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![]() Blitz alla cosca Condello, 26 arresti dei CC
Operazione Sansone, blitz alla cosca Condello, 26 arresti dei CC 15 nov 16 Dalle prime ora di questa mattina il personale del Ros e del Comando provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria, con l'ausilio del personale dello Squadrone eliportato cacciatori "Calabria" e dell'8° Nucleo elicotteri carabinieri di Vibo Valentia, sta eseguendo, nella provincia di Reggio Calabria, un provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla locale Dda a carico di 26 persone gravemente indiziate di partecipazione "all'associazione mafiosa unitaria denominata 'ndrangheta" ed altri gravi delitti. L'indagine dei carabinieri ha permesso di ricostruire la rete dei fiancheggiatori del capomafia Domenico Condello, arrestato nel 2012 dopo oltre 20 anni di latitanza, nonché gli assetti di varie cosche operanti a Reggio Calabria e zone limitrofe che esercitavano in quei territorio un asfissiante pressione estorsiva. --- In manette sono finiti: 1) Angelo Benestare 2) Felicia Bertuca 3) Pietro Bertuca 4) Vincenzo Bertuca 5) Domenico Bonforte 6) Domenico Calabrese 7) Pasquale Calabrese 8) Luciano Condello 9) Attilio Cotroneo 10) Vincenzo Cristiano 11) Grazia Falcone 12) Alessandro Idone 13) Alfio Liotta 14) Giovanni Malara 15) Maria Caterina Romeo 16) Giuseppe Scappatura 17) Alberto Scarfone 18) Rocco Scarfone 19) Antonino Sottilaro 20) Francesco Sottilaro 21) Vincenzo Sottilaro 22) Lorenzo Sottilotta 23) Andrea Carmelo Vazzana 24) Giuseppe Vermiglio 25) Domenico Viglianisi 26) Domenico Zito Hanno consentito di fare luce su venti episodi estorsivi ai danni di imprenditori le indagini dei carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria che stamattina hanno portato all'operazione denominata "Sansone", con l'esecuzione di 26 provvedimenti di fermo emessi dalla Dda reggina. Le estorsioni sarebbero state messe in atto, secondo quanto é emerso dalle indagini, dalle cosche di 'ndrangheta dei Zito-Bertuca e dei Condello-Buda-Imerti, che si sarebbero accordate per la spartizione dei proventi derivanti dall'attività criminale. Le estorsioni hanno riguardato un ampio comprensorio della provincia di Reggio Calabria, ed in particolare le zone di Villa San Giovanni e Fiumara di Muro. Gli imprenditori costretti a pagare il "pizzo" operavano nei settori della raccolta dei rifiuti solidi urbani e delle costruzioni, con specifico riguardo al movimento terra. Il quadro che emerge, a detta degli investigatori, é quello di una forte pressione estorsiva e di un controllo criminale esercitato congiuntamente da più cosche in modo capillare. I lavori pubblici svolti dalle imprese di costruzione vittime delle estorsioni sono stati, in particolare, quelli legati al cosiddetto "Decreto Reggio" ed ai proventi miliardari che ne derivarono nel corso degli anni. "Villa San Giovanni era totalmente 'cosa loro': dagli interventi sulla A/3, ai tentativi di estorsione per i lavori per la realizzazione degli uffici del Circondario marittimo ed alla ristrutturazione del lido di contrada San Grioli. Stessi nomi e cognomi che ricorrono continuamente nelle inchieste più importanti contro la 'ndrangheta degli ultimi trent'anni, Imerti, Condello, Zito, Bertuca, Buda, Garonfolo e De Stefano". Lo hanno riferito gli investigatori che hanno condotto le indagini che hanno portato all'operazione "Sansone". I carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria, coordinati dal Procuratore distrettuale Federico Cafiero de Raho, hanno infatti ricostruito con l'operazione 'Sansone' "almeno venti episodi di estorsione ai danni di acquiescenti imprenditori, pronti a mettersi a posto con la 'ndrangheta - hanno detto gli inquirenti - anziché denunciare le intimidazioni". "Solo in un caso, dopo il tentativo di estorcere la tangente per lavori di manutenzione degli uffici del Circondario marittimo per un valore di 634 mila euro - ha rilevato Cafiero de Raho - i dipendenti intimiditi hanno denunciato l'accaduto. La conseguenza è stata che l'estorsione è venuta meno ed i lavori sono stati eseguiti completamente, segno questo che lo Stato, ove mai fosse necessario ribadirlo, ha mostrato il suo volto legalitario, salvaguardando il lavoro e la realizzazione dell'opera". Nel corso della conferenza stampa svoltasi al comando provinciale dei carabinieri per illustrare l'operazione che ha portato al fermo di 26 persone, tutte accusate di associazione mafiosa, estorsione, violenza privata e minacce, sono intervenuti il gen. Giuseppe Governale, comandante del Ros; il col. Alessandro Scafuri, comandante provinciale dei carabinieri; il col. Daniele Galimberti, comandante del primo Reparto operativo del Ros; il ten.col. Vincenzo Franzese, comandante del Reparto operativo di Reggio Calabria, e il comandante del Ros di Reggio, maggiore Leandro Piccoli. "A Villa San Giovanni - ha detto il generale Governale - bastava ormai fare il nome giusto perché le cose andassero nel modo in cui volevano le cosche. Una