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    Pasqua in Calabria tra "Vattienti" e tradizioni. Messaggio dei vescovi

     

     

    Pasqua in Calabria tra "Vattienti" e "Naca". Messaggio dei vescovi calabresi

    05 apr 12 Sono intensi i riti della settimana santa che si svolgono in Calabria. E particolarmente suggestivi sono quelli che si svolgono nel triduo pasquale che ripropongono il calvario e la morte di Cristo. Famosa per l'interesse suscitato, soprattutto tra gli antropologi, è la processione dei 'vattienti' a Nocera Terinese. Il rito ha inizio la sera del venerdì santo ma poi ha il suo culmine la mattina del sabato. Mentre si svolge la processione con la statua della Madonna dell'Addolorata, per le vie del Paese si aggirano i Vattienti, si battono con un pezzo di sughero che prende il nome di 'cardo', nel quale sono collocati, bloccati nella cera, 13 pezzettini di vetro che fuoriescono di pochi millimetri. Ognuno di loro è allacciato con una cordicella all'Ecce-Homo (un compagno), con alla vita un panno rosso che scende fino alle caviglie. Con gli strumenti penitenziali, detti la rosa e il cardo, formati da tamponi di sughero infissi in pezzi di vetro, i Vattienti si percuotono, con movimenti ritmici, le cosce e i polpacci e poi passano la rosa bagnata del loro sangue sul petto dell'Ecce-Homo. Girando per le strade versano il loro sangue ai piedi della statua della Vergine. A Catanzaro il venerdì Santo si svolge la processione della Naca (o del Cristo morto). Inizia nel pomeriggio partendo dal sagrato di una delle chiese del centro storico cittadino sedi di una confraternita (alternativamente dell'Immacolata, del Rosario, del Carmine e di San Giovanni). Vi partecipano i componenti delle quattro confraternite, preceduti dai rispettivi gonfaloni, che, vestiti dei loro abiti processionali, sfilano preceduti da suonatori di trombe e tamburo. Seguono poi i portatori di croce, gli Ordini Religiosi, gruppi ed associazioni varie e il clero con il Vescovo che precede la statua del Cristo morto, adagiata sulla cosiddetta Naca, che viene portata a spalla. Il termine dialettale Naca viene dal greco naché e significa Culla, in pratica è la portantina dove Gesù è deposto. La Naca è ornata di damasco raso e seta, di fiori, luci ed angioletti di cartapesta ognuno dei quali porta i simboli della Passione: il calice, i chiodi ed il martello. Veniva e viene 'addobbata dai Sagristi o dai paratori', che si tramandano l'arte da diverse generazioni. La 'Naca' viene portata a spalla con un incedere leggermente dondolante, dai rappresentati delle corporazioni dei mestieri. Alla 'Culla' segue la Madonna Addolorata, vestita con un abito nero e rappresentata con un cuore trafitto da sette spade: i sette dolori della Vergine e Madre di Cristo. A Vibo Valentia fra le processioni religiose che si svolgono durante la settimana santa le più suggestive sono la Desolata e l'Affrontata. La prima si svolge la notte del venerdì santo e vede portare in giro per le strade della città la statua dellla Madonna alla ricerca della tomba del figlio. La seconda processione si svolge la domenica di Pasqua a mezzogiorno ed è l'incontro tra Gesù risorto e la Madonna, credula dell'evento, tramite la mediazione di San Giovanni. A Caulonia, la sera del venerdì Santo si tiene la 'Chiamata', mentre a Bagnara, l'appuntamento è con il rito secolare della 'Affruntata'. A Mammola la processione del venerdì santo è molto suggestiva e toccante. Durante il pomeriggio tutti i fedeli del Paese seguono la processione della Madonna Addolorata e del Cristo morto portati dalle confraternite, lungo la strada in salita che porta al Monte Calvario, posizionato sulla parte più alta del Paese. A Stilo i riti della Pasqua si svolgono in un affascinante scenario del centro storico ed hanno una forte impronta catalana. Un ruolo centrale hanno i "fratelli" (confraternita dell'Immacolata e di San Pietro), che da 400 anni organizzano le sacre rappresentazioni della Passione. La Settimana Santa stilese è un susseguirsi di cerimonie liturgiche al chiuso delle chiese o all'aperto sui sagrati e di processioni nella suggestiva oscurità della sera e della notte per le piccole vie del centro storico del paese. A Mesoraca, in provincia di Crotone, ricca di suggestione è la processione del Cristo morto che avviene il venerdì Santo. Dopo un'asta pubblica della statua di Gesù e degli arredi ed addobbi processionali, seguita dall'assegnazione della croce penitenziale, ad un devoto che si impegna a trasportarla, la processione si snoda attraverso il paese sostando nelle chiese principali dove si rende visita ai sepolcri allestiti in precedenza. Di particolare suggestione sono i suoni emanati da strumenti pasquali come la troccola, la raganella e la trombetta. A Cassano allo Ionio, il venerdì santo è dedicato alla Processione dei misteri che prende il via alle nove di mattina per concludersi alle sette del mattino. Figura centrale dell'Imitatio Christi è la disciplina. Qui il fedele, dovutamente nascosto da un cappuccio, si percuote con flagelli di ferro battuto a cinque lingue.

