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    Le mani delle cosche sui terreni agricoli con la guardiania: 4 arresti dei CC a Reggio

     

    Le mani delle cosche sui terreni agricoli con la guardiania: 4 arresti dei CC a Reggio

    28 apr 16 Imponevano la guardiania a proprietari di terreni agricoli e contadini, non tanto per un vantaggio economico, quanto per manifestare "pubblicamente" il loro potere sul territorio di Sinopoli, Procopio e Lanciano, nel reggino. E' quanto emerso da un'inchiesta condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia che stamani ha portato all'esecuzione di quattro arresti. Nei loro confronti il gip distrettuale ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere con le accuse, a vario titolo, di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. In manette sono finiti: ALVARO Nicola, di anni 70 da Sinopoli (RC) (già detenuto a Lanciano) VIOLI Grazia, di anni 68 da San Procopio (RC); ALVARO Antonio, di anni 46 da Sinopoli (RC); CUTRI' Natale, di anni 48 da Taurianova (RC).

    Terreni per un valore di 1,5 milioni di euro sono stati sequestrati dai carabinieri dal Comando provinciale di Reggio Calabria nell'ambito dell'inchiesta "Guardiano" che stamani ha portato a quattro arresti. Si tratta, in particolare, di fondi che gli arrestati avrebbero sottratto illecitamente alle loro vittime. Dalle indagini, avviate dal Nucleo investigativo dei carabinieri nell'ottobre 2015 e che si sono avvalse anche delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, è emersa l'appartenenza di uno degli indagati, con ruolo di vertice, alla cosca Alvaro di Sinopoli ramo "carni 'i cani". L'inchiesta avrebbe fatto luce sul "sistema della guardiania", applicato diffusamente dalle cosche nei territori di "competenza", quale "tassa" nei confronti di chi abbia un potenziale reddito. Grazie alla collaborazione di alcune vittime, è stata accertata che in alcuni casi gli indagati arrivavano alla "spoliazione" della proprietà, costringendo le vittime a vendere i propri fondi a prezzi notevolmente inferiori a quelli di mercato. Fondi che stamani sono stati sequestrati.

    La cosca degli Alvaro di Sinopoli avevano messo nel mirino da tempo anche i rampolli delle storiche famiglie di latifondisti della Piana di Gioia Tauro quali gli eredi dell'ex senatore del Pli Antonio Capua, ex sottosegretario all'Agricoltura nei governi Scelba e Segni, deceduto 20 anni orsono e altre famiglie le cui terre coltivate soprattutto a uliveto, si estendono per centinaia di ettari dalle falde aspromontane fino agli ex Piani della Corona. Era a costo che Nicola Alvaro "u colaciuni", di 70 anni, già indagato e prosciolto per l'omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e della moglie, attualmente detenuto per reati mafiosi, aveva imposto la guardiania abusiva delle coltivazioni e, passo dopo passo, aveva preteso che quegli uliveti gli fossero venduti a prezzi sviliti, comunque ad un terzo rispetto ai valori di mercato. A mettere in luce la vicenda è stata l'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria condotta dai carabinieri del Comando provinciale che stamani ha portato a 4 arresti. "Nessuno - ha detto il capo della Dda Federico Cafiero de Raho - poteva avvicinarsi a contrattare eventualmente la vendita dei terreni, a cui di fatto provvedeva lo stesso Alvaro, suocero dell'ex latitante Giuseppe Crea di Rizziconi, arrestato qualche mese fa dalla Polizia di Stato". Le indagini condotte dai carabinieri diretti dal col. Lorenzo Falferi e coordinate dal procuratore aggiunto Gaetano Paci e dal pm Giulia Pantano, hanno portato all'emissione delle quattro ordinanze di custodia cautelare. "Devo dire - ha sottolineato Cafiero de Raho - che le persone danneggiaste hanno collaborato alle indagini pur ammettendo di avere avuto paura di denunciare per tempo le malefatte che subivano. Un segnale non di poco conto che conferma un risveglio delle coscienze, un vagito di ribellione seppure ancora molto debole, contro i soprusi e le angherie degli ndranghetisti". "A Nicola Alvaro - ha detto Paci - si doveva dare conto persino dei braccianti che dovevano lavorare su quei fondi, una forma di controllo del mercato del lavoro basata sull'intimidazione e sulla paura. Pur non in presenza di un alto numero di arresti l'operazione 'Guardiano' rappresenta qualitativamente una indagine che permette di scoprire e provare quanto sia ormai pericolosa la ndrangheta e quanto sia soffocante la sua azione parassitaria nell'economia di questa provincia. A conclusione delle indagini, i terreni di cui la cosca si era impossessata saranno restituiti ai legittimi proprietari".

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