città posta sotto il giogo mafioso che siamo riusciti a liberare". Cosche interessate a Ponte sullo stretto. Le cosche della 'ndrangheta che operano nel comprensorio di Villa San Giovanni erano interessate anche gli appalti per la realizzazione del Ponte sullo Stretto. É quanto emerge dall'inchiesta della Dda reggina che ha portato all'esecuzione di 26 provvedimenti di fermo eseguiti stamattina dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria nell'ambito dell'operazione "Sansone". Gli investigatori, nel riferire i particolari dell'indagine, hanno parlato di un'attenzione delle cosche, oltre che ai lavori del "Decreto Reggio" ed ai suoi appalti milionari, anche "alla possibile costruzione del Ponte sullo Stretto", ed in particolare alle opere preliminari per la realizzazione del grande manufatto. Trovermo assassini Scopelliti. "Sul territorio della provincia di Reggio Calabria continuano a manifestarsi gli effetti nefasti di quella pax mafiosa probabilmente sottoscritta con l'estremo sacrificio del sostituto procuratore generale della Cassazione, Antonino Scopelliti, i cui assassini sono ancora senza nome". Lo ha detto il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, incontrando i giornalisti per illustrare i particolari dell'operazione che ha portato al fermo da parte dei carabinieri di 26 presunti affiliati alla 'ndrangheta. "La mia esperienza, però, mi induce ad affermare - ha aggiunto Cafiero de Raho - che, grazie all'impegno della magistratura e delle forze dell'ordine di Reggio Calabria, quell'omicidio arriverà ad essere acclarato in ogni sua parte di responsabilità". Antonino Scopelliti fu ucciso in un agguato il 9 agosto del 1991 a Campo Calabro, il centro della provincia di Reggio Calabria di cui era originario e dove trascorreva da sempre le vacanze estive. Per l'assassinio del magistrato di Cassazione il processo d'appello svoltosi a Reggio Calabria si concluse il 14 novembre del 2000 con l'assoluzione di alcuni dei maggiori esponenti di Cosa nostra, Bernardo Provenzano, Giuseppe e Filippo Graviano, Raffaele Ganci, Giuseppe Farinella, Antonino Giuffre' e Benedetto "Nitto" Santapaola, che erano accusati di essere stati i mandanti dell'omicidio di Scopelliti. La sentenza d'appello ribaltò all'epoca quella del processo di primo grado, che si era concluso con la condanna all'ergastolo di tutti gli imputati. La tesi dell'accusa, all'epoca, era che Scopelliti fosse stato ucciso in vista del maxiprocesso a Cosa nostra in Cassazione in cui avrebbe dovuto rappresentare la pubblica accusa. Tesi che fu smentita dai giudici della Corte d'assise d'appello. Le INDAGINI. L’odierno provvedimento precautelare è l'esito di un articolato impegno investigativo coordinato dalla Procura DDA di Reggio Calabria e condotto, in contemporanea: Le investigazioni sono state condotte su contesti investigativi differenti ma complementari ed, attesi gli evidenti profili di interconnessione, in sinergia dai due Reparti dell’Arma dei Carabinieri. Punto di contatto delle due indagini è costituito dalla influenza della cosca CONDELLO nell’area di Villa S.Giovanni (RC) e zone limitrofe, talché, prima di illustrare le risultanze dell’indagine Sansone, è necessario fornire una prospettiva di ordine contestuale circa eventi ed aspetti organizzativo/strutturali dell’organizzazione a cavallo del 1991 - anno di conclusione della seconda guerra di ‘ndrangheta - cui riferire le più recenti emergenze investigative. Le due indicate circostanze contribuirono a determinare i DE STEFANO a pianificare l’omicidio di Nino IMERTI che avrebbe portato allo sgonfiamento del potere dell’aggregato criminale CONDELLO/IMERTI/BUDA nell’area di Villa S. Giovanni ove i DE STEFANO intendevano espandere la loro influenza. Così il 10 ottobre 1985, in quel centro, venne fatta esplodere un’autobomba che provocò la morte di tre persone - SPINELLI Umberto, PALERMO Vincenzo e PALERMO Angelo - guardie del corpo di IMERTI Antonino - ed il ferimento di quest'ultimo e di BUDA Natale, persona che notoriamente svolgeva la mansioni di autista del boss. Il successivo 13 ottobre, a soli tre giorni di distanza, nel rione Archi di Reggio Calabria, veniva consumato il duplice omicidio del boss Paolo DE STEFANO, capo dell’omonima famiglia, e PELLICANÒ Antonino, la cui ideazione ed esecuzione materiale va ricondotta proprio a CONDELLO Domenico cl. ’56. Quest’ultimo episodio delittuoso ha: La seconda guerra di ‘ndrangheta si protrasse sino al 1991, anno in cui tra gli opposti schieramenti venne siglata una pace che, attribuendo aree di influenza alle varie famiglie mafiose interessate, ridisegnò la geografia criminale della provincia reggina ed i rapporti di forza tra le consorterie di ‘ndrangheta, decretando - per quanto attiene al territorio di Villa San Giovanni che qui interessa - l’operatività di entrambi gli schieramenti, tra loro in rapporto di reciproco riconoscimento. Passando alla sintetica illustrazione dell’indagine Sansone si deve dire che:
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