    Messaggio Mond. Mondello. "Il sacerdozio non deve mai diventare un fatto scontato, o supplementare, rispetto a qualsiasi attività della nostra vita. Il Sacerdozio è la nostra vita". E' quanto ha detto l'arcivescovo della diocesi di Reggio Calabria-Bova, mons. Vittorio Mondello, nel corso dell'omelia pronunciata durante la messa Crismale del giovedì santo alla quale hanno partecipato tutti i sacerdoti reggini. "In questa solenne divina liturgia, durante la quale - aggiunge - vivremo il momento della consacrazione degli Olei santi, è con la gratitudine più viva al Signore della gioia e dell'amore che facciamo soprattutto memoria del nostro Sacerdozio, quel dono incomparabile che Cristo ci ha fatto e che é fonte perenne di grazia per noi, per la nostra Chiesa e per tutti voi. Sono da 21 anni in mezzo a voi e sono sempre più consapevole della grazia che il Signore mi ha fatto chiamandomi da Caltagirone a Reggio Calabria per essere vostro vescovo, padre e amico. I molteplici incontri lungo questi anni, l'evento straordinario del Sinodo, le indimenticabili Visite pastorali, i convegni, i tanti momenti in cui mi sono trovato insieme con la gente, ma specialmente con voi, carissimi Sacerdoti, nonostante tutti i limiti miei e vostri, sono esperienze ricche di fraternità e di comunione vera e sincera". "Oggi - prosegue mons. Mondello - sento di dovervi esprimere la mia profonda gratitudine per quello che rappresentate per me e per la diocesi e per tutto ciò che fate giorno per giorno nel generoso, faticoso e complesso lavoro apostolico. Dobbiamo guardarci però dal rischio di permettere che il nostro sacerdozio cessi di essere per noi la realtà più importante della nostra vita: una realtà essenziale, da accogliere ogni giorno come fosse il primo, come fosse l'ultimo: una realtà da proteggere ed aiutare a crescere come 'elemento unificante' di tutto ciò che facciamo. Ciò richiede un'attenzione e un lavoro costante su noi stessi, sulla nostra situazione interiore, assieme ad una permanente formazione spirituale, pastorale e intellettuale. Dobbiamo sempre verificare e migliorare la qualità delle nostre omelie, della catechesi, dell'impegno nell'aiuto efficace alle persone sole, sofferenti e bisognose". "Oggi - conclude - tra gli opposti scenari di una idea che considera il sacerdote come un 'funzionario del sacro' e l'altra, oggi tanto in voga, che lo vede come una sorta di 'factotum' o 'un leader carismatico', c'é grazie a Dio la possibilità di una scelta diversa che, senza rinunciare al sacro ed accogliendo anche gli eventuali carismi, si nutre quotidianamente di esperienze di fraternità, di una umiltà nel servizio, di quel 'lavarsi i piedi gli uni gli altri', che questa sera rinnoveremo nella celebrazione della cena del Signore".

    Messaggio Mons. Cantafora. E' incentrato sui temi della crisi e del lavoro il messaggio che il vescovo di Lamezia Terme, monsignor Luigi Cantafora, ha rivolto alla diocesi in occasione della Pasqua. "La resurrezione di Gesù - afferma mons. Cantafora - è un sussulto di vita che scaturisce dalla vittoria di Dio sulla morte, di ogni morte, è una realtà operante ed efficace, è l'evento che cambia il senso della storia umana e cosmica. Anche il nostro mondo ha sete di questa vita nuova. In questo particolare periodo storico per la nostra terra si fa sentire il morso della crisi economica e finanziaria, e in particolare dell'occupazione. Il Paese, come il resto dell'Europa, è in sofferenza: non si può negarlo. Bisogna però uscire dall'immobilismo soprattutto azionare tutti gli strumenti e investire tutte le risorse a disposizione dello Stato, dell'imprenditoria, del credito, della società civile per dare agli italiani, a cominciare dai giovani la possibilità di lavorare: non solo per sopravvivere, ma per la loro dignità". "Non aver paura - aggiunge - della 'crisi' che attraversiamo, non significa essere illusoriamente ottimisti, ma credere che questo tempo ci costringe a ripensare, a ritrovare il senso del nostro vivere e del nostro lavorare. In particolare per crescere nella viva coscienza della responsabilità verso il prossimo, come dice il Santo Padre, occorre non aver paura di uscire allo scoperto e pensare e promuovere itinerari nuovi, soprattutto per i giovani e "con" i giovani. Gli scenari attuali esigono un'apertura verso un lavoro in rete entro organizzazioni non più separate, ma che siano pienamente parte della comunità sociale. Qui i cristiani sono chiamati a 'non aver paura' e a giocarsi per un'etica del lavoro, per una 'rinascita' della nostra Calabria che da sempre è tormentata da una spaventosa disoccupazione". "E' necessario - conclude - inoltre riscoprire la festa. Il lavoro non è tutto, non è un idolo. L'annuncio di Pasqua, il monito a non aver paura, avviene dopo il riposo del sabato. E' necessario fare festa; essa va rivalorizzata per non essere storditi e pavidi davanti alle novità, per non lasciarci schiacciare da un lavoro totalizzante ed esclusivo nei ritmi, per ritrovare noi stessi assieme alla comunità umana e al Signore, per vivere integrando, oltre al giusto lavoro, tutte le altre dimensioni della vita, dagli affetti familiari, alle relazioni. Il lavoro umano è chiamato ad assumere una dimensione visibile dell'amore e della vita, della vita risorta, cambiata e migliorata qui".

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