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    Operazione Villa Verde: False perizie per favorire boss, medici in manette a Cosenza

     

    da sx a dx dall'alto in basso, Ambrosio, Quattrone, Cardamone, Ruffolo

     

    Operazione Villa Verde: False perizie per favorire boss, medici in manette a Cosenza

    17 lug 12 carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Cosenza stanno eseguendo l'arresto di sei persone, tra le quali quattro medici. Al centro dell'indagine, presunti rapporti di complicità tra i medici e le cosche Forastefano di Cassano Ionio (Cosenza) ed Arena di Isola Capo Rizzuto (Crotone), finalizzati ad evitare il carcere agli affiliati. Per l'accusa i medici rilasciavano certificazioni sanitarie su false patologie neuropsichiatriche incompatibili col regime detentivo. e ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal gip su richiesta della Dda di Catanzaro. Ai sei indagati vengono contestati, a vario titolo, i reati di corruzione in atti giudiziari, falsa perizia, false attestazioni in atti destinati all'autorità giudiziaria, abuso d'ufficio, procurata inosservanza di pena ed istigazione alla corruzione, aggravati dalle finalità mafiose.

    Video: arrsti medici

    Ha ricevuto una somma di denaro per redigere una perizia falsa che consentisse a un boss di evitare il carcere. E' questa l'accusa contestata a uno dei medici arrestati stamani dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Cosenza, Gabriele Quattrone, di 63 anni, neuropsichiatra, primario di neurologia del policlinico "Madonna della Consolazione" di Reggio Calabria. Il medico era già indagato, insieme ad altri sanitari, nella stessa inchiesta dal maggio dello scorso anno, quando la Dda di Catanzaro dispose una serie di perquisizioni in studi e cliniche tra le quali Villa Verde di Donnici Inferiore che ha dato il nome all'operazione di oggi. Proseguendo nelle indagini, avviate nel 2010 e dirette dal procuratore della Repubblica di Catanzaro, Vincenzo Lombardo, dall'aggiunto Giuseppe Borrelli e dal pm Vincenzo Luberto, sarebbero emersi nuovi elementi che hanno indotto i magistrati a chiedere al gip l'emissione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere eseguita oggi. Le intercettazioni, gli accertamenti documentali e l'analisi di materiale informatico sequestrato nelle perquisizioni del 12 maggio 2011, hanno trovato conferma anche nelle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia.

    Ci sono anche un medico legale e le moglie di due esponenti di spicco della 'ndrangheta dell'alto Ionio Cosentino tra le persone arrestate stamani dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Cosenza nell'ambito dell'operazione "Villa Verde". Il provvedimento è stato notificato a Caterina Rizzo, di 43 anni, moglie di Antonio Forastefano, già capo dell'omonima cosca e attuale collaboratore di giustizia, Patrizia Sibarelli (30), moglie di Pasquale Forastefano, esponente di rilievo dell'omonima cosca e ai medici Gabriele Quattrone (63), neuropsichiatra, primario di neurologia del policlinico "Madonna della Consolazione" di Reggio Calabria, Massimiliano Cardamone (37), medico legale, Franco Antonio Ruffolo (58), psicologo in servizio nella clinica Villa Verde di Donnici Inferiore, e Luigi Arturo Ambrosio (75), posto ai domiciliari, direttore sanitario della stessa clinica privata. Secondo l'accusa, in una circostanza, Quattrone, incaricato dalla Corte di Appello di Catanzaro di verificare le condizioni di Forastefano, ha ricevuto una somma di denaro da Caterina Rizzo tramite Ambrosio, consulente della difesa, per redigere un elaborato favorevole all'imputato. In un'altra circostanza, Ambrosio e Ruffolo, consulenti della difesa di Antonio Forastefano, avrebbero attestato falsamente che l'imputato era affetto da patologie psichiatriche tali da renderlo incompatibile con il carcere. Negli atti d'accusa c'é poi un tentativo di corruzione posto in essere da Patrizia Sibarelli, che ha offerto una somma di denaro, non accettata, al perito incaricato di verificare le condizioni di salute del marito. Infine, secondo l'accusa, Cardamone, nominato perito dal Tribunale di sorveglianza di Catanzaro per verificare le condizioni di salute di Nicola Arena, capo storico dell'omonima cosca di Isola Capo Rizzuto (Crotone), avrebbe redatto una perizia che portò alla concessione degli arresti domiciliari, omettendo di comunicare al Tribunale l'esistenza di una grave causa di incompatibilità per la quale avrebbe avuto l'obbligo di astenersi e dichiarando falsamente che le condizioni di salute di Arena erano incompatibili con la detenzione. Le operazioni di oggi e quella condotta ieri contro i fiancheggiatori dei boss della famiglia Pelle di San Luca sono le prime, a livello nazionale, ed entrambe in Calabria, condotte dal Ros dei carabinieri sotto la nuova guida del gen. Mario Parente.

    ''Se il boss vuole evitare il carcere e il regime duro del 41 bis ci sono due strade che possono essere intraprese una è quella della collaborazione l'altra è sanitaria. Quest'ultima in particolare è stata seguita dagli esponenti della cosca Forastefano". A dirlo è stato il procuratore di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo, illustrando ai giornalisti i particolari dell'operazione"Villa Verde". "Dall'indagine - ha sostenuto il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli - emerge uno spaccato di complicità tra professionisti ed esponenti di primordine delle organizzazioni criminalità per ottenere benefici. Si tratta di un circuito di relazioni tra professionisti e boss. Si evince inoltre la mancanza di consapevolezza del disvalore delle condotte realizzate dai professionisti. In un caso è stato contestato il reato di corruzione, si tratta di poche migliaia di euro percepite per favorire gli esponenti delle cosche". Di risultato importante ha parlato anche il comandante provinciale dei carabinieri di Cosenza, colonnello Francesco Ferace, per il quale l'inchiesta "ha contribuito a dare plastica evidenza della linea di demarcazione che non andrebbe mai superata. La lotta alla criminalità organizzata non è una questione che interessa solo ed esclusivamente la magistratura e le forze dell'ordine, ma l'intera società civile che deve ribellarsi ai tentativi delle organizzazioni di infiltrarsi. E' doveroso da parte della società civile bloccare gli accessi che la criminalità organizzata tenta"

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