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Processo alle cosche crotonesi, chieste 37 condanne
Processo alle cosche crotonesi, chieste 37 condanne 05 mag 14 Trentasette condanne a pene dai 5 ai 24 anni di reclusione sono state chieste dal Pm della Dda di Catanzaro, Pier Paolo Bruni, nel processo abbreviato davanti al giudice Abigail Mellace ad esponenti delle cosche crotonesi della 'ndrangheta. Gli imputati, arrestati nel giugno del 2013 nell'operazione della squadra mobile di Crotone chiamata "Old family", sono accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, estorsioni, detenzione di armi e traffico di stupefacenti. La condanna maggiore, a 24 anni di reclusione, è stata chiesta per Egidio Cazzato. Il pubblico ministero ha chiesto anche sette condanne a 20 anni nei confronti di Danilo Cazzato, Mario Citati, Antonio De Biase, Gianfranco Giordano, Domenico Antonio Palamara, Cristian Pignalosa e Corrado Valsavoia. Al termine della requisitoria il processo è stato aggiornato al 19 maggio prossimo, quando inizieranno le arringhe difensive. Nel corso delle indagini era emersa l'ingerenza delle cosche della 'ndrangheta in appalti pubblici e subappalti per i lavori sulla statale 106 ed alle attività legate all'energia eolica e alla bonifica dell'area industriale dell'ex Pertusola Sud. L'indagine della Squadra mobile di Crotone aveva portato anche all'individuazione di un nuovo gruppo federato tra i Vrenna - Ciampà - Bonaventura e Megna di Crotone, Farao Marincola di Cirò e Grande Aracri di Cutro, con collegamenti con i Morabito di Reggio Calabria. Dalle indagini è emerso inoltre il capillare controllo della cosca nell'attivita' del trasporto dei componenti delle pale eoliche scaricati e stoccati in una zona del porto di Crotone. La cosca, secondo l'accusa, gestiva poi, in regime di monopolio su Crotone, un lucroso traffico di cocaina, eroina e marijuana, con basi logistiche nel quartiere "Gesù" e canali di approvvigionamento nella provincia di Reggio Calabria, con collegamenti con la cosca dei Morabito. Inoltre sono state ricostruite numerose estorsioni poste in essere ai danni di operatori commerciali di Crotone, con l'utilizzo di bottiglie con benzina e cartucce, incendi e danneggiamenti mediante colpi d'arma da fuoco. I proventi delle attività illecite confluivano in una "cassa comune" che veniva suddivisa in cinque parti tra i vari componenti il sodalizio.
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