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Operazione Overloading: smantellato traffico internazionale di droga
Operazione Overloading: smantellato traffico internazionale di droga coordinato da cartello cosche Muto, Chirillo e San Luca. 77 arresti, 200 mln di beni sequestrati 02 dic 10 La D.d.a. di Catanzaro ha emesso un provvedimento di fermo, in esito ad una complessa indagine coordinata dai sostituti Vincenzo Luberto, Antonella Lauri e Raffaela Sforza che determina la disarticolazione di un’associazione di narcorafficanti composta da esponenti del locale “Muto” di Cetraro, della ‘ndrina Chirillo di Paterno calabro e di San Luca. Nell’ambito dello stesso provvedimento si contesta il reato di associazione mafiosa ad esponenti del clan Muto ed ad esponenti del clan Chirillo. Le indagini hanno dimostrato che lo stupefacente viene importato, dal Sudamerica, per il tramite di Bruno Pizzata e dalla Spagna, per il tramite di Luis Canelo. Lo stupefacente viene così dirottato in Calabria, in provincia di Cosenza dove viene destinato allo spaccio nei territori di competenza della cosca Muto (alto tirreno cosentino) e Chirillo (Cosenza e Valle del Savuto). Le investigazioni della guardia di finanza iniziano nel 2008 dalle captazioni dei colloqui, presso la casa circondariale di Carinola, fra Lido Scornaienchi ed il figlio Luigi dalle quali si evidenziava, fin da subito, l’articolazione dell’associazione di narcotrafficanti e cioè il legame fra i Muto e i Chirillo ed i Sanluchesi rappresentati da Bruno Pizzata. Scornaienchi Lido Franco, più noto con lo pseudonimo di “cumpietto”, già condannato quale luogotenente storico del boss Franco Muto, dal carcere di Carinola, dove è attualmente detenuto, indirizzava le attività criminali dei figli Luigi e Giuseppe, impartendo precise direttive volte a pianificare e finanziare l’acquisto di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti che servivano per alimentare il mercato della provincia cosentina e per rifornire la ‘ndrina Chirillo di paterno calabro con la quale i muto si erano alleati nella gestione del narcotraffico, rinsaldando i tradizionali rapporti di comparaggio risalenti agli anni ‘70. Foto 1 - Colloquio in carcere tra SCORNAIENCHI Lido Franco e i figli Luigi e Giuseppe A tal fine, luigi Scornaienchi entrava in contatto con Antonio Strangio e, per il suo tramite, con il trafficante internazionale Bruno Pizzata, noto alle polizia di mezza europa. Foto 2 - Incontro tra STRANGIO Antonio e Luigi SCORNAIENCHI Quest’ultimo, infatti, è accreditato negli ambienti del narcotraffico come un broker in grado di pianificare consistenti importazioni dal Sudamerica potendo disporre di una serie impressionante di contatti con i narcos colombiani e venezuelani, dai quali aveva acquistato nel tempo stupefacente in grandi quantità, riuscendo così a spuntare prezzi decisamente favorevoli. In tale contesto, i cetraresi hanno finanziato stabilmente l’operato di Pizzata che aveva continuo bisogno di danaro, non solo per trattare l’acquisto dei singoli carichi ma anche per i suoi continui spostamenti fra l’olanda, la Germania, la Spagna e, soprattutto, il Sudamerica dove si recava frequentemente per tenere i contatti con i fornitori di cocaina. Verso la fine del 2008, nel gruppo di Pizzata vengono cooptati altri soggetti tra cui, Pisano Domenico, Bruzzese Joseph e Fuduli Bruno. Quest’ultimo è un collaboratore di giustizia, già in passato infiltrato fra le fila dei narcos, che disponeva di un autonomo canale di approvvigionamento di cocaina per il tramite del fornitore sud americano Correa Luis Emilio.Foto 3 Incontro tra PIZZATA Bruno e CORREA Luis Emilio. Da questo momento, l’organizzazione iniziava a programmare diverse importazioni