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Beni per 5 mln sequstrati dalla DIA in Toscana a imprenditori calabresi
Beni per 5 mln sequstrati dalla DIA in Toscana a imprenditori calabresi 11 gen 17 La Direzione Investigativa Antimafia di Firenze ha sequestrato un patrimonio stimato in oltre cinque milioni di euro nei confronti di tre imprenditori calabresi operanti in Toscana. Il provvedimento, emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Firenze, giunge dopo accurate indagini su una ipotesi di riciclaggio a carico dei tre e dei loro familiari, condotte dalla D.I.A. e coordinate dalla locale Procura della Repubblica. L'inchiesta ha consentito di accertare non solo ingenti movimentazioni di capitali e investimenti immobiliari effettuati dai tre imprenditori (frutto di reati fiscali e altre attività illecite) a fronte di esigui redditi dichiarati, ma anche i legami con la criminalità organizzata calabrese. I dettagli dell'operazione saranno forniti nel corso di una conferenza stampa che si terrà questa mattina, presente il Procuratore della Repubblica di Firenze Giuseppe Creazzo. I sequestri di beni per un valore complessivo di 5 milioni di euro a tre imprenditori calabresi attivi da una ventina di anni in Toscana sono stati eseguiti dalla Dia di Firenze in base a indagini economico-finanziarie che hanno fatto emergere grandi spostamenti di capitali e ingenti investimenti immobiliari rispetto ad una lampante esiguità dei redditi dichiarati al fisco dagli indagati. Per questo la procura di Firenze ha chiesto e ottenuto dal tribunale un decreto urgente per la misura di prevenzione patrimoniale del sequestro di conti correnti bancari, libretti, veicoli, fabbricati, terreni, quote di società a Firenze, Prato, Montecatini Terme, Buggiano e Strongoli (Crotone). I beni, intestati a 21 persone, sono comunque riconducibili alle disponibilità di Giuseppe Iuzzolino, 80 anni, Martino Castiglione, 60 anni e Vincenzo Benincasa, 57 anni, tutti originari di Strongoli ma radicati in Toscana. Le indagini, coordinate dal procuratore Giuseppe Creazzo e dirette dal sostituto Eligio Paolini, hanno anche riscontrato, come riferito stamani in una conferenza stampa, "contatti economici" tra gli indagati e appartenenti alla famiglia 'Giglio', ritenuti organici all'omonima 'ndrina dominante a Strongoli verso cui sarebbero state fatte transazioni di denaro senza alcuna giustificazione lecita. Gli accertamenti hanno riguardato anche conti correnti personali aperti alla filiale di Strongoli della Banca Carime dove sono stati versati dal 2009 al 2014 contanti per oltre un milione di euro. "Siamo in presenza di ingenti capitali di incerta provenienza - ha spiegato il procuratore Giuseppe Creazzo - a fronte di redditi bassissimi dichiarati che dal 1998 al 2016 sono stati in media di 9.000 euro l'anno". I provvedimenti di sequestro, tre, uno per ciascun indagato, sono stati emessi dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Firenze e sono "prodromici alla confisca" dei beni, considerata possibile senza altri riscontri - sottolinea il tribunale - quando sia rilevata una palese "sproporzione" tra i redditi dichiarati al Fisco e il patrimonio posseduto e c'è il sospetto che tali ricchezze siano frutto di reimpiego di capitali di provenienza illecita. Col sequestro odierno 5 mln di beni sono ora congelati a fini di risarcimento dell'erario. Il tribunale ha fissato udienza per il 22 febbraio per la discussione della misura e anche per decidere su un'altra richiesta della procura, ossia l'applicazione ai tre indagati della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno (5 anni per Iuzzolino; tre anni per Benincasa e Castiglione). Sugli stessi beni nel marzo 2016 era scattato un altro sequestro, quella volta preventivo, per Iuzzolino nell'ambito di un'inchiesta coordinata sempre dalla procura di Firenze in merito a un meccanismo di reimpiego di capitali dal settore delle costruzioni, a Prato e in Calabria, e poi reimmessi nell'economia legale in esercizi commerciali a Firenze e Prato tipo bar, pasticcerie, ristoranti e pizzerie. Il tribunale del riesame, però, annullò il sequestro e, a contrasto di questa decisione, la procura ha poi fatto ricorso alla Cassazione, ricorso ancora pendente. Riguardo ai conti bancari in Calabria, alla banca Carime, esaminati nelle indagini, il tribunale scrive che spiccano "i forti versamenti periodici in contanti, tutti a cifre tonde, con cadenza quasi sempre mensile e a volte e a più riprese nell'arco dello stesso mese, tali da fari ritenere, vista l'esiguità dei redditi dichiarati dai titolari" dei conti "che siano stati usati per spalmare i contati su più rapporti e rendere difficoltoso risalire all'origine". Inoltre "tale attività bancaria - aggiunge il tribunale - appare assai significativa e preoccupante sia per il coinvolgimento operativo 'qualificato', sia per l'ambito territoriale ampio e distante nel quale sono dislocate tradizionalmente organizzazioni di criminalità organizzata dotate di forte penetrazione sociale e grande pericolosità sociale". Invece, riferisce la Dia, fra le operazioni immobiliari, viene evidenziata l'attività di 'Sira Costruzioni Sas di Benincasa Vincenzo & C.', con sede a Strongoli, di cui oltre il 50% del capitale è detenuto da Iuzzolino (unitamente alla moglie, alle due figlie e al genero), mentre la restante parte è suddivisa tra Castiglione, Benincasa e i loro familiari. Attraverso tale società, si spiega ancora, "è stata sviluppata un'articolata operazione immobiliare per la costruzione di 66 appartamenti su un terreno sito a Prato, acquistato per oltre 1 milione e 300mila euro, la cui provvista di denaro è stata fornita in contanti e senza l'ausilio di alcun finanziamento bancario". Per Tribunale "pericolo sociale". Per la prima volta a Firenze, e per una delle rare volte in Italia, un tribunale ha disposto un sequestro motivandolo anche con la "pericolosità" sociale "rilevante" degli indagati rispetto ad accuse per reati di evasione fiscale e di reiterate violazioni di norme fiscali e tributarie. E' quanto ha fatto notare la procura di Firenze rispetto al sequestro di beni immobili e mobili per 5 milioni di euro disposto dal tribunale di Firenze ed eseguito dalla Dia a carico di tre imprenditori calabresi radicati in Toscana. La pericolosità degli indagati, riconosciuta dal tribunale nel decreto di sequestro, viene riferita alla netta "sproporzione" tra il valore dei beni nella disponibilità degli indagati e i redditi dichiarati da loro e dai familiari in un periodo considerato dal 2002 al 2015.
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