grande battaglia di civiltà. Sono ancora oggi felice e commosso per quell'abbraccio davanti al carcere all'uscita di Kate dalla casa circondariale di Castrovillari".

    --- Concesso l'asilo politico per Kate

    Corbelli, l'ho sentita, è felice. "Ho parlato con Kate, mi ha telefonato, è felice, dopo un momento di sconforto, subito dopo il suo arrivo al Cie di Roma. Ieri era triste e piangeva, oggi mi ha gridato tutta la sua felicità". E' quanto afferma il leader del movimento Diritti civili, Franco Corbelli, promotore della campagna umanitaria per evitare l'espulsione delle donna che, nel Paese d'origine, rischia la lapidazione. "Dopo averla fatta uscire dal carcere di Castrovillari - prosegue Corbelli - adesso la farò subito uscire anche dal Cie di Roma. Mi ha chiesto dove andare. Le consiglierò di andare, almeno sino al 19 ottobre, quando si discuterà al Tribunale di sorveglianza di Roma della sua richiesta di asilo politico in Italia, in una delle tante strutture religiose che hanno offerto la loro disponibilità ad accoglierla". La giovane nigeriana di 34 anni - riporta una nota di Diritti civili - era detenuta nel carcere calabrese dove ha finito di scontare una condanna a quattro anni e quattro mesi, per detenzione di una piccola quantità di droga, rinvenuta durante una perquisizione in un appartamento che la ragazza divideva a Roma, dove lavorava come badante, con altre tre sue connazionali. La ragazza ha sempre negato di avere commesso il reato e ha chiesto asilo politico per poter restare in Italia (dove si trova da dieci anni, con regolare permesso di soggiorno) e non essere espulsa per evitare, nel suo Paese, il patibolo per il suo rifiuto (per questo è stata anche ripudiata dalla sua famiglia) di sposare una persona molto più grande di lei (che non ama) e di non volersi convertire (lei che è cristiana) alla religione musulmana.

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