di ingenti quantitativi di stupefacente dal sud America cercando di individuare il sistema più conveniente e sicuro per evitare, soprattutto, i controlli delle forze di polizia. Dopo aver abbandonato l’idea di far giungere lo stupefacente all’interno di container con carichi di copertura, veniva escogitato un “sistema” di importazione assai più semplice che prevedeva l’utilizzazione di corrieri che avrebbero dovuto percorrere la tratta aerea Caracas - Roma imbarcando cocaina stipata in bagagli al seguito. Una volta ritirati i bagagli, l’organizzazione avrebbe garantito prima l’“uscita” della cocaina dall’aeroporto di Fiumicino e, successivamente, il trasporto dello stupefacente fino a Cinecittà, da dove sarebbe stato poi destinato in Calabria per il tramite di una ditta ortofrutticola riconducibile alla stessa organizzazione. L’associazione programmava più volte importazioni con questo sistema ma solo il 26 marzo 2009 lo stupefacente, pari a 56 chilogrammi di cocaina, giungeva effettivamente presso l’aeroporto di fiumicino, dove veniva sequestrato dalla guardia di finanza. Le attività investigative precedenti e successive al sequestro consentivano di ricostruire le trattative e i ruoli di ciascun membro dell’organizzazione e, soprattutto, individuarne i principali finanziatori in Luigi Scornaienchi, Domenico Pisano e M.F., un soggetto romano in stretto contatto con gli Strangio e i Pelle di San Luca e dotato di notevoli disponibilità economiche e finanziarie. Sono stati effettuati tre ingenti sequestri di sostanza stupefacente del tipo cocaina. In particolare: la polizia olandese ha sequestrato, in data 25/10/2008, presso l’aeroporto di Amsterdam 10 kg di cocaina che erano stati trasportati dal brasile da un giovane corriere. le intercettazioni dimostrano che il carico era destinato a Bruno Pizzata ed era stato finanziato dalle cosche della provincia di Cosenza. Nel dicembre del 2008, i finanzieri traevano in arresto un cittadino spagnolo che aveva ingerito numerosi ovuli di sostanza stupefacente del tipo cocaina che era destinata, tramite Canelo alla cosca Chirillo. Ancora il 26 marzo del 2009, presso l’aeroporto “Leonardo da Vinci” di Fiumicino, la guardia di finanza sequestrava 56 chilogrammi di cocaina e arrestava un corriere venezuelano di diciannove anni, appena sbarcato da un volo Alitalia proveniente da Caracas. La sostanza stupefacente, rivelatasi talmente pura da poterne ricavare circa 240 mila dosi per un valore di mercato di 30 milioni di euro, era suddivisa in 50 confezioni abilmente occultate all’interno di due valigie. Le cronache dell’epoca riportarono la notizia ascrivendo il brillante risultato ad un successo del dispositivo di contrasto ai traffici illeciti posto in essere dal corpo in ambito aeroportuale. In realtà, quel maxi sequestro era il momento saliente delle investigazioni del procedimento che occupa, caratterizzata da migliaia di intercettazioni telefoniche, telematiche, ambientali e video e da attività di osservazione e monitoraggio degli spostamenti dei trafficanti su tutto il territorio nazionale e in diversi paesi europei, tra cui la Germania e l’Olanda. Un lavoro paziente, di grande sacrificio, che aveva consentito di conoscere in anticipo tutto ciò che era necessario per pervenire al sequestro della cocaina: il numero del volo, il nome del corriere e le modalità di occultamento. I carabinieri delle compagnie di Paola e Scalea coordinati dal reparto investigativo del comando provinciale di Cosenza hanno svolto indagini volte a ricostruire la fitta rete di spaccio dislocata nei territori controllati ‘ndranghetisticamente dalla cosca Muto. Le investigazioni hanno determinato il sequestro di moltissime piccole partite di stupefacente (circa 