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    Fnsi "Se Scopelliti sa qualcosa vada in Procura o stia zitto"

     

     

    Fnsi "Se Scopelliti sa qualcosa vada in Procura o stia zitto"

    08 ott 10 ''Il quotidiano Calabria Ora ha pubblicato ieri una lunga intervista del direttore Piero Sansonetti al presidente della Giunta Regionale della Calabria, Giuseppe Scopelliti''. E' quanto afferma, in una nota, il segretario del Sindacato dei giornalisti della Calabria, Carlo Parisi. ''Se - aggiunge il segretario Fnsi - le gratuite accuse ai giornali che 'enfatizzano e raccontano solo bugie' ricalcano il solito cliche' del politico, le gravissime accuse circa i rapporti tra mafia e giornalismo e, soprattutto, la infelice chiamata in causa di Lucio Musolino, non possono certo rimanere relegate in un'intervista. Scopelliti vada alla Procura della Repubblica e denunci quello che sa o i sospetti che ha. In caso contrario smentisca affermazioni e allusioni che non fanno altro che alimentare il gia' avvelenato clima di sospetto che caratterizza questa regione''. ''Quanto a Lucio Musolino, concordando pienamente con Piero Sansonetti - afferma ancora Parisi - confermiamo la nostra solidarieta' e la nostra stima all'uomo e al giornalista, che ieri sera ad Annozero ha avuto modo di replicare al Governatore sottolineando, a tutto tondo e all'Italia intera, che esiste una bella differenza tra giornalismo e 'comunicazione istituzionale'''.

    Questo il testo della nota

    Il quotidiano “Calabria Ora” ha pubblicato ieri una lunga intervista del direttore Piero Sansonetti al presidente della Giunta Regionale della Calabria, Giuseppe Scopelliti. Due fitte pagine di botta e risposta dal titolo “La mia Calabria va a 131 all’ora”. Non ci scandalizza né per il retaggio (comunque ingiustificato per la giovane età) di Scopelliti nel chiamare la Basilicata col nome di Lucania, caro al fascismo al punto da cambiarne la denominazione nel 1932 (e tale rimase fino al 1947), né il fatto che il governatore affermi che“in pochi giorni, ogni volta che andavamo a Roma ci toglievano un po’ di soldi”, giungendo alla conclusione: “ho deciso di non andarci più…”. Salvo, poi, rientrare proprio ieri sera da Roma col volo delle 17.15, con tanto di giornalisti e fotografo al seguito.
    Riportiamo alcuni passi dell’intervista. I primi due riguardano il rapporto di Scopelliti con i giornali.

    Sansonetti: “Ci dica la sua opinione, Presidente: la politica fa affari con la mafia? La mafia condiziona il potere politico?”
    Scopelliti: «Ci sono elementi che fanno pensare che le cose stiano così. Però io penso che l’errore più grande sia quello di generalizzare. Quando i giornali enfatizzano e raccontano solo bugie fanno del male a tutti. Questo torna utile solo a chi non vuole il bene di questa terra. E non è in questo modo che si combatte la mafia».
    Sansonetti: “Scusi qual è la sua politica per i Rom?”
    Scopelliti: «Ho smantellato un ghetto Rom trovando casa a tutti. E’ stato difficile, perché la mafia si opponeva. Avevo individuato degli edifici, ma nella notte furono attaccati con le ruspe. Capisce? Guardi che nessuno si indignò. Guardi che i giornali quasi non si occuparono di queste prepotenze. Poi, piano piano, sono comunque riuscito a risolvere il problema».
    Questi, invece, i passi relativi ai giornalisti.
    Sansonetti: “Che ci dice di Serranò?”
    Scopelliti: «Di chi?».
    Sansonetti: “Di Serranò, il consigliere comunale, che è vicino a lei, e che è stato ripreso con quella pistola, e poi credo che sia accusato di essere amico di qualche mafioso…”
    Scopelliti: «La politica deve prendere le distanze da eventuali collusioni. Detto questo io sono garantista e aspetto le eventuali indagini. Ma lei pensa che non ci siano molte persone che conoscono i mafiosi e non per questo sono mafiosi? Secondo me anche alcuni giornalisti del suo giornale…».
    Sansonetti: “Non stiamo parlando di giornalisti, stiamo parlando di chi amministra beni pubblici…”
    Scopelliti: «C’è chi fa politica e chi fa informazione ma il danno quello è».
    Sansonetti: “Lei si fida di Serranò?”
    Scopelliti: «Bisogna fare verifiche, bisogna aspettare. Dopo di che se ha sbagliato se ne prende atto».
    Sansonetti: “E che ci dice di Pasqualina Straface?”
    Scopelliti: «L’ho sentita molto giù. Le ho manifestato tutta la mia vicinanza e il mio affetto e la mia solidarietà. Sono fiducioso nella magistratura e nel suo operato. Io garantista lo sono diventato, prima di demolire una persona bisogna andarci piano. Conosco un tale Labate che è stato massacrato anche da “Calabria Ora”. Ci sono giornalisti del suo giornale che il garantismo lo conoscono poco. Per esempio Lucio Musolino…».
    Sansonetti: “Stiamo facendo un’intervista col presidente della Regione, e sulla politica, non sui giornalisti di Calabria Ora”. Musolino è un ottimo giornalista che fa con scrupolo e serietà il suo lavoro”
    Scopelliti: «Ok».

    Se le gratuite accuse ai giornali che “enfatizzano e raccontano solo bugie” ricalcano il solito clichè del politico, le gravissime accuse circa i rapporti tra mafia e giornalismo e, soprattutto, la infelice chiamata in causa di Lucio Musolino, non possono certo rimanere relegate in un’intervista. Scopelliti vada alla Procura della Repubblica e denunci quello che sa o i sospetti che ha. In caso contrario smentisca affermazioni e allusioni che non fanno altro che alimentare il già avvelenato clima di sospetto che caratterizza questa regione.
    Quanto a Lucio Musolino, concordando pienamente con Piero Sansonetti, confermiamo la nostra solidarietà e la nostra stima all’uomo e al giornalista, che ieri sera ad “Annozero” ha avuto modo di replicare al Governatore sottolineando, a tutto tondo e all’Italia intera, che esiste una bella differenza tra giornalismo e “comunicazione istituzionale”.
    A tutti i giornalisti minacciati, presenti ieri sera nel “recinto” di piazza Duomo, il monito di Michele Santoro che, questa volta, ci trova pienamente d’accordo: “ricordatevi di essere giornalisti e non eroi. Dovete semplicemente impegnarvi a raccontare i fatti”. Senza fronzoli, né enfasi, aggiungiamo noi. E senza commettere l’errore, alla stregua dei politici, di pontificare, scadere nell’accusa gratuita o, peggio, nella diffamazione.

     

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