48) destinate allo spaccio, con contestuale arresto dello spacciatore o comunque segnalazione in prefettura dell’assuntore ed hanno così consentito il verificare che Luigi Scornaienchi si avvale della collaborazione di Alessandro Cataldo e Alessio Ricco , che riforniscono i pushers di Cetraro e di Cristian Donato che rifornisce i pushers di Santa Maria del Cedro. I c.c. hanno pazientemente ricostruito le fila degli spacciatori diretti da Luigi Scornaienchi consentendo il fermo di piu’ di 40 persone. Si è dimostrato che la cosca Muto, in questo modo ha un controllo perfetto del territorio così distribuendo lo stupefacente, in regime di monopolio ‘ndranghetistico, per tutto il tirreno cosentino. Inoltre, i c.c. hanno sequestrato tre piantagioni di canapa indiana nel territorio montagnoso contiguo a Cetraro per un totale di circa 1.900 piante. Le piantagioni, per quanto si evince dalle captazioni, erano coltivate da uomini di Luigi Scornaienchi che destinava parte del ricavato per assistere le famiglie degli associati alla cosca muto allo stato detenuti. Infatti, le indagini tecniche dell’arma dimostrano l’assoluta vitalità della cosca Muto che trova continui e importanti mezzi di sostentamento nell’attività di narcotraffico. Peraltro il provvedimento di fermo riguarda Umberto Pietrolungo , nipote di Lido Scornaienchi che gestiva, in nome e per conto di franco muto l’attività estorsiva ed i rapporti con le cosche del paolano e di Cosenza e Vincenzo Roveto, parente del piu’ noto Francesco Roveto alias “parafango”, che era incaricato di distribuire fra gli appartenenti alla cosca gli stipendi. La cosca Chirillo Per quanto concerne i Chirillo le investigazioni del Gico e del servizio centrale della guardia di finanza hanno permesso di dimostrare che la cosca ha un’importante diramazione a Bologna dove lo stupefacente proveniente dalla spagna viene stoccato e poi in parte viene dirottato in provincia di Cosenza. altra parte viene spacciata a Bologna per il tramite di una serie di spacciatori che controllano una zona del capoluogo emiliano. Anche la cosca Chirillo è assolutamente vitale le investigazioni dimostrano l’ingerenza della stessa in un’importante appalto pubblico gestito dal comune di paterno calabro. In particolare si sono intercettate numerose telefonate con cui romano Chirillo costringe imprenditori edili a non partecipare alla gara medesima. Contestualmente all’esecuzione del provvedimento cautelare personale la Dda di Catanzaro ha emesso numerosi provvedimenti di sequestro preventivo sulla base delle investigazioni economico-patrimoniali svolte dal servizio centrale investigazione sulla criminalità organizzata e dal G.i.c.o. di Catanzaro, anche attraverso l’utilizzo dell’applicativo “molecola”, ideato dallo S.c.i.c.o. in collaborazione con la dna. Le fiamme gialle, attraverso mirate indagini documentali e le risultanze dei servizi captativi, hanno dimostrato che, specie i finanziatori dell’associazione di narcotrafficanti, si avvalgono di una complessa schiera di prestanome cui sono intestate numerose attività commerciali a conferma dell’ingerimento delle organizzazioni ‘ndranghetistiche in ampi settori imprenditoriali. in particolare si sono registrate infiltrazioni nel settore immobiliare ed in quello della rivendita di prodotti ortofrutticoli. Sono stati posti sotto sequestro, soprattutto in Calabria e nella capitale, beni per un ammontare complessivo di 200 milioni di euro, costituiti da: Col. Francesco Ferace, Comandante Provinciale CC Cosenza La Conferenza stampa presso la DDA di Catanzaro © RIPRODUZIONE RISERVATA Cerca con nell'intero giornale: -- >Guarda l'indice delle notizie su: "Cronaca e Attualità "
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